4.30.2009

 

E io che pensavo fosse mafia!

Devo ringraziare il ministro per il razzismo maroni, che oggi involontariamente mi ha molto rassicurato. Probabilmente influenzata da certa stampa di sinistra, ero addirittura caduta nel tragico errore di pensare che in Italia ci fosse un radicato sistema mafioso, capace anche di influenzare la politica. Anzi, essendo anche un po’ comunista, sono stata portata a pensare che addirittura, la mafia, sedesse in parlamento. Oggi il ministro per il razzismo, parlando delle nuove leggi razziali racchiuse nel pacchetto sicurezza, ha finalmente cancellato questi miei infondati timori. Quella che io definivo mafia, non è altro che una lobby.

Ero caduta in errore, quando ho appreso della cancellazione dell'obbligo per l'imprenditore titolare di appalti pubblici di denunciare un'estorsione. Lì per lì – è stato facile - avevo fatto tutto un ragionamento contorto, sulla necessità di favorire in qualche modo la mafia, visti i soldi che dovranno piovere sulla ricostruzione abruzzese. In verità la mia mente era anche corrotta dalle notizie false e tendenziose che riguardano il settore del Calcestruzzo in Italia, e tanti altri piccoli particolari, che se non letti nelle loro giuste accezioni, possono naturalmente forviare il pensiero.

Finalmente oggi, sappiamo che non si tratta di mafia, ma appunto di lobbies che non avrebbero gradito la rigidità della norma anti estorsione. Sembra che il ministro dei lodi, alfano, abbia dato il suo parere favorevole, mentre ancora non è dato sapere quale sia la posizione del buon papi del consiglio, momentaneamente impegnato in un incontro al vertice col suo collega dittatore Uribe, un affamatore di popolo, ricevuto a Roma con tutti gli onori. Un po’ di buone notizie, una volta ogni tanto, non guastano.

A proposito di cemento, di mafia, di lobbies, e di Italia, oggi per un attimo sui giornali è apparso un trafiletto molto interessante, immediatamente nascosto da altre più importanti e mirabolanti facezie italiche: il lager di Lampedusa, è una costruzione abusiva.

E come ormai mi capita spesso, ho difficoltà a concludere, perché la frase che mi risuona in testa è sempre la stessa: andassero tutti a cagare.

Rita Pani (APOLIDE)


 

Con te non ci paro

Nonostante i sondaggi certifichino il gradimento del preficiente del Consiglio intorno al 71%, c’è ancora qualcuno che lo contesta. Il che, in una democrazia compiuta fondata sulla televisione, non dovrebbe essere, non dico possibile, ma nemmeno lontanamente immaginabile. Invece, ecco che qualche giorno fa due terremotati abruzzesi ne hanno messo in dubbio l’operato nella gestione del dopo-sisma proprio davanti ai giornalisti.
Mentre i due contestatori venivano identificati dalla Digos e portati in tenda di sicurezza, il preficiente del popolo delle libertà per decorrenza dei termini, decisamente seccato, ha abbandonato l’incontro con i giornalisti. Per la circostanza, l’apprezzamento nei suoi confronti è cresciuto fino al 78%.
Tuttavia, questo astio gratuito porta a delle conseguenze spiacevoli, come dimostra il fatto che, solo ieri, un uomo di mezza età ha fermato il suo furgone davanti a una delle ville del preficiente e, dopo essersi guardato intorno con fare circospetto, si è avvicinato al cancello. Bloccato immediatamente dal servizio di vigilanza, l’uomo ha confessato quasi subito di appartenere a un’ organizzazione la cui enigmatica sigla “PT” fa ritenere agli esperti della Digos che possa trattarsi del nuovo movimento eversivo dei Proletari Trotskisti.
A conferma di ciò, l’uomo si è dichiarato colpevole di dover consegnare una lettera dal chiaro contenuto intimidatorio in cui si esigevano, verosimilmente a titolo di autofinanziamento, circa euro mille da pagarsi con cadenza bimestrale, pena lungo elenco di azioni ritorsive in caso di mancata corresponsione; il tutto a firma “Gas”, probabile acronimo di Gruppi armati stalinisti, quasi certamente la costola militare dei PT. Successivamente, le forze dell’ordine hanno scoperto la diffusione capillare di questa organizzazione terroristica, come dimostrano le centinaia di covi sparsi su tutto il territorio nazionale.
Messo al corrente della vicenda mentre era impegnato in una conferenza stampa convocata per informare la popolazione su questioni di importanza vitale per il Paese, e cioè spiegare perché forse il Milan non riuscirà a vincere lo scudetto, il preficiente del Consiglio ha interrotto l’incontro con i giornalisti e, visibilmente contrariato, se n’è andato portandosi via il pallone. Ciò che ha fatto lievitare i consensi nei suoi confronti al 96%.
Come se non bastasse, poiché in quella casa non si comunica per telefono ma in eurovisione, ieri sera sua moglie gli ha mosso alcune velate critiche circa la maniera alquanto disinvolta di considerare le candidature femminili nelle liste del popolo delle libertà per indulto.
Il preficiente del Consiglio, in quel momento a Varsavia dove era impegnato in una conferenza stampa per spiegare ai polacchi i motivi per cui lui dovesse esser fatto santo prima di Karol Wojtyla, ha prima fatto identificare dalla Digos la moglie, che è risultata essere la sua consorte, e poi ha interrotto la conferenza stampa andandosene notevolmente infastidito.
In questa occasione, il parere favorevole su di lui ha riscosso quota 99% di consensi.
Intanto, poche ore fa, il preficiente del Consiglio è stato incredibilmente vittima di un attacco proprio all’interno di palazzo Chigi quando, percorrendo un corridoio, si è trovato improvvisamente di fronte un altro individuo che gli ostacolava il passaggio. Dopo aver cercato a più riprese di procedere oltre, sempre con quella persona che gli si metteva davanti vanificando ogni suo tentativo comprensivo delle “finte” imparate da Ronaldo e Ronaldigno, ha fatto intervenire la Digos che ha prontamente identificato e rimosso lo specchio; nel contempo, ha convocato una ventina di giornalisti solo per poterli piantare in asso e abbandonare l’edificio risolutamente incazzato. Quest’ultima performance gli ha permesso di raggiungere il 129% dei consensi.

dirtyboots

4.29.2009

 

Il pappone del consiglio

Eccola un’altra delle tristi e strane anomalie di questa Italia sfregiata: la storia ormai si insegna a colpi di fiction, oppure con i fumetti scritti da bossi, che per sua stessa ammissione non ha mai letto nemmeno un libro. E la storia italiana non è più storia ma una squallida commedia, i cui protagonisti sono banali, miserabili e disgraziati. Temo che un’altra pagina di commedia italiana si stia scrivendo in queste ore, con i titoli cubitali dei giornali che hanno soppiantato la tragedia abruzzese, di cui oggi si sa solo che: In Abruzzo è tornata la neve.

Eppure sarebbe importante vedere come, per esempio, per coprire le ultime gesta napoletane del pappone del consiglio, si sia dovuto scomodare persino il capo della protezione civile, invitato a porre il sigillo sull’ultimo atto di una commedia squallida, in modo tale che divenisse l’ultimo capitolo di un’antologia epica, fatta di miracoli. L’uomo dello stato, che lascia le tendopoli invase dal fango, le case distrutte da ricostruire, le popolazioni devastate e sfruttate, per ricoprire il ruolo di ruffiano di corte.

Verranno un giorno narrate e gesta della diciottenne che “sapeva fare tutto?” E quanti, leggendo le dichiarazioni di onnipotenza di una ragazzina con un piede ancora dentro l’infanzia, hanno sperato che “il saper fare tutto”, fosse una sorta di omaggio alla bambola “Sbrodolina” (parla, canta, balla e fa pipì’) accantonata appena l’altro giorno, e non una dichiarazione di livelli ragguardevoli di altre arti, assai meno confessabili? E narrando di queste gesta, qualcuno si chiederà finalmente, a quale grado di indecente abominio si sia arrivati? È un ricordo che mi torna spesso alla mente, tra la lettura di un’intercettazione telefonica dello scandalo vallettopoli, e una lettera della moglie tradita, la figura di Clinton costretto a spiegarci che non è sesso quello orale o praticato con un sigaro cubano.

