10.30.2012

 

W la mamma!



Non so, al termine di una lettura estenuante di articoli e dichiarazioni, l’unico pensiero che è riuscito a fermarsi abbastanza a lungo in mente, è stata la dedica della vittoria – non vittoria - elettorale di Crocetta a tutte le mamme siciliane. Il resto è un groviglio difficile da dipanare. Tutti hanno vinto, nessuno ha vinto davvero, come da anni capita nelle tenzoni elettorali italiane. Forse chi ha vinto davvero è stato il cittadino che si è rifiutato di essere elettore, ma questa, oltre che essere opinabile, è solo una mia personalissima sensazione, priva di alcun fondamento. Non si può infatti andare a chiedere personalmente, a uno a uno: “Perché non hai votato?” Fosse vero che il non voto è figlio di una presa di coscienza, sarebbe fantastico, forse la vera rivoluzione di un popolo che non ci sta più ad essere denigrato. Ma temo non sia proprio così, non abbiamo cotanto spessore.
Rivoluzione. Mai così tanto fu usato questo termine dall’Ottobre russo ad oggi. Poteva essere bello, goderselo, masticarselo un po’ in bocca prima di poterlo dire, con dolcezza e rispetto. Invece è rude, forte, quasi insolente: “abbiamo fatto la rivoluzione!” “No, mettiti in fila che l’ho fatta io, che ero comunista, gay e ora sono di sinistra.” “La rivoluzione è arrivata in Sicilia.” Bello da leggersi, fino a quando l’occhio cade su altre quattro righe di un garbato articolo intelligente che racconta come i fedelissimi di Totò Cuffaro, siano “finalmente” tornati al potere. La  R i v o l u z i o n e ?
Aria nuova finalmente? Sì, decisamente sì. Prima di tutto per il grande numero di movimentisti cinquestellisti che andranno ad occupare posti importanti in un assemblea troppo spesso riservata ai mafiosi e ai mafiosisti berlusconisti, e poi sì, perché Crocetta è dichiaratamente persona antimafia. Il problema sarà solo vedere se questa corrente d’aria nuova sarà così forte da spazzar via l’aria stantia. E qua non azzardo né ipotesi né teorie dato che solo il tempo potrà dircelo. Quel che però appare visibile fin da subito è l’ingovernabilità attuale, emersa dalla finalissima di domenica scorsa. Un problema apparentemente inesistente – a sentir Crocetta – e anche qui è difficile dire qualcosa, viziata come sono da anni e anni di studi e conoscenze. Probabilmente le cose son cambiate davvero, e il fatto di non avere “i numeri” per governare, non è più un problema. Non ne so abbastanza, dovrò attendere, e studiare ancora l’evoluzione delle cose.
E l’ultimo dato di fatto, che sempre in maniera molto opinabile, secondo me emerge: la crisi economica inizia ad essere un problema anche per la mafia. Me lo dice l’astensionismo. Se non è stato possibile nemmeno promettere nuovi posti di lavoro, nuove pensioni di invalidità, nuove sistemazioni per questa o quella pratica che da anni giace su un tavolo ad impolverarsi, se non si son potuti promettere appalti e subappalti, forse inizia ad essere chiaro che il fondo del barile, ormai è consumato da tutti coloro che se lo sono raschiato.
Auguri Crocetta … attendo di vedere, per imparare, come si fa la rivoluzione.
Rita Pani (APOLIDE)


10.28.2012

 

Mettere fine al peggio (reality show)




Non ho trovato nella storia dei paesi più retrogradi e meno democratici del mondo, alcuna analogia con l’Italia che è andata in scena ieri, quasi a reti unificate, nelle tv italiane, e con dirette streaming sui maggiori quotidiani nazionali. Non vi è mai stato dittatore, governo, paese al mondo che abbia avuto il coraggio di offrire uno spettacolo di incivile scempio, quanto quello offerto da quel tizio senza vergogna e senza morale a cui per decenni qualche milione di cerebrolesi hanno affidato le redini della vita di ognuno di noi.
Uno scempio nello scempio, non solo per la gravità dei discorsi da psicolabile fatti con l’alterigia che solo un malato mentale, ossesso dalla sua megalomania, avrebbe potuto fare, ma soprattutto per l’imponenza dell’insulto che ogni cittadino italiano avrebbe dovuto sentire, di fronte a tale aberrazione.
Ogni affermazione potrebbe essere facilmente smontata, persino da chi nella testa non ha che un criceto intento a girar nella ruota, quel che invece non trova soluzione nella mente di chi ancora pensa e ragiona è la gravità del gesto in sé.
Un condannato per un reato grave come quello di frode fiscale, che anziché continuare a pagare i suoi onorevoli avvocati, si presenta in televisione a ristabilire il concetto che lui è dio, intoccabile, indiscutibile, il padrone di tutte le cose, anche della legge. Più padrone ancora di quelle che non ha fatto in tempo a demolire. Arrogante al punto di promettere, addirittura, di smantellare il sistema giudiziario italiano, in nome di quella vendetta che mai una volta ha avuto il coraggio di rivendicare.
Un pusillanime, un delinquente, un megalomane, un criminale senza più alcun potere politico, essendo ormai solo un signor nessuno come quella migliaia che continuano solo a conservare un posto nell’azienda del Parlamento italiano, svilito del suo alto significato democratico, proprio da questo pazzo esaltato, che ha fatto sì che ciò che restava della nostra democrazia, finisse in mano al sistema mafioso e fallimentare che tutti, ormai conosciamo, e che colpevolmente tolleriamo.
Quanto trasmesso al mondo ieri, da questa povera Italia, è stato mortificante per la dignità di ogni cittadino senziente e responsabile. Un gesto di vituperio nei confronti di tutti coloro i quali continuano, nonostante le mille difficoltà, a vivere senza delinquere, a pagare a testa china ciò che allo stato è dovuto, anche grazie alle ruberie piratesche di questo tizio imbalsamato, dispotico e incivile. Un oltraggio verso tutti coloro che per colpa dello scempio economico, sociale e culturale, hanno sacrificato – a questo stato – persino le vite di qualche caro. I morti per inquinamento, i morti per fame, i morti per disperazione, i morti per le stragi sul lavoro, i morti per le scuole che crollano, i morti per la terra che frana violentata dal cemento. Tutte morti per le quali nessuno di loro – onorevoli criminali – pagherà mai, ovviamente.
Non ci sta, il tizio, ad essere trattato come un cittadino comune che ha delitto. Non ci sta ad essere uguale a chiunque almeno davanti alla legge – che purtroppo nemmeno in dio io so sperare – non ci sta e lo sbraita con la sua orribile malattia.
Se la legge fosse fino in fondo uguale per tutti, oggi assisteremo anche alla conferenza stampa di Salvatore Parolisi, che minaccia i giudici per averlo condannato all’ergastolo per aver ucciso sua moglie?
Forse no, ma temo che quella di ieri non sia stata altro che la prima puntata di un nuovo orribile reality show. La seconda? Quando lo condanneranno a due anni per essere un vecchio debosciato, erotomane e bavoso.
Spegnete la tv ogni volta che appare. Credo che un pazzo così lo si possa ammazzare solo con l’ostentazione del senso di vomito che dà.
Rita Pani (APOLIDE)

