4.29.2011

 

Ridiamo (:D) senso allo stato

È tardi e io son qua, con le cose in testa e un bicchiere accanto, che consumo gli ultimi giorni di Sardegna. Di gente ne ho incontrata, e sempre, per un verso o per l'altro, la Rivoluzione è tornata a fare da ritornello. In certi occhi, lo ammetto, forse l'ho vista così bella come la vedo io, calma e silente, della gente che si fa fiume, paziente o irruente. In altri no, era quasi disegnata di una tinta troppo tenue per voler dire davvero Rivoluzione.
Poi quando le cose scorrono, trascinate dalla vita, ti fermi un attimo ancora a pensare: ho mie figlie, due genitori anziani, e i miei fratelli, che non sono solo quelli dati dalla biologia, ma i fratelli che sento miei, che son più che amici, son quelli che della vita ti fanno famiglia.
Allora lo guardo, mio fratello, quello che alla mattina mette la sua tuta per andare a lavorare, che ora ha un amore, e mi sembra felice con un sorriso più luminoso di quel che aveva prima. Un operaio dello stato, mi dico, e credo se lo dica anche lui. Poi chiacchierando seduti nella sua cucina, io non son più sua sorella, e divento sua madre. Una di quelle madri che il proprio figlio lo proteggono anche quando s'è fatto vecchio, e glielo dico: “Tu no! Tu in quel cantiere non ci andrai a lavorare, perché di lavoro si muore, e tu, non devi morire per questo stato che non merita il tuo sacrificio”. Uno stato in mano a gente senza morale, senza etica, uno stato in mano a chi non sa nemmeno che sia il senso dello stato. Un governo che dopo aver dovuto specificare “in atto istituzionale” che il tizio del consiglio al termine di una cena non aveva cantato, oggi specifica che il tizio, non ha detto nulla su un eventuale scudetto al Milan, PER EVIDENTI MOTIVAZIONI SCARAMANTICHE. Nel giorno in cui inizia ufficialmente una guerra iniziata mesi fa. Uno stato confuso che si confonde, con un Presidente della Repubblica che ancora si fa figlio dell'ONU, mentre il ministro della guerra – un idiota fascista – in Parlamento dichiara che l'ombrello sotto il quale bombardare è lecito, è la NATO.
Non ci merita questo stato, non merita nemmeno la Rivoluzione. Meriterebbe forse un esodo, a nord o a sud, noi con i cartelli al collo: “Please save us” [Per favore salvateci]
Uno stato che non merita la mia fatica, la vostra fatica. La fatica dell'insegnante che si ammala di depressione, perché il suo lavoro missionario è diventato comunismo agli occhi di chi a nome dello stato la deve comandare. La fatica del cantautore che se pure capace, come me deve sperare in Internet, per poter essere ascoltato. La fatica di chi ogni giorno lavora e spera, in un giorno migliore, e lasciatemelo dire: anche di chi parte avvantaggiato perché riesce ancora a pregare.
Lo stato che si vede è quello che ci circonda, fatto si chi spera e di chi prega, ma lo stato apprezzato è quello di chi ignora e di chi è in svendita.
Le nostre fatiche – persino quelle di educare i nostri figli – resteranno vane se non riusciremo a ridare senso dello stato allo stato, se non riusciremo ad essere sempre un passo avanti allo stato ridotto in questo stato.
Non so nemmeno bene se in questo momento sia più necessaria la serietà o la seriosità. Come a dire che ora, una parvenza, sarebbe meglio di quel che c'è.
La nostra fatica più grande, alla fine, è quella di comprendere che è giunto il tempo di faticare, e non per noi che in qualche modo ormai abbiamo già metabolizzato, ma per chi dopo di noi verrà. È giunto – sarebbe giunto – il momento di rendere tutto ciò che la vita di altri ci ha donato. Rendere onore davvero ai Partigiani, oppure smettere si cavalcarli, per farci tutti più belli. R-Esistenza non è solo una parola spezzata. È la vita.

Scritto di getto
Rita Pani (APOLIDE … che a volte smette di ridere)

4.28.2011

 

Fate voi io non ne posso più

Leggete e divulgate il verbo

4.27.2011

 

Difficile indignarsi

Ma quindi che ha detto ieri che dovrebbe farci inorridire? Cosa c'è di nuovo che possa finalmente spingere le coscienze di tutti noi alla rivalsa? Nulla che non fosse già stato palesato, nulla che non si sapesse già. Ha ammesso d'aver mentito? Fa ridere, perché in effetti, ha ammesso una menzogna per coprirne una più grande, ossia quella che non vuol sentirsi dire dal popolo: FATTI PROCESSARE.

Chiedo scusa, ma non posso fingere di essere rimasta colpita, nemmeno un po'. Come non posso fingere di non aver sorriso leggendo di un Presidente della Repubblica, che legittima le bombe che tireremo (e stiamo già in qualche modo tirando) sulla Libia. Fa ridere – per il grande senso di ridicolo – quel che resta di bossi che finge di incazzarsi, o calderoli che minaccia il voto sfavorevole alla guerra, che è già guerra da un pezzo, col via vai degli aerei che alzandosi dalla base di Decimomannu, mi passano ad intervalli regolari sulla testa.

Indignarsi per questo governo di farse e manfrine, è legittimare l'insulto alle nostre intelligenze, e di nuovo scusatemi tanto, se con la mia non ci faccio giocare nessuno.
Oggi cosa dovrebbe farci inorridire? L'abrogazione di fatto del Primo Maggio? È tardi anche per questo, perché avremmo dovuto farlo con più forza quando il Vaticano è andato in soccorso di questo grumo fascista, inventandosi il macabro rito dell'esposizione per la “venerazione” di una provetta di sangue, come se non bastasse quello di San Gennaro. C'è da ammettere che almeno questa volta sono stati onesti, non hanno riesumato la salma di un uomo morto, e hanno ammesso che dentro l'ampolla c'è dell'anticoagulante. Però il Primo Maggio è andato, sostituito da questo rito che rischia di somigliare di più ad una puntata di Twilight la saga sui vampiri. L'apertura dei negozi è venuta dopo, corroborata dalla necessità dei pellegrini, dalla crisi economica, dalle balle di sindaci liberisti che lasciano la possibilità agli esercenti del libero arbitrio. 

E sono cazzate, utili solo a negare ancora un pezzo di realtà, perché da tempo la grande distribuzione è libera di fare un po' come meglio crede, assodato ormai che anche la figura del lavoratore non esiste più, sostituita da quella più moderna e globalizzata dello schiavo.
E allora per cosa dovremmo indignarci, se non per la nostra incapacità di incidere contro tutto questo sistema, pseudofascista ma del malaffare, della menzogna che copre la realtà? E mentre i sindacati litigano per un concerto o per un negozio aperto, ci sono sottosegretari che ammettono di avere le casse vuote e non poter più garantire nemmeno l'amministrazione spicciola delle forze di polizia (più sicurezza per tutti), ci sono comuni in bancarotta, si attuano decreti per far sì che si possa essere derubati legalmente alle pompe di benzina (la guerra in Libia è utilissima) e soprattutto tutto si inaridisce e muore sotto i colpi della criminalità di un tizio criminale.

Coadiuvata dalla mia fantasia che galoppa, ora mi chiedo: “Che accadrà, quando come salvacondotto si consegneranno a questo tizio le chiavi del Quirinale?” Perché temo che ci si possa scommettere tutti quanti il culo: accadrà!

Rita Pani (APOLIDE)

4.25.2011

 

ORA E SEMPRE MA ANCHE DOMANI RESISTENZA

Potrei pescare nel mucchio di dieci anni di carta r-esistente, ed estrarne un foglio a caso, uno di quelli scritti in occasione di un 25 aprile. Sono certa che sarebbe attuale, perché in ognuno son sicura di aver scritto che io antifascista lo sono da sempre e lo sarò per sempre, facendone un paletto della mia r-esistenza, una certezza incrollabile.

Solo che oggi non avrebbe lo stesso senso, uno di quei fogli sparsi nel tempo, perché bisogna ammettere che son riusciti a togliere anche quello, quell'essenza, quella certezza. La ricorrenza è rimasta solo un'occasione per le espressioni retoriche delle istituzioni prive di senso e di spessore, un giorno utile a noi per contarsi o per farsi coraggio, e utile a loro per esporre il meglio o il peggio che hanno da mostrare.

L'unica cosa sensata di questa giornata sembra essere l'esigenza di trasformare ogni giorno a venire in un 25 aprile, ma mi spiace ammettere che anche questa potrebbe essere solo retorica, dal momento che oggi tutti ci sentiamo partigiani, e domani avremo un altro modello da seguire, un altro abito da indossare.

La retorica del Presidente della Repubblica è la peggiore, misera e fredda, quasi volesse scordarsi delle regole scritte nei giorni successivi a quel 25 aprile. Mai nessuno che ricordi il fondamento della legge, che il fascismo lo proibisce. Mai che la legge stessa che venga applicata, nella sua forma più rigida e fedele al principio che ha dato le basi a quella che avrebbe dovuto essere la democrazia.

Intorpiditi dal “nuovismo” che ha reso obsoleto ogni cardine della civiltà, siamo arrivati ai fasci littori sui manifesti, ai finti diari di mussolini spacciati per veri, agli inviti a non festeggiare una data che ci ha consegnato la storia, alle istituzioni che dopo aver demolito la democrazia, la oltraggiano ogni giorno, anche il 25 aprile, disertando quell'etichetta che per quanto scontata e a volte persino noiosa, ci faceva patria, nazione e Repubblica.

Certo fischiamo, contestiamo, protestiamo, ma sembra ormai più una sorta di contrapposizione sul modello calcistico, quasi come le scritte laziali a sfottere i romanisti e viceversa. Tutto è utile al regime, per deviare ancor di più il nostro pensiero. E sarà poi il Presidente della Repubblica a tentare l'atto eroico invitandoci alla calma e alla riflessione, a non accalorarci troppo.
Intanto noi continuiamo a sdegnarci per i bambini che cantano gli inni fascisti a scuola, ma non ci sdegniamo per non avergli insegnato, che quando si trovano ad esser testimoni di un atto illegale, avrebbero il dovere di chiamar la Polizia. Ma è vero, è fascista pure quella.