Ma noi siamo in Italia, dove il peggio è normale. Al punto che il padre di una aspirante deputata europea, esclusa dalle liste del PDL, va a tentare di darsi fuoco davanti a Palazzo Grazioli, sede del club privè più esclusivo di Italia: “Mia figlia aveva partecipato al corso di formazione per aspiranti eurodeputate.”

Il corso di cosa? No, nessuno se lo chiede, perché siamo in Italia, e al massimo un vecchio ricco, che può pagare per esercitare ogni sua perversione, è un tizio da ammirare.

In un paese normale, la prossima apparizione del pappone del consiglio nell’Abruzzo terremotato, varrebbe salve di fischi e copiose sassaiole – che il materiale non manca – ed ogni offesa alla dignità di un intero popolo, riverserebbe folle oceaniche armate di forcone, verso i palazzi del potere, ormai ridotti a squallidi casini. Povera Italia.

Rita Pani (APOLIDE)


 

Ma che avete da applaudire?


Ogni volta che la signora Veronica scrive ad un’agenzia stampa o a un giornale per lanciare avvertimenti al marito, è tutto un sollevarsi di mani plaudenti, come se fosse l’inizio della rivoluzione. A me, dà il voltastomaco. Parla di donne, in genere, e cerca a suo modo di difenderle.

Sono una donna, e francamente l’ultima persona che vorrei al mio fianco, paladina, sarebbe proprio lei.

Chi o cosa impedisce, se non i patti stretti a suon di danari o compromessi firmati davanti ai notai, alla signora Veronica di andare da un avvocato divorzista e mettere quel tizio che ha sposato, fuori da una delle sue case, in mutande e in ginocchio? Certo, immagino che se finalmente un giornalista glielo chiedesse, potrebbe rispondere: l’amore per il focolare domestico, per i figli, per le convenzioni, per quel “fino a che morte non ci separi.” Poi qualcuno con l’anello al naso potrebbe anche crederci.

La verità è che a me queste lettere biennali, sembrano sempre più il metodo più rapido per strizzare le palle al marito. Irrispettose – queste sì – di quelle donne obbligate a dividere la vita con mariti mostri, amanti aguzzini, o semplicemente persone alle quali non possono dire: “Basta, finisce qui,” perché da un giorno all’altro non avrebbero più nulla, nemmeno per sostentarsi, e quindi sopportano, morendo piano ogni giorno.

Avrei più simpatia per la signora Veronica, se la smettesse di “esplodere” sui giornali, e magari esplodesse spaccando in testa a quel coso pieno di soldi che ha sposato dopo esserne stata svariati anni l’amante, un vaso da 100 mila euro che sicuramente ha in casa, o se esplodesse indossando degli anfibi per prenderlo a calci sulle palle.

Le esplosioni da Novella 2000, a mio parere, servono solo ad aumentare il suo prezzo. E mi rivolta.

Rita Pani (APOLIDE)


4.28.2009

 

Di fame e di sete 2.0

Oh la vita umana! Questo il grande dono fattoci da Dio, e noi uomini miserabili, che non ne sappiamo esser degni. Perché siamo atei, comunisti, gentaglia insomma, dall’anima arida. Noi, che con le nostre voci, abbiamo voluto che Eluana morisse: di fame e di sete. Vi ricordate la gente per bene, tutti quei figli di Dio compassionevoli che volevano bloccare l’ambulanza a colpi di hamburger, panini con la mortazza, e le bottigliette di acqua Rocchetta, che le avrebbe fatto fare tanta pipì?

Io me li ricordo bene, perché hanno portato i loro panini fino a Udine, sfilatini con salame e sottaceti, da sventolare sotto il naso del padre di quella povera donna, all’urlo pietoso del buon cristiano: “ASSASSINO!”

Mica uno scherzo, la crociata del panino. Ci hanno fatto pure una legge, che dice che se pure sei una larva, nessuno mai potrà ucciderti di fame e di sete, perché Dio non vuole, perché la vita è sacra. L’alimentazione è un diritto persino del moribondo.

«I vostri genitori non pagano» Tolto il pasto, a digiuno 34 scolari.

E non cerco neanche una chiosa per questo post, perché qualunque cosa io scrivessi, sarebbe solo ridondante.

Verrebbe da metterli tutti al muro, ma pare che non sia politicamente corretto, e allora non resta altro che un invocazione: andassero tutti a cagare.

Rita Pani (APOLIDE)


4.27.2009

 

In trasferta per protestare

Proprio questa mattina avevo letto un bell’articolo su Repubblica, in cui pacatamente venivano riportate le osservazioni dei cittadini di Onna, sempre più preoccupati per le innumerevoli apparizioni di propaganda del vostro premier.

Non che non lo si potesse immaginare autonomamente, in fin dei conti non ci vuole molta fantasia a comprendere che chi vive in una tenda in mezzo al fango, in questo periodo di campeggio un po’ più lungo di un fine settimana, possa avere qualche irritazione a veder costruire stradine di ciottoli e campanili temporanei, eliporti e palchi da cerimonia. Per non parlare di colui che ha la casa in bilico, e vede puntellare una chiesa che poi verrà abbattuta, solo per essere mostrata al facente funzioni di Cristo in terra.

Oggi però, anche un altro dubbio è stato finalmente fugato, da chi assistendo all’overdose di immagini di fan abruzzesi festanti per le ripetute apparizioni del premier tra le macerie, aveva iniziato a sospettare che si trattasse di comparse pagate con una dentiera o con un tailleur scuro, da sfoggiare con stivali di gomma, mentre si cammina in mezzo al fango per andare a far pipì nei campi, più comodi dei cessi riciclati dall’Iraq. Gli abruzzesi veri, quelli residenti davvero nei campi profughi, hanno dovuto emigrare a Napoli, nuovo luogo di mistica e fugace apparizione tesa a rinverdire il miracolo della scomparsa dell’immondizia, per protestare e chiedere a gran voce, che il premier non tornasse all’Aquila, perché stava rovinando la sua gente.

Si è pure offeso l’ubiquo premier, e non ha nemmeno finito il suo sketch con i giornalisti. Non tollera lui che qualcuno lo possa contestare, e deve essere per questo che in pieno clima di ritrovata fratellanza e democrazia, i cittadini di Onna, hanno dovuto rimandare di un giorno la commemorazione del 25 aprile, a cui hanno potuto partecipare tutti i media, ma che è stata proibita a loro.

L’abruzzese contestatore in trasferta, dato che del fascismo non se ne vede nemmeno l’ombra, è stato anche identificato dalle forze dell’ordine, così come si usa in ogni paese veramente libero e civile.

Rita Pani (APOLIDE)


 

Il cubo di Fuksas


Premessa: tra i miei lettori, e soprattutto tra i miei amici, ho molti architetti. Uno soprattutto, che so che leggerà, spero ricordi quei bei momenti passati con l’allegra compagnia, e spero sappia la mia stima, il mio immutato affetto, e la mia amicizia. Detto questo, poniamoci la domanda: “Ma che accidenti ha in testa un architetto?”

Ogni volta che rientravo dal mare, l’ultimo semaforo prima di svoltare per Carbonia, guardavo sul cocuzzolo una casa bianca, chiazzata di pietre marroni. La chiamavo “la casa della Nutella”, perché vista così, dal basso della strada, sembrava davvero che un branco di ragazzini annoiati, notte tempo, ci avessero lanciato contro dei barattoli da un chilo di buonissima crema che vi erano rimasti attaccati a casaccio. Sorridevo dell’obbrobrio, anche perché immaginavo che i proprietari ne andassero fieri.

Poi anche dove vivevo io, c’era un tale che non mancava mai di dire che la figlia era architetto, e lo si poteva notare facilmente dalla casa a forma di bocca di squalo, in cemento armato, che sembrava essersi incastrata tra le casette basse di orrida foggia fascista. Anche là, nella via principale, passavo e pensavo che forse, se la figlia di quel signore avesse smesso di studiare alle geometri, forse avrebbe fatto qualcosa di meglio.

Dopo ho vissuto qualche tempo a Roma. Roma è davvero una delle più belle città del mondo, ovunque guardi (tranne che a Tor bella monaca), non puoi fare a meno di pensare a quanti artisti abbiano camminato per quelle strade, e soprattutto quanti architetti. E un giorno ebbi la fortuna di poter andare al concerto di Jan Garbarek all’Auditorium. Essendo la nuova attrazione della città, decisi di andare con un po’ di anticipo, per girare e vedere la prestigiosa opera del prestigioso architetto Renzo Piano. Non potete capire lo stupore, vedendo un’altra bocca di squalo, con tutti i denti allineati, molto più grande di quella che avevo già visto a Carbonia. Scrissi anche un pezzo per il mio blog, che intitolai: “Auditorium … brutto”, se non erro.