10.27.2012

 

Ha da tornà, buffone



L’avevo ampiamente previsto, nei miei ultimi scritti, ma tant’è! Alle 17 in diretta tv, la fine del passo indietro più breve della storia. Già molte le anticipazioni del giovane ex tizio, che riempiono il cuore di gioia di tutti i cittadini.
Il suo lavoro non è finito: ridiscenderà in campo, PER IMPEDIRE CHE AI CITTADINI ITALIANI ACCADA QUEL CHE È  ACCADUTO A LUI.
Rendiamo grazie.
Non potete immaginare quale sia stato il mio grado di preoccupazione, avendo appreso della condanna al tizio evasore fiscale. “Oddio!” mi dicevo, “sta a vedere che la prossima volta che organizzerò una frode fiscale di quasi 500 milioni di euro, mi metteranno in galera e butteranno la chiave."
“Sta a vedere,” mi dicevo, “che la prossima volta che corromperò giudici, sfrutterò la prostituzione, evaderò le tasse, costringerò lo Stato italiano a pagare penali alle mafie, ridurrò ad una barzelletta la storia e la dignità di un popolo intero ci sarà un giudice comunista ideologizzato che perpetrerà la barbarie di spedirmi in galera.”
Buffone! Pezzo de merda!
La vera rivoluzione sarebbe costringerlo a non uscire più dalla tana nella quale dovrebbe rinchiudersi, attenderlo fuori e additarlo, urlandogli contro proprio “Buffone! Pezzo di merda!” a lui e agli sgherri che ha di nuovo rilasciato, e che prepotentemente, e senza invito, persino indesiderati, si affacciano nelle nostre vite, dalle tv o dai monitor dei computer, ancora una volta a perorare la causa di un ladro, buffone e pezzo di merda. L’unico tizio che mai nemmeno un momento ha compreso cosa fosse la dignità, almeno, del silenzio.
La più serva di tutti la santanchè, serva fino allo spasmo che però pare aver già capito un concetto fondamentale: il padrino è lui e resterà lui. Le donne non hanno mai fatto troppa carriera nelle cosche mafiose, ancora non sono contemplate le quote rosa. Solo le donne della mafia sono sante, le altre son tutte puttane, e come tali vengono trattate.
Io in fondo son felice, per aver avuto ragione, e per potermi preparare a ridere e ridere ancora.
Rita Pani (APOLIDE)

10.25.2012

 

Quattro alberi di magnolia


A Novembre in libreria
:)
R.


 

Lascia o raddoppia?



Siamo così disperati che ormai, il “moderato ottimismo” è una buona notizia che riempie il cuore. Stamattina va addirittura meglio del previsto, e si osserva un “cospicuo ottimismo”, derivante dall’annuncio del “passo indietro” di quel tizio la cui storia, spero, non vorremmo mai dimenticare, così com’è stata per l’altra, quella che se solo l’avessimo imparata a memoria, ci saremmo risparmiati la deriva catastrofica e senza ritorno – ahimè – che ci ha piegato tutti.
La mia speranza è vana, ma essendo gratis non è peccato elargirla. È vana perché morto un vate, in Italia, se ne fa un altro e il cospicuo ottimismo derivato dall’ennesimo proclama di quel tizio malavitoso, non lascia presagire nulla di buono: né memoria, né attenzione. Ancora una volta la storia avrebbe dovuto insegnarci, ma non siamo stati scolari.
Quel che non comprendo ( o meglio lo comprendo ma non lo capisco) è il pudore dei giornali, nel voler aiutare la memoria degli italioti che si apprestano a scordare. La storia la scrivono a tinte tenue, quasi con voce sussurrante, come se strillare ogni singolo insulto, o privazione di democrazia, o attentati alla Costituzione, fosse un atto da cafoni. Si ha la sensazione che tutti stiano attenti a non esagerare, o meglio sembra quasi che si scruti l’orizzonte per provare a indovinare che tempo farà, e vestirsi di conseguenza per non rischiare di aver caldo oppure freddo.
Lascia! Quindi ora dobbiamo guardare al futuro, stando attenti a non fare dietrologia, perché non è elegante, perché è inutile “piangere sul latte versato” (sic!) A dire il vero, qualcuno un po’ più temerario azzarda oggi un’ipotesi per me già vecchia: “Attenzione, perché potrebbe addirittura diventare presidente!” I moderatamente ottimisti hanno letto questo con un moderato timore. Lo scrissi mesi fa, e lo ribadisco – il passo indietro è la merce offerta da barattarsi con la casa più bella d’Italia. Per altro non ci vuole una laurea in scienze politiche per comprendere che ormai, la politica è stata sostituita dal sistema affaristico di cui tutti siamo vittime.
Ma per essere sempre un passo avanti e per non essere ottimista manco per nulla, dico anche che probabilmente, se i tavoli di trattativa tra “mafia arcoriana e stato” dovessero fallire, e fosse chiaro che dargli le chiavi del Quirinale equivarrebbe a trasformare la dimora di “papi” e principi nel suo lupanare, il primo dicembre riscenderà in campo per il bene della nazione, che non può finire in mano ai comunisti. Nemmeno dovrà inventarsi una nuova cazzata da vendere come oro colato, perché l’italiota è ignorante, corrotto dentro, stupido e arrivista, e ragiona di onestà, valori, democrazia e libertà solo quando è deluso per non aver ottenuto nulla in cambio del suo voto o del suo sacrificio.
Prepariamoci quindi alla campagna elettorale più inutile della storia d’Italia, continuiamo a leggere i giornali sperando di cogliere nuovi scandali e nuovi inquisiti. Impariamo bene la lezione del “son tutti ladri”, al cui ripasso siamo sottoposti quotidianamente, a piccole cose, con l’azione “mitridatesca” capace di assuefarci al veleno più potente che c’è. Non guardiamo troppo oltre, ch è fatica, e soprattutto non intralciamo le manovre di palazzo, il do ut des dove, gli spiccioli siamo noi e le nostre mille dignità offese.
L’ascia! Ecco, così avrebbe senso, e così forse nascerebbe anche in me un moderato ottimismo, ma queste cose non si possono scrivere, perché sarei accusata di facile populismo o peggio di demagogia – che tre quarti della gente non a nemmeno cosa significhi, ma dirlo è diventato consueto.
(E neppure m’incazzo più, che non ne val la pena.)
Rita Pani (APOLIDE)

10.23.2012

 

Lettera a un lavoratore mai nato (tadadattà!)



