9.29.2010

 

Ma davvero c'è la corruzione?

Ogni tanto arriva una dolce folata di speranza, quando per esempio, anche Bersani, parla apertamente di corruzione. Tutto sommato siamo un popolo paziente, oltre che ben addomesticato, e se non l’avessi letto con i miei occhi, non avrei mai saputo quanto. C’è persino qualcuno che dopo queste dichiarazioni, tratta Bersani come un eroe o un paladino.

Noi che da un pezzo non solo sappiamo, ma quotidianamente denunciamo il sistema di corruttela che governa questo povero stato, ci accontentiamo consolandoci col fatto che, finalmente, il letargo appaia finito, e si sentano le prime avvisaglie del disgelo.

Ci fu già un’inchiesta della magistratura in merito alla precedente ed eclatante operazione di corruzione per far cadere il governo Prodi, e si seppe pure che laddove non bastò pagare in danaro, si utilizzò la moneta più preziosa della carne umana, sotto forma di ragazzine accompagnate dalle madri nella tana dell’orco, ben arredata dentro i palazzi del governo, o la santificazione di ballerine e troiette fatte accedere al santuario della televisione. Ma ripeto, che lo sappia quella parte di popolo pensante, o che lo scriva io o qualche altro pezzente come me, non assume lo stesso rilievo di quando, finalmente, si alza potente la voce dell’opposizione, mistica come una resurrezione.

Quel che mi lascia perplessa è, e temo sarà, l’assenza di reazione. Qualche giorno fa esprimevo il dubbio sulla ventilata ipotesi, che il governo di corruttori promettesse ai corrotti “un mutuo”. Non riuscivo a comprendere i termini dell’accordo economico. Ora che si sa che i corruttori hanno pagato a rate di diecimila euro mensili i corrotti, non mi pare – ma forse sono distratta – che sia accaduto nulla, tranne la presa di posizione di Bersani, il paladino.

Oggi il mio dubbio è un altro: siamo troppo intelligenti noi, in un mondo di cretini? Non è che poi si debba essere dei geni per comprendere quel che sta accadendo in Italia. Basterebbe allineare quotidianamente le notizie riportate da quel poco che resta di una stampa ormai surreale, che tra la notizia di una sexy giornalista che cade dai tacchi, e il resoconto delle difficoltà di creare nuovi modelli di nude look a velocità stratosferica, infila dentro il quotidiano arresto di un amministratore pubblico, le vicende della P3, le malefatte della protezione civile e la sua collusione con la camorra, la sparizione dei fondi comunitari destinati alle zone depresse del sud e rubati dalla lega del nord, la miriade di commissariamenti italiani utili solo a pagare stipendi “fantasma” a fantasmagorici ladri; e via tutta la serie di malefatte più o meno note, che ormai sembrano nemmeno capaci di sfiorarci più di tanto.

È sapendo tutto questo che questa sera tardi, molti di voi assisteranno all’immancabile conferenza stampa del tizio del consiglio più corrotto degli ultimi 150 anni, che con la sua faccia di plastilina dopo aver detto qualche barzelletta, vi racconterà la favola della maggioranza più coesa e laboriosa che la storia d’Italia abbia avuto. E sempre sapendo tutto questo, dopo qualche bestemmia e qualche mugugno, si tornerà alle cose serie: le cazzate di bossi.

… e mi auguro di cuore che non si stia in attesa dei fascisti di fini. Sarebbe davvero troppo …

Rita Pani (APOLIDE)


9.27.2010

 

SPQR ... Sembra proprio quasi reale

Soffermandoci a leggere le cronache della giornata politica odierna, si potrebbe dire che l’Italia finalmente ha risolto tutti i suoi problemi, tranne quelli giudiziari del tizio che la governa. Stiamo così bene, che le uniche discussioni vertono sulla dissenteria cerebrale di un relitto umano, che ancora si attarda in pubblico solo per attendere il tempo necessario che il figlio scemo, da lui designato alla successione, sia pronto; proprio come usavano i vecchi sovrani celti da cui lui e il suo popolo di mammalucchi pensano di discendere.

Il problema è che s’era messa di traverso anche Emma Marcegaglia, nonostante questo governo le abbia dato in comodato d’uso mezza Sardegna, e problema nel problema, come spesso accade in Italia, a poche ore di distanza dalle preoccupate dichiarazioni sullo stato delle imprese italiane, la CGIL si era subito accodata rendendo noti i dati reali del deserto economico che sta più o meno distruggendo la vita di un’intera generazione.

C’era stato anche il simpatico siparietto del presidente della camera, che pur non giurando sulla testa di nessuno dei suoi figli di famiglia canonica o di concubina, aveva spiegato in diretta web che malgrado l’arrivismo dei nuovi parenti putativi, lui non aveva alcun conto offshore, e insinuando così il dubbio che il suo co-fondatore del partito della libertà, nonché capo del governo, fosse un tizio uso all’evasione fiscale, con le sue ville in paradisi fiscali, e con il caso Mills ancora maleodorante alle spalle.

Scavando meglio in quel che non succede in Italia, e che ci lascia liberi di correre alla crusca gettata da quel che resta di bossi, si sarebbe potuti incappare nelle reiterate morti di neonati in vari ospedali italiani, e magari, con una visione attenta o la domanda giusta, avremmo potuto iniziare a sospettare che il disegno preciso di questo governo di affaristi in malaffare, fosse quello di negare interventi chirurgici di routine, come l’appendicite o un parto cesareo, solo per costringere i polli a farsi spennare dalle assicurazioni sanitarie, che in pochissimi italiani hanno già stipulato, magari con una delle compagnie assicurative di proprietà del tizio imprenditore del consiglio.