Ora e sempre R-esistente Rita Pani (APOLIDE ANTIFASCISTA)





4.22.2011

 

Buona Pasqua di cioccolato


Ora non mi ricordo bene i precetti. Non frequento e ho dimenticato se a Pasqua si debba essere tutti più buoni o tutti più mesti. So per certo che si dovrà essere tutti più sazi, come di solito impongono le regole non scritte delle festività, e che molti bimbi passeranno giorni con le chiappette sul cesso e i culetti arrossati, per aver spaccato un uovo di cioccolato dopo l’altro per trovarci dentro un pezzetto di plastica che costa quanto l’oro.

Per non sbagliare ho deciso di non essere né più buona né più mesta (di quanto io non sia già) e di conservarmi incazzata, che almeno non dovrò faticare alla prossima occasione. Mi porto avanti col lavoro, come di solito faccio da quando ho iniziato a vivere questa vita del “non si sa mai” che ogni giorno ho previsto un imprevisto. Sono così incazzata, per esempio, che vorrei essere anche vegetariana, in modo tale di avere più piacere questa sera addentando un pezzo di carne, e meglio se umana. Tanto per essere certa di non sbagliare.

Non lo so perché, forse perché oggi tacciono anche le campane che ieri suonavano come si usava un tempo, con l’uomo appeso alla corda, sudato e felice. Felice come il prete lavatore di piedi, come il Papa lavatore di piedi, con le sante ginocchia posate in un morbido cuscino rosso, e la brocca tutta d’oro, proprio come fece Gesù, magari con l’acqua minerale, per non urtare i cardinalizi duroni. Non so perché, davvero, io sia così incazzata.

Sarà perché è festa comandata? Una di quelle che servono non tanto a guardarsi dentro il profondo, alla ricerca di quel che non diamo o che prendiamo e non meritiamo, ma una di quelle che chissà cosa mangeremo, o finalmente mangeremo, che oggi anche questa non è più garanzia per tutti. È la festa che comanda d’esser felici e ben vestiti, soprattutto, per onorare il mistero della Resurrezione di un uomo che dicono finì la sua vita crocefisso e  in mutande, coperto da un lenzuolo.

Non mi ricordo davvero, se a Pasqua si debba essere tutti più buoni, mi ricordo che lo dicono a Natale, questo sì, me lo ricordo. Ora però che mi concentro mi ricordo: la Pasqua è la festa della Pace, e non è una battuta. La si festeggia in tutto il mondo, anche in America con gli ovetti nascosti, e il coniglio pasquale. La si festeggia ovunque, la Pasqua che è resurrezione, ma ovviamente non di tutti i morti ammazzati dalla pace.

Per fortuna mi conservo incazzata, così non dovrò faticare – beata pigrizia – nel vedere ancora le colombe libere di volare, lanciate in cielo dalle sante mani del santo padre, e nel dover rispondere a quegli auguri di “Buona Pasqua” come se davvero fosse un augurio, e come se davvero fosse una cosa seria, questa giornata di uova di cioccolato, di conigli di cioccolato, di colombe farcite di cioccolato, tutto così marrone, che alla fine sarà bene ricordare che Pasqua è la festa del cioccolato. Confondersi sarebbe un attimo.

... Auguro a tutti due o tre giorni di pace dell’intelletto, lasciatelo a riposare, ma non vi adagiate troppo, urge tornare presto a pensare. Prendo una pausa anche io, che a rileggermi, mi sa proprio d’averne bisogno. A presto.

Rita Pani (APOLIDE) 

4.21.2011

 

Quando ritorna un eroe


Vittorio è tornato, dimenticato da questo stato, capace di rendere eroe un mercenario assassino, un soldato che uccide in guerra, una guerra che questo stato dovrebbe ripudiare, ma non rende eroe chi va a morire per la pace, quella vera, che in cuor suo sa, non ci sarà mai. È la sintesi di questo stato al contrario, che ogni giorno mi ricorda perché nessun sacrificio si ha da fare.

Troppe vole abbiamo visto una marionetta andare a posare le mani sulla bara degli “eroi”, chiamati così non per la giustezza delle azioni da essi compiute, ma solo per tacitare le coscienze loro, e tener buone quelle di chi avrebbe potuto ricordarsi che l'Italia – appunto – ripudia la guerra. Tornavano da eroi in pompa magna, con l'esercito schierato, la banda o la fanfara, i cappotti blu, degli uomini scesi dalle auto blu, che ci fosse il sole o la pioggia, tutti in fila e mesti, a farci credere un dolore fasullo, che desse vigore, magari, ad un impegno da intensificare. 

Anni e anni di guerra hanno prodotto molti eroi, troppi eroi, così che gli ultimi che hanno dovuto morire, a dire il vero, hanno visto sfumare la pompa, e la fanfara nemmeno c'era. Una giacchetta blu al posto dei cappotti, e due parole distratte di un cronista senza troppa mestizia. La marionetta, l'unica a persistere nei pellegrinaggi a Ciampino, per il rito ormai consumato dell'imposizione delle mani sulle mani di una madre e poi della bara foderata dal tricolore, quello senza alcun valore, che un giorno può rappresentare il senso stretto di questo stato al contrario, e il giorno dopo persino il simbolo della contestazione – allo stato.

Vittorio è tornato con un volo di linea – che lo stato non se lo è andato nemmeno a pigliare – avvolto nella bandiera palestinese e protetto dal cellophane, senza marionette a fingere il dolore già espresso in frasi di circostanza, buttate là col rigore di chi recita una parte senza ormai nessuna convinzione. Non ci sono più voci ferme o tremolanti, che vibrano d'emozione, ma solo atone litanie che suonano come la noia di un ritornello imparato a memoria da chi sembra aver scordato il resto della canzone.

“Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi”. E questo stato ci fa beati, cancellando i nostri eroi, quelli veri, quelli che potrebbero insegnare a chi in questo stato muove i primi passi per divenir uomo, che si può essere diversi e migliori di quel che ci viene mostrato, giorno dopo giorno, a seppellirci nel nostro stesso vomito, nello schifo che ci allontana dalla vita comune e dalle cose di tutti. Vittorio avrebbe potuto insegnare che vivere fino in fondo la coerenza del proprio ideale, è un bel vivere, anche se dell'ideale si può morire. Vivere fino in fondo la convinzione di poter essere parte di un mondo senza confini, lottare perché il mondo possa essere luogo ospitale, è l'unica guerra che ci si potrebbe impegnare a combattere, l'unica capace di zittire le armi, di far cessare il sangue. Posare le mani sulla bandiera palestinese che racchiudeva la vita di Vittorio, avrebbe potuto spalancare la finestra sulla vita di tutti coloro che in fila si sono radunati davanti al simulacro dell'eroe preconfezionato, far entrare aria fresca nelle vite di chi non è più capace nemmeno di discernere cosa è giusto da quel che non lo è.

Ma per fortuna Vittorio non è stato del tutto dimenticato da chi appieno ne ha compreso il valore. Il Presidente ha mandato una sua delegazione, a riconoscerlo eroe, figlio migliore di quello Stato che si vorrebbe cancellare, a riconoscergli l'onore e il merito di aver speso la sua vita per ciò in cui credeva: l'utopia della pace. Grazie Presidente Abu Mazen, per aver accolto Vittorio nel suo popolo palestinese, l'Italia non è degna di lui.

Rita Pani (APOLIDE)




4.20.2011

 

Antiberlusconismo dissetante

E così si mordono via un altro pezzo di democrazia, che non è che ne fosse rimasta tanta. Morso dopo morso, ora sta a noi impedire che si lecchino via pure le briciole dai piatti, e francamente non so se ne saremo capaci.

Leggo manifestazioni di orgoglio e soddisfazione “per aver battuto il nemico” sul campo minato dell’energia nucleare, e resto perplessa, sperando di essere l’unica ad aver capito male quel che in realtà mi pare essere successo. Perché sì, potrebbe sembrare che il nostro impegno abbia fatto desistere il nemico, ma in Italia non è mai quel che appare, e spesso quello che ci frega è la propaganda contro la propaganda che ci spinge a combattere battaglie conto terzi, che sono solo uno spreco di energia ed intelligenza.

Mi sarebbe piaciuto, ieri, che qualcuno di quelli che ancora potremmo salvare dalla meritata e ipotetica impiccagione, fosse saltato su, dopo le dichiarazioni di tremonti, a dire ai cittadini italioti: “Attenzione! Di fatto, per la prima volta, vi viene scippato lo strumento del referendum. Non ci cascate, andate a votare, e se fino a oggi vi siete impegnati a portare alle urne almeno 3 cittadini, domani impegnatevi a portarne almeno 6, per dire a questo regime che per noi la democrazia è importante, che ha ancora un senso”.

Non lo hanno fatto. La propaganda contro la propaganda ha vinto ancora, con le solite dichiarazioni ad effetto – e per imbecilli – che ci piovono addosso offendendoci senza ritegno. Perché è la propaganda contro la propaganda che ci muove come marionette, che ci impedisce di avere uno sguardo ampio, una bella prospettiva dalla quale godere del pieno panorama. Un punto d’osservazione limitato e limitante che torna utile a noi che non facciamo troppa fatica a guardare quel che la propaganda anti propaganda ha in mente di farci vedere.

Il PD che si dice vittorioso, mi fa più paura di un tremonti che dice di non pensare più al nucleare. Perché di mezzo, per esempio, c’è pure l’acqua pubblica con i rubinetti da regalare ai soliti padroni, che decideranno chi, come e quando potrà bere, e il PD non sempre è stato chiaro sulle sue posizioni, nella sana logica del cerchiobottismo , di “enti integrati” e “vecchie e nuove” prospettive, da rivedersi di caso in caso e di regione in regione. Mi fa paura notare come, la propaganda anti propaganda tema che venga a cadere “il traino” che l’antinuclearismo avrebbe dato alle altre questioni referendarie. È come ammettere che lo sforzo, l’impegno, e “l’energia” sia stata spesa verso “il prodotto che tirava di più”, in una politica ormai ridotta alla stregua di mero marketing e figlia della scienza pubblicitaria.

È palese il fatto che il governo, scippando a un popolo poco sveglio il diritto al referendum, tenti di salvare ancora una volta la verginità di quel culo flaccido, e se propaganda anti propaganda deve essere, che allora sia: concentriamoci sul plebiscito contro quel tizio criminale, e chissà che così facendo non si riesca ancora a bere. Andiamo a votare Sì. A prescindere.

Rita Pani (APOLIDE)

4.19.2011

 

Se mi arrabbio vuoto il sacco (andate a cagare!)