Ti guardo negli occhi mentre si scrive il tuo destino e penso, piccolo mio, che tadadattà, altrimenti non sarai mai un lavoratore. Vorrei regalarti una favola, ora che ti ho messo al mondo da disoccupata, ora che contro il volere del mondo ti ho permesso di inalare il primo respiro di polveri sottili che ti accompagneranno per tutta la vita.
Tadadattà! E devi da sperà! Che un domani tu possa sposare la figlia di un uomo ricco, che possa sistemarti. Che tu possa crescere deficiente e bello, in modo che possa venderti. Che tu sappia giocare al pallone, che non importerà a nessuno se sei cretino. Basteranno i tuoi piedi dentro le scarpe fosforescenti.
Non permetterò, piccolo mio, che tu possa sprecare i tuoi giorni, rinchiuso tra le pagine dei libri, ad imparare del mondo tutto quello che non ci sarà più. Ti proteggerò dalla storia, dai vecchi film di nostalgia, dai racconti grondanti morale. Ti preparerò ad affrontare la vita che verrà, per quello che sarà, allenato come un maratoneta, veloce come un podista. Salterai gli ostacoli abbattendo i concorrenti, intralciando il loro passo, uccidendo la loro stupida dignità.
Non odiarmi, ti prego, perché non possiedo un’Università alla quale associarti, né son stata dirigente di una banca per poterti assumere come ricercatore. Non odiarmi se non potrò farti licenziare con 3 milioni e 600 mila euro di buona uscita, dopo solo 14 mesi di lavoro. Non sarà mai così grande la favola che io possa regalarti. Tadadattà! Persino per aver avuto come madre una come me, e tuo padre poveretto! Non odiare nemmeno lui, che ancora vive nel mondo antico che lo fa alzare ogni mattina alle cinque, per infilarsi in quell’orribile tuta blu. Finiranno anche per lui questi giorni, con un cancro o con la disoccupazione. Ti prometto, a te non capiterà mai.
Ti insegnerò a percorrere le nuove vie di questo nuovo mondo, già inventato e tutto da inventare, dove il futuro è là ad attenderti se solo lo vorrai, se non sarai troppo selettivo o schizzinoso. No, cucciolo mio, non farò mai di te un lavoratore. Non sarai mai schiavo. Ho mille favole da poterti narrare, ho mille sogni da poterti regalare.
Potrai essere un mafioso, avere una bella auto e tutte le donne che vorrai violentare. Potrai essere tu il padrone degli schiavi, e tutti s’inchineranno e ti chiameranno imprenditore. Potrai sfruttare i poveri e i dimenticati, e quando esausti moriranno, potrai comprarne altri in questo mondo che s’è fatto mercato. Potrai vendere le donne e le bambine, in cambio di appalti  e tangenti. Potrai sfruttare i vizi altrui per averne dei tuoi. Imparerai a ricattare e a taglieggiare, e accrescerai la tua rispettabilità. Farai affari con coloro che le favole le hanno inventate, e se sarai bravo come ti dice mamma tua, alla fine anche tu potrai scrivere le pagine di questa meravigliosa favola politica.
Tadadattà! Figlio mio, al mondo che è venuto, che ora che ti ci ho messo ci devi da stà! Non permetterò mai che tu sia un lavoratore, uno di quelli che ricerca la cura per il cancro, o che inventa le auto che non inquinano. Non costruirai mai case che stanno in piedi con i terremoti. Mai nella vita dovrai essere uno di quelli che ama la terra e la protegge. Uno di quelli che non avrà paura delle piogge.
Sarai il principe di questa nuova favola; sarai quello che farà franare la terra con la pioggia, che farà crollare le case con le vite dentro, sarai quello che butterà cemento dentro il mare per un ponte che non si farà mai, sarai un procacciatore di organi da trapiantare, sarai un venditore di protesi inutili, snifferai cocaina, sarai un usurpatore, un debosciato, una nullità, un disgraziato. Non lavorerai mai, figlio mio. Sarai il politico più mafioso che c’è. Sarai felice. Te lo giuro, figlio mio!
Rita Pani (APOLIDE)


10.22.2012

 

C'è puzza d'aria nuova


Finalmente ci siamo, c’è davvero puzza d’aria nuova in quest’Italia più fatiscente che decadente. È un momento magico che non possiamo perdere, noi che amiamo l’arte demenziale, noi che abbiamo perso la voce a furia di sbraitare. Noi che in fondo non siamo arresi, ma diventati cinici e vendicativi.
Un domani smetterò di ghignare – maledetta coscienza – ma per oggi ancora voglio starmene così, come se stessi con i piedi a mollo in una giornata d’estate.
Perché una volta, nemmeno tanto tempo fa, quando io scrivevo forconi, o rivoluzione (era appena passato il 2000, un tempo remoto) la gente mi insultava, ricevevo e-mail minatorie, dove i più gentili mi appellavano con un moderato “troia comunista”, i più colti, (quelli che avevano letto almeno un foglio del giornale) mi chiamavano “nipotina di Stalin”.
Ora in Sicilia non vi è “mafioso candidato” che non parli di Rivoluzione, con la serenità di chi pare essersi sottoposto a una vaginoplastica, che il botulino non basta più. La lega 2.0 di bobo maroni, afflitta da amnesia galoppante, l’UDC che parlano con tutti per la necessità di cambiare nel rispetto delle tradizioni del partito, l’Italia dei valori che persevera nella negazione della sua stessa realtà. A tutti prima o poi scappa di voler incitare alla rivoluzione al nuovo, al domani diventando paladini per un giorno dei reietti e dei diseredati.
Vizio che accomuna tutti, quello dell’altruismo per un giorno. I precari, finalmente la scuola, i cittadini e i lavoratori. Pian piano, mentre passano i giorni che vi separano dalle urne, eccoci tornare ad esistere in quest’Italia in svendita che ci ha messo all’angolo, come i mobili vecchi o rotti che si nascondono quando si vuol vendere una casa fatiscente. Ci levano di dosso le ragnatele, o cavalcano la nostra disperazione per assicurarsi ancora un posto in paradiso.
Ma il mio cinismo trova maggiore soddisfazione dinnanzi agli spacciatori di sogni, i viziosi della speranza. Il pdl, il pd. Magici. Surreali eppure capaci di apparire metafisici; “silvio, nuova lista «Ci lavoriamo noi Amazzoni»” Cosa potrebbe aggiungere il mio cinismo a tutto ciò? Non è sufficiente di per sé per spiegare il non-senso di tale aberrazione? O Al Fano che promette “facce nuove”? (Appunto la vaginoplastica risolve la s-verginità) Giorno dopo giorno un turbinio di minchiate cosmiche, che un popolo intellettivamente normodotato, sì, avrebbe sistemato con la punta di un forcone. E invece abbiamo le lotte interne, questa sorta di diverticolite, di malattia intestinale tra Bersani e Renzi, con Veltroni e D’Alema, con chi fugge dalla nave affondata trovando però un porto sicuro nel quale approdare. E noi ancora qua, cittadini vessati e affamati che al massimo della prostrazione ci limitiamo a gridare che son tutti ladri, come se ribadire l’ovvio fosse l’ultima risorsa che abbiamo.
E in questo ci aiuta il nuovissimo che avanza, ma l’ho scritto già: il popolo dei vaffanculisti di Grillo, che non vedono l’ora di affidare la loro sorte al piccolo esercito di persone per bene, incensurate e volenterose. Che importa se è già chiaro che domani saranno proprio loro a beccarsi i “vaffanculi” dello stesso popolo che ora gli osanna? Perché tra le mille chiacchiere, tra le mille promesse a nessuno è ancora venuto in mente di salire sul palco a raccontarci la realtà futura. Quella con la quale proprio loro dovranno domani scontrarsi: casse vuote, appalti truccati dalla mafia di stato, lavoratori esuberanti, malati cronici dimenticati, e milioni di affamati ai quali nemmeno potranno gettare le brioche.
Attendo qualcuno con le lacrime agli occhi che abbia il coraggio di dire: cittadine e cittadini, oggi finisce l’era di Fantasylandia. Torniamo a vedere quel che resta dell’Italia. Quel giorno, forse, piangerò anche io.
Rita Pani (APOLIDE)


