11.30.2009

 

2050 ... un tempo ragionevole

È probabile che nel 2049 i bisnipoti dei grandi della terra, si riuniranno al Polo Nord (unico angolo del pianeta ancora vivibile con temperature che oscilleranno tra i 6 e i 20°) per stabilire che dovranno fare qualcosa di utile per il clima, entro un anno. Magari inventare una fibra artificiale con le stesse caratteristiche dell’amianto, ma che non procurino l’asbestosi.

Da anni ormai si riuniscono in immense conferenze sul clima, stabilendo che entro il 2050 si dovrà trovare la soluzione. Tradotto, da anni ormai si vanno a fare un paio di giorni di vacanza senza avere la minima intenzione di risolvere un problema che altresì aggravano, con politiche da scempio ambientale nella totale e colpevole indifferenza.

Come sempre per le cose importanti si guarda all’America, e ora si può affermare senza timore di smentita, che per certe cose potrebbe sembrare un panorama assai migliorato, da quando a reggere l’impero c’era bush. Se non altro siamo sicuri che mai più verrebbero elargite perle di saggezza texana come: “Per risolvere il problema degli incendi in California, si potrebbero tagliare tutti gli alberi.” [bush] Si sa per esempio che uno dei metodi adottati dall’amministrazione Obama per ridimensionare la crisi economica, è stato il finanziamento delle energie alternative. Di contro si sa anche, però, che questa alla lunga potrebbe essere la nuova e deleteria “bolla” che porterà esattamente al punto di partenza. Ma che ci vogliamo fare? Prima il capitale poi tutto il resto.

Per questo quindi il 2050 sembra essere un buon numero. Un buon numero di anni per finire di depredare i giacimenti petroliferi, un buon numero di anni per cannibalizzare le economie dei paesi produttori, un buon numero di anni per mettere una distanza tra i colpevoli e la responsabilità morale, politica e chissà mai penale.

Riunire i grandi (bastardi) del mondo resta comunque un momento importante, sempre molto curato nei dettagli coreografici, molto importante per discutere e fare affari. I riflettori si accendono, le parole si sprecano, e le immagini restituiscono l’illusione che ci sia davvero qualcuno che pensa a noi. La realtà invece è quella che, salvo qualche paese virtuoso che applica una personalistica politica a tutela dell’ambiente, il resto del mondo se ne fotte allegramente, sempre seguendo l’unica religione possibile a venerazione del dio denaro.

E anche qua l’Italia si distingue nel peggio tra il peggio, al pari dell’Africa e del mondo dimenticato. I rifiuti tossici in mare, i finti termovalorizzatori e l’immondizia scomparsa, le inchieste per disastro ambientale di cui non si sa più nulla, gli affari della mafia e tutto il peggio che vi può tornare alla mente. Vi siete accorti che ormai da quasi due anni, nessuno parla più delle centraline di rilevamento del pm10 nelle città, delle targhe alterne, delle domeniche a piedi? Sono i miracoli di questo governo probo, che fa scomparire l’inquinamento, i ricoverati per patologie polmonari da esso derivanti, e che giura: si tornerà al nucleare.

Magari nel 2050 ci sarà un mio nipote a scrivere: “Miiiiinchia! Troppo avanti mia nonna!”

Rita Pani (APOLIDE)


 

11.29.2009

 

La mafia non strozza. Uccide.

Nemmeno quest’ultimo atto della commedia storica italiana può essere considerata una farsa. Come ogni cosa, non è solamente una farsa, ma un piano strategico studiato a tavolino dai consulenti profumatamente pagati per manipolare la realtà fino a farla diventare burletta. Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti in un suo film, ed è tristemente vero.

Le dichiarazioni di ieri dell’oltraggioso tizio del consiglio, non sono eresie, ma un ulteriore tentativo di lobotomizzare un popolo già privo di volontà e coscienza. “Strozzerei chi ha scritto La Piovra … su di me accuse infamanti … scrivere di mafia fa male all’Italia.” Cito a memoria. Ed ecco servito l’ultimo boccone avvelenato. Far passare l’idea che la sua vicenda mafiosa sia frutto dell’immaginazione di un abile sceneggiatore di fiction, serve ad insinuare nella mente dell’italiota medio che tutto sia irreale, una finzione scenica, un filmetto da trasmettere a puntate su rotocalchi e televisioni. E anche questa sua distorsione della realtà diventa “la realtà” quando la procura di Firenze colpevolmente decide di specificare – a mezzo stampa – che berlusconi non è indagato a Firenze per mafia.

La cosa davvero interessante (ma per me divertente) è che la notizia della sua probabile ed ennesima inquisizione sia stata data dai SUOI giornali igienici: IL GIORNALE e LIBERO. Eccolo quindi il boccone avvelenato: la polpetta la lancia lui stesso, e poi ci costruisce sopra la solita litania del perseguitato, odiato, vessato martire di “certa” magistratura comunista. [“Sono accuse infondate e infamanti. La maggior parte della magistratura è di sinistra e per questa ragione cerca un pretesto per attaccare il tizio del consiglio”]

Facile no? Quasi banale.

La domanda che l’itaiota non si porrà mai è questa: “Perché mediaset ha querelato immediatamente Repubblica per aver scritto che Fininvest si costruì con soldi della mafia, ma berlusconi non ha querelato il giornale e libero per aver scritto “silvio indagato per mafia”? la risposta è troppo semplice perché io la scriva.

La realtà che si contrappone a questa nuova fiction è altrettanto banale: c’è un tale di nome Spatuzza che meglio di un cantante sul palco di San Remo ha iniziato ad allietare le orecchie di chi lo sa ascoltare, ed è giunto il momento di far si che la sua musica appaia stonata. C’è la storia che bene o male, da tanto tempo sta scritta sugli atti delle procure e sui giornali, persino La Padania di qualche anno fa, prima dei contratti di coalizione di governo pagati fior di milioni e sottoscritti davanti ai notai milanesi, dice quel che è stato e quel che è. C’è la poca memoria e la pigrizia mentale di chi non si appassiona più alla storia scritta sui libri, ma preferisce guardare quella raccontata in immagini sui televisori.

È c’è sempre chi non comprende quanto siano importanti le parole: lui strozzerebbe chi scrive di mafia, chi ha scritto i libri, chi ha raccontato la storia. Lui li strozzerebbe.

In onore e memoria di chi di mafia ha scritto, raccontato, insegnato e per questo è stato brutalmente ammazzato.

Rita Pani (APOLIDE)


11.28.2009

 

Sovversivo

«In arrivo un avviso di garanzia». Il tizio del Consiglio : «Mi sono occupato di Cosa Nostra soltanto per raccontare le storielle»

Come dargli torto? Nel suo immenso repertorio, che va dal malato di AIDS al lager nazista, ce ne sarà sicuramente una anche dedicata alla mafia: “C’erano un tedesco, un inglese e un siciliano …” magari la racconterà durante la diretta fiume in TV che ogni tanto minaccia, per spiegare a tutti gli italiani perché e come i giudici comunisti vogliano sovvertire lo Stato.

Intanto, subito dopo i festeggiamenti per l’abolizione del lodo Al Fano, i giornali con soddisfazione annunciavano “Riprende il processo per corruzione.” In effetti è vero, il processo Mills nella parte dedicata al corruttore del consiglio è ripreso, con la volontaria estromissione dei giudici che hanno fatto condannare l’avvocato inglese, e con due udienze rimandate per “legittimo impedimento”, oltre che con il tentativo del deputato onorevole avvocato, di non far usare nel processo del suo padrone corruttore, gli atti del processo del corrotto.

Sovversivo. È bello il significato del termine; quasi romantico. Atto a mandar sossopra … ad abbattere … a violare. Ma se un tizio che governa lo stato tenta di abbattere il sistema giuridico dello stesso stato, non sarà forse un sovversivo? No, non in Italia. In questo paese è un perseguitato.

È un paese simile a un motore diesel di vecchia concezione, di quelli che davano il meglio di loro alla lunga. Ci voleva Spatuzza a raccontare dei soldi della mafia che fecero grande la Fininvest dell’uomo che si era fatto da solo. Perché agli italioti non bastava sapere della banca Rasini, quella che Sindona definì la banca della mafia. Perché non basta e non basterà la condanna di marcello dell’utri, la vicenda di Vittorio Mangano, le bombe, i ricatti, le minacce, le infiltrazioni mafiose nel governo.

Si continuerà a parlare di “certa magistratura politicizzata” quando andrà bene, e di giudici palesemente comunisti, quando interrotto un suo festino, il tizio del consiglio telefonerà in diretta TV col suo fare arrogante da capo tribù dell’Africa centrale.

