3.31.2011

 

Se qualcuno ha applaudito davvero

Il nazareno del consiglio ha incontrato all'interno della base dell'aeronautica dove si è recato in visita, le mamme che in questi giorni hanno protestato animatamente affinché fosse risolta l'emergenza immigrati. Durante l'incontro il premier ha raccontato alle signore una barzelletta …  Dal Vangelo secondo Repubblica.

Solo una barzelletta? Buffo! Perché tra ieri e oggi i giornali sembravano direttamente estratti dagli antichi copioni di Gino Bramieri. In realtà, vent’anni di barzellette ci hanno portato a diventare noi stessi una barzelletta, con questo essere infame, che ogni volta sembra uscito da un cabaret di terz’ordine.

Io non c’ero a Lampedusa, e non so se sia vero che qualcuno batteva le mani, ed era felice. Non so neppure se sia vero che la neo vicina di casa del tizio si sia dichiarata “emozionata”. Ai giornali e ai giornalisti non credo più. Se fosse vero, però, allora va bene così e va bene tutto. Se fossero veri gli applausi, andrebbe tutto ancora meglio di com’è, perché i lampedusani avrebbero perso il diritto di lamentarsi, e di pretendere solidarietà e vicinanza. Se fosse vero, io lo rispetterei come ho imparato a rispettare chi decide di porre fine alla propria esistenza, impiccandosi o sparandosi in bocca.

Chi applaude non è migliore di lui, e merita d’esser deriso e scacciato al pari di lui, perché passi l’ignoranza, ma non si può scusare la stupida ottusità. Chi applaude non riesce a cogliere il disprezzo che c’è nelle barzellette di quel ridicolo apprendista despota, nelle parole che lancia come sputi catarrosi in faccia di ognuno di noi. Chi applaude e sogna ancora non ha compreso che ieri, l’Italia, ha trattato la vita umana come ha già trattato la spazzatura. Da Napoli partirono i camion per le altre regioni del sud Italia, nel tentativo – fallito – di nascondere i cumuli di immondizia sotto il tappeto; ieri e oggi da Lampedusa, partiranno le navi, cariche di altra spazzatura, da rispedire in Tunisia o a Taranto, e nessuno saprà mai che ne sarà di queste vite umane. Contro ogni logica di legge, italiana o europea. Rimpatriati, senza alcuna assistenza legale – sebbene prevista dal nostro ordinamento e da quello europeo – senza nessuna assistenza, se non quella di un poliziotto ogni 4 sacchi di immondizia.

Se è vero che avete applaudito, ben venga tutto quello che verrà. Si tratta solo di aspettare un altro mesetto, quando ci saranno le elezioni, e dopo io applaudirò davanti al vostro pianto e alla vostra disperazione. Ricordandovi – anche tra vent’anni – il campo da golf, la zona franca, le scuole e gli ospedali, i giardini, le strade tutte d’oro, le casette di marzapane, le scarpette di cristallo, i pani, i pesci, la vista ai ciechi, la sparizione delle piaghe … e pure il cancro, che a giorni, entro i tre anni stabiliti, finalmente in Italia sarà sconfitto, come promise il nazareno di Arcore, in occasione delle precedenti elezioni.

A voi, se è vero che avete applaudito, resteranno solamente gli spot televisivi che vi ha promesso, e se scommettessi, vincerei. “Ho ripulito Lampedusa in 60 ore, e ora la vita è bella e serena …” Poi qualcuno di voi si accorgerà che le immagini sullo schermo, non sono state girate a Lampedusa ma in un atollo del Pacifico, e magari s’incazzerà pure. Ma sarà bene che lo faccia in silenzio, per non essere assordato dalle risate e gli applausi di tutti noi, che con disprezzo vi staremo a guardare.


* Aggiungo, doverosamente un link, che sarà utile a comprendere in che merda di posto viviamo, guardatelo e diffondetelo*   CI AMMAZZIAMO COME CANI

Rita Pani (APOLIDE)



3.29.2011

 

La soluzione? Mettere i leghisti in una riserva

Dice che non è bello che io scriva tanto male dei leghisti, e che non dovrei scrivere che borghezio è un sacco di merda, perché non è politicamente corretto e tanto meno professionale. Dice anche che non è bene inimicarsi della gente così barbara, e che non sono tutti uguali. Io dico che scrivo solo quello che penso, e ritengo di essere stata molto corretta politicamente, quando in Italia c’era ancora la politica, ed essere un politico non sempre equivaleva ad essere un criminale.

Io non penso di dovere rispetto alcuno a quest’orda di barbari dall’elmetto cornuto, che hanno invaso da stranieri – quali rivendicano di essere – le nostre istituzioni, coadiuvati dal pezzente del consiglio, un criminale , che a questo punto dovrebbe essere costretto, dalle nostre regole scritte sulla Costituzione e dal Presidente della Repubblica che ne è garante, di liberarci della sua deleteria presenza. Della sua e di quella feccia a cui ha ceduto la nostra dignità di cittadini italiani.

Io non sento più il dovere che in qualche modo mi è stato inculcato di rispettare “le istituzioni”, perché le istituzioni per prime dovrebbero rispettare me, e di certo non lo fanno. Lo farò, quando chi delle istituzioni ha fatto una burletta sarà uscito dai palazzi, spero accompagnato da insulti e fischi come si usa fare allo stadio quando la palla va al negro, a cui, questo paese mostruoso insieme lancia le banane.

Quando di fronte alla disperazione di migliaia di esseri umani, residenti o di passaggio a Lampedusa, quella cosa che dovrebbe essere un ministro della Repubblica Italiana, intervistato da un giornalista, risponde “La soluzione? Fora dai ball” è l’istituzione che ci parla, e se un ministro della Repubblica Italiana, pensa di poter risolvere quella che per convenienza politica/elettorale si è fatta diventare un emergenza, in modo così gretto degno di un troglodita, io, cittadina italiana mio malgrado, posso dire tranquillamente che uno stronzo così dovrebbe starsene rinchiuso nella sua baita a Tre Palle, ad accoppiarsi con sua cugina – sempre che ancora abbia qualcosa da indurire.

Proveranno a raccontarci “che era solo una battuta” e che noi, poveri anche di spirito, non abbiamo compreso. Ma francamente rido ogni giorno di meno, leggendo i rapporti preoccupati di organizzazioni serie come “Save The Children”, che ci parlano di bimbi abbandonati a loro stessi, peggio che cuccioli di cane in un canile. E no, non mi fa ridere.

Proveranno ad insistere – fino a quando qualcuno ci crederà – che è tutta colpa dell’Europa, che ci ha abbandonati a noi stessi, alla tragedia umanitaria costruita dal ministro per il razzismo padano del governo italiano, mentre è solo l’ennesimo esempio della facilità con cui si mercifica la vita umana per poter ricavare un po’ di danari, che poi spariranno, inghiottiti dal buco nero delle casse sfondate o svuotate di questa povera Italia.

Quindi un’altra volta ancora, in una giornata in cui avevo sperato di non avere nulla da dire, io lo ridico. Fuori questi barbari dall’Italia, che si crei una riserva e che vi siano rinchiusi tutti. Questa potrebbe essere una prima soluzione, per cercare di essere almeno un po’ civili. E via i criminali dal governo in modo che l’Italia possa essere di nuovo governata, e in modo che si smetta di concentrare l’attenzione su un buffone, colpevolmente descritto dai giornali immerso in un bagno di folla davanti a un tribunale, quasi che si dovesse far scordare che mentre Lampedusa affronta l’emergenza, il debosciato è in tribunale da imputato, a farsi battere le mani da un centinaio di comparse che ha pagato, e protetto dalla polizia che paghiamo noi.