Oh mamma mia! Si resta spaventati davanti a questa minaccia. Pensate un po’ quali sconvolgenti rivelazioni potrebbe fare Lassini, il candidato del partito della libertà d’amore, se dicesse chi è il mandante dei manifesti “Via le BR dalle Procure”. Ma chi sarà mai? Avremo mai una WikiLeaks de noantri, che ci faccia saltare sulla sedia, proprio come ha fatto quella di Assange, quando ci ha rivelato che Babbo Natale non esiste, che la ruota gira e che dal rubinetto col cerchietto rosso, se l’idraulico è stato attento, di solito esce l’acqua calda?

Son qua che tremo e lascio galoppare la fantasia. Non riesco davvero ad immaginare chi mai avrà potuto avere l’idea di far stampare i manifesti che a scoppio ritardato hanno fatto svegliare anche il Presidente della Repubblica, formulo ipotesi che però non reggono al cospetto della logica. E continuo a leggere preoccupata dello “scontro finale” tra governo e magistratura. Ci volessero dire anche quali armi useranno? Come sarà questo scontro finale? Certo, mi dico, non potranno più usare né i calzini turchesi, né i baci rossi della gioventù di Ilda Bocassini, e allora? Difficile farsi un’idea. Forse i missili o l’alabarda spaziale, le palle di puzza?

Per fortuna, però, si è svegliato il Presidente; la nostra garanzia. Un colpo gobbo davvero, quello di proclamare il 9 maggio, la giornata della memoria per i magistrati uccisi dalle BR. Porca miseria! Che astuzia. Chiunque sia il mandante del vilipendio, sarà rimasto così spiazzato da aver avuto una crisi di panico. Proprio arguto il Presidente, che magari così facendo dovrà organizzare in tutta fretta dei convegni alla memoria, ai quali dovranno partecipare le alte cariche dello stato, per dare spessore alla sua arma letale.

E come proseguo questo vagar nella fantasia, se non con un roboante: “Ma andate a cagare!”

E no, davanti a un manifesto rosso non si può più fare finta di nulla. Il manifesto, se contiene cinque parole può essere letto da tutti e non si può ignorare. Bisogna dirlo al popolo che il vilipendio è ancora un reato, e che nessuno può vilipendere le istituzioni – con un manifesto. Lo si può fare tranquillamente, invece, con anni e anni di dichiarazioni eversive, di modifiche delle leggi dello stato, vessatorie contro le stesse istituzioni, lo si può fare riempiendo il Parlamento italiano di mafiosi e criminali, di depravati e di puttane, di arrivisti nullafacenti ed ignoranti. Si può vilipendere il popolo, si può vessare il disabile, il malato, uccidere il lavoro e il lavoratore, si può affamare un’intera popolazione, ridicolizzare un intero paese, sputare in faccia ad ogni cittadino onesto. Ma cazzo no! I manifesti proprio no.

E ribadisco e vilipendo: “ANDATE A CAGARE!”

Rita Pani (APOLIDE)

4.18.2011

 

In silenzio, ne è morto un altro

Sembrano annoiati i giornali, quando non hanno merce fresca, e buccia di patata da offrire in bella mostra, per aumentare la tiratura – che pure tirare va di moda. Eppure da scrivere ne avrebbero di notizie degne d’esser lette, come per esempio le farneticazioni di quel coso strambo che è il ministro dell’economia, al quale con un po’ di fantasia si potrebbe dire che oggi ha risposto, morendo, un operaio di Messina, l’ennesimo e purtroppo non l’ultimo di una serie silenziosa.

Ha detto che in Italia non esiste un problema disoccupazione, perché gli extracomunitari lavorano tutti, aggiungendo pure che i nostri giovani hanno la puzza sotto il naso, e che di certi lavori non ne vogliono nemmeno sentir parlare. Ha per questo rincarato la dose, augurandosi l’ingresso di molti altri colorati lavoratori. Sì, se avessero voluto, i giornali, avrebbero potuto dirlo loro che in realtà, la traduzione spicciola delle dichiarazioni etiliche del ministro, volgevano ad insinuare ancora una volta la pigrizia nostra e dei nostri figli, contro il bisogno che diventa arguzia di chi è motivato a lavorare dai morsi della fame. Ha detto in pratica che siamo così sazi d’essere a volta solo un po’ presi da piccoli appetiti, quelli che puoi scacciare con uno spuntino.

Non scrivono, i giornali, nemmeno quale sia il reale significato d’oltraggio dell’ennesimo ministro malfattore e in malafede di questo governo di arroganti incapaci. Il potere economico e i padroni, ben si guardano dall’assumere in stato di schiavitù un cittadino italiano, che se non dovesse temere d’essere massacrato di botte, potrebbe anche far valere quel minimo di diritto che ancora possiede, almeno fino a quando Marchionne, prima di mettersi in salvo in America, deciderà di mantenere.

Quindi anche oggi, avrebbero potuto scrivere che a Messina un operaio è morto folgorato, mentre lavorava – chissà con che contratto – in un cantiere edile. Ma la morte così banale, stupida ed inutile, non fa più notizia, ora che si attende l’ultimo volar di mutande che se non altro cancellerà dalle pagine dei giornali il vecchio maiale e criminale che non ci governa, descritto nei suoi numeri d’avanspettacolo o cabaret, che ormai hanno sostituito ciò che un tempo era la politica.

La politica è quella cosa che solo qualche anno fa, dopo il morto della Saras o dopo il morto di Messina, o quello di cui nemmeno sappiamo il nome, morto in un luogo a noi sconosciuto, avrebbe fatto scoppiare il paese. La politica è quella – checché ne dica Grillo – che nemmeno tanto tempo fa, dopo l’ultimo pietoso show di quel tizio depravato, avrebbe fatto dire all’autorità legittimata: “Arrestatelo!” La politica è quella cosa che non avrebbe mai permesso all’Italia di essere scacciata, in religioso silenzio, dal G7, ammesso che abbia ancora un senso, oltre il becero capitalismo globale.

Ma niente, sembrano cose ormai antiche e noiose, quasi una roba di nicchia per radical chic. La notizia per esser tale deve avere le tette, dire porcherie al telefono, e deve essere abbastanza ripugnante da ridare dignità persino ad Alvaro Vitali o Edwige Fenech.

Rita Pani (APOLIDE)

4.16.2011

 

L’associazione nazionale delle mamme delle puttanelle (e pure questa, ci voleva)


Ero rimasta un po’ confusa leggendo dell’intervento del mostro del consiglio, ad un convegno organizzato dall’Associazione Nazionale delle Mamme. Essendo madre, mi son detta che avrei vomitato al solo pensiero che un tizio così viscido potesse osare sindacare sulla vita delle mie figlie. Poi mi sono ricordata che per anni, in Italia, i mafiosi osavano presentarsi sui palchi per commemorare Falcone e Borsellino. Poi ho pensato ancora  che, in Italia, i fascisti osavano fare finta di commemorare i morti della Strage di Bologna, e mi ero quasi rassegnata all’idea. Fino a quando ho letto i nomi delle mamme presenti in prima fila, e ho capito.
Soltanto alla mamma di noemi, o alle mamme di un altro stuolo di piccole troie, allevate in batteria per sollazzare il mostro, poteva suonare bene le parole di un vecchio pietoso e debosciato, ormai libero di dire qualunque mostruosità a chi ancora ha interesse a fingere di stare ad ascoltarlo. Sì, dicono che c’erano tante madri di puttana, in prima fila, anche se non pensavo che fossero così tante da potersi riunire in un’Associazione Nazionale. Mancava solo la Franzoni, per finire di dar lustro al parterre.
Sono una madre, e per questo non posso sopportare l’orrore che mi fa, questa ultima ignobile farsa tutta italiana, così povera e miserabile, così grave eppure così normale. Normale al punto che l’alzata di scudi da parte dell’opposizione è stata riservata alle parole che quel mostro ha dedicato alla scuola, nell’ultimo improponibile attacco al fantasma comunista, che se esistesse davvero, almeno, avrebbe potuto salvarci, e non all’oltraggio che oggi, milioni di madri italiane hanno dovuto subire, dal mostro stesso e da quella platea di matrone che non preparano più le figlie per vincere il concorso di bellezza, ma che le preparano a farle passare per le mani di una classe apolitica di criminali viziosi, senza scrupoli o morale, alla stregua di un Pietro Pacciani qualunque.
"Un bacio e un saluto affettuoso a tute voi con l'augurio che possiate realizzare tutti i progetti e i sogni che avete nella mente e nel cuore". Così finiva il discorso di quell’essere immondo … e nessuna di loro ha vomitato, ha divelto la sedia per lanciarla sopra all’altoparlante. Nessuna ha lasciato la sala indignata, dissociandosi da tanto orrore.
Non trovo nessuna dichiarazione ufficiale che dica al mostro quali sono i sogni di una madre di oggi, perché tutte sappiamo qual è il sogno che loro hanno nel cuore: quello che le proprie figlie possano passare dalla statuetta di Priapo, al palo della lap dance ed essere scelte da lui. Avere l’onore di chiamarlo papi, di avere il numero del telefono al quale richiedere la paghetta per la benzina, magari dopo aver faticato per avere anche l’automobilina: e fa nulla se si dovrà finire in un tribunale, tanto papi ha spiegato pure che i tribunali sono covi delle BR, e lo ha fatto tempestando le città con i manifesti, o recandosi in tribunale a fare lo show.
Nessuna voce delle opposizioni a ricordare i sogni semplici delle madri per bene – che rischiano d’esser additate come comuniste – che sognano un futuro per i loro figli che sia degno d’essere chiamato vita. In un mondo fatto di regole e principi da rispettare per aver rispetto della libertà, quella vera, che farà dei nostri figli donne e uomini liberi. Liberi di scegliere di andare lontani, e non obbligati dallo stato di miseria culturale e morale nel quale viviamo, oppure liberi di restare, gratificati per il loro impegno e sacrificio.
Il sogno di ogni madre per bene, che fatica, magari aiutato dagli eroi ed eroine della scuola pubblica italiana, col solo unico scopo di far sì che suo figlio possa mai esser preso per un berlusconista, nell’accezione peggiore che questo termine ha.