10.18.2012

 

Un altro morto di fame


Stiamo solo rimandando l’inevitabile, tutto questo nostro stato potrà finire solo con una guerra. Ce lo dice la storia, ma noi fingiamo di non saperlo per poterci ancora illudere che domani tutto passerà e che questo tempo della barbarie e del decadimento, diventi solo un ricordo.
La civiltà incivile che ci ha evoluti ci tiene in questa specie di limbo, dove basta avere un telefono cellulare di ultimissima generazione, un paio di scarpe alla moda, i capelli tagliati con la falciatrice e i jeans abbastanza rovinati da farci sentire parte integrante di un mondo che non c’è.
Ogni volta che un uomo muore per disperazione, che una madre si getta dal balcone col proprio bimbo in braccio, o che qualcuno s’impicca a un albero, magari guardando le mura di casa sua, un brivido ci corre lungo la schiena, il dolore ci pervade, e lo esaltiamo, quasi lo gustiamo, felicitandoci in segreto perché ancora non è toccato a noi.
Ci toccherà però. E ogni tanto è bene mettere disordine nel limbo, perché l’unica speranza che abbiamo, in fondo, non è altra che quella di non farci trovare del tutto impreparati quando questo capiterà. Tutti coloro che ancora si sentono al sicuro devono iniziare a far bene i conti, osservando le bollette che aumentano anche quando in casa ormai si vive con i lumini cimiteriali al posto delle lampadine. Con le lavatrici che vanno nelle tariffe ridotte. La macchina che continuiamo a utilizzare, ma con le code che facciamo per ore davanti ai distributori che espongono cartelli allettanti come quelli che una volta stavano nelle vetrine del centro città: “Sconti!!! – 15 centesimi hard self”. Nonostante tutto questo lo stipendio non basta più. Nonostante gli abiti usati, le scarpe da tennis che toglierai quando sarà il tempo degli stivali, le mutande comprate a un euro al paio al mercato. Nonostante si guardi al termosifone come ad un miraggio, cedendo alla tentazione di scaldarsi, quasi fosse un regalo o una gratificazione.
Ogni volta che un uomo muore per disperazione c’è chi si sente fortunato per avercelo ancora un lavoro, e poco importa che la paga sia sempre la stessa da dieci anni, e le ore siano diventate di più. Poco importa  se un giorno il tuo capo ti ha chiamato per dirti che, se avresti voluto continuare a lavorare avresti dovuto guadagnare di meno. Non fa nulla se lo straordinario non è più pagato, se della pensione non hai certezza. Pochi, maledetti e subito! Questa è la regola della sopravvivenza che ci ha resi schiavi, e che ha garantito agli schiavisti di arrivare fino alla proposta indecente: “Tu intanto inizia a lavorare gratis, poi se rendi, qualcosa te la darò.”
Poi la gente muore, perché si dà fuoco o perché s’impicca. I più fortunati tra loro muoiono subito, altri vengono soccorsi perché la loro agonia si prolunghi in questo stato che alla vita umana ci tiene assai, e di morire per mano tua te lo proibisce. Puoi essere ucciso dalla fame, e avrai dignità. Ma non t’azzardare a scegliere di andare, che Dio non vuole e il governo neppure.
Dicono che quando un disoccupato sceglie di morire io devo tacere, perché in fondo ho un compagno col quale vivo che ancora lavora. Ma io non taccio perché di impiccarmi ci ho pensato un’infinità di volte, e ancora a volte mi ritorna, quando a 48 anni devo ricordare con pudore a lui che solo il tabacco mi deve comprare. Dicono che devo tacere quelli che hanno scordato il concetto di dignità, e magari anche quelli che sensibilmente lottano in difesa della donna, che se nessuno la abusa ci pensa la vita, a farlo. Io so che ho imparato a fare senza, che quest’anno ho scritto un’infinità di parole, ma ho guadagnato solo 100 euro, che per fortuna mia figlia ha un padre –stronzo che sia – ma ce l’ha. E a quella più grande ci ha pensato la fatica di mio padre.
Io non taccio perché di morire ci penso ancora, ma una cosa la so: se dovessi riuscire a arrivare fino al Quirinale, me ne andrei in compagnia. Finirà solo con una guerra, sì. Ma anche quella lasceremo che siano loro a decidere chi la debba cominciare. Piangiamo il morto altrui e fingiamo di sorridere; qualcosa per cena la rimedieremo anche oggi.
… son solo cose sconclusionate, lo so; a volte capita anche a me.
Rita Pani (APOLIDE)



10.17.2012

 

Aerei da guerra nell'Europa di pace


Ma sì Professore, è comprensibile, si può tagliare la sanità, la scuola fino a decapitarla del tutto, le pensioni di guerra (ammesso che ci siano ancora superstiti, ne saranno davvero lieti) la previdenza sociale, l’assistenza ai disabili, ai malati terminali, alle associazioni di volontariato. Si può togliere l’ossigeno a chi non respira, il pane a chi ha fame, il latte ai bambini, ma non si può assolutamente rinunciare all’acquisto degli F35.
Che stato saremmo senza 90 nuovi cacciabombardieri? Dobbiamo mostrare le nostre palle di marmo al mondo, così che possano pensare che nel caso saremmo in grado di spezzargli le reni. Poi il sacrificio è già consumato, gli aerei dovevano essere 131, ma in atto di estrema bontà e parsimonia son diventati 41 di meno. Applausi! Lo so, il preventivo si basava su l’aereo nudo, ma essendo uno stato serio e morigerato abbiamo dovuto rivestirlo con tutti gli optional consigliati dalla casa, e per questo i costi son lievitati. Succede così anche quando vai a comprare una Panda, d’altronde: si parte dalla scocca senza sedili, con le ruote e il volante e vuoi o non vuoi sei obbligato almeno a farci aggiungere gli sportelli, i vetri e i tergicristalli, per cui dal costo iniziale di 200 euro si arriva anche a 10.000.
Sì Professore, succede così che ogni aereo ci costerà 50 milioni di euro in più del previsto, e che sarà mai? Tanto – leggo – “nel 2017 (quando saremmo obbligati da accordi criminali presi dall’ex ministro per la guerra, fascista) ci sarà una flessione verso il basso del prezzo e quindi risparmieremo qualcosa come 9 milioni a pezzo”. E nella comunicazione del ministero senza vergogna, c’è spiegato anche che saranno quelli con decollo e atterraggio verticale; quindi Professore la comprendo. Come potremmo fare senza?
C’è di più, c’è pure il Ponte sullo Stretto. 300 milioni di euro stanziati dal vostro governo tecnico per il pagamento delle penali alla mafia. Lei non ci crederà Professore! Pur non essendo tecnica, scrissi questa previsione qualche anno fa, quando ancora non avevo mai messo piede in Calabria, quando mai avevo visto Cannitello, quando mai avevo osservato da vicino la morfologia di questo territorio. Pur nella mia profonda ignoranza, in tempi non sospetti, avevo previsto l’esatto excursus della truffa del secolo ai danni dello stato (quindi anche ai miei). Ora che ho visto da vicino il cemento gettato in mezzo al mare per nulla, il chilometro di ferrovia spostata al costo di sei milioni di euro, ora che ogni tanto sento il culo vibrare per le piccole scossette sismiche quasi quotidiane, vi guardo e accresco il mio disprezzo, compatendomi per quella verità che ancora in pochi riusciamo ad ammettere: il vostro coraggio risiede nella nostra codardia.
E ne avete tanto coraggio, quando impuniti vi affacciate nelle nostre case a parlarci di sacrifici. L’unico sacrificio utile sarebbe un buon utilizzo degli ultimi giocattolini da guerra acquistati per quest’Europa Nobel per la bace. Un’unica bomba sganciata dalla loro pancia che vi stermini tutti.
(Quel che ho scritto è un reato? Forse sì, Professor Monti, ma le giuro: ho il cuore leggero e meno schifo dentro)
Rita Pani (APOLIDE)