E qua mi fermo, sennò poi mi si dice che …

Rita Pani (APOLIDE)

3.28.2011

 

Sì. Scusate, ho detto troia

Una volta, quando ancora ero abbastanza bellina, una persona mi fece comprendere che se “fossi stata gentile” con lui, avrei potuto avere un lavoro; un bel lavoro. Siccome avevo imparato che la gentilezza era cosa diversa dallo farsi sbattere come una puttana, fui in vero poco gentile, assai poco educata e rischiai anche di essere violenta. Naturalmente non ebbi il lavoro, e poco dopo scoprii che un'altra ragazza lo aveva avuto. Quando mi capitò di incontrarla, mi raccontò di aver avuto “una bella fortuna”, io le sorrisi e le dissi: “Sì, a volte il culo aiuta.” Seppi, a distanza di anni, che aveva fatto carriera e pensai che di gentilezze, in giro, doveva averne profuse tante.
Non nego che a volte, arrancando nella vita, con la disperazione che faceva compagnia più di una volta chiacchierando ho detto: “Se rinasco voglio rinascere troia.” Una frase a volte ripetuta, quasi come un mantra. Una di quelle cose che servono a castigarci e darci coraggio.
Oggi non lo direi più, perché oggi non avrebbe più senso nemmeno nascere troia, in questo paese che ha radicato la disparità. Ci sono troie e troie, non ci si nasce più ma lo si diventa, magari educate dalle mamme e dai papà che indirizzano, proprio come una volta i figli venivano indirizzati ad esser preti, medici o avvocati.
Ho letto di un bikini col reggiseno imbottito per bimbe di otto anni, e non mi sono scandalizzata. So per certo che se questa estate avrò la fortuna di andare al mare, le vedrò queste apprendiste zoccolette, a cui la mamma insegnerà che regola prima dell'esser persona è mostrarsi al mondo come merce in vetrina. Ricordo le mie bimbe, e il mio modo di dirle che prima o poi avrebbero rimpianto il tempo in cui erano state libere di essere bimbe, correndo avanti e indietro sulla sabbia, con i secchielli pieni d'acqua, senza doversi curare della tetta che scappava dal triangolino di stoffa, e la loro voglia di sentirsi grandi, che per fortuna spariva vinta dal gioco e dalla serenità, e venivano da me con le manine sporche a dire: “me lo togli questo coso, che mi dà fastidio?” E oggi, vincitrice, mi consolo.
E comunque, per quanto presto s'inizi ad educare, non ci son più le troie di una volta. Erano quelle che si conservavano belle, che sapevano fartela desiderare, ma te la facevano sudare. Erano quelle che facevano credere all'uomo di avercela solo loro,e tutta d'oro, e che lo illudevano d'esser stato un conquistatore. Erano loro le troie da ammirare, che per arrivare ad una vita in discesa non avevano dovuto far altro che investire una piccolissima parte di loro stesse. Il resto era salvo, persino la dignità.
Oggi è diverso, “il troismo” è inflazionato, la merce abbonda – naturale o artefatta – giacché laddove non aiuti la natura si sopperisce col bisturi o i push-up. Le donne a 25 anni son merci vintage da collezione, e soprattutto non basta più che siano capaci di vendere la merce nemmeno tanto pregiata – ma alquanto comune – che hanno in mezzo alle gambe. Oggi per essere troia devi essere disposta a vendere l'anima e quindi anche la dignità. A dire il vero, in questo strano mercato, per essere una gran troia non hai nemmeno bisogno di essere donna, dato il gran numero di puttane uomini venduti a un solo utilizzatore finale, per soddisfarlo, compiacerlo e farlo sembrare persino più alto e capellone, agli occhi di un popolo in vendita.
Ma l'inflazione, in una storia di crisi economiche e di povertà, ci ha insegnato che non è cosa bella. Che più aumenta la merce e più il suo prezzo cala, e allora eccole le donne che si vendono per 20 euro e un panino e mostrano senza vergogna il loro essere troia, applaudendo un criminale – che può pagarle – in tribunale.
Ecco un'altra gran troia, che se pure la natura non l'ha aiutata, per soli 300 euro andrà in televisione a sputare sul dolore e sulla dignità offesa del popolo aquilano, falcidiato da un terremoto italiano, che a differenza di quello giapponese, riconsegnerà la vita forse solo tra trent'anni.
E l'ultimo modello di troia, creato appositamente in nome dell'amicizia Italia/Libia, “Le Gheddafine” che si mostrano ai giornali, con la maglietta I'Love Libia, rimpiangere i tempi d'oro in cui, venti di loro, una volta al mese, venivano inviate a Tripoli per sollazzare un pazzo criminale. Quasi in lacrime, come da copione recitano il dolore: “Questo mese purtroppo il viaggio è stato cancellato per motivi di sicurezza.” Forse ignorando che il governo lasciò a lungo in Libia i lavoratori italiani, per non far sospettare che vi fossero dei problemi.
E allora, siccome vado controcorrente, se rinasco voglio rinascere proprio così come son stata e come sono, magari solo un po' più fortunata: abbastanza, per esempio, da non rinascere più.

Rita Pani (APOLIDE)

3.26.2011

 

Caro fratello migrante, getta le scarpe in mare.


L’altra sera ho sentito un tuo amico dire forte che era felice di essere arrivato nel paese della Libertà. Io non so chi sia il bastardo che vi ha raccontato questa menzogna, e per questo son qua a spiegarti qualcosa che forse, nella tua terra, non sentirai mai dire, o forse la tua disperazione vincerà sulla ragione, rifiutando di sapere. Purtroppo la realtà la vedrai solo quando, dopo giorni d’inferno, la terra che spunta dal mare ti farà commuovere e sospirare, felice d’avercela fatta, e di non essere finito inghiottito dal mare o essiccato nel deserto, come spesso capita a qualcuno di voi.
La libertà in Italia è fasulla, non è proprio quella che potresti sperare. La libertà in Italia è come l’acqua, inizia a scarseggiare e pure noi ci stiamo abituando a risparmiare, bevendo sempre più a piccoli sorsi. Tuttavia l’Italia è l’Italia, terra che sa sopravvivere e trascinarsi, terra che con l’espediente può anche mantenere in vita. E allora ci son cose che devi sapere, per non finire dimenticato in un carcere, o in un campo di segregazione.
Ricordati sempre che arrivando in Italia, la prima libertà che avrai sarà quella di perdere la tua identità: non importerà a nessuno di sapere chi sei o quel che sei, tanto profugo non lo sarai mai. Appena i tuoi occhi asciugheranno le lacrime, tu non sarai più un essere umano, e non importerà a nessuno se hai studiato più di un leghista, se più di lui hai letto libri, o del tuo sapere: tu sarai semplicemente un clandestino. Ricorda quindi, caro fratello, di gettare le tue scarpe in mare. Che il tuo piede sia nudo prima di posarsi sulla nostra terra di libertà. Perché qua ci son ministri che non tollerano che tu – povero – abbia le scarpe.
Non importa se in terra tua eri un intellettuale, un letterato, un insegnante che osteggiava il potere. In Italia non c’è bisogno di liberi pensatori. Il paese della Libertà ti offrirà la libertà di cambiare mestiere. Ora che arriva l’estate potrai essere sfruttato nei campi per i pomodori. Stai tranquillo, perché tu, a differenza di noi che nel paese della libertà ci siamo nati, un lavoro lo troverai. Non ti impressionare se sentirai parlare di un sacco di merda che si chiama borghezio che parla usando gli slogan che furono dei nazisti del terzo Reich. Finge. In fondo son proprio loro quelli che vi aspettano, per potervi sfruttare, proprio come facevano in America nei campi di cotone. Devono dirlo, perché devono illudere gli italiani di essere liberi di essere razzisti, ma alla fine son contenti quando il mare vi consegna alla terra, perché non devono fare come gli americani, voi pagate per diventare loro schiavi.
Quando finalmente scenderai dal barcone e ti verrà assegnato un numero (è adesivo, per fortuna non lo tatuano più sull’avambraccio) non smettere mai di dire che non sei un criminale, che vieni in pace e che vuoi solo lavorare. Dì con forza che non sei qua per delinquere, che non hai intenzione alcuna di affiliarti alla mafia o di diventare mano d’opera per la camorra. Perché qua in Italia noi i criminali, li tolleriamo solo se stanno al governo, anzi, c’è qualcuno di noi che persino li vota per governarci.
E mi raccomando, se sei poco più di un bambino, e i tuoi genitori hanno pagato un poco di più per metterti in salvo, quando scriverai a casa dì che il posto è bellissimo, che tutti ti vogliono bene, che hai le calze colorate e i pantaloni puliti. Impara un po’ a mentire a mamma e papà che forse non sapevano che finirai presto a prostituirti alla Stazione Termini, o che qualcuno ti comprerà, in questa Italia della Libertà per poi mandarti per strada ad elemosinare, e se sarai fortunato, nemmeno sparirai, numero tra i numeri cancellati o dimenticati, per dare un rene o un polmone a quelli di noi che se lo potranno comprare.
Fratello migrante, so che non è facile, parti se devi, ma se puoi cambia rotta. Dacci il tempo di tornare ad essere un po’ più liberi e civili, in modo che io possa smettere di vergognarmi di essere – purtroppo – italiana.

