5.31.2011

 

Non hai capito un cazzo.

Ci sarebbe molta dignità in un piccolo gesto: riconsegnare le chiavi del Paese al presidente della Repubblica, ammettendo – con dignità – d’essere invisi a un popolo stanco. Ma tu che ne sai della dignità della resa? Ci sarebbe molta dignità nei tuoi servi, se solo uno di loro tornasse ad essere libero, e ti dicesse, senza timore di perdere l’oro con cui lo ricopri, che è meglio andare e riconsegnare il paese alla vita.

Ma non è cosa per te la dignità, e come un mostro di un qualunque cartone animato, lanci strali di vendetta, minacciando di rigenerarti ancora e diventar più aggressivo e deciso. Preghino a Milano, si preparino a pentirsi a Napoli, che suona così come suonerebbe un avvertimento mafioso. E a Milano c’è chi prega, ora che i comunisti son tornati, e chi implora di metter via i bambini, che non si sa mai, bolliti, diventino concime per le rose nei giardini.

Non hai capito un cazzo. Non hai capito che se non fa tanto strano sapere che Michele Misseri, lo zio di Avetrana, è uscito dalla galera, a noi che siamo qua a roderci perché sappiamo che tu nemmeno ci entrerai mai. Non hai capito che noi – che non siamo delinquenti – rispettiamo la magistratura perché non ne abbiamo timore. Non hai capito nemmeno che a Napoli si è stanchi di camorra e promettere l’ennesimo “piano per il sud”, che significa solo ricompattare la tua alleanza con le mafie, ora che forse un po’ il culo lo stringi, per non essere stato capace di risistemare la camorra al governo di una città che – alla camorra – avrebbe avuto tanto da offrire tra abusivismo edilizio e immondizie.

Hanno capito forse al nord i padani, e non certo i leghisti – loro proprio non possono – che se gli industriali sfilano in corteo, avvolti dal silenzio da una stampa alla quale hai imposto la propaganda di Bengodi, poco gli importa di giocare a far finta che il Nord governi, con un ministro e tutto il ministero, magari a portata di schioppo da Malpensa, l’aeroporto che non c’è più, svenduto con tutto un altro pezzo d’Italia agli amici tuoi, sempre gli stessi, quelli che non hanno avuto remore nemmeno a far soldi ballando sui cadaveri degli aquilani terremotati. Hanno capito, forse, che la loro lega sta imparando in fretta da te, a fottersene di loro e gonfiarsi di danaro e potere, da distribuire, sì, ma ai loro parenti e alla loro cerchia di patetici ladroni.

Non hai capito un cazzo. Che, per esempio, sarebbe bene che andassi sulle tue gambe, sfoderando l’ultimo inutile sorriso di una bocca che sembra anche quella esageratamente piena di denti, per un popolo che sta scordando il gusto di masticare. Non hai capito che non ne sono rimasti troppi, a non aver capito il tuo stupido bluff, quello di esserti montato solo una mascella mussoliniana, ma di non essere un attore credibile come lui, che almeno la parte del despota la sapeva recitare mandando la gente a morire, e non come te attore d’avanspettacolo, più Ciccio Formaggio che Rambo, che spara barzellette anziché pallottole, ad un popolo che riderà solo, quando finalmente comprenderai che è ora per te di finire come craxi, fuori dall’Italia che anela solo dimenticarsi di te.

E sarà patetica la tua fine, perché davvero non hai capito un cazzo: nemmeno che sarà un Bruto qualunque, forse il più miserabile, quello che finalmente ci salverà.

Rita Pani (APOLIDE)



5.30.2011

 

GODO!


Così a caldo è difficile restare obiettivi, perché quel che più facile da scrivere, quel che spontaneamente approda dalla penna alla carta è il godimento. Godimento non miserabile, ma sentito; quello che viene dal profondo del cuore quando si resta stupiti, quando è bello scoprire che in fondo ci si sbagliava. Io non ci credevo, e soprattutto il mio stupore è per Napoli e la Riscossa napoletana. Più che da Milano, è proprio da là che arriva il vero fischio del vento.

Vuol dire tanto il voto di Napoli, vuol dire assai di più se si considera che la città è stata consegnata ad un insospettabile, ad un magistrato. Significa che è tempo di legalità, e che le mafie – tutte le mafie – devono tornarsene sui monti a spararsi tra di loro, a baciarsi le mani – e i culi – tra di loro.

È un bel giorno per l’Italia, quello di oggi, che finalmente farà tappare la bocca a quel tizio, che ora dovrà comprendere di non essere poi così tanto amato o di non essere amato gratis. Ridicolo fino in fondo, chiuso nel suo silenzio, gioca ancora il suo pedone di meno valore, facendo dimettere bondi; un sacrificio da nulla.
L’Italia di oggi è da ricordare. È quella che ha detto basta, seguendo lo spoglio minuto per minuto sui social network, gioendo ancor di più che se fosse stata una finale di calcio qualunque. Ma si deve continuare, perché il tizio è sempre più famelico, e non cederà. Lui vuole conservarsi al di sopra di tutti, e soprattutto al di sopra delle leggi e delle regole, e per questo ora più che mai dovremo vigilare, perché lo scempio cessi o almeno non si compia fino in fondo.

Una giornata d’orgoglio per l’Italia, a dispetto persino dello stesso PD, che gioisce ma che non capisce quanta voglia e necessità ci sia di una vera sinistra, che sappia porsi davvero a servizio di un popolo esausto, che probabilmente sarebbe pronto ancora a un sacrificio se questo servisse davvero per annusare una vita diversa, se non per noi, almeno per i nostri figli – ai quali noi molto dobbiamo.

Godo, anche di quel godimento effimero, immaginando quel tizio sempre più solo. Godo, pensando alle lingue dei suoi servi più infedeli, che continuano a lisciarlo mentre già si guardano intorno per trovar la via di fuga più comoda, il treno più rapido su cui saltare. Godo, perché non saremo noi ad abbattere l’ecomostro, ma saranno proprio i suoi servi, quelli che ancora oggi e forse domani, avranno il coraggio di presentarsi davanti a una telecamera, come le vecchie puttane stanno un po’ patetiche se non ridicole, sedute davanti alle loro botteghe.

Non me lo voglio scordare questo bel tempo che apre il cuore, che ci lascia a sorridere soddisfatti e satolli. E se dubbi ho avuto in passato, uno non l’ho avuto mai: noi, persone per bene, che ancora riusciamo a pensare, che ancora sentiamo l’urgenza del dovere, noi che non saremo mai complici, SIAMO DI più.

Rita Pani (APOLIDE)            

 

4 referendum da votare


Tra poco sapremo se spunterà l’arcobaleno a Milano, se a Cagliari una giornata al mare è meglio di un sindaco incapace e fascista, e se a Napoli son meglio 100 euro oggi e nulla e camorra domani. Comunque vada sappiamo già che il nostro incubo non si trasformerà in sogno, e che quel tizio resterà esattamente dov’è, per completare l’opera di smantellamento dello stato di diritto iniziato quasi venti anni fa.

Temo che questo principio potremmo applicarlo anche tra due domeniche, in vista dei referendum, che se piove non si esce e se fa il sole, magari, si andrà a passare un’altra giornata all’aperto, che un po’ d’aria buona non guasta mai, ridotti come siamo, dallo smog e dallo stress di queste vite impossibili.

Siamo il paese del: “Signora mia, ma che ci possiamo fare, noi?” e peggio ancora il paese del: “Tanto son tutti uguali!” che così bene ci rappresentano, nell’italica mediocrità. Sembra fatica sprecata spiegare a un cagliaritano che il mare ci sarà anche domani, ma che per avere un’altra speranza dovranno passare altri cinque anni, o a un napoletano che finiti i 100 euro (ma al ribasso pare che sia arrivasse anche a 25) sarà finita anche la possibilità di riavere indietro i diritti svenduti.

Come sento quasi inutile spiegare, che per quanto si sappia che il nucleare italiano è solo l’ennesima truffa, noi pagheremo ugualmente, e che anzi abbiamo già iniziato a pagare, come del resto si saranno accorti tutti quelli come me che hanno trovato, nell’ultima bolletta dell’ENEL un rincaro di quasi 10 euro. Per non parlar dell’acqua – che al mare sì, ce n’è tanta – ma che in Sardegna, per esempio, non basta mai e già da un pezzo la si paga più cara dell’oro.