Ora abito in Umbria, e ammetto di essermi un po’ viziata. Pur essendo atea, vado a caccia di chiese. Sono luoghi silenziosi in cui l’arte è gratis, e questo mi piace molto. Persino dentro un portone antico, senza fronzoli, puoi trovare un quadro della scuola di Giotto. Dopo il terremoto, sebbene ancora qualche centro storico di qualche paese sia ancora un cantiere, le chiese sono state tutte ristrutturate alla perfezione, e molte sono tornate ad antico splendore anche perché luoghi deputati a conservare le opere d’arte.

Purtroppo però, ieri è stata inaugurata la nuova chiesa di Foligno, una sorta di cubo nemmeno perfetto, che come la casa della Nutella, ha dei cocci di vetro spiaccicati a caso a mo’ di finestroni. Ho sentito che lo intervistavano e parlava felice dell’idea dei campus e delle new town in Abruzzo, e mi sono chiesta se avesse in mente Foligno. Poi temo che abbia anche cercato di “spiegare” il significato che aveva la chiesa da lui partorita con la logica del cubo, che sembra dominare qualunque suo progetto. Già il fatto che si debba spiegare un’opera d’arte la dice lunga sulla semplicità delle linee di un cubo, ma a me comunque resta il dubbio, non solo su come certi cubisti possano raggiungere fama e prestigio, ma soprattutto: che accidenti hanno in testa?

Rita Pani (APOLIDE Michelangiolesca :-) )


4.25.2009

 

"Potrebbe diventare la Festa della Libertà"


Libertà tua sorella e magari quella gran vacca di tua zia, gli avrebbe risposto un amico mio che però ora ha altro da fare.

Sarebbe la festa della LIBERAZIONE, è stata la festa della LIBERAZIONE passata, di un paese ormai sotto scacco in cui nessuno riesce davvero a ribellarsi, o nemmeno riesce ancora a credere che ci sia bisogno di farlo.

E mi dispiace molto, presidente Napolitano, ma pietà per chi merita pietà, e i fascisti la mia pietà non l’avranno mai. Stavano bene e staranno bene solo e soltanto appesi a testa in giù.

Abbiamo avuto un paio di giorni veramente pregni di miasmi nauseabondi, abbiamo sentito il ministro per il razzismo maroni parlare di Italia libera, abbiamo visto un fascista come la russa appuntare medaglie sui gonfaloni, e persino un ignorante parlare a vanvera della nostra storia, riparato dietro trecento morti e un cumulo di macerie.

Se non fosse più il giorno della LIBERAZIONE, allora facciamo che sia quello della VERGOGNA, che tutti dovremmo provare, soprattutto i complici di questa devastazione che sarà più difficile da risanare di tutta L’Aquila.

Rita Pani (APOLIDE ANTIFASCISTA)


4.24.2009

 

G8? Che miseria! Facciamo G42

Fermo restando che per me il G8 avrebbero dovuto farlo ad Arcore, data l’abitudine del premier di non discernere più il pubblico dal privato, il Palazzo dal suo palazzo, la Rai da Merdaset, e così via, osservo divertita gli sviluppi dell’ennesima boutade propagandistica. Ieri il figlio del commercialista di berlusconi, nominato governatore al pari cavallo di Caligola, diceva in pratica: “Obbedisco”, per la solidarietà che il popolo sardo avrebbe dovuto avere nei confronti degli abruzzesi; oggi minaccia di incatenarsi, se le promesse non saranno rispettate. Credo che qualcuno nella notte gli abbia telefonato per chiedere lumi: “Ita cazzu ses fendi?”

È bella la cazzata del risparmio e della sobrietà. La segnerò come una delle migliori minchiate enunciate dal palazzinaro di Arcore in questo suo periodo abruzzese. Sobrietà detto da lui, fa ridere, quasi quanto farebbe ridere se lo dicesse Moira Orfei. E pensare che il palazzinaro di Arcore, appena dopo aver annunciato che avrebbe trasferito il G8 a Napoli per mostrare al mondo che non c’era più immondizia per strada, mentre un giorno girava da direttore dei lavori per la miriade di cantieri aperti alla Maddalena, decise di trasformare l’evento da G8 a G42. No, non è uno scherzo. Quando uno è megalomane, questi piccoli problemi possono sorgere.

Ora però torniamo al risparmio. Non si sa abbastanza dei soldi già spesi dopo un anno e mezzo dall’avvio dei lavori, quello che si sa però che sono già stati spesi 140 milioni di euro per la conversione di una ex struttura militare in albergo. Un unico albergo che avrebbe dovuto ospitare solo ed esclusivamente il presidente americano e la sua delegazione (1.000 persone, mille.) Certo è un albergo e resterà, obiettano in molti. Mi viene da ridere. Un bell’albergo in mezzo a cantieri che resteranno così come sono, cantieri. O davvero si pensa che la Sardegna nella persona di cappellacci, possa trovare i fondi per ripristinare un minimo di vivibilità nell’arcipelago?
Ma che importa? In Italia la gente si indigna a colpi di “Striscia la notizia” quando vede piloni di autostrade fantasma, ospedali mai terminati, le classiche cattedrali nei deserti, che tanto bene spiegano l’attitudine al ladrocinio e al menefreghismo italico, però allo stesso tempo, riesce a dire: “G8 all’Aquila? Perché no?” In fin dei conti, il megalomane di Arcore invitò già il suo amico Gheddafi con tutte le sue tende da piazzare nel parco abusivo di villa abusiva La Certosa, perché non in Abruzzo, in riva all’Aterno?

E concludo con le parole del sindaco della Maddalena Angelo Comiti: «
Quando si spendono soldi pubblici si risponde a organismi come tribunale e corte dei conti*. Abbiamo già ricevuto le delegazioni di tutti i paesi partecipanti che hanno già fatto sopralluoghi e hanno stabilito delicate questioni che riguardano la sicurezza. Fino a oggi sono state realizzate strutture importanti nell’isola. Ci sono centinaia di operai che stanno continuando a lavorare con un investimento di risorse pubbliche spaventoso. Non credo che siano questioni che possano essere decise con un battito di ciglia. Il G8 non è una festa di compleanno tra compagni di scuola. È un meccanismo complesso che comporta la mobilitazione di migliaia di persone»
* Sempre che non si disponga di un lodo alfano.

Rita Pani (
APOLIDE)

 

Ultim’ora: il premier sposta Arcore a L’Aquila!


Se uno non lo conoscesse per quel che è, bisognerebbe proprio ammettere che il preficiente del Consiglio ha preso a cuore i terremotati abruzzesi. Invece, sarà che sono prevenuto, la cosa mi suona strana perché, di solito, lui le persone non le prende a cuore, ma per il culo.

Certo, limitandosi a leggere e/o ascoltare le cronache degli innumerevoli inviati speciali delle testate ufficiali, forse si riesce a comprendere i motivi per i quali molti ancora votano per lui, compresi i dirigenti del maggior partito avverso. Ecco pertanto un esaustivo estratto della cronaca del primo giorno a L’Aquila del nanefrottolo paludato. O, almeno, questo è quel che ho capito io:

“Appresa la notizia, fin dai primi concitati momenti, ostentando calma olimpica e il sangue freddo caratteristico del carismatico leader, ha parlato alla nazione informandola che il sisma ha avuto origine da una sezione clandestina del Partito Comunista. Quindi, senza frappor tempo in mezzo, non ha esitato a strappare le tende del salotto onde poter approntare in quattro e quattr’otto una tendopoli in cui ogni alloggio di fortuna fosse munito dei primari generi di conforto quali: sauna, idromassaggio, sala giochi, parrucchiere, stereo, televisore, mansarda, parco con abeti secolari, piscina e posto auto coperto multipiano.