Rita Pani (APOLIDE)

 

L'arma segreta della delazione

La propaganda e la delazione, sono armi importanti in guerra, e non solo in quelle tipiche fatte di armi, di bombe intelligenti e di morti. La delazione, ci insegna la storia moderna, a volte miete vittime anche nelle piccole e miserabili battaglie quotidiane, che siano politiche o di sopravvivenza. Oggi poi è più facile, grazie anche alla facilità con la quale accediamo all'informazione, alla rapidità con la quale divoriamo le notizie, anche soltanto sotto forma di immagini. La delazione, poi, è perfida, non ha bisogno di accertamenti e spiegazioni: si basta da sé, insinuandosi nella logica che – in fondo – qualcosa di vero ci sarà pure.

In Italia oggi si chiama “metodo Boffo”, e prende nome dall'operazione voluta da quel tizio che governa contro l'allora direttore del giornale della CEI “L'Avvenire”. Bastò che il giornale del tizio scrivesse di lui “noto omosessuale” per levarselo di torno.

Prima del “metodo Boffo”, però, il tizio utilizzò anche il “metodo Marrazzo”, testato tempo prima con il rozzo ed impreciso tentativo del “metodo Sircana”. Un metodo abbandonato perché risultato assai poco conveniente per il governo italiano e i suoi servizi segreti pro personam, e quindi messo in disuso prima che l'italiano iniziasse ad interrogarsi a fondo sulle vite umane sacrificate per l'esperimento di demolizione della figura dell'ex presidente della Regione Lazio. Certo, si trattò di far fuori un transessuale e uno spacciatore di droga, ma è stato meglio sorvolare, caso mai qualcuno, risvegliandosi dal torpore, avesse iniziato a equiparare queste due esistenze a quelle – che ne so? - degli embrioni.

Come per tutte le cose, non è che si siano inventate in Italia, infatti facendo memoria, potremmo ricordare quando la CIA, non sapendo più a che santo appellarsi per far credere che la guerra voluta da Bush – di padre in figlio – fosse davvero una necessaria guerra santa contro il terrorismo, iniziò ad insinuare che il numero due di al Qaeda, al Zarqawi fosse un omosessuale. Perché la delazione a sfondo sessuale, è quella che alla fine funziona meglio di tutte, nonostante la dichiarata apertura mentale di tutti noi, figli della regola prima del libertarismo che recita: “Non sono io a essere razzista, ma tu ad esser negro”. (dove negro assume l'accezione più consona ad ognuno).

Come per tutte le guerre, ecco che anche per quella ultima, in Libia, arriva la delazione accompagnata dalle fotografie che devono assumere il carattere di prova incontrovertibile, come pezza d'appoggio, alle dichiarazioni esplosive dell'intervistato (un luminare brasiliano della chirurgia plastica) : “Nel 1995 ho fatto un lifting a Gheddafi!” … e non è tutto, perché il professorone racconta anche di un trapianto di capelli, e che nel bel mezzo dell'intervento, durato quattro ore, Gheddafi ha mangiato un hamburger. E le fotografie che potrete trovare su Internet, parlano chiaro. “After and before”.

E ora dovrei fermarmi, perché fino a qua sono stata molto brava. Ho appena mosso un labbro, ma non ho riso. Però, se penso che c'è chi studia per demolire la credibilità altrui, raccontando di turpitudini morali (l'omosessualità), o di debolezze velleitarie (la ricerca dell'eterna giovinezza chirurgica), mentre il nostro stato è affidato nelle piene mani di un turpe figuro debosciato e chirurgicamente ringiovanito, è difficile star seri. Soprattutto quando se ne colgono le nefaste conseguenze, fino a quelle che lo rendono buono da utilizzarsi come spauracchio educativo per le popolazioni a noi vicine. Non posso fingere di ignorare che ciò che per altre cause è delazione, per l'Italia sia la vergognosa realtà, che fa sì che quel tizio sia diventato (e con lui l'Italia intera) non solo il testimonial di Magic Italy, ma peggio il testimonial per la protezione degli animali tedesca che invita i padroni di animali, a sterilizzarli e non farli vivere come berlusconi, o avvisa il suo popolo sul pericolo che incombe sulla libertà, quando i media sono in mano a loschi figuri come berlusconi.

Credo che a questo punto, se mai l'America volesse democratizzare anche noi, la CIA dovrebbe faticare assai per compiere l'opera di delazione; magari insinuare in noi l'idea che quel tizio sia una vecchia cara persona, morigerata e per bene.

Rita Pani (APOLIDE)






3.25.2011

 

Comunicato Stampa


Precisazione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri

24 Marzo 2011
Il resoconto fornito da alcune agenzie di stampa in merito alla cena di ieri sera del presidente berlusconi con il gruppo dei Responsabili è ricco di fantasie e imprecisioni. In particolare, il Presidente non ha cantato alcuna canzone.


E non sto facendo la spiritosa, al punto che per essere più precisa ancora, oltre a postare l'immagine del sito del Governo Italiano, indico di seguito il link del Comunicato Stampa del protavoce della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il quale, almeno, ci è stato risparmiata la caratterizzazione d'urgenza. 

È senza dubbio rassicurante sapere che nei giorni in cui il nostro paese di ritrovava per l'ennesima volta impegnato in una guerra imperialista, il vostro primo ministro non abbia cantato una canzone durante la cena, insieme al gruppo dei Responsabili, quello guidato da un neo ministro in odore di mafia. Ci lascia ben sperare.
E mi viene in mente la guerra solo perché aprendo i giornali di questi giorni, è la prima notizia nella quale ti imbatti, con il rimbalzo delle illuminanti dichiarazioni dei formidabili ed eccelsi ministri che ci rappresentano. Ora per esempio frattini che dice a Sarkozy: “Anche noi abbiamo delle idee”, e credo – mi rifiuto di leggere o sapere – che sia per via dell'ennesima estromissione dai convegni nei quali si studiano piani e strategia, come quella, per esempio di pretendere la soluzione diplomatica del conflitto.

Sapere che non ha cantato nemmeno una canzone, in questo periodo in cui gli operai continuano ad essere ammazzati dal lavoro, o in cui si lasciano i migranti alla fame, rinchiusi senza barriere su un'isola dalla quale non possono fuggire, abbandonati al loro destino o controllati dalla Polizia, ci rende tutti più tranquilli.
Che il governo, mentre paralizza il sistema giudiziario italiano, con norme tese all'impunità di un debosciato, senta la necessità di specificare che il tizio cantante non si sia esibito, dà l'esatta rappresentazione della valenza del nostro paese nel mondo. Al mondo.

Perché a noi no. In fondo a noi non ci basta mai. Chissà, magari presto l'italiota sarà pronto anche a tirare un sospiro di sollievo, quando il comunicato stampa della Presidenza del Consiglio, dovesse dirci che durante la cena con gli affiliati della cosca, il tizio non ha violentato nessuna bambina, o sciolto il suo nemico nell'acido.

Rita Pani (APOLIDE)




3.24.2011

 

La demenzialità ti salva la vita


Le cose sembrano divertirsi alle spalle della nostra vita, restituendoci quel tanto di artistica demenzialità, che fino a ieri eravamo costretti ad andare a cercare nei film, quelli belli, che piacciono a me, con la faccia curiosa di Leslie Nielsen, o scritti con l’abilità dei fratelli Zucker. E insieme alle cose che ci deridono, io rido, ma forse solo perché amo le parole delle quali – per fortuna – non riesco a dimenticare il significato.