Che dire poi di quel tizio che non ci sta proprio ad esser trattato al pari di tutti noi? Vale anche là la regola del “Signora mia …” E come fare a spiegare all’italiota qualunquista che spera in una giornata di sole, che per tenere al riparo dalla giustizia un criminale, si è tentato persino di annullare per l’ennesima volta la democrazia?
Da un pezzo ho smesso di credere che il popolo si possa ribellare per le urne, ma a guardar bene il paese che ci circonda è assai più difficile credere nella possibilità di altro tipo di ribellione. Siamo quelli che “la Rivoluzione, forse domani, ma meglio di no, perché forse domani ho da fare.” Restiamo quelli del “vai avanti tu, che poi magari ti raggiungo.” E siamo quelli del “non vado a votare, tanto non sarà certo il mio voto a fare la differenza.”

Mi avevano proposto di presentare “Lo sguardo di Hermes” a Milano, il 12 o il 13 giugno, e senza pensare avevo detto: “Sì, si potrebbe fare.” Poi ho ricordato il calendario e non si può fare più. Ho quattro Referendum da votare.

Rita Pani (APOLIDE)



5.28.2011

 

Patrioti 3.0


Quando un esponente della lega, dice che Mladic è un patriota, forse sarebbe bene ricordare che il ministro del razzismo interno, è un esponente della lega. Quando a gestire la deportazione e la reclusione dei migranti, spesso musulmani, è un esponente della lega che equipara Mladic accusato di genocidio per la strage infinita di musulmani, ad un patriota, l’Italia tutta ha un problema.

Quando un partito nazista locale che rivendica la sua non appartenenza allo stato Italiano, ha i numeri per ricattare un tizio criminale, assurto al potere con qualcosa di assai affine alla criminalità, e di continuare a tenercelo ben saldo per poter dar sfogo alle mire naziste o semplicemente per arricchirsi a loro volta, sfruttando l’imbecillità di un popolino rincretinito, l’Italia tutta ha un problema. 

Quando non si teme più nemmeno di elevare ad eroe un criminale come Mladic, dopo aver incentrato una campagna elettorale nel terrore verso i musulmani o i diversi, alla maniera con cui Hitler ha governato la Germania e i campi di sterminio, l’Italia tutta è un problema che dovrebbe essere osservato da chi, fino ad ora, l’unica cosa che ci tiene sotto controllo, sono i conti imbrogliati da Tremonti, quelli stessi conti che impediscono di fatto la serietà di una politica d’opposizione, che state certi, nessuno sano di mente si rischierà mai di dover rigovernare.

Eppure il problema dell’Italia, anche a campagna elettorale finita, sembra essere ancora il trasferimento dei ministeri, o dei dicasteri, o di un semplice sportello di rappresentanza, per far lavorare la gente del nord, quella con pedigree padano da almeno tre generazioni, capace di spazzolare via almeno due chili di polenta taragna senza peperoncino calabro. E per porre un problema in più questa mattina, nel paese che arranca, l’ultima bomba di calderoli: “E se non sposteremo la Presidenza della Repubblica, sposteremo tutto il colle”.
Quando questo genere di idiozia, espressa ad uso e consumo solo per i decerebrati ascoltatori di Radio Padania, riesce ad interessare di più i commentatori politici o i lettori dei giornali, di una lega che si affratella con un criminale come Mladic, si comprende che tutto è perso, che la battaglia quotidiana portata avanti dall’Italiano è ormai corrotta dalla propaganda italiota. Non siamo più capaci alla rivendicazione. Non siamo più normali in un paese anormale.

La gente normale – e se ce ne fosse anche leghista – oggi avrebbe cancellato per sempre dalla patetica storia recente italiana, il nome di borghezio. In un paese normale, ogni cittadino pensante avrebbe provato orrore per aver consegnato parti importanti dello stato nelle mani di questi nazisti. In un paese appena poco normale, questo nazismo cialtrone, sarebbe stato censurato e annientato anche da un governicchio di ladri ed imbecilli.

Ma dire ancora che l’Italia normale non lo è, sarebbe come esser fieri di essere stati al G8 per dire a Obama che i giudici comunisti vogliono far fuori un tizio. Uno qualunque.

Rita Pani (APOLIDE per fortuna)

5.26.2011

 

Pezzo di merda.


Se fossi milanese, e Pisapia mi avesse rubato la macchina, domenica lo voterei ugualmente, perché una macchina si ricompra o ti viene risarcita dall'assicurazione. La dignità, invece, una volta persa, non la riacquisterai più, e quel tizio, quel vecchio ridicolo, che sembra uscito da una storia di Puzo scritta con i piedi, è la dignità di un popolo che s'è rubato.

Stamani ho letto le ultime dichiarazioni politiche del tizio debosciato del consiglio, - io non lo guardo e non lo ascolto perché mi fa schifo – e al contrario di molti, nemmeno per un attimo mi sono sentita offesa perché definita da un cretino, una “senza cervello”. Io so di averlo, il cervello, e pure abbastanza grande e funzionante da potermi permettere il lusso di pensare di quel pezzo di merda, tutto il male possibile. Ho abbastanza cervello per saper mettere in fila i pensieri, così da essere capace di comprendere perché mai nella vita, nemmeno per un attimo, ho pensato di votare un criminale mafioso, di consegnargli uno stato – il nostro – di delegare a un piduista, maniaco, il destino mio e delle mie figlie.

Eppure questa mattina, con dolore scopro che in tanti, offesi, rivendicano la loro intelligenza, così da dare ancora spazio alle invettive di quel tizio che nulla lascia al caso, diventando vittime inconsapevoli della propaganda che vorrebbe costringerci tutti al più squallido cretinismo. C'è ben altro che mi offende, nelle parole di quel maniaco debosciato, e che ridesta in me uno stalinismo di cui non vado né fiera, né orgogliosa.

Per esempio, mi offende questo: L'Italia è in crisi? "Tutti noi abbiamo esperienza di una cosa diversa- dice il premier - e cioè che è difficile trovare un posto al ristorante, o in aereo. L'Italia spende 10 miliardi di euro in cosmetici". E se colpe ci sono, sono "dei comunisti che con i governi di solidarietà nazionale hanno bloccato le infrastrutture, l'energia, hanno moltiplicato per 8 volte il debito pubblico". Di una manovra economica aggiuntiva neanche a parlarne: "Non saremo chiamati a una riduzione di 46 miliardi che non sarebbe possibile" 
 
Pezzo di merda.

È questo paragrafetto stolto e imbecille che dovrebbe offendere tutti noi, ovvero sentirci dire da questo ladro impunito che ha uno stuolo di cuochi, che trasporta le troie ai suoi festini eleganti con gli aerei dello stato (pagati da noi), che senza dieci milioni di cosmetici al mese sarebbe forse un po' più gradevole da vedere nella sua naturale vecchiaia, che non mummificato e dipinto con la porporina, che in Italia la crisi non c'è.

Pezzo di merda.

Vorrei condannarti a vivere la mia vita, e la vita di milioni di persone come me, che devono ringraziare gli amici perché oggi sono ancora in piedi, o i nonni che alimentano i loro nipoti. Non vorrei vederti in galera, perché anche là da padrino quale sei troveresti un servo pronto a chinarsi, a servirti e riverirti, a farti dormire ancora tra le lenzuola pulite. Voglio vederti arrancare nella povertà, voglio sapere che non dormi pensando alla malattia che ti divora e non puoi curarti, voglio sapere che stai per strada ad attendere che un lavoratore, uno qualunque getti l'avanzo di un panino per potertici tuffare. 

Pezzo di merda, voglio sapere che guarderai i tuoi figli chiedendoti che ne sarà del loro futuro, voglio sapere che la notte ti svegli per il freddo perché il timore di non poter pagare il gas ti ha fatto spegnere la caldaia. Voglio che tu viva con le pensioni minime delle donne italiane, e che vada a fare la fila nei magazzini della Caritas, a prendere merce scaduta ma ancora buona. Voglio vederti ridotto in povertà, con i colletti delle camicie rigirati e i pantaloni lisi, e soprattutto voglio vederti con i tacchi delle scarpe consumati.

Sarà un bellissimo giorno per noi, che siamo senzienti e intelligenti, quello in cui comprenderai che senza tutto quello che hai rubato e che ci hai rubato, non saresti nessuno se non quello che sei: un vecchio pezzo di merda che può pagarsi tutto, persino l'illusione di essere molto amato, ma il rispetto delle persone oneste e intelligenti, non lo avrai mai. E il giorno in cui non avrai più vernice da spalmarti su quella faccia plastificata, tu sarai solo un vecchio; solo.