Subito dopo aver caricato il prezioso materiale sugli automezzi, nonostante il maltempo flagellasse con piogge torrenziali l’autostrada, ha voluto recarsi immediatamente sul luogo della sciagura. Dopo pochi chilometri, poiché l’autista eccedeva in prudenza moderando l’andatura molto al di sotto dei limiti consentiti e spinto dalla ferrea volontà di prestare soccorso, ha fortissimamente voluto condurre lui stesso il convoglio umanitario e, impugnato il volante, ha dato sfoggio delle sue capacità di condottiero mantenendo la straorinaria media di 374 chilometri orari, amministrando il mezzo con rara sagacia e perizia, annullando l’infido fenomeno dell’acquaplano. Come novello Mosè, l’elevata velocità tenuta dal capoconvoglio ha fatto sì che i mezzi che lo seguivano trovassero la strada perfettamente asciutta.

Giunto sul posto, un attimo per aggiustarsi il nodo della cravatta ed è andato subito a coadiuvare l’opera di escavazione alla ricerca di superstiti. Da solo e a mani nude, con poche essenziali mosse di arti marziali, di cui è fine intenditore, ha reso inoffensivo un traliccio di cemento di alcune tonnellate e per giunta vilmente armato. Assunta la plastica posa della talpa mannara, ha proceduto a scavare scomparendo tra le macerie; quando è riapparso in una nuvola di polvere, sorreggeva con un braccio il corpo senza vita di una giovane femmina, con l’altro una lavatrice con ancora il bucato dentro mentre con l’altro si liberava il passaggio fra gli ultimi detriti e calcinacci. Mentre gli astanti erano facili prede dello sconforto, il fiero leader non ha ceduto alle lusinghe menzognere delle sirene della rassegnazione e, chinatosi sul di lei corpo esanime, ha lasciato che cadesse dal volitivo mento una stilla di sudore sulla fronte della sventurata, provocandone l’istantaneo ristabilimento con in più l’aumento di due taglie della misura del seno; per lieto fine, nonostante la giovane fosse ancora illibata, il premier l’ha aiutata a partorire un bel bambino di quattro chili e tre che la oramai donna ha fatto voto di battezzare imponendogli il nome Pierlazzaro. Visibilmente commosso, il nobile salvatore si è intrattenuto ancora con lei, raccontandole una barzelletta sui terremotati e rimbrottandola bonariamente per aver lavato dei capi delicati in acqua calda; quindi, dopo averle steso il bucato, è andato a prodigarsi instancabilmente in altre opere di soccorso durante le quali, grazie al dono dell’ubiquità di cui è generosamente provvisto, è stato visto fermare una scossa sismica di ragguardevole magnitudo a circa trentanove chilometri di distanza.

Non pago del lavoro fin qui svolto, è voluto ritornare nella tendopoli per sincerarsi del regolare funzionamento delle infrastrutture messe in opera e ne ha approfittato per consumare un frugale pasto tra una guarigione e l’altra. Appena ridato la vista ad un diversamente ipermetrope, si è congedato lanciando alla folla plaudente mazzette di banconote da 500 euro a titolo augurale e rassicurando tutti che sarebbe tornato l’indomani per seguire personalmente i lavori.

Giunto nella capitale in tarda serata, ha riaccompagnato a casa uno ad uno gli uomini della sua scorta e non se n’è andato senza prima avergli dispensato il classico, ma sempre agognato, bacino della buonanotte e rimboccato le coperte; adempiendo a quest’ultima incombenza, in un rigurgito di goliardia tipica della vita militare, a qualcuno ha fatto il sacco.”

dirtyboots


4.23.2009

 

W il dottor Cirillo e il partito degli impotenti!

L’altro giorno ho iniziato a scorrere la galleria on line, dei simboli elettorali dei partiti che si presenteranno alle europee, e arrivata ad un certo punto mi sono dovuta fermare, pensando: “Macchecazzo!” È stato più o meno quando mi sono trovata di fronte i simboli del partito “preservativi gratis per tutti” e “partito degli impotenti” del dottor Cirillo. (Comprenderete ora il mio pensiero)

Ovviamente ero ancora ignara della scelta d’alta rappresentanza che il pdl si accinge a mandare in Europa, a nome e per conto di tutti noi cittadine e cittadini italiani. Tutti nomi illustri al cui confronto, il dottor Cirillo e la sua schiera di impotenti, sembrano usciti da una premiazione del Nobel. Leggo che le grandi sorelle, le ballerine di fila, le comparse tettorute, per meglio assolvere al compito, sono state sottoposte a tre (ben 3) giorni di corso intensivo di politica. E questo ci lascia ben sperare.

Adesso l’altra notizia di oggi: “Perché non spostare il G8 all’Aquila?” (Ora ho un problema: non posso ridere. Sono immobilizzata a letto per via della mia schiena che ha fatto nuovamente crack, e ridere è dolore)

Già, perché non fare il G8 all’Aquila? Il tempo non manca e i soldi, ci insegna il governo, si trovano sempre per le cose importanti. Proviamo a pensare al G8 all’Aquila: mentre i terremotati stanno in campeggio, si tira su un grande albergo, si asfaltano le strade che porteranno alla “location”, si fanno sparire macerie e si ricoprono con fioriere e una miriade di azalee. Si prende la Maddalena e si trasferisce a quattro miglia marine davanti Pescara, in modo tale che la devastazione cementizia, i morti sui cantieri e l’abominio delle strutture futuristiche costruite nel piccolo arcipelago sardo, non vadano perse, e soprattutto non si sprechino i bruscolini spesi per potere degnamente tenere al sicuro gli otto più gran bastardi che affamano il mondo, dagli attacchi della società civile. A tal proposito, tutti noi che abbiamo pensato di provare ad osteggiare in qualche modo il G8, potremmo attivarci perché questa idea geniale del piazzista di Arcore, venga approvata. L’Aquila è una miniera di sanpietrini.

Tornando seri – è difficile quando si parla di questa Italia – che accidenti è diventata la politica?

Davvero possiamo andare a votare perché il Parlamento Europeo diventi una sorta di ammortizzatore sociale per aspirante baldracche che non hanno trovato spazio in televisione? E davvero c’è qualcuno disposto a favorire l’ultima trovata propagandistica del direttore dei lavori di ricostruzione dell’Abruzzo, pronto a calpestare un popolo distrutto, solo per esaltare la sua figura da padrone factotum. Me lo figuro già, lo sbruffone che cammina come le guide turistiche in mezzo alle rovine di Pompei, che mostrano corpi inceneriti, e case demolite.

E cari miei, fino a quando avremo a contrastare tutto questo, uno che a cappello da capo stazione risponde con cappello da capostazione …

Si salvi chi può.

Rita Pani (APOLIDE)


4.22.2009

 

Piove, governo ladro

Ho appena letto un commento ad una notizia su un giornale, a proposito delle tende che all’Aquila ospitano i terremotati come fossero in vacanza al camping per il fine settimana, che non avendo impermeabilizzazione, lasciano passare l’acqua. Il commentatore faceva preventivamente notare che, almeno in questo caso, nessuno avrebbe dovuto dare la colpa a berlusconi. In effetti è vero, anche se un legittimo dubbio resta, memori del detto:piove, governo ladro.

Il fatto è che quando si candidò alla carica di governatore della Sardegna (capelloni chi?), in “teleconference” da una “location” delle sue, una qualunque, annunciò ai lavoratori dell’Eurallumina, di proprietà russa, di aver appena parlato col suo amico Vladimir, il quale gli aveva assicurato, che la fabbrica non avrebbe chiuso. Assunta la carica di despota della Sardegna la fabbrica ha chiuso.

Domenica scorsa Report trasmetteva una lunga intervista con la squinzia della pubblica istruzione, la quale circondata da quadri e ninnoli preziosi, rassicurava sull’ottima riforma della scuola italiana, che avrebbe portato notevoli migliorie all’istruzione dei nostri ragazzi. Ieri 70 presidi si sono incatenati davanti al ministero perché i 73 milioni di euro destinati alle spese correnti delle scuole italiane. Queste spese, non sono per carta igienica o materiale extradidattico che già da un pezzo i genitori forniscono nella scuola dello stato che dovrebbe essere gratuita, come da Costituzione, ma bensì quella per pagare le spese di illuminazione, riscaldamento, telefoni, supplenze brevi. Direte: pazienza c’è sempre la scuola privata, magari quella gestita dalla chiesa, che insegna che farsi le seghe fa diventare ciechi, mentre loro molestano i vostri bambini, e a queste scuole lo stato, non ha tolto nemmeno un euro, perché … perché il fascismo non c’è.