10.16.2012

 

Economy 4 dummies


La fine del tunnel si vedrà l’anno prossimo, ma non sarà una luce intensa e accattivante, più un lumino funebre, un barlume di luce senza speranza. Non lo dicono i numeri, di cui capisco poco o nulla, lo dicono le parole, a volte così tragicomiche da rendere l’atmosfera intorno davvero disperante.
L’altro giorno il Sommo capo Draghi ha detto che “c’era un certo ottimismo” che tranquillizzava l’Europa. Oggi invece si dice che nel 2013 la ripresa ci sarà sebbene il PIL resterà sempre negativo. Altra piccola briciola di speranza potrebbe essere data dalla scomparsa – prematura – dello spread: parola caduta in disarmo, come una delle migliaia di nuove star uscite dal mostrificio berlusconiano, uno di quei “cantantattoriballerini” famosi per un giorno e mezzo, che poi finiscono ad allietare le serate della sagra della bruschetta e del vino novello.
Sì, hanno cancellato lo spread, e proprio quando anche la signora della frutta e verdura, che vendeva con la sua bancarella all’angolo della via, aveva forse iniziato a intuire che era tutta una fregatura.
D’altro canto, per lo stato, non conveniva più usare lo spread come arma di distrazione: ingenerava troppo terrore costringendo anche chi è ancora in grado di gettar via soldi, al risparmio forzato. Perché spread alto era sinonimo di casse vuote, e casse vuote è ancora qualcosa che riesce a preoccupare l’italiota medio, quello, per intenderci che posto dinnanzi ai soliti e impressionanti aumenti del carburante dice: “Che i frega a me? Tanto io sempre 20 euro ne metto!”
La fine del tunnel la vedremo quando finalmente prenderemo atto – noi cittadini – del fatto che essa non sia mai esistita, o meglio, che come fu per l’AIDS (a mio parere) è stata un mostro costruito da abili menti, così preparate a crearla ma non tanto capaci di governarla. Una di quelle strane creature, come i virus, scappati dal controllo dell’uomo che hanno finito per sterminare l’umanità.
So poco di economia, è vero, ma trovo sempre più interessante seguirne l’evoluzione, leggendo tutto quel che capita a riguardo, studiandola come faccio sempre con cocciutaggine, come se fosse qualcosa di vivo. Quel che insegna questa “crisi” è che così come è sempre stato c’è chi ci guadagna, e questo è palese. Guardando meglio in Italia, però è tutto più surreale.
Le statistiche dicono che durante i periodi come questo che stiamo vivendo, aumentano i furti e le rapine, e allora perché stupirsi dei furti e delle rapine che lo stato, con la complicità del potere economico, politico e industriale, compie quotidianamente? È normale che sia così. Chi ha le mani più vicine al barattolo della marmellata, arriva primo e si sporca le dita. C’è chi fiuta l’affare, ci sono i vari Batman che più candidamente raschiano le briciole che cadono sul fondo, e poi ci sono quelli che a crearla, la crisi, hanno partecipato e che quindi più di tutti vantano il diritto di arricchire loro stessi.
Quel che invece ci costa comprendere è che solo noi potremmo avere il potere di far cessare l’epidemia. Smettere di acquistare ciò che non è strettamente necessario, dopo aver tolto i soldi dalle banche. Tutti, compresi i miei 14,80 euro rimasti al bancoposta (sorrido), probabilmente nemmeno sufficienti – ma chi se ne fotte – per il calcolo delle spese a fine anno.
Invece non è così; qualche tempo fa, in occasione di una mia battuta ironica per le code in attesa del nuovo iPhone  5 una signora mi ha scritto piccata: “Sei invidiosa perché probabilmente non puoi permettertelo. Io lavoro e ancora ho uno stipendio, e quindi sì, vivo un giorno da leone, anzi da leonessa.”
E come si può arrivare a spiegare a questa signora che per far finta di essere leonessa ha dovuto farsi pecora? Forse solo con quello che ho scritto sin qui, omettendo di dire che tanto, se non toglieremo noi i soldi dalle banche, presto infilando la cartina nel bancomat, dal monitor si solleverà un pernacchione. E come dire che forse è solo per non dirci questo, che ancora ci addomesticano con luci fuori dal tunnel, previsioni d’ottimismo, e relative soddisfazioni europee?
Io l’ho detto o almeno ci ho provato, ma si sa che io di economia non ne so una mazza.
Rita Pani (APOLIDE)

10.12.2012

 

Intitolare un aeroporto al duce? Uainott?


Sulle ali del duce, Massimo Balzani: "Intitoliamo il Ridolfi a mussolini" - Il Resto Del Carlino –

Trovo che sia una splendida idea, e sulle ali di Balzani, oserei volare più in alto:

-          Istituto per la ricerca genetica “Mengele
-          Istituto per la ricerca sull’anoressia “Jeffrey Dahmer
-          Casa d’accoglienza per donne schiave “Renato Bilancia
-          Casa d’accoglienza per bambini abusati “ Don Davide Mordino pedofilo
-          Associazione anti racket “Al Capone
-          Associazione difesa consumatori “Callisto Tanzi
-          Associazione anti usura “Calvi e Sindona
-          Istituto per la salvaguardia delle foreste “Attila

Volendo si potrebbe continuare, ma dopo un primo guizzo di fantasia, mi torna in mente che a volte e sufficiente la realtà.