Così capita che nel Parlamento italiano, per “controllare” che il pdl non svicoli troppo dai binari della rettitudine etica e morale che è obbligo per una forza di governo, che ha perso un po’ la via spinta da storielle tanto ridicole quanto piccanti, sia nato un gruppo che si chiama i Responsabili. A capo di questo gruppo vi è un tale, Romano, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Eccola allora la demenzialità a farci sorridere, non tanto perché un tale in odore di mafia sia il controllore della moralità, ma perché è “responsabile”, che potrebbe suonare come una sorta di ammissione, una confessione camuffata, come quando si ha bisogno di mettere in pace la coscienza.

Se non avessi dubbio alcuno sull’idiozia dei rappresentati italici, potrei quasi pensare che è loro preciso intento, quello di divertirsi alle nostre spalle; potrei quasi immaginarli mentre ci prendono per il culo, e si ribaltano dalle risate. Avrebbero avuto più senso le dichiarazioni del capogruppo della Lega Nord alla Camera, Marco Reguzzoni Ringrazio il ministro Sandro Bondi per l’ottimo lavoro svolto, per la coerenza e la capacità dimostrate in tre anni alla guida del ministero dei Beni Culturali” e la seguente dichiarazione d’orgoglio dello stesso ex ministro nel rivendicare la sua ottima missione. È un po’ come se gli agricoltori di molto tempo fa, avessero ringraziato Attila per essere passato da là.

A volte penso di essere una persona davvero fortunata; e questo mio immenso amore verso l’arte demenziale, mi ha più volte salvato la vita. Poi dicono che la cultura non sia importante! Anni e anni di film demenziali, di risate con gli occhi pieni di lacrime nel seguire i dialoghi astrusi di film inglesi o americani, mi hanno dato molti insegnamenti che ora posso mettere a frutto. Hanno aperto la mia mente. E sono grata.

Sono anni ormai che si ripete la demenzialità della nostra vita quotidiana, giorno dopo giorno, con maniaci sessuali, pedofili e utilizzatori finali di prostitute ragazzine che vogliono salvare le nostre famiglie riconosciute nel sacro vincolo del matrimonio, con ministri soprannominati “Chiappe d’oro” che fanno le campagne di sensibilizzazione per la cura dei gay, con i mafiosi che fanno la lotta alla mafia crocifiggendo i magistrati anti mafia.

La demenzialità di un ministro razzista come maroni che utilizza la vita umana altrui per la propaganda elettorale, lasciando a rischio migliaia di donne, uomini e bambini, per spiegare all’italiota che i clandestini sono sporchi, pericolosi e puzzano. Con quel manichino che abbiamo come ministro degli esteri, che ieri, proprio ieri, dopo la conta dei morti libici con la sua perenne abbronzatura rassicurava tutti: “Non siamo in guerra!”

Sì sono molto fortunata, perché se non avessi aperto la mia mente col pensiero, me la sarei aperta con una revolverata.

Rita Pani (APOLIDE)

3.23.2011

 

Lo sguardo di Hermes

Mi informano che "Lo sguardo di Hermes" è in coda in legatoria, e quindi la sua uscita ritarderà di qualche giorno.
Grazie per i vostri messaggi ... e pazientiamo. Sto in attesa anche io ;)
R.

 

Libere chiacchiere sulla rivoluzione


Fino a qualche anno fa, di solito dopo lunghe cene che finivano affogate da litri di mirto di Sardegna, tra noi si finiva per parlare di Rivoluzione. Era una parola che da prima si sussurrava quasi con pudore, e poi, man mano che i bicchieri si vuotavano dandoci il coraggio, prendeva sempre più vigore la voce, e la fermezza con la quale ci si dichiarava pronti. Pronti alla Rivoluzione. 

Non sono passati troppi anni, non ne scrivo con la nostalgia con la quale un nonno potrebbe parlarci delle sue fidanzate e della sua gioventù. Sembra ieri nei miei ricordi, perché in fondo ieri lo era davvero. Oggi, mi accorgo che chiunque ti parla di Rivoluzione, al punto da farla sembrare utile e necessaria come i jeans che ti lasciano scoperte le chiappe, il telefonino di ultima generazione, l'ipod per ascoltare la musica o il gadget di Hello Kitty.

“E sì!” ti dicono a volte, “Ci vorrebbe un nuovo CLN!” 

La prima volta che lo sentii, mi parve di essere finalmente tornata nel mondo reale, catapultata dall'universo parallelo nel quale mi pareva d'essere rimasta incastrata, perché sebbene trasportata dai bicchieri di mirto, era quello che avevo sempre pensato. Un popolo che vuole liberarsi deve unirsi, così come fecero i Partigiani quando vinsero il fascismo. Ma la sensazione d'essere tornata nel mondo reale era stata solo un'illusione. Credo – ma forse solo perché non sono un'ottimista – che probabilmente chi di CLN si riempie la bocca, non abbia nemmeno a mente cosa sia stato, e penso – perché son forse malfidata – che chi mi parla di Rivoluzione, nel migliore dei casi sia qualcuno che è così perso da essersi smarrito nella solitudine più castrante, quella che ci fa pensare che in fondo, “un giorno di ordinaria follia”, ci farebbe sentire almeno vivi. Lo so perché, ammetto, più volte ci ho pensato pure io.

Nascono i movimenti in Italia, e sarebbe il primo passo per la nascita conseguente del CLN, ma muoiono i partiti. E come nascono i movimenti muoiono, ammalandosi di scissioni, di guerre intestine, di lotte miserevoli per il potere della visibilità, guidati spesso da piccole persone malate di loro stesse, coadiuvate da esperti di marketing e – pietà – lookologi specializzati che consigliano persino la quantità di barba da portare in viso. Chi ti parla di CLN è lo stesso che prima di fare la guerra al nemico la farà all'altro movimento, che potrebbe essere più organizzato e più colorato alla prossima manifestazione. Mi viene in mente, per esempio, il caso Grillo – De Magistris a Napoli, finito col lancio di stracci degno di due lavandaie. 
O il popolo Viola, scisso e riscisso, dopo exploit come quello di inventarsi un possibile ricorso alla legittima suspicione, nel caso in cui il 6 aprile prossimo, cittadini senza ombrelli, spinti solo dalla propria volontà si fossero ritrovati a urlare il proprio sdegno davanti a un tribunale che forse – forse – processerà un maniaco sessuale. Lo stesso tribunale in cui, l'altro giorno un paio di centinaia di figuranti, pagati 20 euro e un panino, si son trovati a dar manforte allo stesso maniaco ma nell'occasione in veste di corruttore. 
E solo perché, non era stato l'ufficio marketing del popolo viola, ad aver l'idea geniale di dissociarsi da questo stato barbaro di cose.

Il CLN aveva come bandiera l'unione di molte bandiere, e c'era dentro anche chi per bandiera aveva l'immaginetta di Cristo. Il CLN, cari i miei rivoluzionari della domenica, univa le idee e l'obiettivo unico, che era quello di liberare l'Italia dal fascismo. Il CLN si affidava agli uomini e le donne più capaci, e non più fotogeniche e carismatiche. Ed era fatto da uomini e donne di buona volontà che per consegnarci un paese libero hanno dato la vita.

Sono comunista e da comunista vorrei essere parte di questo nuovo e necessario movimento Partigiano, ma se si continuerà a rifiutare la mia bandiera, la mia appartenenza, il mio ideale e se non si comprenderà che l'Unità d' Italia oggi deve scoprire un altro senso e un altro significato, io starò a guardare la distruzione che avanza. Rifiutando ancora il senso stretto della “politica” ed inneggiando ad una Rivoluzione di cui a mio avviso in troppi non hanno capito un cazzo – sic! - non si farà altro che avvalorare il sistema che vede, per esempio, Cannavaro candidato a Napoli per il pdl, che dice di “farlo non per il partito ma per Napoli, mentre tutti dovrebbero sapere che forse lo fa solo per quella sua villa abusiva, che rischia d'essere abbattuta dalle ruspe. Perché è questa la politica, ormai … do ut des … la mia faccia per il mio tornaconto.
Rivoluzioniamo le teste per poter fare la Rivoluzione, e pensate quanto potrebbe essere bello scoprire che, rivoluzionata la testa, non c'è bisogno di ammazzare nessuno.