Poi ci sarebbe anche l’inceneritore di Acerra, che come molte opere dello stato che fa, è stato inaugurato, e che il giorno dopo è stato chiuso. Perché probabilmente c’era la Bucaneer. La Bucaneer è quel mercantile italiano, che volevano farci credere fosse stato sequestrato dai pirati somali, negri, sporchi e cattivi, e del quale nessuno parla più, nonostante ci abbiano detto che dieci nostri connazionali, sono stati rapiti. La storia sui giornali non ha più trovato spazio perché nessuno il 14 aprile, aveva ancora chiesto un riscatto. Soltanto dopo si è saputo (ma solo un momento) che la nave era stata posta sotto sequestro dalle autorità della Somalia, e gli uomini dell’equipaggio arrestati per aver tentato di sversare in mare, rifiuti tossici e pericolosi. No, non fa bene parlarne, anche perché nella memoria abbiamo ancora la morte di Ilaria Alpri e Miran Rovatin. E poi ormai l’Italia pullula di termovalorizzatori inaugurati o appena abbozzati sulla carta.

Dicevo in Abruzzo piove. E piove, governo ladro. A me spiace molto per il popolo abruzzese, come mi spiace per i lavoratori dell’Eurallumina. E accomuno questi due popoli, il mio e il loro, che hanno fortemente voluto berlusconi governatore delle nostre regioni. Ha promesso le case entro un mese, la fine dell’emergenza entro l’estate. Spero tanto che non si debba mai sapere quanta neve può reggere una tenda in settimana bianca.

Rita Pani (APOLIDE)


 

Inceneritore di Acerra, inaugurato e chiuso




Vi segnalo questo blog, davvero interessante

4.21.2009

 

Bucare la terra che trema



Per chi non lo sapesse M.R. D'Orsogna è una ricercatrice abruzzese che lavora in California e nel tempo libero è diventata la principale esponente del movimento "No Centro Oli", ha scritto questo articolo per mettere in guardia gli abruzzesi e gli italiani da un pericolo ancora maggiore del terremoto che è pende ancora sulla nostra testa.... mi raccomando diffondete, sta cosa è scandalosa!

Bucare la terra che trema di Maria Rita D'Orsogna

Nei giorni del post-terremoto Abruzzese si parla di 'mai piu' e di costruire meglio e con responsabilita' le nuove case, i nuovi ospedali.

Pochi pero' sanno delle intenzioni dell'ENI e di altre ditte petrolifere straniere fra cui MOG e Petroceltic, e in collaborazione con il governo centrale italiano di trivellare META' Abruzzo. Dalla costa all'entroterra, dal mare di Pineto fino alla bianca Majella, la regione sara' stravolta da raffinerie, oleodotti, pozzi e porti petroliferi.

Il petrolio Abruzzese e' poco in quantita', ricco di impurita' sulfuree ed economicamente scadente. E' anche molto scomodo da estrarre ed occorre trivellare a cinque, sei chilometri sotto la crosta terrestre causando dissestamenti gravi del sottosuolo.

In giro per il mondo ci sono zone non-sismiche che lo sono diventate dopo le estrazioni petrolifere. In Russia ad esempio, alcune scosse del grado 7.3 della scala Richter sono state direttamente attribuite alle trivelle per stessa ammissione dei petrolieri, in Indonesia un vulcano continua ad emettere fango grazie a perforazioni risalenti al 2004. Ci sono anche teorie secondo cui lo tsunami asiatico e' stato amplificato dalle estrazioni di quasi 10 milioni di metri cubi di petrolio in Indonesia da parte della Exxon-Mobil.

Cosa succedera' allora al nostro Abruzzo dopo averlo bucato ben bene, visto che e' gia' terra sismica? E cosa succedera' in caso di incidenti?

L'Abruzzo dei vini, dei contadini, dell'agricoltura. L'Abruzzo dei parchi, dei monti e del mare non trarra' beneficio alcuno dalle trivelle perche' il petrolio verra' poi venduto dall'ENI al miglior offerente, lasciando ai cittadini pochissime briciole e una montagna di problemi come gia succede in Basilicata dove abbondano malattie, inquinamento di aria e acqua, agricoltura morta, e sottosuolo stravolto.

Esiste anche una moratoria, fortemente voluta dai cittadini abruzzesi che hanno letteralmente preso d'assedio il consiglio regionale nel marzo del 2008. La moratoria vieta le trivelle fino al 2010. E dopo? Purtroppo, il presidente della regione Gianni Chiodi si e' mostrato insensibile al problema, continua a tergiversare e non vuole prolungarla. I petrolieri intanto si portano avanti, pronti ad attaccare una regione gia' messa in ginocchio da madre natura.

Case ed ospedali servono agli abruzzesi, l'infrastruttura petrolifera per far arricchire qualcun altro no. Quanti morti, quanti malati ancora dovremo piangere domani per cattiva programmazione di oggi?

 

Simpatico ve?


 

È l’Europa che ce lo chiede, ma forse non abbiamo capito la domanda.


Visti così, dall’elettrodomestico a colori, potrebbe davvero sembrare che siano tutti impegnati a ricostruire l’Abruzzo. Addirittura un giornale, perdonatemi ma non ricordo quale, l’altro giorno scriveva che il capo del governo, aveva assunto il ruolo di capo progettista ad interim, in quel dell’Aquila. Sembrerebbe davvero che tutti gli sforzi e le energie siano dedicate a quel pezzetto d’Italia che è venuto giù in meno di un minuto.

Sembrerebbe. Perché non è esattamente così, infatti se da un lato di parla di ricostruire l’Italia, dall’altra si continuano a porre le micro cariche che in modo chirurgico e con abbondanti dosi di silenzio anestetico, la demoliscono. Due le mine piazzate ultimamente, mentre l’occhio poco vigile dell’italiota guarda all’Abruzzo: le nuove norme per la caccia, e le nuove norme per l’insicurezza del lavoro.

La prima, a detta dei rappresentanti di governo, nasce dall’esigenza di rispondere alle osservazioni fatte dall’Europa, secondo la quale, in Italia, le attività venatorie siano mal regolamentate e le specie da proteggere mal tutelate. Il governo, che ha dovuto recentemente disconoscere il disegno di legge Orsi, che avrebbe permesso ai cacciatori, anche sedicenni, di sparare a qualunque cosa si muovesse cani e gatti “molesti” compresi, ora ci riprova con più attenzione e meno trasparenza. Obiettivo finale, quello di imporre le regole della casa delle libertà, ossia, facciamo un po’ come “picchio” ci pare. Non più regole, non più calendari: addio migratori. Come al solito ci diranno che è l’Europa che ce lo ha chiesto, e nessuno balzerà in piedi a far notare che probabilmente non hanno capito la domanda.

La seconda carica esplosiva la posa sacconi: il nuovo – nuovo – decreto sulla sicurezza sul lavoro. Prima di tutto è bene dire che dall’inizio dell’anno 2009 ad oggi i morti ammazzati dal lavoro, in Italia, sono stati 318. Il nuovo decreto pare abbia come unico scopo, quello di bloccare il processo in corso a Torino per la strage delle Thyssenkrupp, e in seguito salvare dalla responsabilità tutti i futuri manager che per arrivare al maggiore arricchimento continueranno a mettere a repentaglio la vita dei propri schiavi. La norma infatti, nell’articolo 10 bis, fa sì che possa essere incriminato chiunque, dal capo cantiere all’omino che passava di lì per caso. Tutti tranne i manager. Certo questo non dovrebbe provocare alcuno stupore, dal momento che persino la Marcegaglia presidente di CONFINDUSTRIA, ebbe a dire che a lei sembrava eccessivo il processo a Torino. Se poi ci mettiamo che anche le imprese della presidentessa hanno prodotto qualche morto, tirar le somme è semplice.

Rita Pani (APOLIDE)


4.20.2009

 

La liberazione?

E dire che ci avviciniamo velocemente al 25 Aprile! Certo se qualcuno, oltre gli anziani e i veterocomunisti, si ricordasse perché è rosso sul calendario, probabilmente non ci arriveremmo col magone che ormai accompagna ogni giorno della nostra vita. E non dite che non è così, perché sono sicura che tutti voi (noi) avrete sentito qualcuno dire: “Io non voglio più sapere niente, io non voglio più leggere niente.”

Scegliere volontariamente di non sapere, dovrebbe essere un peccato assai più mortale di voler cessare un’esistenza non più degna d’esser vissuta.