Magari prima o poi sarà palese che ci governa un tizio che vive sotto ricatto delle mafie (il caso cosentino lo spiega bene) ma a quel punto il processo di normalizzazione sarà così avanti, che a nessuno importerà la verità. Sarà più semplice credere che anche la mafia è un’invenzione dei giudici eversori, e che per vivere tranquilli e sicuri sarà sufficiente eliminare i “negri”. A quel punto forse sarà visibile anche lo spreco di denaro pubblico della tangente faraonica che è la farsa del ponte sullo stretto di Messina, ma l’italiota troverà qualcosa di meglio da osservare divertito e schifato, forse un’altra storiella di sesso e di droga. Quel tanto di merda altrui che fa sentire tutti i comuni mortali dolcemente avvolti in una vita profumata.

Rita Pani (APOLIDE)


11.27.2009

 

Galera? No, guerra civile.

In Italia fa impressione, sentire il tizio a capo del governo parlare di guerra civile? No, nemmeno un brivido e tanto meno un conato di vomito. Il popolo italiota è immune, ma non perché abbia sviluppato una pelliccia di orso sullo stomaco, semplicemente perché ormai è lesionato al punto tale da non riuscire nemmeno a dare il giusto valore alle cose. Tutto, anche quando non lo è, appare normale. Anche se perdessimo del tempo a spiegare cosa vuol dire “guerra civile”, se evocata da un capo di governo, non si farebbe una piega. Anzi, sono convinta che troveremmo, senza troppa difficoltà il rappresentante fedele della massa deforme di italioti pronto a dire: “Eh, ma certo, ha ragione, con tutti questi giudici comunisti! Si dovrà pur difendere.”

Come gliela spieghi, agli italioti, la bestialità che ha portato al ribaltamento di concetti elementari per cui oggi in Italia, il nemico da abbattere è la magistratura? È impossibile dal momento che lo stesso popolo lobotomizzato ha delegato alla gestione della cosa pubblica, un tizio che durante una campagna elettorale incentrata “sulla sicurezza”, ha elevato Vittorio Mangano, un mafioso, allo satus di eroe.

La guerra civile, dice Wikipedia, è un conflitto di vaste proporzioni nel quale le parti belligeranti sono principalmente costituite da persone appartenenti alla popolazione di un unico paese. Ora, di grazia, come si potrebbero identificare le parti belligeranti in Italia? “Guardie contro ladri? Società civile contro mafia?” In una guerra civile, il cittadino deve schierarsi e mi pare di immaginare i vecchietti al tavolo dell’osteria: “Io sto con i magistrati! No Viva gli imputati.”

So anche che quando un megalomane e criminale, ha il controllo diretto delle forze dell’ordine, e soprattutto quando in nome di una fantomatica sicurezza, ha già schierato l’esercito per strada, forse dopo aver ventilato l’ipotesi di una “guerra civile”, dovrebbe renderne conto alla popolazione. Ma questo ci riporta al principio, dato che la popolazione italiota è quel che è: “Ha detto guerra civile?” spallucce, mentre il servo bonaiuti smentisce l’affermazione, senza nemmeno dover far ricorso a una di quelle scusanti già collaudate in passato: “Il presidente ha bevuto un bicchiere di champagne (mica di Tavernello) di troppo”; questo quando il tizio affermò durante un’intervista che mussolini non aveva mai ammazzato nessuno, e che i giudici erano antropologicamente diversi e mentalmente disturbati.

Arrivati a questo punto, temo che ribadire una volta ancora che l’Italia è tenuta in scacco da un malavitoso, che sta al governo solo ed esclusivamente per evitare in ogni modo di essere processato e condannato, non servirebbe a nulla. Ammettere che probabilmente l’unica soluzione possibile è un salvacondotto che lo porti a finire i suoi giorni in un paradiso fiscale, circondato da servi puttane e dobloni d’oro, è doloroso. Constatare che dopo un malfattore sarà l’ora dei fascisti, quelli veri, è bene dirselo perché troppe volte siamo stati facili alle illusioni.

Rita Pani (APOLIDE)


11.26.2009

 

La doppia (ma anche tripla o quadrupla) morale.



Ci avevate creduto davvero? No, non al fatto che riducessero l’IRAP, l’IRPEF, che abolissero il bollo auto, che intervenissero sugli affitti. Avevate creduto davvero nella bufala della pillola abortiva, che col suo nome astruso pareva una specie di robot della Prinz: RU486?

Alla fine di Luglio l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) dopo aver dato parere favorevole alla commercializzazione della pillola abortiva, ne prevedeva l’utilizzo nelle cliniche a partire da Settembre. Siamo a Novembre, e il governo ha deciso che la donna oltre che partorire con dolore, dovrà abortire tra le fiamme dell’inferno. Si attende ora la verifica del ministero della salute. Un ministero che in effetti nemmeno esiste in Italia, essendo stato accorpato a quello del “welfare” che pareva brutto chiamarlo lavoro, in un paese in cui il lavoro sta scomparendo.

D’altronde, ad Agosto, quando si espresse l’Aifa, s’era espresso anche il vaticano, promettendo nuove crociate, roghi, e torture della Santa Inquisizione. E alle minacce della chiesa, i nostri governanti, sono veramente sensibili. Lo stop è stato votato dai rappresentanti di pdl e lega, notoriamente i più cattolici di tutti i cattolici. I primi notoriamente odorano di mafia, tendono a non pagare le tasse, vanno a puttane, hanno la famiglia e quattro o cinque concubine, rientrano nelle memorie del pentito Spatuzza, ma vanno in chiesa tutte le domeniche. Gli altri sono assai noti per le loro battaglie a favore della cristianità più integralista; come non ricordare i loro cristiani paladini come borghezio, calderoli, maroni, bossi, tosi. Tutti uniti nella caccia al clandestino, pronti ai rastrellamenti, allo sfruttamento dell’essere umano inferiore per razza e colore.

E la chiesa? C’è da ammettere che la chiesa è da sempre contro l’aborto, e se non altro in questo caso almeno ha dimostrato coerenza. Sì. È vero, il papa stesso era stato relatore della lettera ai vescovi “Crimen sollicitationis”, ossia il modo per nascondere agli occhi del mondo anni e anni di abusi sessuali sui bambini, ma l’aborto per la chiesa è inaccettabile. Quasi come se ogni bambino non nato, potesse essere un sollazzo in meno per questo o quel prelato. La chiesa del boss della banda della magliana, seppellito in una basilica. La chiesa dello IOR che faceva affari con ogni tipo di mafia per finanziare (santo subito) la caduta del comunismo e il pupazzo Lech Walesa.

Potrei continuare, ma non servirebbe. Se Dio ci fosse, oggi stesso invierebbe una saetta in Parlamento per incenerirli tutti, ma non c’è. Anzi, leggiamo che Marrazzo, ha scritto al papa chiedendo perdono “per le sue debolezze”. Ma allora perché il governo non si è accordato col vaticano? Avrebbero potuto alleviare le sofferenze della donna, magari stampando sul bugiardino la prescrizione delle cantilene da sciorinare per ottenere il perdono per aver abortito: una pastiglia al giorno per tre giorni, da assumere con un bicchier d’acqua, 10 Pater, 10 Ave et 10 Gloria. Amen.

Rita Pani (APOLIDE)


11.25.2009

 

Concorso esterno in associazione di stato

Devo ricordarlo ancora una volta, anche se potrebbe apparire come una tediosa litania. Era il 2005, Report propose una puntuale inchiesta sulla mafia. La mafia, nella persona di totò cuffaro protestò, e la RAI, televisione di stato alla quale siamo obbligati a versare una tangente, accettò di trasmettere una “trasmissione riparatrice”. Il succo della disputa era che in Report non vi era stato contradditorio. Cioè: Report aveva potuto mostrare i danni e le ruberie della mafia, senza che questa potesse difendersi pubblicamente. In Italia non scoppiò la rivoluzione; ci fu un po’ di sbigottimento, un po’ di divertita perplessità, ma poi venne la presa d’atto.

Nel 2008 cuffaro venne condannato a cinque anni di carcere per “favoreggiamento semplice” nel processo per mafia che lo vide protagonista, e anche in quel caso, è bene ricordare, finì in modo del tutto italiota, con la memorabile festa dei cannoli. Insomma, cinque anni di galera passò come una vittoria dei buoni contro i cattivi giudici comunisti: favoreggio la mafia, mica sono mafioso!

Di dell’utri non voglio nemmeno scrivere, sperando che ormai sia notoria la sua vicenda mafiosa e processuale, e che anche questa non si sia normalizzata, con la semplice presa d’atto.
Poi c’è il picciotto fresco, l’ultimo assunto agli onori della cronaca, cosentino, col suo soprannome che sembra uscito da un libro di Mario Puzo: “’O americano”. Per lui è stata emessa una richiesta d’arresto, respinta proprio questa mattina dalla giunta per le autorizzazioni a procedere del nostro parlamento mafioso.