Rita Pani (APOLIDE … e chiedo scusa per il mio modo arrogante, ma sono le otto e mezza del mattino e io son già stanca)

3.22.2011

 

Addolorato per Gheddafi


E se leggi: “berlusconi attacca la Francia. Addolorato per Gheddafi”…

Non sai più né che dire, né che pensare, se non che la guerra è una cosa seria che porta morte e distruzione, rovine, fame e disperazione. Ma è da questo folle, incapace, stupido arrogante che siamo governati, anche se, governo, è un termine più complesso e importante di quello che purtroppo ormai, abbiamo imparato a sopportare.

Siamo esperti, mi direte, ce lo abbiamo nel DNA persino noi che non c’eravamo, quando un altro stupido arrogante, pensava che per strizzare le palle ad un intero popolo bastasse gonfiare il petto, e mostrare la mascella, esattamente come fa un tacchino incazzato, quando lo stuzzichi coi fischi. Ci siamo già passati – la storia ce lo insegna – a star sotto ad un volta gabbana ignorante, che spostava le mucche per far credere al nemico di avere un popolo forte e ben nutrito; che mandò in Russia un esercito con le scarpe di cartone. Un balordo che cambiava alleanze e amicizie più di quanto non cambiasse le mutande.

Ci stiamo passando, con questi incapaci di oggi, che negano le evidenze per mantenere viva l’illusione di essere un governo, di avere rilevanza politica; per dare peggio l’illusione di vivere in un paese moderno e normale, in cui unica regola è la libertà da difendere a spada tratta, fino al limite del ridicolo che solo la propaganda può dare a chi – per fortuna – riesce ancora a pensare.

Tutto ha un solo senso: vincere le elezioni per spartirsi i danari. E come abbiamo imparato, non si tratta più di politica e d’emergenza, ma solo di diverse fazioni che si scontreranno, lasciando i vincitori ad esultare e i vinti a mugugnare. Allora via alle mistificazioni, con le primissime dichiarazioni allucinate ed allucinanti, rispetto ad un disastro nucleare, che la morte la segnerà per i prossimi trent’anni a venire. Fino a cambiare posizione non perché rinsaviti e spinti dall’opportunità di tutelare la vita umana, ma per non perdere le elezioni, visto che – leghisti a parte, geneticamente non idonei al pensiero – anche a destra si sollevava qualche malumore, qualche voto in meno.

E oggi l’apoteosi: in risposta alla “base” del pdl, che rumoreggia e s’interroga sul perché si stia bombardando un amico – anche se beduino – ecco le dichiarazioni dello statista, Betty, il Re della Polizia, che attacca la Francia e si dice addolorato per il suo amico africano. E lo fa, guarda caso, ad una cena elettorale in Piemonte, dopo essere stato giustamente contestato a suon di fischi ai quali son seguite le manganellate della Polizia. Quella stessa Polizia davanti alla quale, Betty o Culo Flaccido, quel tizio, prometteva a Ruby di sfilare il giorno del suo diciottesimo compleanno, come a dire: “Pezzi di merda, io son io e voi non siete un cazzo.” Esattamente come è logico che faccia un grande statista italiano.

Questo è il governo, e nulla di più di questo. Questo è il NON governo dell’Italia intera, troppo impegnato per occuparsi delle cose, concentrato nell’altra interminabile guerra contro la magistratura, con un criminale imbecille che paga i deputati o i ministri per studiare metodi e strategie per non essere fatto prigioniero, durante l’unica vera guerra che esso è disposto a combattere: quella tra guardie e ladri, dove lui è re delle guardie e re dei ladri contemporaneamente … ed ora mi son persa di nuovo, perché è davvero troppo difficile comprendere come tutto questo sia realtà.

Rita Pani (APOLIDE)



3.21.2011

 

Il regno dei bonobo

Devo ribadirlo: è con questo governo che siamo andati alla guerra. Una tribù di scimmie bonobo che si esprime con suoni gutturali e si accoppia anche con le gambe dei tavoli. Un governo che più che fascista è del fascismo stesso una ridicola parodia.

Tralasciamo che sia una guerra sporca come tutte le guerre imperialiste (5 in meno di 20 anni), tralasciamo anche tutto il resto che abbiamo a memoria, del primate bonobo che imparò dal pazzo criminale il bunga binga, degli affari con la Tv di Tripoli, del mutuo trentennale stipulato da tutti noi a titolo di risarcimento per un’altra guerra, tralasciamo i cavalli libici che almeno non si sono abbeverati a San Pietro, ma sono stati aviotrasportati in Italia per il carosello del pazzo criminale, e mettiamo da parte la vergogna del trattato d’amicizia stipulato col regno del pazzo criminale; resta il fatto che la guerra è una cosa seria, che noi ripudiamo.

Strillano le dichiarazioni ufficiali, per spiegare a noi umani la giustezza della guerra, che però, giurano, una guerra non è. Il primo è stato quel che resta di bossi, nell’imminenza dello sfoggio di italici muscoli: “La guerra è sbagliata perché porterà clandestini” (ha mugugnato pressappoco così), poi è stata la volta del ministro della guerra, eccitato come un bonobo, che ha espresso dei concetti assolutamente tranquillizzanti: “i nostri aerei saranno pronti a decollare in 15 minuti”, poi, rivendicando un ruolo impossibile da affidare a un bonobo ha protestato: “Non siamo affittacamere!”

Quando è arrivato il turno del tizio bonobo capo tribù, il più vecchio di tutti, l’Italia ha tremato davvero: “Non c’è pericolo, il mio ex amico e maestro di bunga bunga, non ha armi che possano nuocerci” e siccome si è detto sicuro, forse sarebbe meglio farsi fare un preventivo per un rifugio anti atomico, da sistemare in giardino accanto alla casetta in legno per gli attrezzi.

Oggi, però la rivelazione dell’altro scimpanzé: “No alla guerra. Rispetto per l’ONU”, e proprio mentre il bonobo della guerra, invocava il comando della missione alla NATO, e un “topgun” (sparatore dall’alto) giurava di non aver sparato nemmeno una bomba.

E però ho sbagliato tutto. Perché i Bonobo sono una popolazione civile e pacifica, a cui sì piace accoppiarsi, ma nel rispetto della loro natura. Sono anche intelligenti, e c’è addirittura chi pensa che prendendoli ad esempio, si possa salvare l’umanità. Ma è anche vero che una repubblica delle banane, non può essere che l’idilliaco regno per i bonobo.

Resta il fatto triste della viltà di questo governo di incapaci, e vili, che non hanno nemmeno il coraggio delle loro azioni, che tirano le bombe ma nascondono la mano. E la stupidità di chi si ostina ad esultare, felice di avere finalmente un nemico da odiare e che sia giusto bombardare. Uno di coloro che guarda come un film d’azione una guerra che porterà morte e disperazione. E che per buona pace della sua coscienza, non metterà nel novero dei morti in guerra, anche le vite delle persone inghiottite dal mare. Perché di morti non bisogna parlare. Sennò sembra davvero una guerra.

Rita Pani (APOLIDE)



3.19.2011

 

Baciavamo le mani


Dietrofront! E via, cambiare di nuovo tutti identità, giapponesi fino a ieri, oggi si torna ad essere libici e libertadores. Che fare se non una guerra per liberare il popolo dalla guerra? Lo dice anche il premio Nobel per la pace (il primo premio Nobel al mondo “sulla fiducia”) Obama, e quindi ci possiamo fidare. Certo quale dubbio si può avere sulla partecipazione dell’Italia ad una guerra, visto l’articolo 11 della costituzione? Poi tanto, non manderemo truppe di terra, ma solo aerei intelligentemente dotati di bombe geniali, che andranno ad ammazzare solo i cattivi, perché si sa che è così che finiscono tutti i film. I buoni vincono sempre.