Rita Pani (APOLIDE) 

4.15.2011

 

L'Umanità

Il più onesto, ieri mi ha chiesto: “Chi è Vittorio Arrigoni?” io, poi, presa da un momento complicato della vita spicciola non ho potuto rispondere, ma son sicura che ora sa. Il più disonesto, non ha posto l'altra domanda: “Cos'è Gaza?” C'è da sperare che grazie a chi oggi dichiara il dolore per la perdita di un uomo – semplicemente un uomo – giusto, libero e coerente, magari l'altro inizi a guardare alla Palestina, non come un simbolo di una parte politica – semplicisticamente chiamata comunista – ma quel che è: il perenne Olocausto provocato da Israele, e sempre impunito e ignorato da tutti i governi, in nome e per conto del dio danaro, al quale si sacrifica la vita umana, come se il mondo fosse tutto un tofet.
C'è da sperare che quella frase, quell'esortazione, “Restiamo umani” prenda davvero il senso limpido che ha, anche se forse bisognerebbe ammettere che è giunto il momento di “Tornare ad essere umani”.
Non dovrebbe morire un uomo giusto per ricordarcelo, non dovremmo avere bisogno di un eroe, di un sacrificio umano, per rivendicare la nostra umanità. Eppure ogni volta è così.
Di colpo il cadavere posato sulla pietra ridesta la nostra coscienza, ed è un risveglio breve, che si abitua, e che vuole fuggire sperando ogni volta che la barbarie non debba più compiersi. Le immagini dei cadaveri ustionati dal fosforo bianco, di bambini e innocenti, ci toccano il cuore solo un momento, quello che riusciamo a non proibire a noi stessi, o forse è solo che dalla Palestina troppi ce ne sono giunti, prima che sparissero dalla TV o dai giornali. L'Olocausto moderno, che ne uccide centinaia e migliaia, ma a piccole dosi, che non facciano rumore, e che possano lasciare a tacere i governanti, che a Israele vendono le armi, o gli spazi aerei in cui imparare a bombardare le case e le vite di chi tal volta la guerra la fa ancora con le pietre. Le vittime innocenti centellinate, così da far inorridire quando in Israele salta in aria un autobus, con altri innocenti, sacrificati anche loro – in fondo – allo stesso dio.
L'umanità nostra dovrebbe farci ricordare ogni volta che l'uomo uccide l'umanità, con le bombe mandate a pacificare, con quel ragazzo che prende una barca perché tanto sa nuotare, e non sa che dall'altra parte del mare nessuna umanità l'attende. L'umanità nostra che dovrebbe riconoscersi e non scacciarci. Il fatto è che il senso dell'umanità si è persa come ci siamo persi noi, che siamo diventati solo numeri tra i numeri, folla tra la folla, che non si parla, non si ascolta, e nemmeno si guarda dentro un tram.
Ecco perché mi viene difficile credere che davvero si voglia Restare Umani, proprio ora che non lo siamo più da un pezzo.
E qua mi fermo, perché mi pesa il cuore, per una perdita, per il troppo spreco che facciamo di noi.
Rita Pani (APOLIDE)

4.14.2011

 

Buona Pasqua, Cloro

Non sono negazionista. L'Olocausto è successo veramente, e per altro non ci ha insegnato nulla, visto che a distanza di anni ancora richiudiamo donne, uomini e bambini nei lager che chiamiamo CPT o CIE o VATTELAPESCA; ancora e di nuovo attuiamo i pogrom e ancora e peggio diversifichiamo tra gli uguali appartenenti al genere umano. Detto questo penso di Israele tutto il peggio che si possa pensare, e non comprendo come un popolo che ha tanto subito, possa essere altrettanto incarognito. Gaza non è un mistero.
Stamani, scorrendo i titoli di Repubblica  sono rimasta un momento interdetta, apprendendo che una blogger che stimo, e che purtroppo conosco solo “virtualmente” da anni, veniva tacciata di antisemitismo, e accusata di “inculcare” ai suoi alunni tali nefandezze. Seguendo Barbara da anni, appunto, la prima domanda che mi sono posta è stata: “A chi ha pestato i calli per meritare tanta schifezza?” Poi è bastato leggere un po' indietro la storia per comprendere che Barbara non era colpevole di “inculcare” dottrine negazioniste nelle menti di giovani da far diventare uomini, ma semplicemente colpevole d'aver espresso una sua personale opinione in contrasto con un giornalista.
Giornalista, parola che non è più.
Ora, dato anche che Barbara è capace di difendersi da sé – e spero proprio anche in sede opportuna – la domanda è un'altra: “Esiste davvero la libertà d'espressione?”
Dobbiamo tutti aspettarci questo trattamento, da chi anziché usare la penna per raccontare, ne fa un'arma per la propria vendetta personale?
E che ne è delle campagne per la libertà di stampa, quelle fatte anche da Repubblica che spesso esorta i suoi lettori ad inviare le foto e i post-it? La libertà di stampa, o quella d'espressione dovrebbero essere cose importanti, in questo paese, e soprattutto in questo momento storico, ma evidentemente, come molti altri termini, nemmeno “libertà” è più, se si può gettare fango sulla professionalità di un'insegnante, che guarda caso finite le sue ore di lezione sceglie di esprimersi e di continuare forse ad insegnare, a quelli che avranno la fortuna di comprendere che un blog, spesso è meglio di certi giornali. Ma forse è proprio questo il problema.
Rita Pani (APOLIDE, per fortuna)

 

Riscrivere la storia

Ora ci dicono che la storia getta fango sul pdl, perché non hanno il coraggio di dirci che, al contrario, il loro intento è quello di gettare merda sulla storia. Ma la storia è fatta dai fatti e dagli accadimenti, e solo i fatti e gli accadimenti potranno scrivere ciò che domani sarà storia.
E la storia che si sta scrivendo in questo ultimo ventennio, non è uguale al più storicamente famoso ventennio, è assai peggiore e ridicola, fatta da uomini da nulla, che se fossero protagonisti di un romanzo che vuol finir bene, verrebbero impiccati e dimenticati, dopo un processo assai più che breve: oserei dire sommario.
E non si resta meglio, a guardare la storia che sta scrivendo il popolo, una novella ricca di codardia, di stupida ottusità, di vile complicità. Un popolo di movimentisti, pronti a piantar gazebo sulle piazze, proprio come se fosse una cosa seria, mentre invece è solo più comodo di un paio di scarponi ai piedi e un giaccone pesante da portare anche in estate, per poterci nascondere dentro il viso e non farsi riconoscere dalle telecamere che hanno piazzato in ogni angolo di strada, per averci sempre tutti sotto controllo, per sapere di noi ogni spostamento, ogni passo e ogni scorreggia.
Verremo ricordati come il popolo che non comprese quando giunse il momento di dire basta al dire basta. Il popolo del “se non ora quando”, degli slogan da ripetere all’infinito, dell’indignazione da urlare per rimettere a posto la propria coscienza. Il popolo dei colori da ostentare come idee, quelli puri d’animo che attraverso Internet pensavano davvero di poter dire “io ho fatto la rivoluzione”. Peggio, se pure gli autori di Forum non scriveranno di questo popolo stanco, che non deve esistere nella storia, noi sapremo di essere esistiti, proprio come siamo: sempre pronti ad indignarci, come se dirla, l’indignazione, fosse abbastanza.
La storia dice che una sciacquetta presa dalla televisione, famosa più per i pompini che per i balletti, è stata chiamata a dirigere il ministero della famiglia e delle pari opportunità. Questa è storia, e non delazione. Un’altra racconta che una sua pari merito, stupida e incapace, famosa anche per essere una nulla facente, cacciata da altre cariche minori che aveva ricoperto, è il ministro dell’istruzione. È storia. Storia di mafia, con dell’utri che comanda, da bravo mafioso, nascosto dietro il pupazzo che tutti siamo abituati ad intendere come il criminale più criminale che c’è. È storia il fatto che noi, già stanchi da tempo, chiedemmo con un voto obbligato a un ex democristiano, coalizzato con una masnada di emeriti democristiani, di tutelare la nostra storia, andando al governo per cancellare gli oltraggi che fino a là avevamo subito, e la storia ci dice che non fu così. Nulla si fece perche il domani (oggi) non potesse più accadere quel che poi è inevitabilmente accaduto, fino alla legittimazione della compravendita di deputati e senatori, fino all’abominio istituzionale che viviamo, di un vecchio porco che del meretricio ha fatto meritocrazia.
Allora, di cosa dobbiamo ancora indignarci? Del processo breve, o di quello lungo che si discuterà a breve al senato? Della storia demenziale scritta da ministri che si sono inventati uno stato che non c’è ma governano il nostro, arrivando persino a restare al loro posto dopo aver proposto la soluzione del problema immigrazione con un semplicistico: “Potremmo sparare”?
Io mi indigno per la totale assenza delle istituzioni, della facezia di un vecchio Presidente della Repubblica che non ha né il coraggio di agire, né quello di assumersi la responsabilità del suo fallimento, dimettendosi. Mi indigno per l’incapacità che abbiamo di comprendere che non è mettendosi addosso magliette viola – probabilmente finanziate da berlusconi, all’insaputa delle tante persone per bene utilizzate allo scopo, loro malgrado – o facendo la politica non politica, che si potrà scrivere una storia diversa, ma solo tornando un po’ indietro fino al punto in cui, la penna è passata di mano ed ha iniziato anziché a scrivere, a cancellare.