Ma è di oggi anche la richiesta di rinvio a giudizio per totò cuffaro, per i fatti che già lo videro festeggiare per la condanna a cinque anni. Secondo l’accusa, la sua posizione si sarebbe aggravata. Ma in questo paese normalizzato, questa richiesta cadrà nel vuoto, perché per chi non lo sapesse, il condannato anziché essere allontanato dalla vita politica e dalla gestione della cosa pubblica, nel tempo è stato promosso: oggi è un onorevolissimo senatore della Repubblica delle banane marce.

Capite ora perché in Italia si faccia sempre più pressante una riforma della giustizia? Perché riunire il governo diverrebbe complicato se i suoi membri fossero sparsi nelle carceri di mezza Italia. Ma c’è anche di peggio a confermare l’antico detto che al peggio non c’è mai fine: il governo italiano, assillato dalla nefasta opera dell’antimafia eversiva e comunista, sta pensando a un codicillo libera tutti, con la cancellazione del reato di “associazione esterna ad organizzazione mafiosa.”

Lo faranno, e ovviamente lo faranno per noi. Perché questi giudici comunisti non possono pensare di sovvertire la volontà popolare, facendo sprecare il tempo dei governanti nel doversi difendere nei tribunali. Lo faranno per tutti i cittadini che hanno il diritto di essere governati dai mafiosi, piduisti, corruttori, che hanno scelto col loro voto. Lo faranno perché nessun giudice può processare coloro che i cittadini hanno scelto per essere governati.
Lo faranno e non scoppierà la rivoluzione. Perché, se uno che ha dato il suo voto a questa gente di merda, non sente queste affermazioni come uno sputo in faccia, come un’offesa, e soprattutto non si sente rimordere la coscienza, ha il governo che merita, e complice, è felice.

Rita Pani
(APOLIDE)

11.24.2009

 

Miracolo in Abruzzo: manette e mazzette


Non c’è. Domani proverò a comprare un giornale per vedere se alla fine la troverò stampata la notizia mancante. Nelle pagine online continua a campeggiare la riforma del processo berlusconi, per tutti i cittadini, ma la notizia che cercavo io davvero, non c’è.

Oggi a Pescara sono scattate le prime manette per le tangenti sulla ricostruzione post terremoto, la ricostruzione secondo berlusconi, ossia quella che lascia tutto com’è e getta cemento nelle campagne espropriate. I Carabinieri hanno arrestato l'amministratore delegato della Fira Servizi, Claudio D'Alesio, e l'ex assessore regionale al Lavoro (PDL), Italo Mileti.

L'accusa e' millantato credito per illecita intermediazione verso pubblici ufficiali nell'ambito della ricostruzione post terremoto all'Aquila. I due avrebbero agito da mediatori per pilotare, traendone profitto, l'aggiudicazione di un appalto da 15 milioni di euro.

Magari a pagina 30, tra un necrologio e la pubblicità di un prodotto snellente, ci saranno le poche righe che ho riportato come da agenzia, senza una virgola in più o una di meno. Perché a parlare d’Abruzzo, come era prevedibile, siamo rimasti solo noi blogger. Non è poltiglia da rimestare quella aquilana, ed è bene lasciarla così, in modo che ancora l’italiota medio resti convinto della taumaturgica opera del tizio palazzinaro del consiglio, che ha fatto il miracolo in tempi brevissimi.

In effetti sono tante le notizie sparite dalle pagine dei giornali, come per esempio i primi assegnatari delle case periferiche, sfrattati dopo nemmeno un mese e rispediti a vivere nelle loro case lesionate, quelle per cui ancora nessuno ha visto un euro di contributo per il restauro. Le case inagibili fino al giorno prima della neve, che diventano agibili dopo la prima nevicata sul Gran Sasso.

Silenzio anche nei confronti di coloro che stanno sotto una tenda, perché impossibilitati ad allontanarsi dalla loro vita, i bambini costretti a lunghi trasferimenti in pullman per andare a scuola, o altri bambini costretti a fare lezione coperti al punto di apparire gonfi come l’omino della Michelin.

No, l’italiota non deve sapere che il miracolo non era poi così miracoloso, che le macerie stanno ferme da sei mesi, che i centri storici sono morti, che di tutti gli aiuti promessi durante il G8, occasione nella quale i grandi del mondo ricevettero un libro su Canova dal valore stimato di 460 mila dollari ognuno, soltanto la Germania, la Francia e la Russia, insieme al Kazakistan (la patria di Borat, per intenderci) hanno onorato il loro impegno.

In fondo la propaganda funziona. L’altro giorno un’idiota mi ha detto che nemmeno era vero che molta gente è stata infilata nei container quando già iniziava a scendere la neve. Lui ha fatto le case, i container non li ha voluti …

(Ma io ho visto e fotografato ;-) )

Rita Pani (APOLIDE)


11.23.2009

 

Ore 22.49: quella di rotondi era una minchiata

Acciderbolina! C’è voluto un lancio di agenzia alle 22.49 per specificare che l’inutile ministro all’attuazione del programma, rotondi, non ha proposto l’abolizione della pausa pranzo. Un po’ come a dire che questo governo, è obbligato a rettificare ogni volta che un suo illustre membro spara una cazzata. Cosa peraltro che accade ogni giorno, tanto per tenere impegnati gli organi di stampa, e per disimpegnare le menti degli italioti. Prova ne sia che come al solito, sotto la notizia, esiste l’annosa domanda: “Cosa ne pensate?” E l’italiota ne pensa sicuramente, visto che fino ad ora si sono espressi 13.534 lettori.

Bisogna sviare l’attenzione? Passate un microfono davanti alla bocca di uno dei servi preso a caso nel mucchio e il gioco sarà fatto.

Non si contano più le fabbriche occupate dagli operai che stanno perdendo il posto di lavoro, non si contano più – nemmeno interessano – gli operai che bivaccano sui silos, sui tetti, sulle ciminiere. Quelli che occupano i comuni le piazze, quelli che intasano Roma con i loro cortei, quelli fermati dai manganelli della polizia. Nessun sondaggio per sapere se i lettori fossero a conoscenza delle storiche origini dell’atto di forza perpetrato contro i lavoratori Eutelia una decina di giorni fa, quando sono stati aggrediti da “vigilantes” (squadracce) assunti dal padrone. Nel caso non lo sapeste, erano i metodi usati durante il ventennio fascista, poco prima di proibire lo sciopero per legge.

Ma tutto questo non interessa evidentemente nemmeno ai sindacati, che però stranamente ritrovano vigore e unità proprio nel momento in cui, un ministro dice una cazzata. Hanno risposto tutti, persino CISL e UIL, che non sono stati in grado di spiegare ai loro iscritti (sì qualcuno ancora paga le tessere) come e perché si siano venduti a Marcegaglia.

C’è persino l’ALCOA. I lavoratori che oggi hanno bloccato una carboniera che trasportava il materiale da combustione alla super centrale dell’ENEL a Portovesme. Immagino la loro preoccupazione nell’apprendere che rotondi da vent’anni rinunci alla pausa pranzo, e che quindi anche a loro consiglia l’astensione dal mangiare per dimagrire e mantenersi in forma. 3.000 mila famiglie che rischiano di rinunciare anche alla pausa cena, in un territorio – il mio – storicamente operaio.

Però, a questo proposito qualcosa devo aggiungerla. Proprio per la storia del territorio, proprio in merito al vissuto. Se in troppi non avessero scordato la storia, quando qualcuno mandò il suo pupazzo a dirvi che vi avrebbe fatto tornare a sorridere, e che il suo padrone aveva parlato con Putin e che ci avrebbe pensato lui a non far chiudere le industrie, lo avreste cacciato a calci nel culo. Lo so, non è il caso dell’ALCOA, perché ancora non si sapeva che avrebbe dovuto telefonare anche a Obama per promettervi di non chiudere l’ALCOA, ma è un dato di fatto che anche nel Sulcis i voti li ha presi. Sempre solidarietà, ma almeno questa volta, la storia, mandatela a memoria.

Rita Pani (APOLIDE)


11.22.2009

 

Ronda condominiale.



Ancora Milano, ancora razzismo, patetico ma cinicamente divertente, come riesce ad essere spesso la propaganda di questo governo imbecille. Non si era ancora spenta l’eco dell’operazione “Bianco Natale” che ora arrivano “Le ronde del vicinato”. La nuova operazione “sicurezza” invita i cittadini a tenere sotto controllo il territorio antistante la finestra di ciascuno, il proprio cortile, il proprio pianerottolo. Si consiglia al cittadino di affacciarsi quando un cane abbaia, segnalare le targhe delle auto sospette, non restare chiusi in casa quando suona un allarme. Quel che invece non è scritto, ma sott’inteso nel volantino di propaganda razziale, è che d’ora in poi si potrà attuare la delazione essendo premiati anziché puniti.