Il 25 Aprile è il giorno della liberazione. Lo scrivo per quelli che sono ancora convinti che sia la festa di qualche Madonna, o “comunque bho che ne so l’importante è che il 25 non si va a scuola”. Per inciso vorrei anche ricordare a certi cretini, che per liberazione s’intende la liberazione dall’oppressione nazi fascista, e non dai sovietici, come scrisse un giorno un altro cretino a commento sul mio blog.

Ma che ne è della liberazione? Del sangue di chi è morto per liberare l’Italia?

È ormai secco, non odora più, non è nemmeno più una macchia sull’asfalto circondata dal gesso degli inquirenti e ripresa dalle telecamere. E l’ignoranza ha fatto il resto, degradando la quotidianità a mera sopravvivenza.

Una volta quando governava la democrazia cristiana i censori della TV facevano mettere le calze pesanti alle gemelle Kessler, misuravano le gonne con i centimetri, e le chiappe delle donne dovevano stare molto ben coperte per non solleticare la fantasia del maschio italiota che iniziava ad essere corrotto dalla televisione, che comunque cercava anche di insegnare qualcosa. Oggi la TV satellitare ( del futuro più futuro che c’è) censura un film “Shooting silvio”il film di Bernardo Carboni che narra del sogno di molti italiani. Motivazione? Non è il caso di trasmettere un film così dopo il terremoto. Il problema che si pone, a pochi giorni dalla Festa della Liberazione è: “Se il proprietario delle televisioni private riunisce i suoi servi a casa sua per discutere delle nomine alle direzioni dei telegiornali della TV di stato, e anche la TV a pagamento satellitare diventa serva del proprietario delle televisioni private …” No, non la finisco la domanda, perché tanto è retorica e banale.

La liberazione. Ho persino trovato articoli di giornali che ci ricordano il prossimo (e spero vivamente ultimo) compleanno di licio gelli, il quale poveretto ha un rimpianto: Sono più che soddisfatto della mia vita, anche se un piccolo rammarico ce l'ho: avrei potuto fare ancora molto di più per l'Italia, per il mio caro Paese, se non avessero fermato il mio «piano di rinascita». Era mia intenzione cambiare il sistema italiano senza colpo ferire, per dare più sicurezza, più ordine, più disciplina, più meritocrazia e benessere al popolo». E mi pare che io non debba farvi notare nulla.

La liberazione: si festeggia il compleanno di Roma. “Le scene usate per evocare il passato della città, sono state giudicate improprie e tali da indurre "il sindaco a chiedere scusa ai romani"… tra le altre immagini scelte a ricordare Roma, benito mussolini che pronuncia la dichiarazione di guerra.

Io capisco perché in molti non vogliano più sapere, ma meno sappiamo noi, e più loro potranno credere d’aver ragione.

Rita Pani (APOLIDE)


4.19.2009

 

Un tempo per costruire e un tempo per indagare

Il sorriso è un misto di ironia e cinismo. Colpevole probabilmente, mai sarò ipocrita. E sorrido per le incongruenze che fanno dell’Italia un paese sempre più miserabile, malgrado noi.

E come non disegnarselo sul volto, quel sorriso, leggendo i titoli dei giornali di questa mattina? Il consenso per il premier pare non essere mai stato così elevato; il picco dopo le sue sette (ben sette) visite all’Aquila. Anche quando ha invitato la gente ad andare al mare, a fare finta di essere in campeggio per il fine settimana; anche quando ha esortato le donne terremotate ad andare dal parrucchiere, a truccarsi di più. Quando ha ventilato nuove tasse per i ricchi (poi ripassate col bianchetto) e persino ora, che “invita” i giornalisti a lasciar perdere le indagini, o che per l’ennesima volta spiega al popolo suo, quello delle libertà, quanto criminali siano i pubblici ministeri. E non se l’è inventato lui, ma sono insegnamenti che gli ha impartito il padre suo, quello della banca Rasini, insieme all’educazione al danaro e al maneggio. (Non dei cavalli, che per quello aveva lo stalliere)

Non è tempo di indagare. È tempo di ricostruire. D’altronde chi mai avrebbe potuto costruire un ospedale col cemento disarmato e col ferro arrugginito? Un criminale, forse un pazzo. Cosa importa se quei pazzi o quei criminali sono gli stessi delle eco balle tossiche, dei termovalorizzatori che bruciano merda e producono diossina? Non è tempo ora. È tempo di ricostruire, e sarà anche tempo di costruire, il ponte sullo stretto di Messina, affidato alle stesse persone delle quali ancora non si è compreso se siano pazzi o criminali.

È molto amaro il sorriso che si stampa sul volto di chi ancora riesce a percepire la vita umana semplicemente come tale. Perché la vita umana è come una fiches da tavolo verde, la si butta là a seconda della mano da giocare. La vita umana degli abruzzesi, così poco rispettata da aver fatto partire anche qualche scomunica. Offesa dalla richiesta di giustizia, dalla denuncia di genitori che volevano sapere il perché dei loro figli morti. La vita umana dispersa su una nave in mezzo al mare, che nessuno vuole in casa sua, che non è buona nemmeno per procurare una manciata di voti.

Se è vero che “i consensi” sono in aumento, si fortifica il mio dubbio: questi riversano LSD nelle condotte idriche. Non c’è altra spiegazione razionale.

Rita Pani (APOLIDE)


4.18.2009

 

Il sindaco dell'Aquila chiese aiuto 5 giorni prima del terremoto.

"In relazione ai gravi e perduranti episodi di eventi sismici il cui inizio risale al 16 gennaio scorso, sotto forma di quotidiano sciame sismico di complessive 200 scosse e oltre, culminato con scossa di quarto grado il 30 marzo scorso, chiedesi urgente e congruo stanziamento di fondi per prime emergenze, nonché dichiarazione stato emergenza ai fini dell'effettuazione dei necessari interventi di ripristino idoneità degli edifici pubblici e privati. Inoltre, si segnalano in particolare gravissimi danni strutturali in due edifici scolastici ospitanti cinquecento alunni". Repubblica

Questo telegramma, è partito cinque giorni prima del terremoto in Abruzzo. 295 morti.

Dobbiamo avere rispetto dei morti, questo continuano a dircelo tutti, esortandoci a raccontare quanto tutto vada bene, quanto tutto sia sottocontrollo, e prospettandoci anche un futuro “da futuro” con new town, prati verdi e laghetti. Bisogna parlar bene della Protezione Civile, bisogna dire bene del governo che dopo è stato ossessivamente presente in Abruzzo. Io invece questa cosa vorrei raccontarla agli aquilani che un giorno sì e un giorno no, ricevono il destinatario del telegramma, e lo esortano in ginocchio: “non ci abbandoni, non ci lasci soli, pensi a noi.” Vorrei fargli notare come per essere stati abbandonati, prima, ora hanno da piangere i morti.

Quei morti che sembra debbano essere rispettati perché morti, e non perché meritavano abbastanza rispetto da farli restare vivi.

Non è su tutti i giornali il testo del telegramma che il sindaco de L’Aquila spedì al governo e agli enti interessati, e non so nemmeno se ne parleranno nei telegiornali, sebbene oggi l’avvoltoio del consiglio, apparirà nuovamente tra le tombe di 295 persone, uomini, donne e bambini, che probabilmente se fossero stati anche presi dal panico preventivo, oggi sarebbero vivi.

Se questa notizia tarderà ad essere rilanciata con tutta la voce che merita, allora tocca anche a noi raccontarlo, dirlo in giro, farlo sapere agli amici degli amici. Facciamoci voce.

Viviamo in un paese in cui, a chi cerca di raccontare si tenta di tappare la bocca, si censurano vignette e filmati su youtube; ma un paese in cui nessuno pare sentire la responsabilità di una strage annunciata, e imperterrito continua a stare al suo posto, insieme ai suoi accoliti, a promettere case e danari entro l’estate, a organizzare riunioni in casa sua per designare i direttori dei telegiornali della TV di stato, che domani ancora meglio di oggi possano tacere verità e malgoverno.

Rita Pani (APOLIDE)


4.17.2009

 

Il ministro brunetta è uno spammatore

Oggi ho ricevuto una mail. Il mittente era lo staff del ministro brunetta, oggetto: rivoluzione in corso. Ho pensato fosse una coglionata di qualcuno che voleva scherzarmi, e così l’ho aperta. No, non era uno scherzo, era proprio lo staff del ministro che con un’abile operazione di spam, pubblicizzava il libro del tizio buffo.