Gheddafi è un mostro, mi dicono i Compagni, e quindi non si vede altra soluzione. Questa volta proprio no, è una guerra digeribile anche da chi si ostina a tenere la bandiera arcobaleno posata sul cuore. Non si può essere pacifisti a oltranza, perché Gheddafi sta sul gozzo (e ho detto gozzo) un po’ a tutti. Con forte ritardo, ma che importa? Meglio tardi che mai.

Quindi anche l’Italia che ripudia la guerra, allarga le braccia e si arrende alla guerra. Il ministro della guerra la russa è in fibrillazione, finalmente libero di giocare con gli aerei, magari per vestirsi da soldato, domani, e andare là, dove tutto resterà distrutto e infinito. Pressappoco come in Iraq o in Afghanistan. Lo ha detto l’ONU ci dicono e mentono. L’ONU di solito non dice: “Ok, si faccia la guerra!” ma quando i giornali la fan passare così, ci vuol poco a convincere anche il più gandhiano di noi.

Da ieri si susseguono le dichiarazioni istituzionali dei ministri italiani, che sembrano barzellette loro stessi. La più memorabile quella di frattini il quale ha dichiarato che senza l’Italia, la missione sarebbe impossibile. E se si ha la pazienza di leggere i giornali esteri, questa affermazione lascia divertiti. L’unica citazione che giornalisti seri fanno riguardo all’Italia sta racchiusa nella comodità di averci sopra delle basi aeree, per il resto l’Italia non esiste. Come mai? Forse perché il mondo è rimasto a guardarci in questi anni, e ci guardava additando il ridicolo buffone che davanti a quel mondo ci rappresentava.
È normale che l’Italia voglia la guerra, perché quale altra operazione di mediazione diplomatica potrebbe portare avanti, con un governo pazzo e criminale che baciava l’anello al pazzo criminale? Quale credibilità può avere l’Italia davanti agli occhi del mondo, sapendo che abbiamo pagato soldi veri a un pazzo criminale, che al pazzo criminale ha regalato il manuale del perfetto Bunga Bunga?

Volano già i caccia sopra la Libia, c’è fretta di guerra perché un paese in guerra non può perdersi in altre banalità come la crisi economica, del lavoro, della cultura, e giustifica la povertà che non basta ancora e che arriverà. Al massimo un paese in guerra potrà trovare tempo e risorse per quelle cose davvero fondamentali, quelle che attanagliano tutti noi: la riforma della giustizia, e l’immancabile caccia al clandestino, che fuggendo da un paese portato alla guerra da un pazzo criminale, passerà dall’essere uno sporco clandestino a un bastardo terrorista libico.

E non si tratta di essere antiberlusconiani per “ideologismo” ma si tratta di essere antiberlusconiani avendo a memoria TUTTI i guasti che quest’essere infame ha provocato, minando il paese nelle sue fondamenta.

Perché sono contro la guerra? Perché sono contro tutte le guerre.
     
Rita Pani (APOLIDE)

3.18.2011

 

Non facciamo cazzate!

È vero, non basta schierarsi contro il nucleare “per partito preso” o perché siamo ideologizzati dagli ideologismi, tifosi di quella parte o dell’altra; comunisti. Bisogna spiegare, al volgo che ancora non ha compreso, perché bisogna schierarsi contro il nucleare fino a pretendere che il governo, nel caso, abbia il coraggio dell’imposizione armata e “carrarmata”. Io non vi so parlare di nuclei che fondono, non conosco i nomi delle sostanze che faranno nascere generazioni deformate, che lentamente faranno morire intere popolazioni. So che ci sono, ho visto con i miei occhi la natura violentata dall’uranio impoverito - e proprio sulla mia terra, dove ancora si nega di aver lasciato compiere agli americani, esperimenti sulle armi intelligentissime portatrici di pace e democrazia. So, come sappiamo tutti, quel che è stato Chernobyl. Me lo ricordo perché all’epoca avevo una bimba piccola, e ricordo il patema d’animo ogni volta che facevo lessare per lei una verdura chiedendomi: “Cosa le sto dando da mangiare?”

Però, pur riconoscendo la mia abissale ignoranza scientifica, sento il dovere di spiegare perché sono pervicacemente antinuclearista, e perché, a mio avviso, è doveroso andare – nuovamente - a votare SI per dire NO al nucleare. Lo farò nel modo più semplice che ho trovato, ossia citando alla lettera le dichiarazioni dell’attuale ministro per l’ambiente del governo italiano:

“Basta, non possiamo perdere le elezioni per il nucleare. E’ finita, non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare. Non facciamo cazzate. Bisogna uscirne ma in maniera soft. Ora non dobbiamo fare nulla, si decide tra un mese”.

Credo che nulla, nessun viso pensieroso e pieno di rughe per lo sforzo di pensare di un luminare consumato dalla fatica dei libri e dei laboratori, nessuna formula chimica, nessun esempio o filmato pieno di immagini di bimbi deformi e cani con due teste, potrebbe spiegare meglio di così, perché l’Italia deve ribellarsi a costo di bloccare i carri armati dello stato, col proprio corpo. È la frase che spiega, meglio di tutte, quale sia il grado di serietà di questo governo, che non vuole fare cazzate per non rischiare di perdere le elezioni. È la frase che spiega quale sia il grado di attenzione e rispetto nei confronti di un popolo, dinnanzi a tematiche serie come quelle sulla vita futura delle prossime generazioni.

Non facciamo cazzate. Non rischiamo di perdere le elezioni per il nucleare. Usciamone in maniera soft. Ossia, iniziamo a pagare qualcuno dei nostri servi più autorevoli, perché si presenti nell’elettrodomestico ipnotizzante a dire che “ripensiamo e riflettiamo”, prendendo tempo fino a far scordare, sperando che da qui a giugno le immagini del Giappone si siano sbiadite nella nostra scarsa memoria, e che tutti si vada al mare.
Intanto, nel paese che pensa al ritorno al nucleare – quello pulito, sicuro e senza rischi – ogni volta che piove per più di due giorni, c’è chi guarda fuori dalla finestra sperando che la montagna che ha di fronte non venga giù a ricoprire tutte le cose. Ed è quello che è successo proprio stamattina, con la frana che ha ricoperto un tir sull’autostrada Roma Napoli, portandosi via una vita. Perché da anni, il paese futurista dell’affarismo più criminale, ignora il dissesto ecologico provocato dalla stessa criminalità che tutto governa.

Per pensare non serve essere scienziati, basta essere mediamente intelligenti, e per essere mediamente intelligenti non serve essere comunisti, anche se aiuta.

Rita Pani (APOLIDE)
   

3.17.2011

 

Un bacio a mezzanotte

E in un appassionato discorso alla Camera, il deputato della Lega Massimo Polledri, scagliò con veemenza parole importanti, ridestando le coscienze di tutti i colleghi, donne e uomini che con responsabilità e impegno, tutti i giorni si sacrificano per noi e per il bene comune. In un atto di estremo eroismo, nessuno si ribaltò dalle risate, quando il deputato, in doppia veste di neuropsichiatra infantile e padre, denunciò l'abominio della Televisione Italiana, che in orario in cui le famigliole si riuniscono al desco, trasmette immagini di baci prolungati. E tra gli applausi della Lega, nell'aula di Montecitorio, la voce di Polledri risuonò grave: “IO INVOCO DECENZA”. Momenti indimenticabili son seguiti, quando il paladino della decenza ha avuto il coraggio di ricordare con orrore le scene trasmesse, davanti al candore di un bambino, di baci esagerati e quanto eroismo quando ha specificato soprattutto sulla RAI!

Sono cose che dovrebbero farci riflettere sulla nostra pochezza, e devono per forza risvegliare la nostra onestà intellettuale, ridare forza alla nostra umiltà. Quell'umiltà che mi impone ora di riconoscere all'onorevole Polledri il rispetto dovuto all'eroe: non è cosa da tutti avere il coraggio di andare in casino a parlare di castità.