Avete un vicino indiano che d’estate vi riempia casa con l’olezzo di una cucina troppo speziata? Quello sotto casa vostra è arabo e tiene il volume della televisione troppo alto, quando canta il muezzin? Peggio, alla porta accanto alla vostra abita un rumeno? Chiamate con fiducia il nucleo cacciatori clandestini e inventatevi un problema, uno qualunque, e lo risolverete.

Avete presente l’Italia? È quel paese in cui quando muore ammazzata la signora del tredicesimo piano, di un condominio qualunque, i vicini intervistati di solito rispondono che no, non la conoscevano, che magari in dieci anni l’avranno incontrata sì e no due volte in ascensore, la signora che ora giace in una pozza di sangue, al massimo ti risponderanno con una domanda: “La signora che pisciava il cane tutte le sere alle sette?” L’Italia è quel paese in cui, quando tuo marito ti massacra di botte, ti chiedi perché proprio in quel momento la pettegola del terzo piano, che vive ogni momento della sua giornata alla finestra, proprio in quel mentre stia chiudendo tutte le imposte. L’Italia è il paese del senso civico al contrario; dell’omertà radicata da Palermo a Bolzano, dove vige la regola che per vivere a lungo sia necessario farsi i cazzi propri.

Milano però dice basta: "Questa è una zona sotto il controllo del vicinato" o "Attento, in questo quartiere c’è chi ti osserva ed è pronto a chiamare la polizia".

La Polizia è quell’ente che pare tornare attivo solo quando si tratta di pestare gli operai col manganello, perché per il resto è abbandonato dallo stato che a furia di tagliare bilanci, non consente nemmeno più il normale controllo del territorio. La Polizia è quella che per indagare deve lavorare gratis, o pagare le spese di tasca propria. La Polizia è ridotta così male che i poliziotti devono usare i “personal computer”, nel senso che i computer sono davvero personali. Me li figuro contenti come agnellini pasquali, ora che dovranno rispondere alle telefonate del cittadino che ha appena visto una macchina sospetta posteggiarsi sotto casa sua, o ha sentito il figlio della signora di sopra che rientra sbronzo alle quattro del mattino cantando il ritornello della canzone di Caparezza “Vieni a ballare in Puglia”, che anche Puglia a Milano, sembra sospetta.

Quindi l’ennesima trovata geniale dell’intellighenzia politica milanese potrebbe sembrare una minchiata. Invece no. Milano non è solo la città dell’infiltrazione razzista, è da sempre la città degli affari, e infatti la delazione sarà gratis solo per i cittadini che dimostreranno un riacquistato e snaturato senso civico. Per la politica anche questa è una questione d’affari, visto che in cambio, le amministrazioni che aderiranno al progetto, otterranno dal Pirellone un punteggio maggiore nell’assegnazione delle risorse sulla sicurezza. Che tra il 2003 e il 2008 sono state pari a ben 90 milioni di euro.

(Onde evitare … FORTUNATAMENTE molti cittadini di Milano pensano, come me, che questa sia l’ennesima minchiata.)

Rita Pani (APOLIDE)


11.21.2009

 

Preziose chiappe

Tanto hanno fatto, che oggi l’unica vera libertà che abbiamo è quella della teoria fantastica. Vivendo in un paese in cui la realtà supera di gran lunga la fantasia, non manca certo il materiale per dar sfogo alla penna. Fatto sta che Brenda è morta, e io ci resto sempre un po’ male quando a morire è un ultimo, sia essa la puttana rumena uccisa dal cliente italiano sentitosi deriso, o la vecchia rapinata della propria pensione per strada, o la trans che forse non aveva compreso con quale culo stesse avendo a che fare.

Si sente ancora l’eco delle risate che investirono Marrazzo, l’insospettabile dalle debolezze scabrose, filmato in mutande, umiliato, ricattato e derubato dai pezzi di stato in divisa. Si ricordano ancora i fini distinguo: a sinistra so’ froci, a destra uomini veri. E aleggia quel “chiappe d’oro”, che forse vista la fine di una persona, erano solo chiappe di bronzo, dato che dai e dai alla fine persino quel culo ebbe una faccia.

E allora scateniamola la fantasia, in questo paese folle, che consente a mafiosi conclamati in primo grado o semplicemente in odor di “casalesi” di sedere sulle poltrone più importanti, a distribuir danari. In questo paese in cui la sanità pubblica è un affare privato controllato dalle mafie, in cui si muore di fame ma si costruiscono i ponti, in cui persino si festeggia per un terremoto che porterà tante case da costruire, o centri storici da lasciare a morire, in modo che poi si possano regalare alla cosca immobiliare migliore offerente.

Scriviamo una storia folle, di una transessuale persino “troppa” per essere bella, che non aveva capito che i carabinieri di solito non fanno i ricattatori, che il politico dalle chiappe dorate non diverrà mai la sua cassa continua, e che soprattutto la politica oggi è da intendersi un business alla maniera di Lucky Luciano. Erano davvero chiappe d’oro quelle di cui non avrebbe dovuto parlare? Erano cardinalizie, presidenziali, ministeriali, generali o addirittura papali? O semplicemente la povera Brenda voleva lei metterlo in culo alla mafia di stato, che l’aveva pagata per far fuori quel tonno di Marrazzo?

Tanti scenari, forse troppi, e io non son brava a scrivere di gialli. Di solito è la storia che scrive i gialli in Italia, che iniziano tutti per caso, una strage o una ragazza che muore mestruata mentre bagna i piedi a Torvajanica, e poi si scopre che era stata uccisa durante una festa, forse dal figlio del vice presidente della DC – che almeno ebbe la decenza di dimettersi (era il 1952). La storia recente è un lungo filo giallo continuo, dalla P2 a Gladio, passando per Moro, da via Gradoli, e la Banda della Magliana con i servizi segreti, le guardie e i ladri che si confondono e non si distinguono più, per tornare ora a via Gradoli, e a Brenda, morta suicida con le valige pronte per scappare, o uccisa forse dal solito rumeno – quello buono per ogni occasione.

Troppo incasinata questa storia, e io mi sono persa. Le uniche certezze sono che le chiappe, di qualunque materiale fossero, d’oro o di diamanti, ora sono al sicuro. Una persona è morta ammazzata. Anzi, forse più di una. Io ho 45 anni, e dati i tempi con cui si svelano i misteri italiani, la verità non la saprò mai. Qualche girono ancora e giungerà l’oblio: “Brenda chi?”

Rita Pani (APOLIDE)


11.20.2009

 

Negri di tutta Italia, uniamoci.


Fuori dall’ipermercato un bambino pesta i piedi, fa i capricci, vuole qualcosa a tutti i costi. La mamma lo tiene per mano, lo strattona, e con l’altra mano indica Mor – per tutti, comodamente Mustafa - e con voce arcigna dice al bambino: “Se non la smetti chiamo l’uomo nero.” Non mi ricordo quanti anni sono passati, ma sono tanti, sicuramente più di dieci. Me la ricordo perché per la prima volta in assoluto mi ritrovai a dovermi schierare, faccia a faccia, dalla parte del negro contro l’idiozia fondamentalista bianca.

A pensarci sembrano tempi lontani, nei quali si sperava che pian piano tutto sarebbe evoluto in meglio; svuotato il pozzo dell’ignoranza, ci sarebbe rimasta la ricchezza della conoscenza. In molti evidentemente sbagliammo previsione.

Siamo arrivati ad oggi, l’epoca nella quale per essere un negro, non necessariamente si deve avere una diversa pigmentazione. È negro chiunque sia diverso per razza, religione, reddito. E chi è negro è anche “il nemico”.

E dire che una volta andavano persino di moda! Si iniziò con le sarde o le siciliane. Averne una per casa negli anni cinquanta voleva dire al mondo: “siamo benestanti.” Poi ci fu il periodo in cui era meglio ostentare una somala o un’eritrea. In fondo era facile importare il prezioso orpello, perché c’erano ancora rimasuglie dell’infelice periodo imperiale peracottaro italiano. E via, via in crescendo venne la moda del filippino, poi del cingalese, della rumena o della polacca, della russa più facile da maneggiare. Dalle ragazze sarde, ai nuovi schiavi più colorati e decorativi però c’è sempre stata una costante, le dichiarazioni del padrone, sull’educazione e la pulizia dei loro schiavi: “Oh, sapessi com’è educata! Pulita, parla poco e lavora.” Come quando ci si incontra al parco tra proprietari di cani: “E’ buono, non sporca, è educato e abbaia solo agli estranei.” E proprio come tra padroni di cani si finisce per pensare che quella bestiola, sia proprio fortunata: “La padrona la tratta davvero bene! Mica le fa mangiare gli avanzi!”