Da quel che ho compreso, una summa di tutte le idiozie a cui il ministro per i tornelli, ci ha abituato in questo suo primo anno di alacre lavoro di moralizzazione.

Fare spam per pubblicizzare un libro. Non ci avevo mai pensato, ma ringrazio il ministro per avermi dato questa buona idea.

Certo è da comprendere, povero ministro: edito da mondadori, e senza alcuna visibilità, cos’altro avrebbe potuto fare se non spammare?

Ho intenzione di non lasciar cadere così la cosa, e quindi domani mattina scriverò al ministro chiedendo – come è mio diritto – di sapere da quale elenco ha preso il mio indirizzo e-mail, e contestualmente segnalerò l’accaduto al garante della privacy. Lo so, non serve a nulla, ma spero almeno un po’ a rompere i coglioni.

E c’è di più: ho deciso che in prossimità dell’uscita del mio terzo romanzo, a brevissimo, lo martellerò un giorno sì e l’altro pure. Io almeno non ho pagato qualcuno perché mi rilasciasse una lista enorme di indirizzi email, lui il suo lo ha usato autonomamente per sporcare il mio mailer.

C’è di buono che la mail contiene una sua fotografia, che lo ritrae per la prima ed unica volta con i capelli puliti. Ed è già tanto. Non credo potrà ricapitare tanto presto.

Rita Pani (APOLIDE)


4.16.2009

 

Io, non so voi

Mi sembra d’essere tornata alla prima devastante campagna elettorale, quella in cui la faccia di berlusconi, appariva anche sulle macchie di umidità dei muri dei cessi pubblici, un numero considerevole di volte maggiore a quello delle apparizioni di Padre Pio. Quindici minuti filati, tutti i giorni ininterrottamente in tutti i telegiornali. Ha inaugurato una scuola, ha passeggiato in punta di piedi sulle macerie, ha dato ordine di abbattere e costruire muri, ha promesso soldi e pasta e fagioli, ha passato un rotolo di carta igienica ad un utente del bagno chimico, si è commosso, ha raccontato una barzelletta. Ah no! Quella era l’annuncio di un prossimo decreto sulla sicurezza, che ovviamente non prevede norme antisismiche per le case, ma più certezze della pena per i rumeni, mentre i mafiosi escono dal carcere perché un tribunale non ha presentato in tempo le motivazioni delle sentenze, o ancora si viene accoltellati per strada per un semplice parcheggio. Per un attimo mi è parso di scorgerlo anche in mezzo al coro delle voci bianche che cantava per il compleanno del papa, il fuhrer buono.

Ma è poi passato il decreto sullo sciacallaggio? Perché vedi mai dovessero trovare incostituzionale il lodo alfano, questa potrebbe essere la volta buona per ingabbiarlo. Le prove ci sono tutte questa volta.

E così mentre doverosamente si parla di terremoto, non sempre rendendo buon servizio ai terremotati, in Italia le cose continuano ad accadere, e capita anche che il presidente del milan, del consiglio, nonché governatore dell’Abruzzo in pectore tra un piatto di pasta e fagioli, e una cifra sparata a caso sempre sull’ordine di milioni di euro, riesca anche ad ammettere apertamente che non aver voluto accorpare le elezioni europee e il referendum sulla porcata calderoli, sia stato un ricatto della lega, al quale non si è potuto sottrarre.

Io, non so voi - e vorrei anche trovare un modo felice di concludere questo post - ma mi ha veramente rotto i coglioni.

Rita Pani (APOLIDE)


4.15.2009

 

 

Santoro dovrà riparare.

Com’era? “Una trasmissione così, nel servizio pubblico è indecente.” Eh sì! Parlare dei peccati italiani non si può, e soprattutto non si deve tenere alta l’attenzione – l’ho già scritto – quando i servizi meteo annunciano abbondanti piogge di danaro sull’Italia.

Così le sanzioni per Santoro sono state decise, e si aggiunge anche la sospensione di Vauro. Ma non solo: si ritorna agli antichi fasti delle “trasmissioni riparatrici”. Ricordate? Bei tempi! Correva l’anno 2005 e in seguito ad una puntata di Report sulla mafia in Sicilia, Totò Cuffaro e Cattaneo chiesero e ottennero che venisse fatta una “trasmissione riparatrice” sulla mafia. Sì lo so, sembra strano, ma appunto: sembra. In realtà non lo è, anzi, era stata indicativa di una certa aria che cambiava, e dio solo sa quanto è cambiata, in peggio, da allora.

Oggi si è deciso per una “trasmissione riparatrice” sul terremoto, e io mi chiedo: “Come sarà?” Si intervisteranno solo terremotati ben vestiti e terremotate agghindate e truccate? [dovete truccarvi di più, mettere a posto i capelli, andare dal parrucchiere silvio berlusconi alle terremotate] Il giornalista servo andrà a caccia di terremotate attendate felici di avere nulla che manca? Abbronzate dopo essere state al mare? [Andate al mare, una vacanza a spese dello stato, e dite alla mamma di portare la crema solare silvio berlusconi ai terremotati] Si dovrà dire che l’ospedale è rimasto agibile per il 10%? Che la casa dello studente ha conservato qualche parte in piedi, e che molti studenti si sono salvati? Forse diranno che nelle tendopoli ci sono anche le docce, e che i bagni bastano a molti sopravvissuti. Potranno dirci che le stufe scaldano chi le ha, e che le tende militari un tempo avevano l’impermeabilizzazione.

Quindi non si va a metter mano solo alla libertà di stampa, ma peggio si censura e si proibisce di fatto la satira, e non è un caso isolato, dato quel che ho letto (non visto) della puntata di ieri di Ballarò, in cui il ministro per il razzismo maroni, non ha gradito una battuta comica. Siamo arrivati al capolinea e ancora una volta vi esorto a pensare in modo partigiano. Sono molti soldi quelli che in troppi sognano di potersi spartire in Abruzzo, cooperiamo perché non arrivi il silenzio.

Rita Pani (APOLIDE)


 

Tutta colpa della mafia

Giratevela un po’ come volete, siamo italiani. E italiani resteremo, con la bocca spalancata a guardare l’America, a sognare di essere svedesi, a illuderci di poter finalmente cambiare l’idea che molti in Europa hanno di noi: mafia, pizza, mandolino e baffi neri.

Abbiamo imparato dall’America a gonfiare il petto davanti agli eroi, anche se fino a prima del terremoto dell’Aquila, per noi gli eroi dovevano essere morti. Ora invece, come fu per le torri gemelle, anche noi in Italia possiamo essere fieri di aver degli eroi vivi, nel nome dei quali, arriviamo a parlare persino di “eccesso di libertà” di stampa, senza probabilmente renderci conto della bestemmia che stiamo pronunciando.

Siamo il popolo fiero della solidarietà digitata su un cellulare senza nemmeno dover aggiungere un xké o un qcs. Un SMS vuoto, che costa poco, per andar fieri di aver fatto qualcosa, di aver partecipato. Perché siamo l’Italia in cui gli sfollati vengono invitati ad “andare al mare a spese dello stato e senza scordare la crema solare”, e poi gli albergatori, così solidali, alimentano gli sfollati con cibi scaduti, per i quali lo stato (sempre noi) verranno risarciti.

Sì siamo quelli della mafia della pizza e del mandolino, ed è per questo che la mafia non esiste, ma bisogna stare attenti alla mafia. Siamo noi la mafia, e quindi la mafia non esiste, però è colpa della mafia. Contorto il concetto, persino per me che l’ho scritto.

Mi spaventa sentir parlare di mafia: è un universo così immenso, che non è chiaro da chi ci si debba guardare. Vorrei davvero che si avverasse il desiderio di essere svedesi, in modo tale che la mafia avesse nomi e cognomi, di politici e affaristi, di corrotti e corruttori, di malversatori. Ma siamo italiani, e allora i comuni in fretta e furia, appena trema un poco la terra per simpatia, mettono dieci tende in un campo sportivo, e s’incazzano per non essere stati citati dai giornali come “zone a rischio”. Perché pioveranno danari, e mafiosi, dobbiamo fare attenzione alla mafia.

Ormai ci governa l’immagine, lo spot elettorale perenne; la politica è ridotta al mostrare e al mostrarsi, camminare tra le macerie con la scorta al seguito, indire consigli dei ministri al pulito tra l’immondizia di Napoli, o al sicuro tra le macerie di un terremoto. Questo è, che ci piaccia oppure no.