Rita Pani (APOLIDE di getto)

5.25.2011

 

Chi ha paura dell'Islam?

Prendiamo la lista Anemone, leggiamola, poi concentriamo il pensiero sulle 2551 persone che Fincantieri licenzierà, amalgamiamo per bene, ed ecco sfornato un buon motivo per fare la Rivoluzione. Non tanto per gli appartamenti di bertolaso o per quello di scajola, nemmeno per il suo autista o quello del Papa, o per il cardinale sepe – l’agente immobiliare caritatevole che reperiva appartamenti all’insaputa dei beneficiari – ma per i 23 centesimi estorti per il pagamento dei diritti su un certificato per l’allaccio del gas, di Lorenzo Balducci, figlio di Angelo.

I 23 centesimi presenti nella contabilità di Anemone, sono assai più indicativi di tutti gli altri milioni di euro, elargiti o estorti per essere liberi di fare affari sulla nostra vita, sulla nostra terra, o sulle terre d’Abruzzo, oltre che sui cadaveri che il terremoto, su quella terra, ha lasciato. Quei centesimi significano l’essenza dell’arroganza del potere, e della sua meschina miseria. Ci dicono che questa non è gente che si possa cacciare a suon di monetine, nemmeno lanciate con la fionda, perché se pure con gli occhi sanguinanti, si chinerebbero a raccogliere. Questi son così miserabili che spaccherebbero anche il salvadanaio dei nostri figli, ammesso che non lo si abbia fatto prima noi, magari per mangiare un’altra settimana.

Altre 2551 persone senza lavoro, il giorno dopo che l’Istat ha “scattato la fotografia” su un paese ormai morto e di cui si continua a vilipendere il cadavere, e il ministro dell’economia che quella foto vorrebbe ritoccarla col Photoshop, dicendoci che non è vero; che siamo tutti più ricchi di dieci anni fa. Sarebbe bello chiedere al ministro chi o cosa intenda per quei “tutti”, certo non noi, che i 23 centesimi dobbiamo cacciarli di tasca nostra, per avere il gas che abbiamo il dubbio di poter pagare.

Leggere la lista Anemone e poi pensare alle teste spaccate dalla Polizia ieri a Genova, mescolare bene e sentirsi pronti a fare la Rivoluzione, sapendo che scajola è sempre un uomo politico, uno di quelli che ora rischia di diventare “ago della bilancia” – che nella politica italiana significa capace di ricattare il tizio, o di farsi pagare per un voto. Ma lo so da me che son cose così, figlie del buon senso che non mi lascia andare.

Per raggiungere il cuore della gente bisogna adeguarsi al pensiero dilagante e comune, e allora che sia, si parli del vero pericolo per l’Italia: l’Islam. Chi ha paura dell’Islam? Forse solo coloro che con l’ignoranza hanno alimentato il pregiudizio. Forse solo coloro che non sanno che purtroppo, è sì vera la legge che prevede l’amputazione delle mani, per i ladri, ma ahimè non sanno che non è così semplice, che non basta aver avuto un frullatore a sua insaputa perché tale legge venga applicata, e nemmeno aver preteso che si pagassero 23 centesimi per un estratto dello stato di famiglia all’ufficio anagrafe del comune.

Purtroppo siamo cattolici, e con 5.000 euro si comprano le benedizioni dei cardinali, e con qualcosa in più, oltre allo skipass e ai copertoni nuovi per il magnifico fuori strada, ci si può lavare anche l’anima dentro e fuori.

Rita Pani (APOLIDE)

5.23.2011

 

Legaioli, votate per Pisapia

A Milano va meglio che a Roma, perché durante le ultime elezioni comunali nella capitale, la propaganda elettorale puntò tutto sulla sicurezza, e per far decidere ai romani di consegnare la città al sindaco fascista, si moltiplicarono i casi di stupro e tentato stupro. A Milano, invece, il problema è “solo” il pericolo comunista incarnato da Pisapia, descritto nella migliore delle ipotesi, come un appartenente ai Centri Sociali, pronto a spaccare facce e vetrine. Per questo, a Milano va meglio che a Roma, perché al massimo volano gli schiaffi e si fingono aggressioni di pacifici e moderati appartenenti al pdl.

Lo zingaro tira sempre; a Roma ne presero uno che s’era portato via la borsetta di una donna aggredita che poi morì, e come mai prima di allora, la giustizia fu giusta e veloce e diede un ergastolo al ragazzo che nacque colpevole solo di essere nato zingaro. A Milano, dicono, questo non accadrà mai, perché se vincono i fascisti la città non diventerà “zingaropoli”. In effetti sotto questo aspetto la regione lombarda è più avanti di tutta l’Italia, infatti qualche tempo fa, passando in auto nel varesotto ho notato dei cartelli stradali che mai avevo visto in nessun’altra parte: “Divieto di sosta e campeggio ai nomadi”.

Però come ho già scritto qualche giorno fa, mi affascina questa campagna elettorale che solletica la mia curiosità. Ogni giorno attendo di sapere la nuova offerta di quest’asta al ribasso, attendo di scoprire cosa il governo in bilico poserà sul ricco piatto, e devo dire che fino ad oggi non sono rimasta delusa: “la sanatoria per le multe e un paio di ministeri” sono davvero due offerte che non si possono rifiutare, quasi meglio della promessa di scacciare il nemico islamico, decisamente più esilarante di Pisapia che avrebbe portato a Milano Osama bin Laden (tizio dixit, pure se Osama è rimorto).

Ma contro ogni mio interesse, e per sola onestà intellettuale, mi trovo costretta a rivolgermi ai legaioli: “Fate attenzione, non fatevi fregare, votate Pisapia.” Non vi sto prendendo in giro. Se vorrete approfittare delle irripetibili offerte della mamma di Batman e del papi di tutte le bambine, fatevi furbi. In primo luogo esigete di riconsegnare metà del bollettino postale prima di recarvi alle urne e impegnatevi a riconsegnare l’altra metà a voto effettuato – come le famose scarpe del voto di scambio – e poi pretendete, al contrario, che tutti i ministeri vengano spostati da Napoli in giù.

Cari legaioli, non so come dirvelo, ma credetemi: chi vi promette i ministeri a Milano non vi sta facendo esattamente un regalo. Conosco molti romani che vorrebbero regalarvi addirittura lo status di Capitale. Roma tornerebbe ad essere una bella città vivibile, il traffico si dimezzerebbe, le case costerebbero meno, le persone potrebbero attraversare le strade senza rischiare di essere schiacciati dalle auto blu. Un sogno, insomma!
Non ce l’ho fatta nemmeno oggi a restare seria, eppure si dovrebbe. Ma come si può quando tutto appare così ridicolo e pietoso? In un paese fermo e in rovina, la dialettica politica è fatta dai grugniti di quel che resta di bossi e dalle sue pernacchie, da una vecchia mummia di cera e dalla sua repellente arroganza, dalla stupidità di un popolino che si prostituisce per 20 euro e nemmeno più il panino.

Rita Pani (APOLIDE)

5.21.2011

 
Su RAI WR8 
14.36.27 o 18.38.37 o alle 22.35.08 SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO 2011. TERZA PUNTATA (E dovrei esserci anche io, se vi andasse)
R. 

 

Venghino siori venghino

Signore e signori non sono qui per vendere, ma per regalare! Non ve lo do per mille, non per cento, non per dieci … e così che continua la campagna elettorale, come il carretto dell’imbonitore che per la modica cifra di 20.000 lire, prometteva fortuna, ricchi premi e cottilons. Peccato che manchino solo dieci giorni alla fine dell’ennesima tragedia italiana, sennò i cittadini di Milano o Napoli avrebbero potuto davvero estorcere assai più di 20 euro, un panino e una bibita a questi miserabili malfattori.

Ogni giorno che passa, la voce stridula della mamma di Batman arricchisce la sua offerta al ribasso, promettendo via, via sempre un privilegio in più, ecopass gratis, poi i parcheggi tra le strisce blu, e chissà domani cosa sarà. A Napoli è ancora più esilarante, perché si rinnovano le promesse dell’illegalità gratuita ed impunita: “Meno ruspe per tutti gli abusi edilizi, abolizione della TARSU”.