Milano premia con l’Ambrogino d’oro il nucleo vigili urbani che con i loro autobus “gabbio”, si dedicano alla cattura degli immigrati clandestini. Certo, ci fanno sapere che la decisione è stata sofferta, ma le opposizioni che siedono al comune non mi pare abbiano presentato immediate dimissioni di massa. A Coccaglio si cercherà di donare ai cittadini un “Bianco Natale” procedendo al rastrellamento, casa per casa, dei residenti negri perché cito “i nostri figli hanno troppi amici neri.” Quel che resta di bossi ha detto una cosa che l’interprete bossi/italiano italiano/bossi ha così tradotto: “Il nome dell’operazione non mi piace, ma la sostanza sì.” Per fortuna a Coccaglio ci sono italiani negri che insegneranno ai propri figli ad essere razzisti per bene, indicando come spregevoli esseri disumani i padri di tanto abominio.

La soluzione, ribadisco, ci sarebbe. So che non è facilmente attuabile, ma so anche che con un po’ di impegno si potrebbe fare. Senza occupare strade o piazze, senza rischiare di dover subire le ormai istituzionalizzate cariche della polizia. Mettere in ginocchio il Nord schiavista. Diventare tutti negri e astenersi dal lavoro ad oltranza. Lasciare che le candide mani dei razzisti vadano a toccare la merda e le piaghe dei vecchi, a faticare in quel modo che hanno scordato, delegandolo ai nuovi schiavi, che ora vorrebbero rinchiudere in un recinto con l’insegna al cancello “Arbeit match frai.”

Rita Pani (APOLIDE negra)

PS. Nella stessa seduta con la quale si è deciso di premiare il razzismo milanese, si è anche deciso di dare la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano. Spero con tutto il cuore che egli voglia rifiutare quest’infamia.


11.19.2009

 

Odierno proclama alla nazione. Meno morti di lavoro


Così, un carabiniere addobbato di fregi come un albero di Natale, seduto accanto al ministro della guerra la russa, presenta ai sudditi il nuovo Nucleo Carabinieri Sicurezza Sul Lavoro. “Perpinchiopinchernacolo!” penso, “era ora.” Mi distraggo fino a quando sento che, sebbene nato oggi, il nuovo nucleo ha già raggiunto buoni obiettivi dato il calo dei morti sul lavoro. Ma magari mi sono sbagliata, e allora controllo, e non mi sono sbagliata. Il senso era proprio quello.

Uno e ieri e uno oggi, i morti ammazzati dal lavoro ci sono ancora.

Però già da ieri, l’ufficio di propaganda del governo aveva dato mandato alle televisioni di stato e di regime di tranquillizzare la popolazione, con proclami tesi all’ottimismo e alla speranza, attraverso la pubblicazione dei dati INAIL, dai quali si evince che, le morti nerissime sono in effetti calate durante tutto il 2008. Esultate o popolo! Il governo dei fatti vi protegge e vi cura al punto che si prevedono ulteriori cali per il 2009.

A sentire questi proclami, di solito ci si aspetta la chiosa: “ … e vissero tutti felici e contenti.” Anche per via dei sorrisi che i lettori porgono alla telecamera, o all’enfasi segnata dalle parole scritte sui giornali. Come esprimere diversamente la soddisfazione, nell’appurare che il settore in cui le uccisioni dei lavoratori sono calate in percentuale maggiore, è il settore manifatturiero? Poi il viso si contrae un attimo, perché quel che è giusto è giusto, e si deve dire che “stranamente”, restano invariate le percentuali degli assassinati extracomunitari, quasi a voler dire che le disgrazie, comunque, possono capitare. In pochi hanno avuto la dignità morale di sussurrare alla fine del proclama, che l’INAIL invitava a leggere i dati tenendo conto degli altri dati, ossia quelli relativi al calo dell’occupazione.

Quindi una lettura diversa del proclama governativo dice che non è cambiato un accidente, che i lavoratori muoiono meno semplicemente perché non lavorano, perché sono spropositati i dati della cassa integrazione, perché il settore manifatturiero è in ginocchio e rischia l’estinzione, e che ad essere ammazzati dal lavoro continuano a essere gli schiavi extracomunitari, preferiti agli italiani non perché “ladri di lavoro”, ma perché più facili da sottomettere.

E se continua l’andazzo di questi ultimi giorni, quello che si tenta di non dire e mostrare, gli operai non moriranno più uccisi dal lavoro, ma pestati dalla polizia.

Rita Pani (APOLIDE)


11.18.2009

 

La fame, la sete e il bianco Natal …


Padre Alex Zanotelli si chiede come sia stato possibile che, nel paese di Francesco d’Assisi che scrisse di “sorella acqua” nelle sue Laudi, si possa arrivare a privatizzare l’acqua.

È possibile, lo abbiamo visto ieri. In fondo è stato solo per un caso che il patrono d’Italia non scrisse di “fratello petrolio”, che alla sorella somiglia tanto. Entrambe doni della natura, destinati a scomparire. Stanno finendo, e si deve correre ai ripari; conquisteranno sorella acqua utilizzando lo stesso sistema col quale hanno conquistato il fratello petrolio in Iraq: in nome e per conto della democrazia. Fortunatamente, per il momento, si limitano a bombardare la Luna e mandare robottini su Marte, alla ricerca dell’oro liquido, ma sappiamo già come finirà.

Siamo troppi, l’acqua è poca, e la papera non galleggia. Bisogna sfoltire. Non importa come, se con le bombe, con la fame, con la sete o con virus che poi sfuggono al controllo dei loro padri inventori. I poveri devono morire per garantire a noi, occidentali obesi, di continuare a spendere per ingrassare e per dimagrire. L’Italia che arriva sempre in ritardo, questa volta è arrivata prima per garantire all’”IMPREGILO” di turno ( e poco importa come si chiamerà) di spartire tra pochi un bene di tutti. D’altronde questo è l’unico modello di privatizzazione che l’Italia conosca, e gli esempi da fare sarebbero troppi.

Lo sfruttamento di fratello petrolio, il cambiamento climatico, l’obesità di un mondo capitalista globalizzato sta consumando sorella acqua e allora che fare? Riunire i grandi del mondo a Copenaghen, per decidere che forse tra cinquant’anni ci si porrà il problema, perché il petrolio c’è ancora, e le fabbriche di automobili sono state le prime ad essere salvate durante la grande crisi finanziaria che stiamo ancora vivendo, e soprattutto gran parte del mondo è ancora convinta che per essere degni di starci, in questo mondo, si debba consumare. Ce lo hanno insegnato negli ultimi trent’anni.

E in Italia però che l’acqua si privatizza, con una legge del tutto italiana che si presenta, si approva estromettendo il parlamento, per essere poi – dicono i leghisti – modificata. Lo dicono perché l’acqua pubblica era un loro cavallo di propaganda tra i minchioni del nord. Ma la politica italiana, che non è una cosa seria reagisce immediatamente minacciando la caduta del governo, a dimostrazione che la maggioranza non è retta da una coalizione di partiti, ma da un padrone e i suoi dipendenti, nessuno indispensabile e tutti licenziabili. E la lega non può permettersi di essere licenziata, perché con un altro governo reale, starebbero tutti rinchiusi nelle loro case in montagna a parlar di pallottole mangiando polenta.

Nessuno dei loro esponenti sarebbe più legittimato a parlare davanti a una platea di negri alla FAO, per dire: “noi i soldi ve li abbiamo promessi (non li vedrete mai, perché da anni l’Italia non rispetta gli impegni) ma voi dovrete dimostrarci di essere capaci di spenderli al meglio. D’altronde la maggioranza degli italiani vivono con 500 euro al mese (ma non eravamo ricchi?), ed è a loro che dobbiamo pensare.” Le parole non sono le stesse, ma il senso era questo.

Ecco perché tutto resterà così com’è: perché se questa gente non stesse al governo, non potrebbe autorizzare le politiche razziste che consente a qualunque nazista abbia messo a governare l’ultimo comune o l’ultimo agglomerato di case, di inventarsi l’operazione “Bianco Natale”, con i vigili che andranno casa per casa a stanare il negro.

Rita Pani (APOLIDE con pozzo artesiano. I miei soldi non li avranno mai.)


11.17.2009

 

Terrorismi di stato.