Rita Pani (APOLIDE)


 

Poliziotto buono e sbirro cattivo


Il giorno dopo è sempre quello, in Italia, delle domande e delle risposte. Persino delle interrogazioni. Mai un giorno prima, grazie ai giorni dopo passati, alle altre domande poste, alle altre risposte date. Dopo le altre interrogazioni (parlamentari).
Il giorno dopo le cose, è il momento in cui ci si schiera e si tenta di ragionare, di trovare la soluzione, ed è sempre il giorno del giudizio che implacabile si scaglierà su questo o su quello per essere condonato domani dalla facilità con la quale tutti si cede all’oblio.
Dopo le immagini del bambino portato via a forza dalla polizia, resta lo sdegno, lo schifo e persino l’incredulità, e di domande ne restano così tante da poter riempire pagine e pagine di storia (sempre quella che poi scorderemo domani, anziché imparare a memoria).
So per esperienza personale che all’interno di un tribunale dei minori, difficilmente troveremo un giudice Salomone e una guardia dotata di spadone. So molte cose – belle e brutte – dei servizi sociali. So persino che non basta partorire per essere madri, e che nemmeno basta dichiarare l’amore incondizionato – dal fatto di essere madri – che spesso si mostra ma non si dà ai figli. L’amore di madre non è possesso, ma sacrificio (e questa è un’altra terribile storia). So che ci sono padri bellissimi e padri orridi e so anche – sempre per esperienza diretta o indiretta – che sovente sono i secondi ad avere la fortuna di saper mentire meglio, presentarsi meglio o peggio ancora farsi forza delle credenziali magari date da una divisa, la stessa che anziché rassicurarci, ci fa tremare.
Tutto questo è sacrosanto, discutibile o condivisibile, tutto questo per altro nel caso specifico del bambino di Padova, io non lo so. Quel che so non è tanto quel che ho visto nel filmato più cliccato, ormai, di un filmetto divertente su YouTube, ma quel che ho sentito: “Io sono un ispettore di polizia, lei non è nessuno.”
Dice molto di più di quanto espresso in così poche parole questa frase, dice per esempio il pericolo che tutti noi corriamo. Dice l’arroganza data dalla quasi certa impunità, insegnata in Italia dalla scuola Diaz, dall’omicidio gratuito di Federico Aldrovandi, dagli operai feriti in corteo, dalle vecchie pestate sui binari dei treni in Campania, da un sacco di piccoli e grandi episodi che ci hanno fatto indignare, sì, ma che a volte nemmeno vengono rilanciati dalla stampa ormai impegnata a sopire le coscienze più che a tenerle sveglie e allarmate.
Mi fa paura l’ignoranza di una donna che si fa scudo di una divisa, che  impone il suo presunto potere, scordando quale dovrebbe essere il suo ruolo funzionale alla società. Temo di poterne incontrare anche io, domani, uno nella mia strada, perché magari rivendico un diritto o peggio in un momento di mancanza dei miei doveri. Con che animo dobbiamo fermarci a un posto di blocco, o a chi dobbiamo dar conto quando in una stazione ferroviaria, per esempio, questa gente ci viene incontro con cani al guinzaglio che pesano più di me?
Ora mi par di sentire la giusta obiezione: non bisogna generalizzare …
Sarà pur vero che un elemento avariato non fa di tutto il mucchio marciume, ma se non si riesce ad avere, per esempio, un numero che identifichi “lo sbirro” che ti viene incontro col casco in testa e il manganello nella mano, come posso sapere se chi mi ferma per strada, in un corteo, in aeroporto o alla stazione, è marcio oppure no?
“Scusi, lei è un poliziotto buono o uno sbirro cattivo?”
Ancora una volta, purtroppo paghiamo i conti dello sfascio creato: una volta il fascismo era ancora reato.
Rita Pani (APOLIDE)

10.11.2012

 

Un passo indietro


C’è molto apprezzamento in giro, per il gesto di responsabilità che il tizio ha fatto col suo “passo indietro”. Leggo dichiarazioni piene di soddisfazione, a volte persino di gratitudine. Non resto più nemmeno basita, semplicemente prendo atto. Scrivo forse solo per ribadire – e perché resti nella sconfinata memoria di Internet – che secondo me, quel tizio si sta assicurando il palazzo di Roma più bello che c’è, senza nemmeno dover pagare l’affitto. Anzi, abiterà al Quirinale gratis e a spese nostre. Quel giorno infausto – sappiate – io festeggerò la mia libertà; il mio doveroso distacco da tutte le cose e da tutti i doveri etici, morali e civili che ancora attanagliano la mia coscienza.
È facile comprendere come avverrà, basta guardare con occhi candidi il panorama della vita che non ci appartiene. Il potere reale è finalmente in mano del vero potere, quello economico. La guerra è vinta. Il capitalismo è sopravvissuto a sé stesso, dopo aver rischiato di finire triturato da sé stesso. Più potente di prima, nessun capitalista – vero – si lascerà scippare l’opportunità di governare il mondo. L’Italia non è altro che una parte infinitesimale dell’enorme cacca sulla quale si sono posate le mosche, ma fa pur sempre parte della merda globale.
Il “passo indietro” al quale è seguita anche l’indicazione di Monti come leader della destra moderata, ha meritato il plauso di tutti quei poteri che non hanno esitato a ringraziare, promuovendo Montezemolo banchiere, per esempio, e levandolo così dalla cerchia dei “nuovi politici” salvatori della patria. Un esempio banale, lo so, ma solo un esempio.
Il resto vien da sé, senza fatica, a volte per stupidità, a volte per la complicità delle forze politiche vecchie e nuove che non hanno e non conservano nulla di realmente politico. Il problema è che non vi è possibilità nemmeno di fare appello al coraggio politico, che in un momento come questo pretenderebbe l’azzeramento reale di tutto il sistema. Magari una nuova costituente fatta di persone “per bene”, di persone preparate (preparatissime sarebbe meglio) capaci di azzerare vent’anni di brutture ad uso mafioso, che hanno ridotto il nostro paese ad un’isola da lasciare in mano ai pirati. Riallacciare tutti i fili di democrazia e civiltà che sono stati tranciati dall’egida berlusconista, che ha garantito il ladrocinio e l’indebito arricchimento di un’intera classe “politica”.
Non è certo cosa che si otterrà attraversando le acque, andando in giro con i camper o mangiando nei self service, questa. Nessuno di questi nuovi salvatori della patria, ha avuto fino ad oggi il coraggio di dire che domani, arrivati finalmente nella stanza dei bottoni, si troveranno a dover gestire le casse vuote, le terre perforate dagli scavi dei pirati, le leggi che comunque continueranno a proteggere i malfattori. Si limitano a promettere il miracolo, per esempio sbarcando in Sicilia, dove forse non sanno che i forzieri, da quel dì sono vuoti.
Non trovo differenza tra chi promette miracoli di civiltà e democrazia internettiana e chi taglia la sanità promettendo che il servizio non ne risentirà. Tra chi finalmente dice che la mancanza del lavoro è un problema ma ha votato la riforma Fornero, e chi abbassa le aliquote IRPEF ma aumenta l’IVA.  
Il passo indietro dovremmo pretenderlo quindi, e se ci fosse soltanto uno abbastanza responsabile da farsi indietro, forse si potrebbe anche sperare. Invece son tutti là, al loro posto, saldi e pronti a elargire ricette sulla felicità futura. Son sempre loro, gli stessi che prima ci hanno affogato ora ci tendono il salvagente. Invece, il nuovo che avanza è sempre figlio di un capitalismo che vuol farsi strada controllando non più il paese solo dal governo nazionale, ma da ogni luogo di questa miserrima nazione. E allora rivoglio il mio diritto a scegliere, non più il meno peggio ma il meglio.
E va da sé che se per sostituire il porcellum, mi si dice che c’è in mente di calderoli il porcellinum, il mio diritto è bello che fottuto.
Potrei continuare ma mi fermo qua. Sapete com’è? Su Internet, dove la democrazia viaggia dal basso e veloce, se scrivi un post troppo lungo, nessuno lo legge.
Rita Pani (APOLIDE)


10.09.2012

 

Bene! Bravo! 41 Bis!