Dopo cinque giorni di silenzio meditativo e strategico, riappare il tizio proprietario delle televisioni (5 su 6 e altre ancora) a raccontarci del pericolo islamico-comunista, e si dice impressionato dalle bandiere rosse. Ah! Magari riuscissero davvero a far paura a qualcuno, e una paura motivata! Invece purtroppo è sempre la solita solfa propagandistica di un omuncolo disperato che sente il terreno franargli sotto i piedi; non gli basterebbe il tempo per preparare la successione, ossia piazzare al suo posto la figlia capace di tenere in ordine i conti correnti (anche quelli esteri da grande evasore fiscale) di suo papà.

C’è da dire che in genere, in questa Italia miserabile, argomenti di alto profilo politico come “islamici” o “zingari” fanno sempre molta presa, e a Milano forse anche un po’ di più. Allora è bene ricordare che l’unica proposta in merito alla costruzione di nuove moschee a Milano, è stata presentata in consiglio comunale dal Pdl, e poi votato anche dal PD, come si evince da questo sito, che pubblica anche i documenti ufficiali dell’Odg.  E mi procura una profonda tristezza, dover usare un argomento come questo, che in un paese normale e civile non sarebbe mai stato utilizzato come un boomerang per spiegare la menzogna e la malafede di chi travisa il significato del termine governare.

Il problema italico resta quindi sempre lo stesso, ossia una larga porzione di popolo ignorante e “ignorantizzato”, incapace di recepire tutti gli insulti alle proprie intelligenze ormai sopite. Un popolo capace di relegare all’oblio tutto quel che è accaduto appena ieri.

Rita Pani (APOLIDE)

5.20.2011

 

Ingiustizie divine


A Roma hanno inaugurato una garitta con la testa, e dicono che sia un omaggio al Beato Giovanni Paolo II. Ho immaginato Michelangelo fermo dinnanzi all'opera, che non oso pensare quanto sia costata, guardarla attonito mentre ricordando la fatica fatta per scolpire il suo Mosè, scoppiava in un pianto dirotto, sbattendo la testa contro un palo e chiedendosi: “Perché?”

Ho pensato a Don Milani, seduto su una nuvola morbida come zucchero filato, ascoltare le telefonate di Don Seppia, quello che ordinava bambini negretti, di dieci anni al massimo dodici, meglio se con problemi familiari e una mamma cocainomane. Ho pensato a Papa Giovanni XXIII, anche lui seduto comodo, con l'aureola lucidata di fresco, ascoltare lo stesso prete bestemmiare o salutare il suo spacciatore di bambini freschi con un cordiale: “Che Satana sia con te!”

Penso e ripenso alla Madonna, intenta a far le sue faccende domestiche che d'improvviso si vede entrare dalla finestra aperta, per far asciugare il pavimento appena lavato, l'Arcangelo Gabriele che le annuncia la sua prossima maternità; e anche la difficoltà che deve aver avuto nel tentare di convincere suo marito Giuseppe, che la sua gravidanza non era frutto di corna. Me la immagino ora la Madonna in lacrime, dopo aver letto l'intervista alla signora Began – l'ape regina – nella quale spiega che grazie al tizio e al Bunga Bunga, ha trovato la spiritualità, perché il tizio ama Dio. [«Mi ha avvicinato a Dio perchè lui ama Dio ed è una persona di fede. Lui è puro e mi ha avvicinato alla spiritualità. Mi ha illuminato l'anima e sono diventata una donna spirituale». ]

Sto pensando ai cattolici italiani, quelli che votano ancora a destra perché prima di tutto la famiglia, perché i finocchi son da mettere al rogo, perché la vita umana non si tocca né quella degli embrioni, né quella dei morti viventi in coma profondo da decenni.
Per fortuna sono atea. Ma mi dispiace un po'. Mi piacerebbe credere che ci sia davvero un paradiso, con le anime dei santi e degli eroi tutte insieme a vivere la vita ultraterrena. Mi piace pensare che il silenzio ovattato del candore delle nuvole, piano piano si sia rotto con un brusio sempre più forte che diventa mormorio e poi frastuono infernale, fatto di “Ma che cazz … Ma porc … Ma non è possibile!” Vorrei fossero là tutti in piedi a guardare dall'alto verso il basso questa piccola Italia ormai avariata, inalberarsi sempre di più fino al punto di infastidire Dio, che al contrario di Giobbe alla fine s'incazza e abbassata la mano lascia partire una delle sue saette capaci di incenerirli tutti.

Ma Dio purtroppo non esiste, e questo che ho scritto sembra un film di quart'ordine, quindi meglio tornare alla concretezza. 

Don Seppia in galera, in una cella con 12 negri che non vedono un culetto bianco da almeno dieci anni. Giovanardi rinchiuso in un esclusivo club di gay centodieci chili cadauno, il tizio ridotto sul lastrico, obbligato ad indossare le stesse mutande per tre mesi, senza trucco, senza creme, senza corpetto, senza tacchi, senza restauratori, senza soldi e la Began costretto a gonfiargli la pompetta a gratis. L'autore della garitta con la testa, ai lavori forzati, che l'arte è un'altra cosa.

Per fortuna sono atea, e posso permettermi il lusso di pensare malissimo.

Rita Pani (APOLIDE)

5.19.2011

 

La gente

È della gente che voglio parlare; la gente, quella che io detesto a volte neanche cordialmente, e che tengo a distinguere e separare dalle persone, quelle con cui mi piace sorridere e chiacchierare. Mischiarmi alle persone è diverso che mischiarmi alla gente, alla folla che partecipa alle cose stando bene attenta a restare in disparte, chiusa nella propria bolla di individualismo prepotente. La gente partecipa alle cose riempiendo luoghi e restando comunque distante.

Credo che non sia un caso quella frase divenuta slogan “la gente è con me!” che spesso sentiamo uscire dalla boccaccia del tizio appeso (male purtroppo) sul predellino; è vero, la gente è con lui, mentre le persone per fortuna stanno alla larga. E di gente ne ho visto tanta in questi ultimi giorni, così tanta che sento quasi il bisogno di disintossicarmi, di lasciarla andare via dalla mia vita, di accantonarla ma non scordarla, per le volte future che volente o nolente dovrò rincontrarla.

La gente è quella che ti guarda senza vederti, che riconosce di te solo l’abito che indossi, sia esso i guanti della donna che pulisce i bagni – usati dalla gente – sia il cappellino buffo del ragazzo che prepara il caffè, o la cravatta regimental del signore che sotto il sole, per ore, fa sì che la folla scorra così come scritto nel regolamento – la gente da ingressare (sic!) – in modo ordinato. Il cartellino che sei costretto ad esporre appeso al collo, come il collare di un cane, che dice a tutti che tu sei là per lavorare.

La gente scruta infastidita la signora con i guanti neri e pesanti che ripulisce il disastro di un bagno per signore, che sembra l’orinatoio di una bettola di ubriaconi di periferia, e dondolando sbuffa: “Ma ancora non ha finito?” e quando finalmente la donna stanca esce dai bagni, la gente entra e piscia metà sul bordo della tazza e metà per terra … “che non è bene poggiarsi – che schifo!” oppure la gente è più furba, e con fare da faina s’infila dentro il bagno per gli handicappati “che mica son scema, né? Tanto qua non ci viene nessuno.” Poi però arriva la persona con handicap e appena infilata la carrozzina dentro il bagno si ricaccia fuori, alla ricerca della signora di prima, quella con i guanti. Perché la gente forse non sa, che una persona in difficoltà non può stare appesa a pisciare a caso metà sulla tazza e metà per terra. Lei, poveretta, deve restarci seduta sulla schifezza della gente, per forza.

La gente va in gruppo a bere il caffè, dal ragazzino col cappello buffo, che dalle 9 del mattino ne ha preparato a migliaia di caffè, nei bicchierini di plastica perché lavare le tazzine sarebbe impossibile. E ne chiede otto, tutti insieme, allungando lo scontrino e dicendo forte: “due lunghi uno macchiato freddo tre macchiati caldi uno ristretto e un marocchinooooooo”. O la signora che l’hot dog lo vuole vero, con i crauti, con la mezza baguette bucata in centro e il wurstel infilato, a mo’ di pene. “Perché questo non è un hot dog vero, e siete ladri, e ci fate mangiare in piedi come i cavalli. Ladri dell’Autogrill”. E dopo l’hot dog ci vuole un caffè per tutti e sono ancora lunghi, stretti, corti, marocchini e al vetro, così che quando il ragazzo posa sul banco quattro semplici caffè, anziché un “grazie” riceve un insulto: “Incapace! Lo volevo macchiato!”