Lui, l'uomo del partito che ha proibito alle maestre di un asilo di pagare la mensa a una bambina “negra”, del partito che in un mese di dicembre qualunque si inventò l'operazione “Bianco Natale” perché erano troppi i bambini “negri” nelle aule dei bianchi, e quindi era bene stanare e rimpatriare i “clandestini”, del partito che ha imposto la schedatura dei bambini rom, come se fossimo ai tempi di Hitler, che ha sdoganato i pogrom nei campi nomadi … ha invocato la decenza, a tutela dei nostri bimbi e della loro sanità mentale, che potrebbe essere messa a rischio da “un bacio prolungato”.

Ditemi voi, allora, se è oppure no un eroe.

Lo è eccome! Ce ne vuole e tanto di coraggio a presentarsi al cospetto di una nazione di anoressici per parlare di Lucullo e delle sue debosce. Ci vuole lo spirito che questi nuovi “brave heart”, hanno ereditato dai loro avi putativi diventando celti italioti, per essere così arditi e temerari. Loro, rappresentati nel mondo da quel sacco di merda di borghezio, da quell'idiota ignorante di quel che resta di bossi ed ora – poveri loro – dal di lui figlio cretino, da maroni servo del decoroso berlusconi, più incline ad essere un pervertito che un uomo d'affari, o da -ossignoresalvaci- calderoli, che decorosamente un giorno, si presentò in mutande ma con giacca e cravatta, per essere intervistato dalla tv (vedere per credere) … per salvare i nostri figli da un bacio prolungato, tra uomo e donna, o tra uomo e uomo.

«Dobbiamo rispettare i minori, dobbiamo rispettare e tutelare anche un minimo di senso del pudore proponiamo, accogliamo e ragioniamo - sia opposizione, sia maggioranza - non già il ritorno alla censura più becera, ma il ritorno a un minimo di decenza in difesa dei nostri figli». Ha detto l'onorevole padano al cospetto del parlamento italiano. E ancora una volta, per onestà intellettuale devo dire che è difficile non concordare.
Nell'epoca di un pedofilo alla presidenza del consiglio, della mercificazione del corpo scambiata per meritocrazia, delle tette di plastica alle bimbe quindicenni regalate da papà per far titolo in curriculum ed ambire ad alte cariche istituzionali, mi unisco al forte richiamo alla decenza: BASTA FACCE DI MERDA LEGHISTE IN ITALIA.

Rita Pani (APOLIDE)

3.16.2011

 

Io festeggio ma anche no


"Nella Costituzione l'identità storica e culturale della Nazione convive con il riconoscimento e lo sviluppo in senso federalistico delle autonomie che la fanno più ricca e più viva, riaffermando l'unità e indivisibilità della Repubblica". Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica.

Questa frase è una meraviglia! Racchiude in sé la quintessenza del cerchiobottismo. In fondo lo capisco, poveretto: così altro avrebbe potuto dire in prossimità del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che più che un anniversario sembra una commemorazione?

Vedo spuntare alle finestre il tricolore, molte sembrano quadrettate perché nuove, appena comprate. Altre son sbiadite, a ricordarci di aver vissuto i fasti di almeno due episodi storici che l’Italia l’hanno fatta grande nel mondo: i campionati di calcio. E anche ascoltando la radio, quando son distratta, sento l’Inno di Mameli e mi confondo.

Mai l’Italia è stata tanto disunita quanto oggi, nemmeno al tempo di Mazzini che almeno erano chiari i confini, e le nostre diverse identità. Così disunita questa nostra nazione che dobbiamo schierarci e specificare se aderiamo oppure no. Domani, per esempio, è festa nazionale ma anche no. Dipende. Tutto è lasciato alle singole amministrazioni pubbliche o private, che dovranno decidere se sentirsi uniti in Italia oppure no, nel giorno dell’unità.

Mai avrei sospettato tanto patriottismo, nemmeno ai tempi in cui ancora non eravamo ancora abituati ad essere in guerra, e il povero Ciampi andava commosso a Ciampino per ricevere gli eroi della Nazione che ci venivano restituiti a pezzi da quelle bombe per fortuna intelligenti. Ci si indigna oggi – che di anni ne abbiamo 150, se la Lega esce dall’aula del parlamento lumbard mentre si suona l’Inno di Mameli, e siamo in ritardo, perché non ci indignammo abbastanza quando questi dementi iniziarono a sollevare la testa. I giornali ci raccontano con stupore e meraviglia che nel Veneto più veneto spuntano anche là le bandiere tricolori, e che sotto questa spinta patriottica, persino i governatori della Padania d’Italia si troveranno costretti a sottostare al volere del popolo.

Siamo così uniti che sollevando lo sguardo verso un balcone da cui sventola la bandiera, ci si interroga sul significato affidato ad essa dall’ostensore: si sentirà italiano, sarà contro Berlusconi, oppure come me odia la lega e la barbarie che stiamo subendo? E mi piacerebbe chiederlo davvero. Forse perché l’altro giorno in qualche negozio ho visto i cartelli che avvisavano i clienti: “Questo esercizio resterà chiuso il 17 marzo prossimo.” Ma è festa nazionale oppure no? Poi ci sono le fabbriche per esempio, che aderiscono alla festa nazionale, e la cosa si fa davvero interessante: i turnisti, ovviamente, dovranno lavorare ma non gli verrà riconosciuta la festività, mentre gli altri operari, i giornalieri, faranno festa ma per la fabbrica risulteranno essere in ferie. Insomma, una festa nazionale dell’Unita d’Italia della libertà, dove ognuno fa un po’ come cazzo gli pare, primi fra tutti i padroni.

Visto che le parole del Presidente della Repubblica vogliono dire tutto e nulla, lasciando ad ognuno la libertà di farle proprie a modo loro, io scelgo il significato più consono a me. Il federalismo ci unisce tutti nel pensare che sia giusto unificare quel che resta di questa povera Italia.

Rita Pani (che oggi APOLIDE ha più senso) [Immagine: Roberto Mangosi]

3.15.2011

 

L’arrogante cretinismo della dittatura.


A proposito della scelta italiana di un ritorno al nucleare …  Il ministro Romani: «Inimmaginabile tornare indietro»

Sì certo, perché di strada ne abbiamo fatta tanta. L’ho già detto – esattamente quanta ne abbiamo fatto per il ponte di Messina, che nel 2009 regalò alla mafia 26 milioni di euro per lo spostamento di quattro chilometri di binari. In effetti si sa che i lavori – finti – iniziarono quasi in silenzio, che sarebbero durati 18 mesi, ma di cui alla fine non si è saputo più nulla.

Anzi, non si sa nemmeno, fino ad oggi, quanti milioni di euro siano stati elargiti alla mafia, coperti dalla bufala del ponte, di cui non resterà mai nulla se non il plastico che il solito vespa mostrò agli allocchi seduti davanti alla TV.

Tornare indietro da cosa? Da affari stipulati nel silenzio più totale da affaristi senza scrupoli, in questa Italia che si frega le mani mentre la gente muore. Da affari stipulati con chi non ci sta a sentirsi dire no, e che per abitudine e tradizione, magari fa pagare con una pallottola in fronte quello che un’azienda ti farebbe pagare con una penale?

Se ora provassi a scrivere della follia di immaginare la Sardegna invasa da camini nucleari, mi sentirei stupida. È talmente palese che sarebbe la fine per l’intera isola, che non posso pensare – non ci riesco – che ci sia davvero qualcuno così cretino da assumersi tale responsabilità. Preferisco pensare che si tratti di cretinismo della dittatura, di cretinismo del cretino, così pieno dell’arroganza di sé da credere davvero di poter fare qualunque cosa gli passi per la mente, compreso quello di firmare cambiali in bianco che hanno per importo la vita di tutti noi.
Il ministro del’inquinamento ambientale, ha rassicurato gli animi: le notizie sul Giappone saranno trasparenti … ma resta vivo il nostro convincimento. Sono così trasparenti queste notizie, che non si vedono neppure, e per andare a sapere quel che accadi, te le devi leggere in inglese, scoprendo così che la CNN ha appena detto che sì, il Giappone è la nuova Chernobyl.