Cuffaro va in permesso al suo paese perché il padre sta male. Mi sembra lecito e civile. All’uscita dalla casa del padre a Raffadali (Agrigento) i suoi concittadini lo salutano con applausi e grida: “Ciao Totò!” Ecco questo è si lecito, ma assai incivile.
Anche Er Batman, al suo paese non è poi tanto ladro e poi, alla fine, ha persino fatto bene a rubare. Perché non è fesso, perché così fan tutti, perché comunque ha fatto anche del bene.
Non che siamo nuovi a queste cose, anzi! Con pazienza e un ventennio di berlusconismo spinto, l’italiota ha imparato la lezione. Iniziava tutto col fenomeno del velinismo – ragazze in perizoma a scodinzolare su un tavolo – che portava al sogno di sposare un calciatore – ragazzo in pantaloncini che corre dietro a un pallone. All’italiota non importava che un cretino guadagnasse quanto il PIL di un comune del trevigiano, perché la squadra del cuore è come la mamma: le si perdona anche d’essere puttana.
I sogni son cresciuti, e a volte son diventati realtà. Certe mamme non si son sentite nemmeno in dovere di perdonare le figlie per essere puttane, ma anzi le hanno incitate a far sempre di più, perché prendere due mila euro per sollazzare un vecchio maiale era una fortuna della quale esser grati. Quindi ogni uomo ha iniziato a guardare con invidia bonaria le gesta di un malato mentale, depravato e degenere, fino a perdonargli tutto. A volte anche solo perché padrone della squadra del cuore. “Ognuno, in privato, fa quel che vuole”, era il mantra da recitare. Il privato era pubblico in realtà, e a ben guardare era anche un reato, al punto che in Italia ancora si ha da discutere il decreto contro la corruzione. E anche questo ha ben poco di civile.
Si perdona tutto, perché in fondo si spera. Si spera che la corruzione non sia un reato così grave, per essere ancora liberi di corrompere, e se non per soldi per avere “un figlio sistemato”. La sistemazione non è solo la chimera di un lavoro, ma di un posto come studente all’università, un letto all’ospedale per il genitore malato, una pensione di invalidità, una casa popolare, la cancellazione di una multa, l’approvazione di un progetto. Si applaude alla mafia –qualunque essa sia – perché con l’indifferenza si è fatto sì che in mafiosità si potesse vivere meglio.
Soprattutto si perdona, perché non si ha davvero voglia né di cambiare, né di combattere per cambiare. Si perdona perché stupidamente in tutti questi anni, si è confuso il diritto col favore personale.
Rita Pani (APOLIDE antimafie)

10.08.2012

 

La lega senza ampolla


“Signora, lei cosa pensa di questa nuova lega?”
“Io ci credo e credo nel Roberto, e poi … questa è la lega 2.0 quindi si riparte”.
Infatti la lega è ripartita da Venezia, ieri, e le novità erano palesi. Niente più elmetti cornuti, alberti da giussani, spade, pugnali, cotte di maglia e soprattutto – hanno detto al telegiornale – “La lega riparte da Venezia, senza ampolla”. Il segretario, accolto dal presidente bossi, ha presentato le novità 2.0 new release: i soldi del nord al nord; basta dare soldi al sud, niente tasse e via Equitalia dal nord. Secessione. Non si cada nel tranello di pensare che sia roba vecchia, che siano argomenti ridibili dal momento che ancora oggi si sorride dinnanzi al ladrocinio padano che foraggiava non feste di maiali, ma la vita “d’orata” del giovane Trota. È roba nuovissima la lega 2.0: la lega senza ampolla.
Grande giornata di novità ieri. Sono emerse le trame del futuro prossimo, delle elezioni sempre più vicine, e del destino di questo povero paese umiliato dinnanzi al mondo intero. Anche Tremonti ha gettato sul tavolo le sue carte vincenti: Il partito delle 3L. “L’ho spiazzata vero?” dice alla giornalista che lo intervistava e lei mestamente risponde: “No, onorevole, pensavo alla prossima domanda che le devo fare”. E lui poi risponde così: “Vorrei ricordare che anche io sono un professore”.  Lista, Lavoro e Libertà. LLL. L’omino dalla voce stridula biascica a suo modo ricette per il domani, e pesta sul passato con: “Io l’avevo detto, io lo pensavo”. Vien da ridere ad ascoltarlo dall’altra stanza, come se fosse una delle migliori perfomance di Corrado Guzzanti.
Leggo che anche la minetti ha parlato al popolo teledipendente della domenica ieri. Pare abbia detto che non comprende proprio perché dovrebbe dimettersi, e che in ogni caso lo farà solo se sarà Angelino a chiederglielo. Poi ha detto che anche le persone non preparatissime come lei, hanno diritto a restare in politica, perché lei – per esempio – ha voglia di fare. (Inutile spender parole che suonerebbero banali)
Meglio dedicarsi alle novità e alla grande voglia che pare finalmente abbia contagiato tutti: “Rinnovare”. Da giorni appare nei teleschermi italiani la faccia drammaticamente tirata di cicchitto, il quale ammette candidamente la necessità di listini almeno parzialmente bloccati “per garantire l’accesso al parlamento dei big della politica, che altrimenti rischierebbero di non essere eletti”. Poi spiega che il rinnovamento deve esser fatto bene, per non rischiare di gettar via il bambino con l’acqua sporca. “I big della politica” mi piace assai. È un buon metodo per dire ciò che nessuno oserebbe mai dire. Dopo la metafora calcistica si è passati alla retorica sanremese, capace di insinuarsi anche tra i neuroni  delle donne. Una sorta di quota rosa della minchiata.
Non riesco nemmeno a considerare tutto questo un’operazione di restyling, è un abominio assai più grave: è l’insulto continuato ai danni delle nostre intelligenze.
Oggi la disputa non è più tra destra e sinistra, tra fascisti e comunisti. La lotta oggi è tra l’essere senzienti e l’essere cretini. E dopo la signora della lega 2.0, dopo i risultati del pubblico domenicale che è rimasto impalato davanti alla scatola magica che lasciava parlare la minetti, dopo la seriosità con la quale si porge un microfono a cicchitto, c’è da ammettere la scomoda verità: i cretini, in Italia abbondano. E noi siamo fottuti.
Rita Pani (APOLIDE)

10.05.2012

 

Tutto accade già


È tragicomico. In realtà più tragico che comico, sentir parlare di rinnovamento in casa berlusconista. Evoca in me, al massimo, immagini della storia recente, di quella Genova in cui vennero imposti i teloni dipinti per camuffare le facciate dei palazzi con l’intonaco sbiadito, o l’ordinanza che proibiva di stendere mutande ad asciugare laddove sarebbe poi passato Bush. Mi ricorda la tetta del quadro del Tiepolo, coperta per decenza (sic!)