Poi ci sono quelli del “lei non sa chi sono io”, tutti ospiti importanti che sono stati chiamati per intrattenere la gente che non vede l’ora di spolparli, di toccarli e fotografarli, che sfilano davanti all’uomo con la cravatta, in piedi da dieci ore sotto il sole, al punto che gli occhiali hanno lasciato sul suo viso il segno bianco, come fosse il costume al mare. È la gente che dovrebbe appartenere al mondo della cultura, quella stessa che insegna cosa ne sia stato della nostra tradizione della musica o della cultura. Quella che si è guadagnata la “famosità” passando per la televisione del tizio che la gente l’ha con lui, o che siccome ha portato qualche borsa per altra gente famigerata, crede di avere un po’ più diritti degli altri, e che le regole siano state fatte a posta per essere trasgredite, che torna nel mondo reale quando l’uomo ormai abbronzato e stanco gli ricorda che ha a che fare con una persona. Una persona che lavora.

Come l’altra col cartellino che sembra il collare di un cane, che conservandosi persona tra la gente, si ostinava a dire: “Buongiorno!” a chi le si fermava davanti, e per risposta riceveva il silenzio o un furtivo sguardo alle tette.

La cosa strana è che tutta questa gente vagava tra i libri, gli oggetti che nel mio immaginario conservano una sorta di sacralità. I libri che hanno contribuito – insieme all’educazione impartitami – a farmi persona e forse anche a rendermi orgogliosa d’aver sempre e soltanto chiesto un banale caffè, d’aver sempre ringraziato per averlo ottenuto, e di aver pazientato per riuscire a pisciare, almeno, dentro alla tazza.

Rita Pani (BREVE)

5.18.2011

 

A proposito di Grillo

Mi piace guardare alle cose da più punti di vista; mi piace pormi domande sulle cose. A volte è sfiancante, ma aiuta a formarsi un’opinione. Per esempio, detestavo Vanna Marchi quando approfittava del dolore e della profonda sofferenza di chi aveva perso un figlio, o lo aveva malato su un letto, ma la stessa ciarlatana l’assolvevo quando a richiedere i suoi servigi era la moglie tradita che pretendeva pozioni magiche per far rinsavire il marito, o la demente che sperava di risolversi la vita spendendo migliaia di euro per vincerne 5 alla lotteria.

Seguo le esternazioni post voto di Beppe Grillo, e scopro che il mio metro di giudizio è lo stesso che all’epoca applicai per Vanna Marchi. Lo detesto quando cavalca la buona fede di molte persone per bene, che vorrebbero cambiare davvero le pessime cose che ci governano la vita, e lo assolvo quando riesce a fare di sé stesso e dell’annullamento del senso di responsabilità che la politica (gestione dello stato) dovrebbe significare, guadagno personale.

Fui critica in tempi non sospetti, quando imparai come fossero concepiti e gestiti i Meetup, ossia quella sorta di politica in franchising, che regalava al gestore del gruppo il totale controllo e nessuna possibilità di essere né giudicato, né estromesso. Come una sorta di lavanderia, il gestore aveva i gadget da rivendere ai clienti. Una sorta di club al quale ci si associava – in buona fede – e dal quale si scappava una volta scoperto che la politica era un’altra cosa. Col tempo c’è stata un’evoluzione, dovuta probabilmente ai molteplici abbandoni del sistema “meetup”, e la presa di coscienza individuale che ha portato all’essere attivisti di un movimento, che però non è ancora la soluzione.

La domanda giusta che ogni “movimentista” dovrebbe porsi, di fronte alle dichiarazioni di Beppe Grillo, è: “Cui prodest?” La risposta giusta sarebbe: “Ancora e soltanto a sé stesso.” Avere un ottimo intento in programma, e lavorare perché questo non venga mai attuato, comprenderete da voi, lascia alquanto perplessi. La teoria programmatica di Grillo è utile solo alla scrittura dei suoi show, quelli che son diventati i comizi a pagamento di un comico escluso dai normali circuiti teatrali italiani, e se per caso fossero attuati, avrebbe meno da strillare durante le sue faticose serate in tournee.

Invitare gli attivisti del movimento a NON votare per i sindaci espressione del centrosinistra, e addirittura di non votare per De Magistris in una città che rischia di avere un altro camorrista al governo della spazzatura, dell’inquinamento o delle ecomafie più in generale, non è atto responsabile, soprattutto quando dell’acqua e dell’ambiente, delle energie pulite hai fatto il tuo manifesto. Ecco, è qua che mi sembra che la politica di Grillo somigli molto a quella di Vanna Marchi: vende pozioni magiche a chi ha bisogno di sognare, approfittando della buona fede di chi s’impegna con coscienza e buona fede.

Onestamente anche io a volte mi domando: “Ma se domani la feccia al governo sparisse, di cosa scriverei?” E mi rispondo che scriverei di altro, e starei altrettanto attenta al resto, conservando quel minimo di sguardo vigile che la politica – quella vera che non è affatto cacca – impone di avere verso tutte le cose che riguardano tutti noi. La nostra vita, quella che dovremmo tornare a vivere, e non a sopravvivere. Credo potrebbe farlo anche Grillo di riscrivere i suoi testi, anche se a me, non è che mi abbia fatto ridere mai troppo.

Rita Pani (APOLIDE) 

5.17.2011

 

Come potrei tacere?


Sarebbe innaturale, per me, non dire nulla su queste ultime elezioni, se non esprimessi il mio immenso godimento, soprattutto per poter ricordare a mastella, che le promesse si mantengono sempre, e che quindi ora deve iniziare a pensare al modo che utilizzerà per suicidarsi.

Sarebbe innaturale non raccontare di come questa mattina sembrasse di essere tornati indietro dall’universo parallelo nel quale eravamo stati relegati. Oggi è stata una bella giornata di sole, una di quelle che ci sarebbe stato il sole anche se avesse piovuto. Me ne sono accorta già sul binario, in attesa del treno che da Torino mi ha riportato a casa. Nell’ultimo periodo, non c’era volta che salita sul treno non vedessi qualcuno con uno di quei giornali di carta straccia editi o finanziati dal tizio che ha perso le elezioni; stamani, quasi tutti i passeggeri della mia carrozza avevano un giornale: l’Unità, Il fatto quotidiano o Il Manifesto. Nemmeno uno degli altri, al punto che ho formulato delle ipotesi: la prima che non fossero usciti in edicola, la seconda che fino a ieri la gente avesse paura di mostrarsi con i giornali “eversivi” in mano, la terza, e la più probabile, che tutti abbiano cercato il modo di prolungare lo stato di godimento provato ieri a spoglio avvenuto.

Sarebbe anche innaturale congratularsi col PD, anzi forse bisognerebbe pretendere da loro le congratulazioni per essere riusciti una volta ancora ad andare a votare con i tampax al naso, spinti dal grande disgusto o dallo schifo profondo che questa feccia di governo ci ha provocato soprattutto nell’escalation dell’ultimo vergognoso periodo. Il caso di Napoli è emblematico della povertà politica che attanaglia il nostro paese, e non ci regala speranza alcuna. E innaturale è anche pretendere che si torni a ragionare di politica. Ho letto da più parti l’invito ad allearsi con i “qualunquisti” del movimento cinque stelle, comprendendo meglio che la svolta è assai lontana. Per quanto io pensi malissimo della politica non politica del movimento cinque stelle, non credo che possa essere utile al paese non dargli il giusto valore, come credo che non gioverà a nessuno (se non al tizio) l’arroccarsi del movimento stesso, a grande distanza dalla realtà.

Fischia il vento, forse, che non spazzerà via la feccia nemmeno per volere della lega, che non farà assolutamente nulla per far cadere il governo, come del resto non farà sì che il tizio decida di andare finalmente a dedicarsi alle giovani prostitute di Antigua. Sarebbe il momento di tornare davvero alla politica, con una presa di coscienza e di responsabilità da parte del centro sinistra … ma ecco, se accadesse questo allora sì, che tutto parrebbe davvero innaturale.

Rita Pani (APOLIDE che son tornata)

5.15.2011

 

E come siamo avanti!