Rita Pani (APOLIDE)

4.13.2011

 

Priapo di Arcore

Questo mio post è come se fosse scritto tra parentesi, oppure su un pezzetto di carta o sul retro di uno scontrino, come quando mi capita di dover appuntare qualcosa, al volo, dentro un'auto o sull'autobus.
Questa mattina è iniziata così, un po' strana, con la lettura dei giornali che ha spaziato tra la statua di Priapo, l'unica statua con un pisellone, e le palle di un toro di Swarovsky, ma non stavo visitando siti porno: lo giuro. Leggevo la cronaca politica.
Mi viene da ridere, ma è un riso amaro.
Formigoni il verginello che si diverte eccitato quando i fedeli cortigiani del pdl, riuniti al cospetto del presidente del consiglio in una villa in Brianza, gratificano il re con i loro doni: un finto uovo di Pasqua alto due metri, con dentro una violinista soubrette di ventisette anni, che subito seduce il presidente col suo sguardo. E poi un toro con le palle giganti. E me lo immagino quel coro di politici impegnati a governare le sorti di tutti noi, che all'unisono esultano: “Presidente, ha le palle come le tue!”
Dicono che le signore -tra le quali il sindaco di Milano, la mamma di Batman, la moglie di uno degli assassini della SARAS - fosse a tavola anche lei, e dicono che siano arrossite di fronte all'aria compiaciuta del tizio con la pompetta, che al massimo può avere lo scroto cadente di un vecchio ormai in disarmo. La sindaco di Milano, che per essere arrivata in ritardo è stata minacciata di dover sottostare per ben due volte al Bunga Bunga, tra le risate generali dei commensali eleganti e di gran classe.
Eppure sul web, circola la foto del priapo di Arcore in versione adamitica, e il suo pisello è esattamente proporzionale con tutto il resto, sfatando anche la leggenda metropolitana sui nani e sulla loro dotazione naturale.
Ma potrei sembrare moralista, e non lo sono. Sono una semplice donna di 46 anni, sana. Qualunque uomo decida di accostarmi sa, che mai nella vita dovrà mettere in dubbio il mio amore per Denzel Washinton, verrà sempre per secondo; povero lui se avrà un culo sodo, potrebbero rimanerci le mie mani incollate. Confesso inoltre che a volte io tocco il culo, sì, lo faccio. Però …
C'è sempre un però. Chi mi conosce e sa anche queste cose di me, nelle occasioni di festa mi regala un libro, o un cd. Una crema per il viso, un barattolo di Nutella. Chi vuole farmi stare bene, perché mi stima o mi vuol bene, mi regala le anguille arrosto, una bottiglia di mirto, o il dvd di quel film che sa che da tempo cercavo e non trovavo. Non mi è capitato mai, che qualcuno si presentasse a casa mia con un mandingo dalle chiappe marmoree, e questo vorrà pur dire qualcosa.
Questo vuol dire, per esempio, che tutti sanno cosa fa piacere al re. Tutti sanno cosa donargli per solleticare il suo ego: una zoccola e un po' d'adulazione, che costa assai più del danaro. Costa la dignità.
Lo so, ci sarà ancora qualcuno che reciterà a memoria la regoletta del catechismo per italiota, e cioè che a casa sua può fare e blà blà … ma non è così. È la figura che emerge del nostro stato di cose, in balia di un debosciato erotomane, che minaccia in modo subdolo due ragazzine che restano disgustate da dei vecchi bavosi che palpano e si fanno palpare, e che le ricattano moralmente quando non ne possono abusare. Quello che emerge è la legittimazione della mercificazione del corpo delle donne, non già sane e consenzienti, con normali appetiti sessuali, ma proprio moneta di scambio per chi ormai ha rubato così tanto danaro da non sapere proprio più che farsene. E allora anche il prefetto, pagato a peso d'oro dallo stato (da noi) per dirigere la commissione anti racket, esigerà che le mazzette gli si paghino in natura, per poter accedere alle graduatorie per ricevere i contributi statali per le loro aziende massacrate dall'usura.
Rido e rido amaramente, perché me la figuro la “Lady moratti”, con quell'aria da signora, imbalsamata dalla sua superbia, che viene trattata alla stregua dell'ultima povera ragazzina, arrivata dal Brasile o dai Paesi dell'Est, con il miraggio di un lavoro, che poi sì, ha trovato, ed era quello più antico del mondo. Lo stesso che alla fine, oramai, può garantire a chiunque abbia abbastanza pelliccia di yeti sullo stomaco, da riuscire a infilare la mano dentro le mutande del Priapo ridimensionato di Arcore, un lavoro a tempo indeterminato, con la benzina a spese dello stato. Chissà che bello sarà il prossimo scambio di doni al G8: per tutti un libro di economia, per il tizio italiano un camion frigo, pieno di carne da macello. Carne fresca.
Rita Pani (APOLIDE)


4.12.2011

 

Dacci oggi la minchiata quotidiana



La famiglia Moratti ha ucciso un altro lavoratore a Cagliari, si chiamava Paolo Pulvirenti e aveva solo 25 anni. Forse si riteneva anche fortunato per avercelo un lavoro, in una terra, la mia, tra le più massacrate dalla disoccupazione. E nonostante gli assassini abbiano un nome e un cognome, come sempre la Procura aprirà un fascicolo contro ignoti. E se pure un domani si dovessero accertare le responsabilità, forse in galera non ci andrà nessuno, perché oggi è anche il giorno della morte di un altro pezzo di democrazia, con l'assurda discussione sull'ennesima legge ad personam, della quale beneficeranno anche tutti gli altri complici del padrino, siano essi industriali, palazzinari o mafiosi – che poi troppa differenza non c'è.
Questo è il paese reale, ed è bene ripeterselo fino alla nausea, che tuttavia continua a vivere nell'irrealtà, lasciando scorrere la vita distante, con la speranza che essa non ci debba mai venire a sfiorare.
Ogni giorno è tutto un susseguirsi di minchiate istituzionali, gettate quasi a caso sul mucchio, in attesa che i giornali abbocchino, e inizino a scrivere, dell'Italia che vuole andare via dall'Europa, di un legaiolo stupido come castelli che si rammarica di non poter sparare agli africani - quelli che il mare risparmia – o dell'ex soubrette male in arnese carlucci che pretende una commissione d'inchiesta sui libri di storia, spalleggiatta dalla ministra orale dell'istruzione, che quasi sembra dolersi con l'aria di chi vorrebbe dire: “Oh cazzo! Ma perché 'sta minchiata non me la sono inventata io?” ed ammette che sì – raccontare la storia è un problema, perché getta fango su berlusconi. In effetti, considerato che spesso il programma di storia delle scuole italiane, si ferma giusto a Mazzini, potrebbe anche essere che già quel tizio ci fosse, ma per quanto abbia letto non mi pare di ricordare che fosse menzionato.
Intanto le cose, come dicevo, continuano ad accadere, ma sottovoce, perché sui giornali non c'è abbastanza spazio per farcele entrare tutte, sepolti come sono dalle abili armi della propaganda. E così non si apprende del calo del potere d'acquisto dei salari italiani, dell'impossibilità degli italiani di avere una vita decorosa, delle malattie che stanno diventando compagne di vita di una generazione sempre più giovane, che non può farsi curare. Delle organizzazioni di volontariato che vedono ogni giorno aumentare le code nelle mense dei poveri, dove gli italiani sono in numero crescente e in un'età sempre più inferiore. I giornali semmai ti diranno che gli italiani s'indebitano – felici – per sposarsi, che il matrimonio è una cosa importante, soprattutto se fatto al cospetto di Dio.
Pure il terremoto del Giappone è stato trattato quasi una minchiata, con un numero incredibile di filmati da vedere e rivedere, sulla compostezza di un popolo, sulla sua reattività, un po' meno sulla sua radioattività, perché in Italia ci sarà un referendum, anche se non lo sa quasi nessuno, e quindi dato che non si può più negare che Fukushima è come Chernobyl, si potrà sempre dire che però non è proprio lo stesso, ma il 10%.
Ricapitolando … mi sono persa, e come tutte le sere attendo domani, per sapere quel che sarà, una minchiata o una barzelletta, con la certezza che per la prima, il Presidente della Repubblica risponderà, per la seconda, forse si vergognerà reggendosi il viso tra le mani, in silenzio. Così in silenzio che non ci ha detto nemmeno che oggi l'Italia vanta un altro eroe, un ragazzo che aveva trovato un lavoro, ed è stato ucciso dal padrone.

Rita Pani (APOLIDE)


 

Presentazione "Lo sguardo di Hermes"





Domenica 8 maggio, alle ore 15, presso la Biblioteca di Monteveglio (Bologna) nell'ambito della manifestazione "Que Viva Cultura", presenterò il mio ultimo romanzo, "Lo sguardo di Hermes".
Chi potesse partecipare, sarà il benvenuto.
Ciao a tutti,
Rita.

 

Tutte le dignità


E quando non si riesce a comprare o demolire la dignità dei giudici, si può sempre far perdere la dignità alla giustizia. Così, il tizio – un criminale – decide lui quando andare in tribunale, e non per esser giudicato – una condanna? Mai! - ma per fare uno show. Uno dei suoi ormai un'istituzione. Con i supporter (pagati o gratuiti e offerti dalla natura ingenerosa) i palloncini colorati, il camion che diventa un palco e l'impianto voci da 1000 watt.
Avrei voluto chiedere, a quei figuranti intenti a mangiare un panino davanti alle telecamere se fossero consci di quello che era stato chiesto loro di fare, se avessero compreso che quel panino, altro non era che togliere ancora un poco di senso alla dignità dello stato. Ma forse prima avrei chiesto a uno a caso: Lei è cattolico? E ad una risposta affermativa, avrei chiesto ancora: Lei andrebbe domani a profanare una chiesa, qualora questo buffone impunito glielo chiedesse?
Perché alla fine è questo quello che ha fatto, che ci ha fatto. Ha vuotato lo stato della sua dignità, profanando tutte le istituzioni nelle quali ha messo le sue luride mani.
Vorrei chiedere alla Polizia schierata a proteggere il suo “culo flaccido”, che effetto gli ha fatto, vederlo offendere così pesantemente la giustizia, davanti al palazzo che della giustizia è il simbolo. Quella stessa giustizia, o quelli stessi giudici, per proteggere i quali, molti dei loro colleghi sono morti, diventando eroi che questo governo, questa malavita che del governo si è impossessata, preferiscono ignorare, o far dimenticare.
Questo buffone continua ad imperversare, continua a sputare in faccia a chi la giustizia la vorrebbe davvero, sempre concentrato su sé stesso, sempre attento a sistemare gli affari suoi o di qualcuno più potente di lui. E così, ai mangiatori di panini – portati e mostrati oggi, per far scordare quelli di lunedì scorso – avrei chiesto anche se sanno che mercoledì prossimo, probabilmente, quella giustizia che cercano i parenti delle vittime uccise dalla Thissen, del treno della camorra a Viareggio, della mafia del cemento alla casa dello studente de L'Aquila, non l'avranno mai, solo perché quel criminale che racconta le barzellette per evitare di rispondere alle istanze di uno Stato, altro non è che un malato megalomane, che in cuor suo ancora non ha rinunciato all'idea di possedere il Palazzo che fu del Re, e come un Re viverci dentro a spese dello stato, facendo magari una sala per lap dance, dove mangiarono illustri personaggi passati per la storia.
Mi spiace ma continuo a pensare che a nulla servano le manifestazioni o i sit-in frazionati e dilatati nel tempo. Ci sarebbe bisogno del coraggio del Presidente della Repubblica, che prendesse atto di un fatto semplice, ossia che lo Stato, ha subito il tradimento di tutta la sua dignità. Perché così, a memoria, so che sarebbe grave se io dicessi a un giudice: “Non faccia Stalin”, ma per quel poco buon senso che mi è rimasto, mi pare che se a farlo è chi lo stato lo rappresenta al massimo vertice, sia grave assai di più. Chi lo stato lo governa, non può farne una macchietta, perché non basteranno tre generazioni di sbiancanti per fargli tornare ad avere un minimo di candore. L'alone della merda che quest'essere infame ha gettato, resterà a memoria per molti anni a venire.
Rita Pani (APOLIDE)

*POSTILLA aggiunta il giorno dopo. Mi scuso, "Lei è come Stalin" era riferito al giornalista D'Avanzo. Il problema è che comunque non cambia nulla. Il comizio anti magistratura, davanti al palazzo di giustizia resta, immerso nel silenzio di chi le istituzioni dovrebbe difenderle, imputatndo questo criminale anche di alto tradimento.