La mafia un giorno ci dirà persino di aver sconfitto la mafia. Siamo italiani, e qualcuno ci crederà.

Rita Pani (APOLIDE)


4.13.2009

 

Divieto di verità

Io la puntata di Anno Zero di giovedì l’ho vista. Ho sentito le grida ossessive dei leccaculo del governo, tentare di distorcere i fatti narrati. Ho sentito terremotati lamentarsi, ho visto un medico piangere mentre raccontava del suo ospedale costruito con l’argilla. La polemica scoppia tardiva, e di nuovo il governo cerca di chiudere la bocca a chi ha voglia di raccontare, e soprattutto a chi, in modo partigiano, non si è lasciato ancora addomesticare.

È interessante notare come a distanza di giorni, e mentre si parla di ricostruzione, si sia voluto imputare a Santoro d’aver offeso quanti si sono prodigati per i primi soccorsi ad una popolazione terremotata, per tentare di cancellare la memoria delle denunce che sempre in quella trasmissione sono state fatte. Vi ricordo che ad un certo punto, l’ex magistrato castrato dal governo De Magistris, ha avuto l’ardire di citare a chiare lettere anche l’IMPREGILO. E certe cose, in Italia, la TV pubblica non può davvero farle, come del resto non è gradito al governo, che qualcuno osi insinuare nelle italiche menti, che tutti quei morti ci sono stati perché imprenditori ladri facevano affari con amministratori pubblici ladri. No, questo non si può dire, nemmeno quando le immagini mostrano muri e pilastri sbriciolati. Nemmeno quando ci raccontano che un intero quartiere è stato costruito sopra una faglia attiva, contro il parere dei geologi. Non ci dicono chi sia stato il sindaco o la giunta che ha reso edificabili quei terreni, in modo tale che a noi resti la sensazione della fatalità.

Da Giovedì a domenica, è un tempo lungo per dichiararsi offesi da una trasmissione televisiva, forse perché le prime procure indagano, e hanno annunciato che non si sentirà parlare di “indagati” ma di “arrestati”. Mi pare evidente che può essere considerato conveniente lasciarci a spalare tra le macerie che seppelliranno Anno Zero e Michele Santoro, anziché farci tenere viva l’attenzione sulle macerie dell’Aquila. Il governo riscrive il piano casa, conservando gli ampliamenti del 30% e aggiunge un codicillo secondo cui si potranno avere sgravi fiscali, se si costruirà secondo i criteri di sicurezza imposti dalla UE. Perché è segno evidente che ancora non è bastato, ed è norma che in Italia non basti mai. Non bastano i morti sul lavoro a far applicare le leggi esistenti e anzi, si ritoccano al ribasso, non bastano i terremoti a far applicare le norme e i controlli sugli appalti, non bastano nemmeno le alluvioni. Meglio crocifiggere Santoro e indurci a sbraitare sul pericolo che corre la nostra libertà.

A noi corre l’obbligo di rilanciare qual minimo di verità nascosta dalla censura di governo, e lo facciamo, anche se serve a poco vista la nostra possibilità di raggiungere un pubblico da “zero virgola” mentre l’informazione ufficiale continua a divulgare la realtà virtuale di un paese che non esiste. Un esempio banale: ieri in Sardegna, nelle zone del cagliaritano e del Sulcis Iglesiente (casa mia) c’è stata l’ennesima alluvione, con tanto di sfollati e salvataggi aerei con elicotteri e pompieri imbragati. Oggi la TV derubricava un alluvione, in semplice maltempo, col rammarico del popolo sardo di non aver potuto vivere la gita fuori porta come da tradizione post pasquale.

Pioveranno molti danari in Abruzzo, ed anche questo è un buon motivo per tappare la bocca a giornalisti come Santoro. Toccherà agli aquilani il compito di informarsi, e di vigilare sugli appalti, perché statene certi, imprese come l’IMPREGILO si trasformeranno, forse cambieranno nome, ma loro, i ladri, saranno sempre là a fare esattamente quello che sanno fare meglio: spartirsi il danaro. E voglio aggiungere anche un’altra cosa, anche se meriterebbe più spazio e più attenzione: attenzione al 5 per mille. Sfruttando l’onda di emozione collettiva, sarà facile per il contribuente riservare tale somma al popolo abruzzese, mettendo a segno un altro colpo desiderato da questo governo, ossia finire di uccidere le associazioni che si occupano di volontariato e protezione sociale: anche quelle che, secondo il governo, sono state offese da Santoro.

Rita Pani (APOLIDE)


4.12.2009

 

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4.11.2009

 

L'Aquila - Sopralluoghi tecnici e numeri utili - AGGIORNAMENTO

Dal blog di Kamela, com preghiera di massima diffusione
Categoria: Vita


Hanno detto per radio che la città è stata divisa in 7 aree. I sopralluoghi dovrebbero essere partiti oggi nella zona di Via Strinella, per proseguire dopo Pasqua a partire dalla zona del Torrione.

Si possono contattare i seguenti numeri:

334-7683081
800860146 (numero verde della Protezione Civile)


Un addetto della Protezione Civile mi ha detto stamattina per telefono che chi volesse andare nella propria casa a prendere oggetti personali deve prima recarsi al centro allestito dalla Protezione Civile presso la Scuola della Guardia di Finanza a Coppito (in particolare per chi deve recarsi nel centro storico che è chiuso, se ci andate da soli vi arrestano!).

Nel notiziario comunale (http://www.ilcapoluogo.com/e107_plugins/content/content.php?content.14667) c'è anche scritto che i Vigili del Fuoco hanno istituito tre punti di riferimento mobili per le persone interessate al recupero di masserizie all’interno delle loro abitazioni o di locali. I punti in questione sono situati alla Fontana luminosa, a via XX settembre (all’altezza di palazzo di Giustizia) e alla villa comunale. Le richieste sono numerose e sono possibili lunghe attese. Pertanto è consigliato di dotarsi di ombrelli, cibo e acqua.


Inoltre, sempre presso la Guardia di Finanza, mi è stato detto che ci sono staff di veterinari. Migliaia di persone (me compresa) hanno perso animali domestici (scappati o rimasti nelle case). Ci possiamo rivelgere alla Protezione Civile a questi contatti:

800082280 (da fissi e Tim)
0861 315500 (da tutti gli operatori)
0861 332310 (fax)
terremotovet@izs.it

4.10.2009

 

La morte dei Cristi

Il cinegiornale informa che va tutto bene, e per dire quanto va bene, mentre si seppelliscono i morti, il tribunale processa i primi quattro sciacalli con l’aggravante di essere romeni. Il PM al processo chiede l’assoluzione. I 4 vengono assolti e il tribunale ordina la restituzione degli oggetti in oro perché di proprietà degli ex sciacalli.

È venerdì santo e io sono atea, ma mi dicevo che forse oggi il venerdì santo potrebbe avere un senso superiore, se solo si riuscisse a guardare oltre. Ma non credo che questo sia possibile, perché io che sono atea un pensiero l’ho avuto, mentre ho visto un sacco di pii credenti in attesa della Via Crucis fuori dal Colosseo che facevano “ciao ciao” con la manina rivolgendo saluti alla telecamera vagante. Quindi ho pensato, nulla di serio, nemmeno questa volta che di Cristi ne sono morti 300 tutti insieme per un terremoto.

Pensavo. Lo so, non riesco proprio a smettere di farlo. No, non sono rimasta indifferente alle immagini di un funerale di massa, come avrei potuto? Però mi sono ricordata degli ultimi 300 (forse più) Cristi morti in mezzo al mare, che non sono riusciti a toccare nemmeno una coscienza. Eppure è proprio citando i morti che ci dicono che dovremmo tacere, che ora è il momento del dolore. E parlano, parlano, parlano, in questo interminabile spot elettorale dedicato al terremoto. Poi senti un aquilano sussurrare a un microfono anonimo: “Vedi quella casa? Quella è rimasta in piedi. Lo sai perché? Perché quella è una casa da ricchi. Le case popolari, le case dei poveri sono crollate tutte.”

E sentendo queste cose che a me ritorna in mente, pressante, che “la livella” non esiste più, e che nemmeno davanti alla morte ormai siamo tutti uguali.

Rita Pani (APOLIDE)


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