Mezza mattina di libertà prima di tornare ad immergermi nella bolgia infernale del Salone del libro di Torino. I giornali finalmente sono afoni, perché oggi e domani si vota per i sindaci di molte città. Mi sento fortunata a non doverlo fare, perché non saprei proprio chi delegare dopo aver seguito, se pure da lontano, la campagna elettorale. I soliti miracoli promessi, il solito tariffario per il voto di scambio, e forse persino qualcosa in più: lo spottone propaganda dalla location del Tribunale di Milano, dove – si dice – il tizio imputato del consiglio apparirà lunedì mattina, a urne ancora aperte.
Sì, in Italia si può fare davvero di necessità virtù. Non è confortante sapere che l'imputato in un processo di corruzione può utilizzare un'udienza per fare da traino al suo candidato sindaco?
A me questa cosa piace tanto! È come se io – ladra d'auto – vendessi antifurto. E' fantastico. Degno del mondo fantastico in cui viviamo.

In realtà, lasciando la patetica cronaca elettorale italiana con la quale ci sfrangeranno abbondantemente l'anima (per non cedere alla trivialità) nei prossimi giorni, la fantasticheria del mondo ci arriva anche da lontano. E mi diverte. La morte di Osama bin Laden è quanto di meglio sia stato prodotto dagli sceneggiatori americani della CIA, che con la trovata geniale dei film porno nel compound di Abbottabad hanno raggiunto l'apoteosi. Inventato il personaggio al quale si potevano attribuire migliaia di morti per dare inizio a un paio di guerre devastanti per impossessarsi del petrolio, ad obbiettivo raggiunto bisognava ucciderlo, ma siccome il mondo proprio scemo non è, c'era bisogno di “mostrizzare” ancora di più il mostro, e cosa meglio dell'abbietta dedizione alla pornografia di un vecchio, o l'utilizzo del viagra, potrebbe renderlo ancora più mostro?

Ah, pero! Vedete che in Italia siamo davvero molto avanti? Ora che scrivevo, ho avuto una sorta di rivelazione. Se in tutto il mondo un vecchio che viveva rinchiuso e protetto nella sua casa blindata, circondato da vizio e pornografia è considerato un mostro, in Italia è presidente del Consiglio.
Sì, siamo molto avanti … e io me ne torno al Salone. Pad 1 Dimensione Musica stand D85 E86 ClassicaViva … se capitate là.

Rita Pani (APOLIDE)


5.13.2011

 

Funziona?

C'è stato qualche problema ...
A presto da Torino ;)
R.

5.10.2011

 

Dalla padania più profonda

Ci sono, son qua, ancora in giro per le tante Italie, che d'Italia ne fa una sola, ricca di bellezze naturale, impoverita dallo sfregio del cemento, arricchita dall'umanità, devastata dall'italianità.
Leggo ora, non so più se per disgrazia o per fortuna i titoli roboanti dei nostri giornali inconcludenti, con un sorriso svogliato, e il dispiacere di aver ceduto alla inguaribile tentazione di sapere.
Sapere cosa?

Che i pm sono cancro o metastasi, che per fortuna c'è lui, perché la sinistra ci avrebbe reso tutti meno liberi, e chi lo sa, magari anche più poveri. Mi viene il sospetto che non volesse poi mentire quando promise che entro quest'anno ci avrebbe liberato dal cancro; forse diceva il vero, perché sì, il suo cancro l'ha debellato: la magistratura.

Ora mi trovo nella padania più profonda, in una terra che non esiste nemmeno nel cuore delle persone che sto incontrando, con le quali sto parlando, che non sono né leghiste, né fasciste, né democratiche né comuniste. Semplicemente non sono, essendo piene di stereotipi assorbiti nel tempo, che non hanno mai né digerito, né metabolizzato. Le ascolto, a tratti divertita, perché so che non servirebbe a nulla interrompere il loro divagare e far notare che tutto o il contrario di tutto, non fa un'opinione. Sorrido a frasi come “per fortuna là non ci sono i cinesi”, o resto basita di fronte ai giri forsennati di parole che tornano sempre là: “ma io che ci posso fare? Non sta a me salvare il mondo”. Quasi per forza d'inerzia si prova a ricordare che del mondo siamo tutti appartenenti, ma che il mondo non ci appartiene, ma poi desisto, perché so che certe teste son come campi incolti, che sono state arate da anni e anni di spettri prospettati, in altre frasi ancora, sempre le stesse: “la sinistra ci avrebbe tolto la libertà … questo non si può perché ci porterebbe tutti i clandestini del mondo.”

E torniamo al cancro e al suo malato, l'unico però che non soffre e sta bene, che può curarsi della sua malattia, senza chemio, senza perdere i capelli, senza vomitare l'anima, sapendo di non morire. Quell'essere sempre più immondo, ormai convinto della sua supremazia e della sua impunità: lui può offendere chiunque, dal malato di cancro – quello vero – alle istituzioni, senza pagarne lo scotto, perché su una cosa certamente può dichiararsi vincitore: essere riuscito a spianare le teste degli italioti, che chissà di quale pace avranno fantasticato, leggendo un altro titolo di giornale, che pressapoco recitava così: “bombardato il bunker di Gheddafi, non sappiamo se è morto …”

Qua mi fermo, perché passavo per caso, rapidamente, approfittando di una connessione, per dirvi che sto bene, e che domani dirigerò verso Torino che per qualche giorno diventerà la capitale della cultura. Proverò a raccontarvela quotidianamente, proverò a dirvi se davvero, almeno di quella, ne è rimasta un po'.

Rita Pani (APOLIDE)

 

Monteveglio


5.06.2011

 

Non c'è mai Stato


E c’era Carbonia in TV, con l’anfiteatro pieno di gente, con gli slogan, con la rabbia e con la bocca piena di Rivoluzione. Nella TV c’era lo stato, con tutta la sua arrogante “intellighenzia” a fingere preoccupazione o a deridere la povertà di chi, se pure forse ingenuamente, colpevolmente, volle credere alle favole di un debosciato maniaco sessuale per tornare a sorridere, scordando la storia relativamente fresca della mia terra, della mia regione.

Mi ha fatto un certo effetto, lo ammetto, sentire evocare il forcone, perché quando molti anni fa compresi che quella sarebbe stata la via da seguire, oltre ai guai – e nemmeno tanto semplici – mi sentii dire, anche in terra natia, che la mia altro non era che un banale esempio di follia demagogica. E non me lo dissero i fascisti. Lungi da me pensare: “ve lo avevo detto io!” anzi, ben venga il risveglio, se genuino e ragionato.

Mi verrebbe facile oggi dire una banalità: “Le fabbriche ci sono, occupiamole e gestiamole. Le terre incolte ci sono, prendiamoci anche quelle. Andiamo a cacciare gli abusivi dalle nostre spiagge, impediamo alle barche grandi come navi di attraccare. Torniamo a ragionare sulla diversificazione dei trattamenti fiscali, per chi campa e per chi abusa.” Lo direi, se non fossi certa di prendere ancora una buona dose di sputi in faccia.

Noi Italia non lo siamo stati mai, siamo sempre stati “Terra d’oltremare”, abbastanza lontana dagli occhi di tutti, sempre stati in vendita – e venduti – al miglior offerente, con lo sguardo teso lontano, non per osservare, ma per attendere il prossimo che avrebbe potuto salvarci, dandoci specchietti e collanine in cambio di terre e bisonti. E son tanti gli esempi, non solo quel tizio depravato del finto vulcano, delle cene eleganti e dell’approdo sotterraneo scavato abusivamente sulla nostra costa e protetto dal segreto di stato, ma anche i Moratti, che a guardar bene son colpevoli di genocidio,o tutti quelli che come loro, a partire da quel bastardo di Mussolini o prima gli inglesi o i francesi, non ci hanno dato altro che morte, che si fingeva di credere fosse vita.

Ho sentito ancora le persone appellarsi allo stato. Quale Stato? Quello che dal 1948 e fino a qualche anno fa, in periodi pre elettorali tirava fuori dal cilindro la “il piano straordinario per la ricrescita sociale ed economica della Sardegna?” (Legge n. 588, in attuazione dell'art.13 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.3) in nome del quale si favoriva lo sfruttamento e la colonizzazione selvaggia della nostra Isola? Quale Stato? Quello che andava da Gheddafi per promettere finalmente la metanizzazione della Sardegna? Quale Stato? Quello che si è impegnato a ricorrere contro la tassa sul lusso voluta dall’allora Presidente della Regione Renato Soru.