4.11.2011

 

State per entrare in una nuova dimensione ...

Vi ricordate? “State per entrare in una nuova dimensione: una dimensione ai confini della realtà”. Io me ne ricordo eccome, anche perché mi piacevano tanto quei telefilm, e devo ammettere che negli ultimi dieci anni almeno, li ho rimpianti, un po’ come rimpiango Lombroso, ogni volta che vedo la faccia di un leghista o di gasparri.

Dove eravamo rimasti?Ah sì, fuori dal tribunale di Milano, dove leggo sul giornale: son pronti mille panini con salame. No, in effetti eravamo fermi un attimo prima, quando un ministro della Repubblica italiana ha dichiarato: “via i soldati dal Libano, ci servono per proteggere i nostri confini.” Però – porca zozza – ci sarebbe anche quella del sacco di merda eurodeputato borghezio, che magistralmente come non si ricordava dai tempi di De Gasperi afferma: “la politica italiana per l’immigrazione è fora dai ball.”

Non è semplice star dietro a tutto, ma per fortuna non sono una politologa e tanto meno una storica. Non dovrò tenere a mente queste citazioni per poi scrivere dei saggi che saranno le pietre miliari della cultura di domani. Per fortuna scrivo solo romanzi, nei quali posso riscrivere il mondo che non c’è, in quella vecchia dimensione che era semplicemente la vita.

Più passano i giorni ai confini della realtà, dove l’inverosimile è diventato vero, e più temo il giorno in cui, come per incanto, questo gregge sazio si sveglierà nel deserto, senza più un filo d’erba da brucare. Queste pecore impazziranno.

Siamo oltre. E sempre più penso che purtroppo non saremo noi a cacciare il buffone, ma saranno ancora i grandi poteri non più occulti – ma palesi – di questo staterello che traballa e che rischia di finire in mani ancora peggiori. Il tracollo finanziario è alle porte, il potere dell’economia si agita e mal sopporta l’evidente incapacità del debosciato di garantire ciò che aveva promesso. Gli unici impegni mantenuti son stati quelli assunti con le mafie – a quelli non ha potuto sottrarsi, ben sapendo che la condanna sarebbe stata più pesante di quella che potrebbe infliggere pro forma un tribunale. Lo sa la Marcegaglia, lo sa Mediobanca, lo sa anche Montezemolo.

Siete già entrati in un nuova dimensione: una dimensione che ha tracciato i confini con la realtà. Quella in cui la ministra privilegiata perché “zoccoletta”, e così chiamata dal suo presidente/padrone, può dire ai vostri figli che non godranno dei vostri stessi privilegi – quelli che hanno rovinato il paese -

Quelli che oggi son là a mangiare un panino col salame e a intascare i venti euro lo ignorano, ormai assuefatti dal vuoto nel quale sono stati mollemente adagiati, e per questo è da temere il loro risveglio, che non sarà dolce. Sta per crollare la scenografia di cartone entro la quale vivono, e presto si renderanno conto che oltre le sagome di una vita rappresentata a colori, non c’è più nulla né da sperare né da sognare, ma al limite solo da fare.

Domani negheranno di esserci stati, si spoglieranno in fretta dei palloncini azzurri e delle coccarde, ma sarà facile riconoscerli, perché saranno quelli che resteranno zitti a guardare, in attesa di un altro padrone da adorare.

(Io vi riconoscerò)

Rita Pani (APOLIDE)


4.10.2011

 

Così, ripensavo a Pertini

Ho un amico che da bimbo vinse un premio; uno di quelli tipo: “il bambino più buono d'Italia”, sì, una roba così. Lui un po' se ne vergogna, ma ricordo l'orgoglio con il quale, sua madre, mi mostrò una fotografia custodita in una bella cornice d'argento. Il piccolo, vestito come se fosse la prima comunione, sorrideva abbracciato da Pertini, che nell'altra mano reggeva la sua pipa. Ammetto che l'imbarazzo del mio amico, dinnanzi all'orgoglio di sua madre, e i suoi pantaloni corti e i calzettoni bianchi, mi fecero sorridere. Un sorriso che non riuscii a nascondere a quella donna, e che dopo divenne una risata. Oggi la signora Aurora non c'è più, e io vorrei chiederle scusa per aver riso.
Pertini. Ricordo ancora come sotto gli occhi di tutte le televisioni del mondo, si lasciò andare dopo quella finale dei mondiali di Calcio. La sua esultanza fece scalpore, ne venne fuori il mito della simpatia, la rottura del protocollo in quelle mani alzate e agitate in aria, sempre con la pipa in mano. I cronisti eccitati e sbalorditi, non solo per il gol di Tardelli, ma per quel presidente che riuscì a far sorridere anche il Re di Spagna, a farlo alzare in piedi, a renderlo partecipe di una gioia che non era la sua. Quelle immagini passarono alla storia, e restarono anche in me che pure del calcio non mi è mai importato nulla. Se ne parlò a lungo di quel “bizzarro” gesto del presidente, che aveva sostituito Giovanni Leone, che un po' ci fece vergognare, non tanto per lo scandalo Cederna, quanto per aver fatto le corna – in gesto scaramantico – mentre visitava i malati di colera.
È stato leggendo i giornali di questi giorni, che mi son tornate alla mente queste immagini ingiallite dal tempo, quelle dell'orgoglio della mamma del bimbo più buono che c'era, e di quel presidente che a volte sembrava il nonno di tutti noi, un po' buffo e da perdonare. Da amare, anche se forse in modo tardivo, con quell'amore che solo il rimpianto ha saputo consegnarci.
Penso alla mamma di una di quelle ragazze neolaureate che son state chiamate al cospetto del presidente del consiglio, per ricevere in premio gadget del governo e perle si schifezza da un maniaco impresentabile, da un uomo di quelli che nessuna madre sana di mente farebbe mai sedere sul suo divano accanto alla giovane figlia. Penso ai sacrifici che possono aver fatto dei normali genitori per far studiare i loro figli, o i sacrifici di quei ragazzi che passano il giorno sui libri e la sera a spostare boccali di birra nei bar, per guadagnarsi l'illusione di un futuro, costretti ad assistere al patetico show del buffone del consiglio. Non riesco ad immaginare una madre che domani con orgoglio racconterà all'amica del figlia che una volta lei vinse un premio, consegnato da un maniaco sessuale che dopo la invitò al Bunga Bunga di Palazzo Grazioli. O l'orgoglio nel raccontare come, durante quell'evento, ai figli freschi di fatica, fu detto che la magistratura era criminale, che la democrazia è uno scherzo e che per vivere bene bisogna impegnarsi a rubare, a farsi furbi, ad aggirare le leggi e le regole, fino ad arrivare alla meta – la devastazione dello Stato – così come ha fatto lui, che della criminalità ormai è libero di far sfoggio.
Scrivo, e non è nostalgia. Scrivo con l'animo appesantito dalle domande sul domani, che mi si presenta proiettato dall'oggi, avendo nella mente cose che nemmeno credevo di aver mandato a memoria.
Per esempio, mi sembrava di non ricordare di quando il Presidente Pertini, decise che era tempo di non fornire più le cravatte ai deputati che fingevano d'averla scordata per rubarsene una nuova ogni seduta, o impose l'utilizzo di posate dozzinali, per impedire che pranzo dopo pranzo i deputati e i senatori si facessero il servizio buono d'argento, rubando di volta in volta un coltello o una forchetta. Eppure me lo ricordo pensando a quel che potrebbe essere domani il Quirinale: una sorta di lupanare, con un vecchio pazzo di grasso e gomma, unto da una crema arancione, che cambierà anche il corpo dei Corazzieri d'Italia. Mi pare di vederlo, attorniato dalle guardie – tutte donne – con quelle divise simili a quelle del “Drive in”, con le tette di fuori, il perizoma, e l'elmetto con la coda di cavallo. A volte lo immagino, come potrebbe essere quando in visita verrà un nuovo Topolanek, con il nuovo protocollo: l'ospite si toglie le mutande, le corazzierine spalancano la porta, parte la sigla, e si dà il via alle danze, con le ministre nel mezzo e pompini a gogò.
Quel giorno sta arrivando, e sarà il giorno in cui le madri saranno orgogliose perché le figlie, no, loro NON lo hanno vinto un premio.
Rita Pani (APOLIDE)

4.09.2011

 

Che caldo che fa

Il problema è che la vita sembra normale, in giorni normali, in paesi e città normali. Persino il mio, che la vita ce l'ha tutta su una strada, tutto sembra normale. E al tabacchino si parla del caldo che fa, che mica è normale in aprile, e fa voglia di piantar primule e petunie, di tirar fuori le braccia dai maglioni e di stare stesi ad asciugare l'inverno trascorso.

E anche in farmacia, tutto è normale, anche il prezzo di uno sciroppo per la tosse, che costa più di una bottiglia di mirto, è normale. È normale il borbottio del vecchio che deve pagare anche se ha la ricetta perché “no, è cambiato; ora non è più così!” No, il caldo non è normale, non si ricordava da molti anni, l'84 o l'85, che anche quell'anno – ricorda il vecchio – aveva nevicato tanto d'inverno. È normale quindi ricordare a memoria le date delle stagioni che non son state normali.

E poi al ritorno, sempre per la stessa via, pullulano i bimbi – che finalmente c'è il sole – e le signore che chiacchierano del caldo, della paura di alleggerire le loro vesti, e della necessità di stare attenti: perché questo caldo non è normale.

No che non lo è, penso. In fondo anche io mi son buscata un malanno, perché questa primavera è troppo aggressiva, e più forte la mia voglia di sole. Tolti gli occhiali scuri, a casa, accendo la radio, e pare che la vita normale sia entrata anche lei come me: “Fa un caldo mostruoso a Roma, voi che farete questo pomeriggio?” Musica revival in attesa dell'estate. 