Devi avere paura, e devi averne tanta da tremare, in modo tale che non ti rimanga altro da fare, se non ringraziare chi ti tende la mano. La suina però ha tradito. Poteva essere un buon modo per correre a chiedere aiuto allo stato – ti prego iniettami una sana dose di veleno che mi salverà! – ma non è andata così. In questi giorni, in cui nessun malato terminale, senza reni, in coma dal 1972, dentro un polmone d’acciaio, cardiopatico e dializzato è morto per il virus H1N1, qualcuno ha provato a dire che forse – ma forse – si era un po’ esagerato. L’ufficio di propaganda del governo però è corsa ai ripari con un proclama stupidamente esilarante, che pressappoco diceva: “va bene, non è poi così grave come volevamo farvi credere, ma non si sa mai. Sebbene pare che non ci sia picco, potrebbe anche accadere che il virus si modifichi e che presto muoiano 95.000 persone.”

Io, che ho una mente semplice, mi sono chiesta: “Perché 95.000 e non 87.486?” Un’epidemia, vera o presunta, avrebbe potuto dare grande mano a questo governo che non governa, a questa dittatura di ladri e puttane, a cui poco interessa dell’impero, avendo come unico e unico scopo l’interesse privato. È gente questa, che ha deciso di “scendere in campo” (vomitevole espressione) per salvaguardare i loro conti esteri e per rimpinguarli a spese nostre, oltre che per evitare un adeguato soggiorno nelle patrie galere. Io lo so, tu lo sai, lo sanno tutti, ma tant’è. Frega un cazzo davvero a pochi (e perdonate il francesismo).

Devi essere grato allo stato. Arrestato Raccuglia, numero due della mafia. Il ministro esulta, e a sorpresa esulta anche il popolo radunato davanti alla questura, e questa è a prescindere una bellissima immagine. Però: quanti numeri due ha la mafia? Sono l’unica cittadina abbastanza informata che mai nella vita aveva sentito pronunciare il nome di Raccuglia? Avessero detto Messina Denaro, dell’utri o Tiziecaio avrei detto: “Ah però!” ma Raccuglia? Esulta i ministro maroni. Poi leggi: “Questo è il nostro lavoro. Piuttosto, chiamateci eroi perché siamo dei dipendenti statali che pagano di tasca propria per lavorare al meglio”. Non è un’incongruenza grave. È normale in questo paese alluvionato, che un ministro foraggi le ronde e non finanzi la lotta alla mafia, salvo poi esultare e darsi la medaglia per l’ottimo lavoro. Del resto cosentino spara sulla DIA in diretta tv, e come ai bei vecchi tempi di Leonardo Vitale, accusa i pentiti di pazzia. Per non parlare dell’idea di vendere i patrimoni sequestrati alla mafia, fino ad oggi messi a disposizione dello stato per opere sociali, scuole, e per finanziare la stessa lotta alla mafia. Questi sono così luridi che magari venderanno con asta al ribasso, con offerte anche telefoniche dal carcere.

Però devi avere paura. Ed ecco finalmente la nuova trovata: gli islamoanrcoterroristi. Simili alle br, dice lo stesso ministro delle ronde, sarebbero delle nuove formazioni anarchiche ma comuniste islamiche. Cercare di spiegare tale aberrazione mentale, mi viene difficile. Sarebbe un po’ come dire che ci sono gli ateicristotalebani della divina provvidenza. Fa un po’ ridere lo so, ma se a dire una tale minchiata è un tizio della lega, io smetto di ridere e inizierò a tremare ogni volta che salirò su un treno. Stanno cadendo, lo sanno, e non ci vogliono stare.

Rita Pani (APOLIDE)


11.16.2009

 

Che fame!



E così si riunisce a Roma un manipolo di obesi, che dovrà discutere della fame nel mondo. Una cantilena di cifre impressionanti, di proclami allarmistici, di foto di piccoli bimbi e mucchietti di ossa. Pausa pranzo, e si ricomincerà a diagnosticare la malattia del mondo, si prospetteranno rimedi e cure. Cena di gala, saluti baci abbracci, promesse e giuramenti poi ognuno a casa sua a fare uno spuntino di mezzanotte.

In realtà tutto è iniziato ieri con la riunione delle first ladies, quando il popolo perbenista è inorridito ascoltando le parole della moglie di Ahmadinejad, la quale imputava al capitalismo e alle occupazioni coloniali la prima causa della povertà di certa parte del mondo. Orrore. Oggi il papa ha detto che "I paesi poveri hanno diritto a scegliere il proprio modello economico". Giubilo. Sarà che lei era vestita di nero e lui invece in candido bianco? E’ vero, la signora ha detto anche altro e non del tutto condivisibile, ma se solo le parole avessero senso a prescindere da chi le enuncia, forse si potrebbe trovare anche la via giusta di un dialogo auspicato solo per convenzione e mai veramente cercato.

Mi piacciono questi summit, iniziano sempre quando è già stata scritta e studiata la strategia d’intervento risolutivo. Mi piace anche il fatto che ogni volta, subito dopo lo scatto della foto ricordo, e subito prima della gran cena finale, i leader mondiali raccontino come si sono impegnati per porre fine alla strage infinita. Proprio tutte, tutte le volte nessuna esclusa. Una sorta di asta al rialzo, nella quale per mostrare il buon animo, tutti si sentono pronti ad offrire di più. “Daremo mille mila miliardi di milioni … combatteremo la carestia …” Poi si scopre, per esempio, che l’Italia è la terzultima nella classifica dei paesi donatori di danaro, e che sovente (sempre sotto governo di malfattori) nemmeno onora gli impegni presi a tavola con la FAO.

L’utilità della farsa odierna? Consentire all’imputato del consiglio di presentare il suo legittimo impedimento al tribunale che oggi avrebbe dovuto riaprire il processo, per corruzione, a suo carico. Iniziare il nuovo iter che lo porterà a prescrizione certa, all’impunità.

E pensare che se solo pagasse le tasse per quei sessanta milioni di euro nascosti nella cassaforte Arner, potrebbe risanare gran parte del debito pubblico.

Rita Pani (APOLIDE)


 

Foto della presentazione

Ho inserito qualche foto della presentazione del libro su Flickr caso mai vi andasse.
Buona giornata
R.

11.15.2009

 

Allora, com’è andata?

Siete stati così tanti a chiedermelo che il mio mailer si è affaticato. Così tanti che è difficile, parlando con gli amici spiegare come mai - chi scrive – arranca nella vita. Chi però mi conosce bene sorride, e anziché dirmi: sei una stronza! Risolve in un più delicato: “sei un’artista!”

La realtà è che non si vive d’arte. Non della mia, che non ha alcuna pretesa se non quella di esistere. E mi sono sentita esistere in una frase semplice: “Sei uguale alla fotografia”. O in un’altra: “Certo che ho letto!” La mia arte è il libro “Luce” nelle mani del signor Angelo, che forse un libro non l’aveva letto mai; nella sua fatica. La mia arte è la necessità di descrivere le “Vite di vetro”. La miseria che sfiora chiunque di noi, che non è quella fatta di povertà, ma di sguardi e respiri, di amori negati, del dolore che si rifugge e che a volte decide per noi. Poi Tello e Dora, che ha saputo vivere nell’animo di chi l’ha letto, di chi ne ha scritto e forse non è abbastanza “famoso” per essere ascoltato. E allora, diciamolo chiaro, e lo dico alla tua insistenza mia cara Roberta: “Bisogna essere famosi per poterlo diventare.” E cara amica mia, tu lo sai, io non desidero essere famosa, vorrei riuscire ancora a mettere a disposizione la mia arte e il mio talento, per riuscire a essere utile.

È andata bene.

La tensione si è spenta nella semplicità dei gesti. Per una Monica Maggi influenzata che si soffiava il naso, per un microfono che non riuscivo a tenere troppo vicino alla bocca, per il sorriso scaturito da una battuta che forse non c’entrava nulla con il nero del carbone che circondava la vita di Tello e Dora, per la vicinanza di chi da Taranto è arrivato a fino a Roma, pur di essere con me quella sera. Per quel viso che ho visto in fondo, oltre la sala che si è aperto nel sorriso della ri-conoscenza. Non ne parleranno mai le cronache, ma sono queste le cose che direi.

Andrà sempre bene.

Quando una sala si riempie di respiri e di sguardi perché si deve parlare di un libro, va sempre bene. Perché oggi i libri da leggere spesso sono quelli che non sai nemmeno che esistono. Restano nascosti alla vita, perché l’autrice è incapace di pensare in termini monetari – lei vorrebbe solo scrivere – perché l’editore ha le sue difficoltà, e forse non ha capito ancora come poter far uscire i libri dal magazzino, perché il lettore in questo modo non potrà mai essere libero davvero di scegliere, a meno che non ci siano sempre più persone come Roberta, librerie come Libermente, o associazioni come “Donne di carta”, che amando i libri li adottano, e se ne prendono cura e cercano di restituirli alla vita.