E siccome dieci anni di “esilio” e di rabbia un po’ di guai me li hanno dati, forse è meglio se mi fermo qua, e non proseguo oltre, perché è facile poi essere scambiati per criminali, anche quando quel che si scrive – ripeto- non è altro che una banalità. La speranza è quella che il Popolo Sardo, comprenda che è giunto il momento di appellarsi solo e soltanto alla Gente Sarda, quella che magari d’improvviso comprende che si può anche decidere di morire, ma non di farsi ammazzare.

Rita Pani (SARDA)

5.05.2011

 

Monteveglio Bologna - 7/8 maggio


Domenica 8 maggio alle ore 15, presso la biblioteca di Monteveglio, presenterò insieme a Antonio Allegri, della Casa Editrice Epika Edizioni, "Lo sguardo di Herrmes" 

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Sì, i leghisti lo hanno duro


È vero, i leghisti ce lo hanno duro. Oserei dire: di legno; il cervello. Se fossi un’iscritta o anche una simpatizzante di un partito politico che mi prende per il culo in maniera istituzionale, credo che tenderei a farmi giustizia da sola. Ma i leghisti, avendocelo duro, il cervello, non lo faranno mai. Se solo i leghisti sapessero leggere, oggi la lega non esisterebbe più, ma il loro celodurismo cerebrale, anzi, favorirà la permanenza della lega nei gangli della nostra nazione a loro straniera.

In soli due giorni, le farse ignobili di un partitino di ricattatori che vive e si alimenta proprio della stupidità dei suoi appartenenti/simpatizzanti, ha aumentato il “rating” del ridicolismo italiota, con un parlamento impegnato a votare una mozione basata sul nulla, e la nomina di nove nuovi parassiti, a cui il partito che osteggiava le metodiche di Roma Ladrona, ha dato il suo benestare. Ma questo i durissimi legaioli, non lo capiranno mai, convinti come sono che l’importante sia cacciare via il negro, almeno a parole.

Non so disegnare, peccato! Proverei a usare quell’arte per far comprendere al fedele legaiolo dall’elmetto cornuto, che se bossi lo avesse davvero duro, sarebbe lui ad essere in pericolo. Lo farei disegnando l’inutile faccia del ministro degli esteri, che spiega davanti a un microfono, che per quanto ieri si sia votata la durissima mozione della lega, che pretendeva di apporre una data di fine lavori ad una guerra, come se fosse il cantiere edile della Valbrembana, su cui si costruisce l’ennesimo Ipermercato, non sarà possibile farlo e che l’Italia sarà serva fino alla conclusione delle operazioni. Farei un disegno per spiegare al legnoso legaiolo che l’agitarsi leghista altro non era che una farsa da propaganda elettorale, come i clandestini che non arriveranno mai in Lombardia – un migliaio solo ieri – o un modo – che non si sa mai – di dire a Gheddafi: “non ci scordiamo dei soldi che ci hai dato per finanziare il nulla della secessione che non ci sarà mai, mangiandoti qualche grossa impresa e qualche banca italiana”.

Ma ce l’ha troppo duro il cervello, il leghista; poveretto non ci arriverà mai. Non potrà comprendere che la politica della lega è la più marcia di tutte. Fondata sull’adorazione del danaro, lascia l’odore dei soldi al popolo e il tatto della moneta a un grumo di potere invariato e invariabile, autoritario e sul modello monarchico, che passerà la sacra ampolla con l’acqua inquinata del Po dal padre all’avannotto, razzolando e depredando l’Italia esattamente come tutti gli altri democristiani hanno fatto fino ad ora. Ricattando ed essendo ricattati, nella logica malavitosa alla quale prestissimo si sono inchinati.

Attendo con fiducia che il legaiolo si accorga di quanto aumenteranno le sue tasse, non solo grazie alla geniale trovata del fiscalismo locale – che serve a finanziare direttamente i comuni spolpati dalle dissennate gestioni della lega – ma soprattutto quelle imposte da Roma Ladrona, per finanziare una guerra alla quale la lega ha fatto finta di dire no, solo per il gusto di stringere ancora un po’ quel che resta delle palle di quel tizio che comunque, che lo vogliano o no, resta sempre il loro vero padrone.  

Rita Pani (APOLIDE)

5.04.2011

 

Souvenir de Abbottabad

 

Spesso mi dicono: “mi dispiace che una penna come la tua, non sia a servizio di un grande giornale”. Spesso ho risposto: “a me no, per nulla”. Oggi confermo con più vigore. Lo faccio dopo aver finito di leggere la montagna di spazzatura scritta sull'uccisione del “Muppet” Osama bin Laden, tra un conato di vomito e un sorriso più o meno largo. Sono felice di avere la penna libera dalle catene della propaganda che rasenta l'idiozia, al servizio esclusivo di quel minimo di buon senso che mi riconosco, e che mi protegge dall'essere in qualche modo complice di questo mondo globalizzato anche nell'ipocrisia.
Non potrei sopportare in nessun modo di aver partecipato alla scrittura della storia moderna, come fosse una telenovela, ad uso e consumo di un popolo che ha bisogno di qualcuno che lo induca a sognare, o peggio a credere alle favole che sempre, per offrirci il lieto fine, devono essere cruente. A leggerla bene, questa favola ambientata in un paese lontano, lontano che si chiamava Abbottabad, ci sarebbe da inorridire, come quando si legge di una bambina che passeggiava per il bosco per arrivare da sua nonna, che nel frattempo era stata ingoiata viva da un lupo, che avrebbe poi mangiato intera pure lei. Alla fine, quando arriva il cacciatore che con un coltellaccio squarta il lupo e libera nonna e nipote, tutti i bimbi tirano un sospiro di sollievo, e vissero tutti felici e contenti. Così come ci raccontano sia accaduto ad Abbottabad.
È tornata la pace nel mondo, ora che l'orco è stato ucciso e gettato a mare, perché era così orco che nessuna terra l'ha voluto ricoprire. In principio ci dissero che era stato “tumulato” in mare, poi “inabissato”, persino “buttato”. Oggi gli sceneggiatori di questa favola macabra, raccontano della bontà degli eroi salvatori del mondo, che per dare l'orco in pasto ai pesci, prima lo hanno lavato e vestito con un abito bianco, che hanno anche pregato per lui, e poi tradotto in arabo quella preghiera. Ci sono voluti 40 minuti, per svolgere appieno il pietoso gesto. La pace nel mondo, tornò passando da Abbottabad, scritta su un bigliettino di carta dal Premio Nobel per la pace: “Uccidetelo!” Uccidete il lupo, squartatelo, e liberate il mondo ingoiato intero, dal suo ventre. E uccidete chi gli sta intorno, donne o bambini, quelli che non devono morire mai, e nemmeno essere abortiti, in Italia come in America, come in tutto il mondo che vuole conservarsi civile e democratico. Ma non bastano le illustrazioni a pastello che accompagnano le storie che raccontiamo ai bimbi, di fate e cavalli bianchi, di principesse addormentate dai veleni delle streghe, vogliamo le foto, vogliamo vedere il sangue e la morte. Solo che pare esserci un problema: il gesto pacificatore, l'assassinio che ha riportato nel mondo la giustizia, che -come scrivono- ci ha reso il mondo un posto migliore, sono raccapriccianti e non possono essere mostrate, sebbene esistano e siano divise in almeno tre album.
Nella favola di Perrault, alla fine il lupo sembrava dormire sul letto della nonna, con il suo orribile cappellino sulla testa, la nonna col viso candido abbracciava la bimba col suo cappuccetto rosso sulla testa. Nella storia che ha reso il mondo un posto migliore, le immagini sono di una macelleria, nonostante i nostri eroi buoni, abbiano ucciso il mostro con un solo colpo alla testa: uno solo e deciso.
Meglio sarebbe tuttavia che si potesse andare a vedere il video del blitz su Youtube, così come fu per un altro capitolo di questa favola infinita che parla di pace e democrazia, quando l'impiccagione di un altro mostro venne ripresa con i telefonini, quando per cancellare dalle nostre coscienze le morte di centinaia di innocenti, di madri e di figli al mercato, di bambini nelle scuole, ci fu bisogno di mostrare un assassinio in diretta tv.
Ecco perché alla fine, state sicuri, il lupo ammazzato ce lo faranno vedere. Perché loro hanno bisogno di mostrarcelo per raccontarci una fine che non arriverà mai, e per farci credere che in qualche modo, l'ecatombe prodotta in questo decennio di guerre sia stato un ragionevole prezzo da pagare, per vivere tutti in un mondo migliore, dove forse la guerra non è stata poi un veicolo così importante per l'economia che continua a franare. Ecco perché, invece, non hanno insistito troppo sulla pace apportata dalla morte del figlio di Gheddafi: non siamo ancora così avanti da accettare la morte dei cuccioli di lupo. Non siamo ancora così democratici; almeno spero.