È fantastico sentire Alemanno cianciare sull’inopportunità di una lista pdl alle elezioni romane: meglio – dice – una lista civica. Che farà? Militia e libertà? Certo il berlusconista italiota di ritorno si sentirà perso senza il nome del padrone sul simbolo del nuovissimo partito, ma si ritroverà presto sui nomi dei candidati, sempre quelli, magari con qualche piccola variante: “Al posto di Batman ce mettemo Nembokid; via la Polverini e ce infilamo le gemelle Ciuccia e Slappa, macedoni naturalizzate italiane, avute in omaggio con l’ultimo cargo di ragazzette importate dall’est.
Tutto nuovo e rinnovato, volti nuovi, nuove idee sempre uguali alle vecchie, proprio come si fa dentro la TV. L’importante sarà la campagna elettorale, che sarà diversa, perché per prima cosa si dovrà far credere al popolo italiota che sarà tutta un’altra cosa: meno tasse. Questa la prima promessa da fare, e poi il resto che avrà quel profumo di nuovo che solo le auto hanno davvero quando le vai a prendere in concessionaria. Per esempio più sicurezza per i cittadini, meno rom, i negozi aperti ventiquattr’ore su ventiquattro. La possibilità di evadere il fisco ma solo se superi un reddito di 200 mila euro l’anno, e la certezza di farla franca sempre.
Non sembra serio quel che ho scritto fino a qua, e invece è la realtà. Quella stessa che conosciamo da vent’anni e che pure ancora fa stupire molti di noi, che lascia increduli e basiti, a sospettare che di normale, in questo paese, non ci sia rimasto più nulla.
Oggi ci indigniamo – giustamente – per le squadracce della polizia fascista che manganella i ragazzini per strada, ma non ci indigneremo quando scopriremo che i genitori degli stessi ragazzi, magari pronti a perorare la causa dei loro figli rimandati a settembre con quattro insufficienze hanno fatto ricorso al TAR, ma non faranno ricorso alla corte di Strasburgo o non si appelleranno alla Carta dei diritti dell’uomo, o a qualunque altra cosa possa favorire un ripristino della civiltà. Il diritto all’istruzione, per esempio, anche se la scuola pubblica di fatto proibisce alla maggioranza dei ragazzi di studiare, imponendo costi troppo elevati, tenendo i nostri figli in strutture fatiscenti, o in mano a disgraziati precari che a volte in una mattina devono percorrere chilometri e chilometri per essere in una delle tre o quattro scuole dove devono insegnare.
Bastasse cambiare il nome o il simbolo di un partito per rinnovare un paese, oggi saremo nuovissimi, visti i trasformismi degli ultimi vent’anni. Anche se onestamente non me la sentirei di scommetterci sopra. È così scarsa la memoria del popolo italiota che tutto può accadere. Anzi, accade già.
Rita Pani (APOLIDE) 

10.04.2012

 

Spaco botilia e ti rompo i copertoni


Ero rimasta alla bellissima lettera di Lavitola, con quell’elenco puntato di richieste al “presidente del consiglio”; un capolavoro d’arte che rimarrà, spero, a lungo sui libri di storia. Son tornata e mi trovo ad affrontare la bozza della nuova legge elettorale – la bozza calderoli – e “il politico” che vistosi usurpare il posto auto da un disabile, gli sfrangia i copertoni.
Mi frego le mani perché la giornata è appena iniziata: cosa accadrà oggi? Quali esilaranti gag staranno scrivendo gli autori un poco perversi della nostra esistenza? Cosa prevede lo studio sulle nostre funzionalità psichiche? Perché nessuno riuscirà a togliermi dalla testa che siamo vittime di un enorme imbroglio. Sono sempre più sicura che ogni mattina, lavandoci i denti, facendoci il bidet o la doccia, bevendo l’acqua del rubinetto (che ormai comprarla in bottiglia è un lusso), noi si assorba qualche sostanza, qualche farmaco o virus sperimentale capace di tenerci buoni e sereni come amebe.
E anche di più. Sono convinta che l’esperimento debba continuare ed anzi inasprirsi, visto che non siamo ancora tutti – ma proprio tutti – fottuti. C’è qualcuno di noi meno ricettivo e un po’ più resistente alla sostanza. Noi che nonostante tutto, ancora pensiamo. Anche se a dire il vero – prendendo me per esempio – devo ammettere i primi cedimenti strutturali. Non che ceda la mia resistenza al “virus”, ma inizio a sentirmi sfiancata e arresa.
Ieri, per esempio, rientravo da un viaggio allucinante in un carro bestiame volante della Ryanair, e dietro di me un uomo e una donna troppo loquaci parlavano a voce troppo alta degli affari loro. L’uomo a un certo punto, dopo essersi informato sulla vita della donna ha detto sicuro: “Monti? Che il diavolo se lo porti che ci sta uccidendo di tasse. Era meglio berlusconi, almeno pensava agli affari suoi e ci lasciava vivere. Che a me cosa me ne importava se aveva le fidanzate? Lui lo aveva tolto l’ICI.”
La donna – perfetto prototipo di luogocomunista – dopo il sospiro di ordinanza ribatteva: “Ehhhhh. Non lo dica a me, guardi, che sono una commerciante che sta aperta anche la domenica. Ci sta ammazzando, che ora passa la finanza tutti i giorni e controlla gli scontrini. Che berlusconi almeno – si aveva le donne – ma voleva togliere anche gli scontrini. Ci stanno uccidendo, ha ragione. Prima un po’ di nero si poteva fare almeno e si riusciva a sopravvivere noi commercianti. Ora se non paghi le tasse rischi che ti portano via la casa costruita con tanti sacrifici.”
In altri tempi – dato anche il fastidio che mi procuravano – gentilmente avrei fatto notare ai due ammalati che il loro comportamento era esattamente ciò che aveva facilitato l’ascesa della nuova classe non politica dirigente, fatta di ladri e mafiosi, disonesti e malavitosi. Ieri invece no, ho solo pensato che avrei un sacco di cose alle quali dedicarmi, cose assai più rilassanti e piacevoli, che non logorarmi il fegato andando a sbattere contro la quotidianità fatta di queste cose.
Sono certa che i due dementi di ieri, dinnanzi alla notizia del “politico” che vantava il possesso di un posto auto per averci lasciato la Jaguar ogni giorno per tre anni, non solo sono inorriditi, ma si saranno anche indignati e lo avranno insultato così come sono stati capaci di insultare Monti e tollerare qual tizio debosciato che si faceva stringere le palle da un idiota ignorante come Lavitola.
Questa certezza mi lascia oggi interdetta. Non hanno più senso le battaglie per la civiltà, per la democrazia e per la “giustezza”. Credo che sia più salutare e rilassante impegnarsi per delinquere, in modo da iniziare veramente a vivere, smettendo di sopravvivere.
Rita Pani (APOLIDE) 

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