Grazie prima di tutto a coloro che erano là e a quelli che avrebbero voluto esserci.

Grazie a chi pazienta e mi sostiene.

Grazie a Roberta, a Monica Maggi, alla libreria che ci ha ospitato, all’associazione che ha curato l’evento.

Grazie ancora una volta a mio padre, che mi ha trasmesso l’amore per i libri e la lettura.

E grazie anche a tutti coloro che da anni ormai mi seguono in questo lento e arduo percorso di parole. Senza il vostro sostegno mi sarei fermata da un pezzo, avrei continuato a riempire carta da tenere accatastata sulla scrivania.

Rita Pani (APOLIDE scrittrice)


 

L'ombrello di al Qaeda


L’avevo previsto. No, non sono una veggente, e nemmeno possiedo una mente brillante al punto di riuscire a scrivere la storia in anticipo. Il fatto è che al Qaeda oramai funge come un ombrello buono a riparare sia dalla pioggia che dal sole, un qualcosa di utile per ogni situazione. La usava bush, provarono a usarla in Spagna, ed ora anche qua da noi, che come consuetudine arriviamo sempre in ritardo, se non fuori tempo massimo. In meno di un mese, un folle mezzo deficiente che tenta di farsi saltare in aria, con una carica di esplosivo eguale a un grosso petardo di un qualunque capodanno napoletano, passa dal ruolo di cazzaro terrorista de noantri, a pericolosa cellula del terrorista islamico che voleva attentare alla vita di un tizio.

Le cronache narrano del coso del consiglio preoccupatissimo, e addirittura barricato a Palazzo Chigi. Le stesse cronache però smentiscono qualunque rapporto dei servizi segreti a conferma della minaccia. “Vogliono farmi saltare in aria”, pare abbia detto il tizio del consiglio, che descrivono molto preoccupato. Buffo, no? Fino a l’altro giorno, chiunque, troie o spacciatori, ministri e avvocati, amici e imbucati alle feste potevano entrare a palazzo Grazioli, senza nemmeno dover essere controllati dal piccolo esercito che paghiamo per vigilare sul malfattore, ed oggi, invece, il poveraccio è costretto a cambiare residenza per motivi di sicurezza.

Se fosse una cosa seria, i suoi telegiornali o giornali, starebbero macinando edizioni straordinarie e appelli alla nazione. Sarò mal fidata, ma l’unica cosa sensata che mi viene da pensare è che magari si è rotto le balle di dover arrivare fino in Russia per farsi prestare una garçonnière dall’amico Vladimir, oltre che magari barricarsi e abbullonarsi nelle stanze del potere, data l’aria che tira e che non gli promette nulla di buono.

Invece ieri sera, mi trovavo a cena nella solita trattoria nella quale mi piace portare gli amici più cari, e con mio sommo disgusto ho trovato che appena sopra la porta è stato piazzato il megavideo televisivo dal quale venivamo investiti dal tg 5. Erano davvero tanti anni che non guardavo quel telegiornale, e così tra una chiacchiera e un boccone (in compagnia anche di uno dei pochi veri comunisti rimasti) veniva da prestare orecchio. La CGIL in piazza nel paese che presto uscirà dalla crisi, se già non ne è uscito, con centomila disoccupati e disoccupandi: un paio di minuti di bandiere rosse. Poi scorgo altre immagini, di un’altra manifestazione e guardo meglio. Non ci sono bandiere rosse, ma un bel gruppo di persone incazzate; ascoltiamo. “Sono i tifosi di calcio che protestano per la tessera de tifoso.” Finita la pietanza esco dalla sala a fumare una sigaretta, torno dentro e buttato l’occhio sullo schermo, ancora proteste e calcio. Chissà che davvero l’Italia non sia di fronte a un pericolo: non saranno davvero così pazzi da limitare la libertà di pallone?

Basterà l’ombrello di al Qaeda a ripararlo dalla pioggia di processi che stanno per piovergli su quella testa ricoperta di pelo? Perché non è solo corruzione; Spatuzza parla e ci sono le bombe, quelle vere, che sconvolsero l’Italia nel 1993, da Palermo a Roma e fino a Firenze. C’è persino Veronica al soldo dei comunisti, che (cito) “presenta la sua istanza di separazione ad orologeria”, esattamente come le accuse di camorra per il nuovo eroe dei casalesi, cosentino. Poi ci sono i fondi neri, il riciclaggio di danaro, le evasioni fiscali che coinvolgono non solo lui ma metà della famiglia sua. Ma di questo ci dirà Report stasera.

Rita Pani (APOLIDE)


11.13.2009

 

La patata perfetta.

(Dedicato alla mia amica Rudy) [Ma non che lei se la sia rifatta! Solo perché non è un post politico. O forse sì?]

Leggo. Pare che ci sia un boom del ritocco delle parti intime. È di moda, ma uno studio dell’University College London ci informa – grazie a Dio - che non è privo di rischi. Mi fermo un attimo a pensare alla mia, e mi rendo conto di non conoscerla. In vero non saprei proprio se abbia bisogno di rifarsi il naso. Voglio dire, so di averla, ma con la schiena che mi ritrovo, non è che possa piegarmi ogni mattina a dirle buon giorno. Perplessa, continuo la lettura: «Affrontare le insicurezze con la chirurgia non è la soluzione ideale, la consulenza e il sostegno potrebbero in alcuni casi funzionare meglio». Penso: “potrei imparare a voler bene alle mie tette, ho fatto un patto di non belligeranza con la mia cellulite, o forse le ho addirittura firmato un armistizio, combatto d’estate i peli superflui, ma, la patata?” Non ci ho proprio mai pensato.

Proseguendo la lettura, si scopre che non ci sono dati certi su possibili effetti collaterali della labioplastica, e che quindi sarebbe meglio non cedere alla facile tentazione di farsi operare solo per seguire una moda. In effetti potrebbe essere, e mi tornano alla mente le strane bocche di certe svamp televisive, le quali mi lasciano sempre un po’ impressionata. Bocche come culi di babbuino, che parlano di tutto, con l’aria di chi veramente sappia tutto, del principe e del re, della regina e del suo amante, del giocatore e della stellina.

Già mi è ostico il concetto di farsi affettare con un bisturi per moda, quando si passa la metà della vita sperando di non capitare mai su un tavolo operatorio, immaginate quanto possa essere difficile, per me, pensare che ci sia gente disposta a farlo per moda. Però ci deve essere un perché, e allora continuo a leggere.

“La labioplastica ha raccolto seguaci nel mondo dello spettacolo e tra le donne in carriera, ma anche tra la gente "comune" che vuole rifarsi un'immagine dopo un divorzio, uno o più parti o perché si vergogna dell'aspetto della propria vagina.” Rifarsi un’immagine rasenta il genio. Sarebbe un po’ come dire che la donna, in quanto tale, non può parlare della fisica quantistica se dentro il suo perizoma non ha la patata perfetta?

Ma l’apoteosi della ricerca scientifica arriva alla fine dell’articolo, quando descrive l’intervento: “Essenzialmente questa è solo una rimozione di un po' di carne rilassata, lasciando visivamente eleganti labbra con cicatrici minime.” Visivamente eleganti … chapeau!

E dire che una volta bastava un maglioncino di cachemire.

Rita Pani (APOLIDE non elegante)


11.12.2009

 

Impunità parlamentare

È molto acceso il dibattito sull’immunità parlamentare, così acceso, che il cittadino italiano potrebbe credere addirittura, che oggi non sia in vigore. A sentire come a destra si sperticano, per farci comprendere quanto l’immunità sia necessaria e importante, verrebbe da pensare che tutti i parlamentari siano in imminente pericolo d’arresto, tortura e crocefissione. Eppure nemmeno tanto tempo fa, Gianfranco Fini, querelato dal un giudice per alcune sue affermazioni fatte durante una trasmissione televisiva, dichiarò di “non volersi avvalere dell’immunità”. Questo suo modo di non sottrarsi alle sue responsabilità portò lo stesso giudice a ritirare la querela, riconoscendo la caratura morale dimostrata da Fini in quell’occasione. Allora, ci si potrebbe porre sempre la fatidica domanda: “di cosa stanno a discutere, mentre il paese muore?”