Rita Pani (APOLIDE)

5.03.2011

 

Non baciatevi

Non baciatevi, che a giovanardi dà fastidio. Lui è uno serio, uno di quelli che protegge i feti, le famiglie i vescovi e i cardinali. Uno di quelli soprattutto che incarognito difende la vita altrui, anche quella che non c'è più, e andandosene ha abbandonato un corpo su un letto, lasciandogli a volte soltanto il respiro. Non baciatevi in pubblico, se siete gay, che potreste urtare la suscettibilità di giovanardi; applicate il metodo cattolico, quello che pare essere vincente: fate tutto quello che volete nel chiuso delle vostre case. Come dice la Bibbia, occhio non vede e cuore non duole. Non era la Bibbia? E chi se ne frega, tanto ormai è uguale. Le parole sono di plastilina, la forma gliela dai tu, quella che preferisci, che fa più comodo, quella che meglio si presta ad essere a noi più confacente.

Non baciatevi per strada, potreste davvero offendere il comune senso del pudore, quel pudore a noi tanto caro. Un uomo che bacia un uomo dà fastidio a giovanardi, e forse anche una donna che bacia una donna. Il tizio pervertito, dal quale giovanardi prende ordini, no, quello non gli fa schifo, quando tocca il culo alle operaie di una fabbrica a Mosca, quando si fionda contro un'altra per infilarle un palmo di lingua in bocca, sotto lo sguardo attonito di Vladimir Putin, che pure non ha fama d'essere una vergine. È così offensivo il bacio dei gay, in questa Italia morigerata e sobria, che davvero ci si augura di non vedere mai due uomini lingua in bocca! Noi preferiamo il bacio della bara, i baci delle sacre ampolle di cristallo, il bacia mano, o il bacio della statua di Priapo. Anche giovanardi deve tollerarlo benissimo dal momento che non mi pare abbia avuto nulla da dichiarare, mentre tutto il mondo ci rideva dietro. È uno moderato lui, uno che non solo non vuol vedere i gay che si baciano, ma è anche uno che vorrebbe rinchiudere i drogati. 

È uno che darebbe fuoco a un'intera foresta se avesse il sospetto che in mezzo c'è piantata qualche pianta di Maria. Lui ne ha fatte campagne per salvare noi “cannivori” dal vizio. La cocaina invece non sembra essere un problema per giovanardi. Nemmeno quella che ormai tutti sanno veniva portata con le carriole ad Arcore, per favorire i baci al pene di Priapo, o il rimestare di quel che resta dentro le mutande del tizio, che si erige a due atmosfere proprio come i copertoni di un auto, dal gommista. 

Se solo penso quanto sarebbe bello un mondo che si bacia per strada, anziché il mondo che lascia scorrere la vita con gli occhi bassi, o nel silenzio che non risponde al saluto, e non ringrazia né chiede scusa … se penso a quanto sarebbe bello il mondo senza i giovanardi e le loro ataviche ipocrisie, mi vien da piangere. 

Rita Pani (APOLIDE)


5.02.2011

 

Tutorial Photoshop

In questo post vi segnalo un ottimo tutorial su Photoshop. Si tratta di istruzioni per utenti esperti, ma, una buona forza di volontà vi porterà a concluderli proprio come la CIA, anche se non siete dei guru del fotoritocco. 
Il  tutorial spiega come trasformare una foto qualsiasi in una foto da "concorso fotografico" o Premio Pulitzer. Vengono applicati filtri ed effetti in sequenza ed il risultato è visibile nella fotografia qui sopra.
Con la prossima lezione vi mostrerò, forse fin troppo velocemente, come creare un fondale marino. Il risultato è molto bello e sorprendente e buono per qualunque sepoltura frettolosa. Non mi resta che lasciarvi alla vostra matita, anzi, al vostro mouse!!! (Liberamente ispirato a un vero tutorial)
Rita Pani (APOLIDE)

 

Ostensione di cadavere

Qualche sera fa, ancora in Sardegna, chiacchierando con amici ci si chiedeva: “Quando, come e perché si attaccherà l’Iran?” Poi il mirto ha preso il sopravvento e le chiacchiere si sono fatte spicciole, di cose da ridere. Stamani, riaccendo il computer dopo una settimana, e la prima immagine che vedo è quella strillata di un cadavere esposto a mo’ di feticcio, con tutte le cose, strillate anch’esse, utili a deviare ancora un po’ la ragione. Eccola quindi la risposta a quelle domande fumose, gettate là tra un bicchiere e l’altro: “Presto si invaderà l’Iran, perché si dovrà rispondere ad altri assassini, ad altri terroristi, ai morti che verranno.”

L’ostensione del cadavere è utile a non fermare troppo il pensiero leggendo le parole che quell’immagine, quasi ridicola, accompagnano. Così, a caso cito quelle che più mi hanno fatto sorridere, per esempio: sollievo, prossimo obbiettivo Mullah Omar, fatto positivo, il bene vince sul male, festa …

Basterebbe immaginare gli americani che ammazzano il nemico numero uno del mondo intero, e poi lasciano che il cadavere sia riportato in Afghanistan per offrirgli degna sepoltura in mare, per mettersi a strillare in preda ad una crisi isterica dovuta all’insulto della nostra miserrima intelligenza. Invece il mondo festeggia, le folle oceaniche si riuniscono per esultare, il patriottismo americano viene offerto come esempio al mondo, il dollaro si riprende, e anche i sondaggi in calo di Obama, premio Nobel per la pace finalmente meritato, riprendono a salire.

Siamo in preda alla follia collettiva, questa è la mia sensazione. Sembra di vivere dentro una soap opera americana, una di quelle che durano cinquant’anni e che alla fine fanno confondere tra reale e irreale. Una di quelle che dopo un paio d’anni ti portano ad affezionarti o a odiare i suoi protagonisti, quelli buoni come santi o cattivi come mostri. Una di quelle che quando il buono si sposa e poi ha le corna ti fa commuovere, una di quelle soap in cui, quando muore un protagonista, anche se era cattivo, un po’ ti dispiace.

Oggi mi sembra che vada in onda, in diretta mondiale, la puntata clou di questa farsa grottesca e mondiale, per scrivere la quale nessuno è stato risparmiato, nemmeno la vita umana quella vera. Son serviti migliaia di morti, decine di migliaia di morti, o forse centinaia di morti per corroborare l’immagine di questo eroe negativo uscito dalle abili penne della CIA. Cattivo più di JR di Dallas, a tratti più affascinante di un divo di Hollywood, finito su tutti i teleschermi del mondo con i suoi denti perfetti e gli occhi cancellati dallo sfumino di Photoshop.

E so che scrivendo queste cose, alla fine, sarò io quella presa per folle, e non tutti coloro che pur avendo in mano i destini del mondo, continueranno per giorni a sparare cazzate immani, coscienziosamente riportate su tutti i giornali. Quando arriveranno altri morti innocenti, su una metro o su un treno, durante una festa di piazza o in un mercato, sarà proprio come in una puntata di Beautiful, una di quelle in cui “il morto” ritorna. Lo spettro di bin Laden tornerà ad aleggiare sulle nostre vite e sulle nostre guerre sante, e giuste. Le guerre doverose che mietono le vite in nome della pace.

Guardo la foto taroccata del pupazzo della CIA e tutto sommato mi sento fortunata per la mia lucida follia: perché gli sorrido. Io so che quel cadavere è proprio come uno di quelli dei telefilm, e come dicevo alle mie bimbe quando s’impressionavano guardando lo schermo: tranquille, è solo un trucco, il cinema è solo una finzione. Saranno altri i morti che mi procureranno dolore, quelli offerti in sacrificio al dio danaro, e non voglio pensare ora a quanti ne serviranno.

Rita Pani (APOLIDE … che purtroppo son tornata alla realtà)


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