I danni da radiazioni hanno una vita lunga, più lunga della nostra, e più lunga di quella dei nostri figli e dei nostri nipoti. Più lunga della validità di un contratto con le mafie, istituzionalizzate, che siedono nelle stanze dei bottoni, che scrivono o riscrivono le leggi e fanno affari, e devastano, e depredano. Governano loro nella regola del “do ut des”: tu zitto e fa finta di scopare, che al resto ci pensiamo noi, anche a pararti il culo dalla galera. E non sono io ad essere volgare, ma sono solo sicura che è così che si parlano, questi signori dall’abito gessato e il capello con la tesa, e quel tizio impomatato e truccato come la più buffa delle drag queen.

E così, mentre la Germania chiude le centrali obsolete, immediatamente dopo la prima manifestazione e il primo vociare della popolazione, in Italia persiste il cretinismo della dittatura, che ha bisogno sempre di mostrare d’essere forte e decisionista, arrogante come solo un cretino sa essere, privo di qualunque dubbio o di qualunque pensiero. In Italia andremo un’altra volta ancora a votare un referendum, perché noi che non abbiamo nulla da spartire con le mafie che controllano le energie italiane, il nucleare non lo vogliamo.

Tornare indietro per noi deve essere immaginabile. Tornare con tutti e due i piedi alla realtà – combatterla -per farle acquistare una parvenza di “normalità”.

Rita Pani (APOLIDE)

3.14.2011

 

Chi tocca un bambino è un mostro

Hai visto quando muore un bambino? Il cuore di chiunque si stringe. Non importa di cosa sia morto, se un incidente o una malattia. Ci si stringe il cuore, povero angelo. Persino noi, che campiamo bene senza Dio, pensandoci un momento di più, vorremmo che tutte le favole che ci hanno raccontato, quando eravamo bambini anche noi, fossero vere, per saperli al sicuro nel candore di una nuvola, adornati dalle alette di piume.

Quando uccidono un bambino, il cuore si stringe e la mente si schiuma di rabbia, e anche quelli di noi che stanno zitti in fondo in fondo vorrebbero avercelo per le mani, l’orco, il mostro, il perfido assassino. Poi magari nulla farebbero vinti dalla coscienza e dalla civiltà. Ma quando si uccide un bambino, viene bene pensare che forse anche noi potremmo cedere alla tentazione. Ci aiuta a farci sentire giusti, in questo mondo sempre più sbagliato.

I bambini non si toccano, sono il futuro, sono quello che nessuno dovrebbe mai scordare di essere stato. Puliti, anche quando hanno le mani piene di fango o il muso rosso del sugo degli spaghetti. Puliti quando dicono le parolacce solo perché sanno che un sorriso te lo strapperanno. Onesti anche quando mentono, con la bocca piena, facendo no con la testa – che non ho messo nulla in bocca – I bambini non si toccano mai.
Ti dicono che non dovrebbero essere uccisi nemmeno quando bambini ancora non sono. Cellule scappate all’attenzione di una sera, piccoli embrioni che uomini e donne, forse si faranno, se resteranno abbastanza nell’utero materno. Te lo dicono con l’arroganza della superiorità cristiana – quella che Cristo non approverebbe mai – additandoti rabbiosi, loro che stanno là a difenderci da noi, con le loro leggi superbe contro la nostra presunta pochezza. L’embrione è vita, l’aborto è morte. Ti impongono persino di non morire, quando la vita nemmeno ci sfiora più.

E di mostri e di orchi è piena la storia, anche quella recente. Di sorrisi di bimbi cancellati, e mai scordati che ancora chiamiamo per nome: Denise, Tommy, Sara, Yara, e prima ancora Sandra e Santina. Troppi sarebbero se andassimo a ricercarli tutti, da quando i tempi non erano maturi per essere un po’ più civili, da quando si uccideva dalle mammane o col ferro da calza.

Credo che anche tu saresti d’accordo con me: chi tocca un bambino è un mostro, un essere infame che se morisse domani, io ballerei un ballo sfrenato, come se fosse un giorno di festa.

Ma ti hanno insegnato male, ti hanno insegnato a stringere il cuore solo quando il bambino è morto in modo brutale divorato dall’orco di turno, quello da sbattere in televisione col cappello da contadino, così che loro potessero ucciderli pian piano, senza nemmeno avere il coraggio della camera a gas. In questo mondo di bambini belli, quelli storpi son da cancellare, e allora dopo aver salvato l’embrione che sano non era, ci penserà la mamma ministro dell’istruzione, a togliere ogni sorriso e ogni futuro a l’uomo che non si farà mai.
Via i bambini disabili dalle scuole, eliminando gli insegnanti di sostegno, via i bambini disabili dai giochi della gioventù perché da disabili, forse non sanno correre o essere competitivi, e partecipare per vincere nell’epoca della meritocrazia fasulla, che fa merito solo il fisico. Via il sostegno alle famiglie dei bambini disabili, che si arrangino da soli o con l’altrui umana pietà.

Chi abusa di un bambino è un mostro, chi uccide un bambino è un orco. Un ministro dell’istruzione che seleziona la razza del domani è assai di più di una cretina ignorante. Non esiste nemmeno un dispregiativo che possa qualificarla per l’abominio che è.

Rita Pani (APOLIDE)



 

Catastrofe pulita


E ci spiegano che non bisogna creare allarmismi. Ci dicono anche che siamo avvoltoi comunisti che strumentalizzano le disgrazie altrui. Una volta tanto ci consola in nostro essere italiani, ovvero la certezza che come per il ponte sullo Stretto di Messina, le nostre politiche energetiche retrograde e ridicole che guardano al nucleare, non si concretizzeranno mai, ma saranno solo l’ultimo espediente per spartire un po’ di danaro pubblico tra i componenti della banda del buco del governo.

Quando non si può più negare l’evidenza, c’è sempre un modo per controllare le reazioni dell’opinione pubblica. L’alibi è quello di non creare allarme tra la popolazione. Ci vogliono bene, non ci vogliono far stare in ansia. Così, ieri, le agenzie battono una notizia: “è allarme per false catene Internet”. Incuriosita sono andata a leggere, pensando che qualche nuovo avvoltoio volesse lucrare sulla disperazione altrui, e invece con grande sorpresa trovo che la “catena” incriminata era quella che prevedeva la possibilità di pioggia acida, dopo la terrificante esplosione della centrale nucleare di Fukushima.

Stamattina, per prima cosa come sempre, son tornata a leggere i giornali. Sempre presente sulle prime pagine la tragedia nipponica, che guardo senza riuscire veramente a comprendere. È così immensa che è difficile immaginarla anche guardandola. Poi leggo della nuova esplosione nel reattore: “due deflagrazioni provocate da idrogeno”, e qua mi fermo, perché le parole sono importanti, e se usate bene esse servono a “non creare allarmisi”.

È malafede o meritoria opera per la salvaguardia della collettività globalizzata? In fondo l’idrogeno non è quella cosa che se utilizzata per alimentare le auto, salverebbe l’ambiente dall’inquinamento? Ci si fanno le battaglie ecologiste per spingere le auto a idrogeno, e ce lo ricordiamo anche perché Beppe Grillo più di una volta lo ha detto in TV. È facile far di conto, e se tanto mi dà tanto: “Che culo! È esploso solo dell’idrogeno. Un’ esplosione ecologica.”

La devastazione si può seguire in diretta su Internet, e quindi ogni tanto si butta un occhio. L’ho appena fatto – e che sospiro di sollievo! – l’emergenza, non ci crederete, è finita per i due reattori “danneggiati”. Non so se ricordate l’ultimo incidente nucleare in Francia; poca roba, in confronto, certo. All’epoca non ci furono troppi allarmisi, ci dissero con una calma quasi inglese, che da una centrale era fuori uscita dell’acqua. E chi non sa che l’acqua è vita? Lo dissero così bene che lasciandosi rilassare, pareva di vederci sopra l’etichetta della Ferrarelle.

Ora però, mi sento di chiedervi scusa. Vogliate perdonarmi. Sono una sporca comunista ideologizzata che sparge terrore con le parole. L’emergenza è finita, i reattori sono esplosi e quindi il problema non esiste più. Il meteo giapponese dice che il vento è debole, soffia a sud ma può anche cambiare direzione. Tokio è salva, e pure noi.

Rita Pani (APOLIDE) [immagine di Mauro Biani]

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