Discutono di come sovvertire lo stato di diritto, in cui ogni cittadino non è uguale a loro davanti alla legge. Se qualcuno spera che a Gennaio la giunta per le autorizzazioni a procedere, dia il suo consenso all’arresto di cosentino, per esempio, si sbaglia di grosso. Resterà un uomo libero, a servizio dello stato, con la sua bella poltrona a due passi dai soldi dello stato, quelli per intenderci che andranno a garantire la più grossa sovvenzione che uno stato democratico abbia mai fatto alla mafia; i soldi per la faraonica opera del ponte sullo stretto. Ed è solo un esempio, il più eclatante.

Intanto hanno già depositato in Senato il decreto legge, fatto per noi tutti cittadini, sul processo breve. Tutti noi cittadini, ringraziamo per la solerzia con la quale il governo di fatti, da un anno e mezzo sia praticamente impegnato su un unico fronte: l’ingiustizia. Basteranno due anni per evitare la galera. Anche qui, ci sarebbero da ricordare le parole che l’avvocato del tizio non processabile del consiglio, disse durante una puntata di Anno Zero: “berlusconi non punterà alla prescrizione”. Ma la memoria è labile. Molto più suggestive le dichiarazioni della lega che vorrebbe estromettere gli extracomunitari dal decreto. E non a caso si moltiplica la presenta di terroristi mussulmani (veri o presunti) sul territorio nazionale. Ci hanno abituato anche a questo, ci vuole una adeguata copertura per ogni porcata partorita.

E continua la battaglia contro i giudici comunisti, le orribili toghe rosse, che pare non abbiano di meglio da fare, se non tentare di processare un corruttore e un manipolo di collusi con la mafia. Poveri giudici! Pensate che noia, se a governare avessimo delle persone oneste, starebbero là tutto il giorno a girarsi i pollici.

Rita Pani (APOLIDE)


 

11.11.2009

 

Uguaglianze.


(Ridacchio)

Passavo davanti a una tv accesa, c’era dentro quella cosa brutta gasparri, che con lo sguardo vispo e intelligente di sempre, spiegava che il processo breve (la riscrittura del lodo Al Fano) è una necessità per TUTTI i cittadini. È stato così convincente che, essendo incensurata, ho deciso di iniziare a delinquere per poter usufruire anche io del processo breve.

La germini è incinta.

(Caso interessante)

Chiedo scusa alla ministro Santa maria stella germini. Ho sempre pensato che fosse un’idiota, bigotta. Ora però ho qualche dubbio: i giornali dicono che sposerà il suo compagno a Febbraio, e ad Aprile partorirà. Allora i casi sono tre: o non è poi così cattolica come dice di essere avendo peccato congiungendosi carnalmente con un uomo, al di fuori del matrimonio; o è un caso di interesse scientifico dato che porta a termine una gravidanza in soli due mesi, oppure è una cagna.

Davvero una gran cosa, la germini. Mica come noi comuni mortali, che dobbiamo assentarci dal lavoro almeno per partorire, usufruire della maternità qualora si abbia il culo di avere uno straccio di contratto di lavoro, rivolgersi ai nonni, o pagare profumatamente un asilo nido. Lei no. Non perderà nemmeno un giorno di lavoro, avuto il cucciolo si recherà fulmineamente al ministero dove verrà allestita una nursery.

Quando istituiremo il tribunale del popolo, ricordatevi di lei. Credo che un paio d’anni in risaia potrebbero insegnarle, se non altro a tacere.

Rita Pani (APOLIDE)


11.10.2009

 

L’Italia è una Repubblica in mano alla mafia.

Siamo ben oltre il fascismo, siamo in mano alla mafia. Il fascismo si poteva contrastare, la storia insegna che combattere la mafia è pressoché impossibile. Si possono vincere piccole battaglie, ma ormai non si potrà più sconfiggere. Si è sempre detto, e io ci credo vivamente, che per sconfiggere la mafia ci vuole la volontà politica, ma se la politica la fanno i mafiosi … il resto vien da sé.

Io non guardo il TG1, invero tento di evitare tutte le televisioni di stato, sia quelle del tizio del consiglio, sia quelle del tizio di Mediaset, ma leggo molti giornali, tutti tranne quelli del tizio editore. Se avete avuto modo di leggere quanto accaduto ieri al TG1, avrete avuto anche voi la mia stessa sensazione: “L’Italia è una Repubblica in mano alla mafia.” E sebbene l’indignazione di molti cittadini non si sia fatta attendere, e vi siano appelli da firmare anche on line, non cambierà nulla.

Quando un giornalista, palesemente servo del tizio della cosca del consiglio, viene mandato in televisione a spiegare a milioni di cittadini che non hanno (e non devono avere) accesso a Internet, che i magistrati che si occupano di mafia perseguono un ideale diverso da quello del partito a governo, si può affermare senza timore di smentita, che ormai è la mafia a governare non più il sud Italia, nelle sue differenti forme o culture, ma l’intero paese.

L’evoluzione delle cose, lascia allibiti. Siamo passati in brevissimo tempo da periodo in cui persino si dubitava della reale esistenza della mafia, alla credenza popolare che in fondo fossero solo bravi omini a dorso di mulo e con un buffo cappello sulla testa; poi è stato chiaro che si trattava di associazioni criminali e sanguinarie. Oggi invece non solo si sa che la mafia esiste, che è una grossa lobby affaristica, ma nemmeno ci si nasconde più. È stato un lento processo, finalmente attuato. Iniziarono con la trasmissione riparatrice dopo una di denuncia su totò cuffaro, poi il senatore condannato in primo grado e mai dimesso. Recentemente ci fu quel bel siparietto in cui berlusconi e dell’utri dissero (in campagna elettorale) che Vittorio Mangano era un eroe. Per arrivare fino a ieri, fino a oggi. Due giornate cruciali: nella prima, come ho scritto, il direttore del maggior telegiornale italiano che dice ai cittadini che la magistratura è contro il padrino del consiglio, e che i magistrati, comunisti, lo vogliono far fuori; oggi il padrino del consiglio che rivolgendosi al sottosegretario all’Economia, per il quale i giudici (sempre loro eh!) hanno chiesto l’arresto, ha detto: “Tieni duro.” Si obbietterà che le leggi per i mafiosi ci sono, e che nessuno intende abrogarle. Può essere. In fondo è sempre meglio lasciarli in carcere che doverli fare fuori per poterli sostituire.

E ora, per favore, non ditemi: “spegniamo la televisione.” Sediamoci accanto ai più deboli mentre la guardano, e spieghiamo loro cosa sta succedendo, cosa stanno dicendo, cosa CI stanno facendo.

Rita Pani (APOLIDE)


 
Venerdì 13 Novembre, ore 18 presso la libreria Libermente, via del Pellegrino 96, Roma, presentazione libro "Quell'amore alla finestra". Ingresso libero

11.09.2009

 

Abominevoli

È morto perché era un drogato, e perché pesava 42 chili. Questa spiegazione scientifica della morte di un giovane è stata data questa mattina da un sottosegretario del governo italiano, che dopo si è precipitato a fare il test del capello, presso il laboratorio dell’osservatorio sulla droga accanto al parlamento. I risultato di questi test, ovviamente, non saranno resi pubblici, come vuole la legge sulla privacy, quindi non sapremo mai se giovanardi è un drogato. Quello che però sappiamo è che è un idiota.

Le opposizioni intanto chiedono che il premier prenda posizione. Parliamo dello stesso tizio che davanti alle telecamere, durante una conferenza stampa istituzionale, raccontò la barzelletta del malato di AIDS al quale si davano da mangiare solo le sogliole.

Quelli che pensano ancora che il governo di una nazione sia una cosa seria chiedono le dimissioni di giovanardi, tanto più che è palese che la morte di Stefano Cucchi è stata una morte violenta provocata dallo stato, visto che già ci sono i primi indagati. Altri da almeno dieci anni chiedono le dimissioni del tizio del consiglio, ma lui ha detto che non si dimetterà nemmeno se riconosciuto colpevole dal tribunale del popolo.

Intanto il futuro governatore della Campania, anch’esso sottosegretario, è indagato per concorso esterno ad associazione camorristica (il clan dei casalesi), e dovrebbe essere inviata una richiesta di autorizzazione per l'esecuzione di una misura cautelare. Il mio intuito dice che non si dimetterà nemmeno lui, e che lo studio legale di ghedini o pecorella, avrà presto un nuovo illustre cliente al quale scrivere una leggina balsamica.

Questa è la feccia che ci governa, che difende i propri interessi, che si fa procurare le puttane da uno spacciatore come Tarantini, che difende i crocefissi, che insulta le altre religioni, che vuol tenere in vita chi è in morte cerebrale, che incendia i campi rom, e che non fa per totale dispregio della cosa pubblica e nell’unica ottica dell’interesse privato – fosse anche quello della mafia.

Questa feccia non si dimette. Questa feccia va dimessa col forcone.

Rita Pani (APOLIDE)


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