“Pronto? Chi sei?”
“Sono Deborah! Io mo' vado a Ostia, che … ammazza che caldo.”
E finalmente le notizie. 

“Caldo record in Val d'Aosta e Trentino … caldo … ma i meteorologi tranquillizzano tutti. Martedì è in arrivo un fronte freddo che porrà fine all'anticipo d'estate …”
Sette dei quindici minuti del notiziario a ricordarci l'allucinante anormalità che finalmente ci restituisce un po' di normalità. Quella che ci lascia felici di avere il problema di desiderare il mare, il sole, il cielo sgombro di nubi e persino il primo gelato della stagione.

E anche il resto di quel poco che resta delle notizie della vita è normale: un malavitoso che ancora parla di giudici e di giustizia. Un ladro patentato che denuncia d'esser stato rapinato, i clandestini – sic! - che continuano ad arrivare, e molti – dice la voce annoiata – son bambini. Un morto ammazzato a Roma … e vi lascio con l'oroscopo del giorno.
Io però non son normale, e non sento poi tutto questo caldo. Vado a mettere una felpa.
Rita Pani (APOLIDE)

4.08.2011

 

Lavoro precario ... la barzelletta di Bagnasco

Il cardinal Bagnasco: «Il lavoro precario sia solo una fase transitoria»

Suvvia, Cardinale, ora ci si mette pure lei a raccontar le barzellette? E che barzellette! La sua va a metà tra il macabro e lo sconcio. E poi, mi scusi, è davvero al legislatore che si rivolge, o forse con un po’ di furbizia, tra vedere e non vedere, lo dice per far colpo nell’Entità astratta in cui dice di credere, casomai esistesse davvero? Non sia mai che scoprisse la sua colpevole complicità e quel giorno la spedisse filato all’inferno.
Ecco, dovesse essere una barzelletta, per quanto non faccia ridere, mi sentirei di perdonarla, ma se invece, come penso, la sua boutade è indirizzata alle orecchie del suo gregge cieco e sordo, allora – visto che questo è il mese dedicato alla vergogna – si vergogni.

Sappiamo bene, in Italia, quali siano i lavori precari che danno sbocco a contratti di lavoro indeterminato, con tutti i benefici di quella legge ormai per quasi tutti cancellata e di fatto abrogata dal capitalismo più becero, sporco ed oltraggioso che ha fatto del lavoratore uno schiavo: sono la puttana e il prete.

È fase transitoria quella che prevede un lungo periodo passato a sollazzare un vecchio maiale, che al termine del contratto di collaborazione occasionale, darà sbocco certo ad un più vantaggioso e pulito contratto a tempo indeterminato presso lo stato o un ente collegato. Sono tanti gli esempi di carriere assicurate dal meretricio, che vanno dall’assunzione della carica di ministra, a un più squalificante “quadro” all’ATAC di Roma, o USL,  o qual si voglia Ente, non sanguisuga, ma da sanguisugare. In vero, ci sono giovani assai più fortunati che non hanno bisogno né di essere donne, né di esser puttane per poter superare positivamente la fase transitoria del lavoro precario: sono i figli di. Figli di puttana, pure se per essere assunti, in passato, sia stato il padre a vendersi al padrone di tutte le cose, persino il suo.

Gli altri, come dicevo sono i preti (e le suore), non più folgorati sulla via di Damasco, ma accecati dalla fame e dalla carestia che altri lavoratori – disperati – hanno seminato insieme alle bombe di democrazia nei paesi più sottosviluppati. Dopo un periodo di precariato presso un vostro Seminario, potranno scegliere di avere tranquillità vita natural durante. E in questo caso, ne hanno ben donde.

Per il resto, l’unica transitorietà che riveste il precariato italiano, è quella di sempre. Quella di chi si sveglia alla mattina e non sa se troverà ancora il suo posto di lavoro ad attenderlo, quello di chi arriva alla sua postazione da call center e scopre che a breve ci saranno 28 nuovi esuberi (sì, non licenziati, ma gente esuberante) e allora inizia a guardare oltre la sua postazione, chiedendosi a chi, tra quelli che osserva, toccherà. O in che modo si potrà dar sfogo a tanta esuberanza: con cassa integrazione, o con un semplice “Arrivederci e grazie?”
Ma forse non è l’unica transitorietà. A guardar bene ci sarebbe anche quella esposta ieri dai dati ISTAT che rilevano come, la percentuale maggiore di morti e infortuni sul lavoro, riguardino proprio i lavoratori precari. Sa com’è, all’ISTAT sono notoriamente delle faine: non avrebbero potuto spiegare che i numeri aumentano perché ormai si è tutti precari e spesso in bilico. Un po’ come quando ci rassicurano sul numero dei morti sul lavoro che calano vistosamente, scordando di dirci che forse è solo perché la strage è ormai compiuta, visto che ormai si festeggia, quando finalmente qualcuno ci rende schiavi.

Esigere delle scuse dal Cardinale è arrogante o ridondante?

Rita Pani (APOLIDE)


4.06.2011

 

Comunista e invidiosa.

Tu ti devi vergognare per aver scritto quelle cose del presidente della repubblica, che sei solo una comunista invidiosa.Paola Casciulli

Mi è andata bene questa mattina, di solito l’adulante “comunista” si accompagna, nelle mail che ricevo, con un più esaustivo “troia”. Siccome ho imparato a farmi bastare le cose, rispedisco al mittente la troia e mi tengo il comunista, che mi fa tanto piacere. Invidiosa?
Mi spiace solo che per quanto mi sforzerò di usare un linguaggio comprensibile anche a te, tu non capirai ugualmente. Troppi anni di laboriosa erosione cerebrale, ormai hanno fatto di te – e di quelli come te – una massa deforme di automi, incapaci di guardare per vedere, di ascoltare per sentire. Partendo dalla fine, per esempio, quello che tu non riuscirai a comprendere è che ieri, il Parlamento Italiano, ha di fatto detto a tutti noi che Ruby Rubacuori è la nipote del Presidente egiziano Mubarak. Spiegato in modo ancora più semplice, proprio come farebbe il tuo presidente trattandoti come un bambino di dieci anni e nemmeno tanto intelligente, ieri, il Parlamento Italiano ha istituzionalizzato la menzogna. Ha stabilito che, la verità o l’evidenza non hanno più alcun significato. La cosa grave, è che non ha avuto bisogno di usare una comparsa pagata 300 euro dentro una delle sue televisioni, ma 314 figuranti pagati assai di più. Sono essi ministri e deputati della Repubblica di cui una come te va fiera al pari di una squadra di calcio, o il concorrente preferito di un reality show, senza renderti conto che nelle mani di quei 314 maggiordomi sta in mano il tuo destino, e soprattutto quello dei tuoi figli. Fare di una menzogna – ridicola e umiliante – la verità, non dà a lui la possibilità di rosicchiare del tempo alla giustizia che lo insegue, ma toglie a te la certezza di poter essere, un domani, tutelata dalle stesse istituzioni che loro hanno così palesemente umiliato.
Mi spiace perché io son sarda quanto tu sei idiota, e per questo insisto, ancora una volta rivolgendomi a una come te; a te che così bene incarni tutto il peggio che io penso di questa nuova figura mitologica: l’italiota, metà italiano e metà idiota. Ti hanno privato della possibilità di formulare un pensiero semplice, quello che avrebbe potuto portarti almeno a tacere. Ti hanno insegnato che la verità non è più la verità, che sarà di volta in volta quella che meglio tornerà utile alla prepotenza del potere. E ci sono riusciti al punto d’averla trasformata in strafottente arroganza. Loro ormai potranno dirti tutto, e tu come un asino annoiato non farai altro che annuire, muovendo la testa in su e in giù. Quando la menzogna si ribalta, fino al punto di diventare verità, quando le regole imposte dalla democrazia vengono annullate o cambiate in corsa per favorire un gruppo di affaristi senza scrupoli e spesso criminali, di fatto non esiste più la democrazia. Ma tu mi dirai che la democrazia c’è perché possiamo ancora andare a votare. Sei troppo cretina per renderti conto che nemmeno questo è vero, sei troppo stupida per renderti conto, per esempio guardando a Milano, che il voto in Italia è diventata l’ennesima barzelletta del vasto campionario di quel presidente ridicolo che ti garantisco tanti sentimenti mi suscita tranne l’ammirazione o l’invidia. Lui si candida a sindaco, perché sa che esistono quelle come te, che lui ha prodotto con anni e anni di educazione televisiva. E per essere certo porterà con sé Ornella Vanoni e un’altra schiera di piccole puttane al quale si è stancato di pagare “la benzina” di tasca sua. Sarai tu – idiota – a continuare a dire grazie alle ragazze per le belle serate trascorse ad Arcore, con le cosce allacciate a un palo. Questo è il diritto al voto che ti è rimasto, grazie al fatto che la verità è solo quella che lui ti imporrà, anche tenendo sotto ostaggio un intero Parlamento, e un intero paese.
La verità, cara Paola Casciulli – per conto di tutta la massa di italioti deformi – se proprio non volete sentirla, o leggerla, sono certa che sareste in grado di guardarla: sta nella cipria nascosta dentro un fazzoletto bianco, nella plastica di quel viso deformato dall’età che lotta contro il botox, nel cerotto che si pone sulla guancia per evidenziare d’esser stati dal dentista, nei tacchi che fanno la menzogna dell’altezza, in quei peli – a voler esser buoni di coniglio – che ricoprono la calvizie di un vecchio. Lui è esso stesso una menzogna, quando mai potrebbe dirvi la verità?
Ma tanto lo so che non hai capito. Comprenderai meglio, forse, quando finalmente il ballo sarà finito, gli invitati saranno andati, e a noi non resterà altro da fare che mettere i guanti e ripulire.

Rita Pani (APOLIDE)

4.05.2011

 

Finché la farsa va


È una specie di appello che voglio rivolgere al Presidente della Repubblica, il solo in questo inqualificabile momento storico che viviamo, tutti noi, ostaggi di quest’Italia che non riconosciamo più né come paese, né come stazzo. È lui il solo che potrebbe apparire dentro la scatola magica, a reti unificate, e dire a nome di noi tutti: “Io provo un’immensa vergogna”. Solo bloccando le altre trasmissioni di alchimisti e spacciatori di sogni, potrebbe far sì che l’evidenza si scagliasse come uno schiaffo in faccia, di chi ancora preferisce sonnecchiare in attesa di un risveglio inevitabile che tarda ad arrivare.

Non serve più la vergogna di tutti noi, semplici cittadini resistenti, schifati o indignati, ancora pronti a combattere più tra di noi che per noi, guidati da una classe politica spaesata quando non complice o semplicemente opportunista che comunque, al suo privilegio non vuole rinunciare. A che serve la mia indignazione, se non a colmare un poco quell’immensa solitudine che proviamo, abbandonati a noi stessi e al nostro buon senso che non ci vuole lasciare? A che serve continuare ancora a strillare, se le nostre grida si perdono in questo vuoto ovattato che ci circonda?

Sia il Presidente della Repubblica il primo a vergognarsi, per non essere stato abbastanza coraggioso da riuscire a farlo prima, e dica alle signore in attesa di veder spostar pacchi e vincere milioni di milioni, che oggi il Parlamento Italiano per l’ennesima volta è stato trasformato in una propaggine del casino personale di un criminale vizioso. Dica lui a tutti quelli che alla sera pregano affinché un’entità astratta ci liberi dal male, che il male ci ha ormai fagocitato, riducendoci l’ignobile farsa che siamo diventati davanti a tutto il mondo, anche quello dimenticato.

Abbia il coraggio di arrivare fino in fondo, il Presidente della Repubblica, se anche lui non ha scordato la politica. Se non ha dimenticato la storia, che mai avrei pensato avrebbe potuto regalarci il primo “happening” di protesta, dalle 22 alle 24, messo su da quella che dovrebbe essere l’opposizione. Se davvero ricorda quel che dice l’opposizione, prenda fiato, e si presenti davanti alle telecamere a spiegare al paese quello che sta succedendo, perché noi blogger, o disperati cittadini, o esseri ancora pensanti, non abbiamo spazi pubblicitari da vendere, non abbiamo padroni da compiacere, non abbiamo operazioni di marketing da intraprendere, e restiamo qua sempre più ammalati dalla nostra raucedine.

Sia lui, a dire che l’Italia è di fatto un paese in mano alla criminalità organizzata, che si è fatta più grande e potente, che non conosce e riconosce le leggi, che nemmeno prende più spunto dalle trascorse dittature, ma solo vive e alimenta la propria esistenza, il proprio vizio, la propria cupidigia giocando con i destini di tutti noi, migranti o residenti, lavoratori o disoccupati, giovani o vecchi sani o malati. Abbia il coraggio di spiegare perché è possibile che in Italia, a una puttana che ricopre una carica politica nel consiglio regionale della Lombardia, un vecchio vizioso ed erotomane, possa anche promettere di farla sedere domani in Parlamento, proprio come un tempo un produttore diceva a un’attricetta: “Baby, farò di te una stella.”

Dovrebbe essere il Presidente della Repubblica in persona, a reti unificate, a spiegare a me e a tutti, perché io devo pagare una multa, e un tizio come berlusconi possa far decidere al Parlamento italiano la sua impunità.

Io mi son stancata di vergognarmi di quest’Italia. Ora dovrebbe vergognarsi lui.

Rita Pani (APOLIDE)

4.04.2011

 

Hanno già vinto loro

E’ così al rovescio, questo povero paese, che quando rifaremo Piazzale Loreto, dovremo appendervi a testa in su. Ma state tranquilli, noi Piazzale Loreto non lo rifaremo, forse ci inventeremo una notte bianca, o una festa con concerto. Magari  - se ci farete davvero incazzare – accenderemo una candela e la poseremo sul davanzale, sperando che non fischi troppo vento, che la potrebbe smorzare.

State tranquilli, siete in una botte di ferro. Il presidente della Repubblica è troppo impegnato con la retorica del centocinquantesimo dell’unità d’ Italia, per rendersi conto che l’Italia non esiste più, che è capovolta, come una lucertola morta. Potete proseguire ancora un po’, perché anche noi siamo impegnati. Troppo impegnati. Stiamo lavorando alla Rivoluzione, e non è roba da nulla.

C’è tutto un mondo organizzativo che si muove, con idee sempre più decise e forti. Siamo così spesso chiamati a manifestare che ora, quando mi telefona un amico per propormi di uscire a Roma, anziché l’elenco dei cartelloni dei cinema o dei teatri, mi elenca le varie opportunità d’incontro alle manifestazioni. Una alla settimana. Fondamentalmente perché non abbiamo capito una mazza, o perché anche la protesta deve essere personalizzata e sponsorizzata. Non ne parleranno mai i giornali, ma la foto su Facebook riceverà almeno 20 mi piace. E sarà bellissimo.

State tranquilli, non vi agitate. Avete già vinto e lo sapete. Noi le bandiere in piazza non le portiamo più. Non vanno più di moda. Al massimo una sciarpa bianca – che dà il senso della verginità politica – le bandiere rosse son cose antiche, e poi ricordano la vecchia politica, quella sporca dalla quale siete riusciti ad allontanare chiunque, salvandola e rendendola cosa nuova. E al rovescio pure quella.

Perché  io vorrei davvero sapere chi ha avuto il coraggio di ordinare alla Polizia di Stato (lo stato Italiano) di fermare liberi cittadini italiani a spasso per il suolo italico, colpevoli di indossare “abbigliamento da manifestazione.” Questo consta di: maglietta recante scritta con Articolo 11 della Costituzione Italiana, e bandiera arcobaleno, denominata “bandiera della pace”.

State tranquilli. Nulla possiamo contro di voi, e lo sappiamo. Per questo ancora qualcuno si riempie la bocca con la parola Rivoluzione.  Noi sappiamo il silenzio che ci accompagna, di manifestazione in manifestazione, qualche riga sui giornali, e nemmeno più la disputa dei numeri tra questura e organizzatori. Una manifestazione dopo l’altra ha avuto il senso di darvi la vittoria, e anche facile, levandoci la voglia e al possibilità di partecipare.

Al silenzio più forte delle nostre umili e flebili voci, dovete tantissimo. L’unico presidio italiano degno di nota e di articoli sui giornali, è quello permanente davanti al tribunale di Milano, a protezione del malavitoso del consiglio, che guarda caso pure oggi si è guadagnato l’ennesimo processo che non si farà mai. Con l’aggravante che questa volta tocca anche suo figlio – pier criminale – e che quindi a breve sarà fatto pier ministro, per avere anche lui un po’ di impunità.

Non vi agitate, non è questa Italia che vi chiederà di rendere conto. Nemmeno la prossima ammesso che un’altra ci sia. È vero, avrei tanto voluto appendervi a testa in giù, così come ci ha insegnato la storia, ma a furia di vivere capovolti, troppo sangue è sceso al cervello, e si sa che non fa bene. Di certo non aiuta a vedere e ragionare.

Con codardia vi saluto a pugno chiuso … il coraggio di dire Viva la Costituzione non ce l’ho. Non sono ancora così eversiva.

Rita Pani (APOLIDE)

4.03.2011

 

Lo sguardo di Hermes

Lo sguardo di Hermes

4.02.2011

 

Fermiamo il mondo! E facciamoli scendere

Così ogni giorno che passa, sempre più forte vorremmo urlare: “Fermate il mondo! Fateci scendere.” Invece su questo mondo bisogna starci, e allora è bene non restarci zitti.

Dicono i giornali che ieri, quel vecchio debosciato ha raccontato una barzelletta hard davanti a una signora. Il giornalista descrive tutto, le colonne di marmo comprese, la sala, il fare da imperatore, e la barzelletta con le parolacce. Il viso del cabarettista del consiglio, comico all’occorrenza; quando hai finito di leggere ti resterà l’immagine del solito parente affetto da demenza senile, di cui ti vergogni. Di quel nonno, da me descritto tante volte, che non riesce a trattenere una scorreggia mentre è a tavola, avendo la mente altrove, rubata dalla senilità.

Eppure, in quell’articolo che voleva essere una sorta di recensione ad un improvvisato spettacolo comico, l’essenza sta in altro: i sindaci chiedevano la sospensione degli abbattimenti delle case abusive; il premier ha promesso di fermare le ruspe.

Stamattina è un gran fermento, e l’indignazione sale. Leggo ovunque che un deputato del pdl vorrebbe cancellare dalla nostra Costituzione il divieto di ricostituire il partito fascista. Si sa, noi siamo attenti alla Costituzione – firmiamo gli appelli – e non ce la facciamo scippare. Anche questa notizia lascia un po’ perplessi. Non è tardi per opporsi alla ricostituzione del partito fascista? I fascisti – qualora fosse sfuggito – non solo si sono già ricostituiti, ma sono anche a governo. Ma noi abbiamo quel nonno con la testa avariata che fa le puzze a tavola, e allora è normale non domandarsi come sia possibile, che da ex di avanguardia nazionale, neo fascista, implicato a vario titolo nella strage di Piazza Fontana, cristiano de eccher, promotore dell’abrogazione, oggi sia un senatore della Repubblica Italiana, che per Costituzione vieta il fascismo.

E certo che vien voglia di fermarlo questo mondo, perché l’altro giorno in Calabria, durante una conferenza stampa è stata illustrata un’operazione di polizia, una di quelle a cui ora si danno nomi simbolici e americanizzanti, proprio come ci hanno insegnato i telefilm: una rete criminale sfruttava la prostituzione minorile, e tutti i bastardi son stati arrestati; le bambine salvate. Grande plauso e onore al merito al governo che tanto ha fatto per la sicurezza. Però poi il bravo giornalista intervista la consigliera regionale della Lombardia, imputata per sfruttamento della prostituzione minorile, che dichiara di aver come scopo della vita, diventare ministra per gli esteri e ottima madre di famiglia con tanti bambini. Lungi da noi chiederci: “Perché non è in galera come i colleghi suoi calabresi?”

Alla lunga, finalmente, spero che si possa arrivare finalmente a comprendere perché questo mondo – e questo modo – si debba fermare, e ci sia chiaro – finalmente – chi dovrà esser fatto scendere. Ma ancora è presto, perché pure ci si indigna perché una show girl è stata assunta come “consulente” del ministero della difesa “per gratitudine del ministro verso l’Inter” già che la girl può vantare una pregressa relazione col portiere Walter Zenga. Ma l’indignazione – e la fermata del mondo – dovrebbe arrivare per le parole di quel fascista che ha fatto del suo ministero, quello della guerra: “E’ un affare, solo 800 euro al mese!” … per lavorare un giorno al mese.

Fermeremo il mondo nel modo giusto il giorno in cui torneremo a ridare il giusto senso anche allo scandalo. Ed è un giorno assai lontano.

Rita Pani (APOLIDE)


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