Si affacciava intanto un nuovo problema, per l’Italia: il compagno Bagnasco del PCEI, il quale esortava i politici italiani a non litigare più, e i cattolici a scendere nell’agone politico. Casomai ancora non bastassero.

E ancor di più quel che resta di bossi, era dovuto andare in soccorso al tizio malavitoso del consiglio, pee la palese guerra di camorra che si sta scatenando in Campania, con l’utilizzo della spazzatura, che finalmente si sa non essere mai stata riciclata o decomposta, ma soltanto nascosta sotto un palmo di sabbia per riessere riesumata all’occorrenza del ricatto.

Bossi ha detto che i romani sono porci e che devono correre con la biga? E che problema c’è? Ve lo ha detto uno che guida un popolo che si mette in testa un elmetto con le corna. Fareste scoppiare una guerra solo perché un tale con uno scola pasta in testa vi punta una pistola laser? Certo il primo è ministro della Repubblica Italiana, ma che volete che sia? Il tizio è presidente del consiglio!

Rita Pani (APOLIDE)


9.26.2010

 

Un popolo maturato per forza

Non è tanto per la regola del dividi et impera che tutto è potuto accadere, quanto per la pessima vocazione, tutta italiota, all’individualismo. In fondo il nostro paese è ben rappresentato da un banco di frutta e verdura di un super mercato. C’è il contenitore dei guanti di plastica, che non usa nessuno, e c’è la frutta che alla sera, se ci fate caso, troverete maturata con le impronte digitali di chi, per tutto il giorno l’ha tastata per scoprire se fosse matura; abbandonata quasi in marmellata. Un po’ come quel detto di saggezza popolare che sentivo dire in sardo, e che tradotto recitava più o meno: “L’importante che bolla bene la mia pentola.”

Solo grazie a questa antica vocazione, la propaganda ha potuto far presa e permettere l’inimmaginabile. Se a Napoli qualcuno era convinto, e pure odiosamente invidioso, che l’Aquila fosse stata ricostruita in tre giorni dopo il terremoto, a Palermo forse pensavano che Napoli fosse stata ripulita dall’immondizia. In padania c’era chi pretendeva che al sud si pagassero le tasse e quindi ha imparato presto a non pagarle, e al sud non si pagavano perché non si doveva essere di meno dei padani. A noi in Sardegna è bastato poter sperare di tornare a sorridere, (infatti il tizio ha incontrato gli operai della Vinyls e si è esibito con qualche barzelletta). Se a una porzione di popolo basta non sapere che gli extracomunitari continuano a morire ingoiati dal mare, o è soddisfatto di poter continuare ad avere qualcuno da odiare, ci sono altri che grazie alla legge maroni sulla compravendita di vite umane e permessi di soggiorno, su queste stesse vite ha potuto lucrare.

L’italiota non ci sta a portarsi a casa la frutta bacata, la schiaccia, la palpa, la prende in mano e la odora. E se per caso ci starnutisce sopra, la ripone in mezzo alle altre perché prova un po’ di schifo persino di sé stesso. Quindi ogni tanto va bene persino un morto in guerra che torna avvolto in un tricolore. È perfetto, si è offerto in sacrificio per la patria, per la pace soprattutto, quella a cui ogni italiota anela anche dopo aver obbligato un bambino mussulmano a mangiar carne di maiale. Non vuol sapere che venerdì scorso altri due uomini sono morti uccisi dal lavoro, perché tutto sommato son cose che capitano, perché è la regola del mercato che impone il risparmio. E c’è chi ancora chi preferisce, magari guardando bollire bene la sua pentola, parlare di risparmio e non di sfruttamento.

Anche quando ci sarà qualcuno che dal nichilismo italiota si sentirà autorizzato a ventilare l’ipotesi di vietare a un bimbo disabile di frequentare una scuola, ci sarà l’italiota che fingendo commozione guarderà il suo bimbo ariano ringraziando dio, proprio come se fosse il vapore lento che si alza dalla pentola che ha sul fuoco, poi sussurrerà alla sua coscienza che sì, in fondo quel bambino che sta in classe con suo figlio, e per tutto il giorno mugola e si lamenta, un poco disturba.

E via così, per ogni piccola furbizia che fa sentire abili alla vita in un paese ormai surreale.

Mi piace pensare che oggi, coloro che ieri hanno palpato e ripalpato le pere che io non ho potuto comprare, ed essendo convinti di aver portato a casa quelle migliori, spaccandole a metà col coltello, le vedano nel mezzo brulicare di vermi.

Rita Pani (APOLIDE)


9.24.2010

 

La democrazia - era - a rischio

I fascisti di fini si accorgono che la democrazia è a rischio, perché il tizio del consiglio usa i servizi segreti pro domo sua, anzi pro domo di fini. E capirai che novità! Certo, la democrazia era meno a rischio quando anche loro partecipavano alle mirabolanti imprese del nostrale 007 betulla, o quando i giornali di proprietà del tizio, pubblicavano le dichiarazioni di guzzanti (quello riuscito male) sull’appartenenza di Prodi al KGB, che al solo pensiero di quante volte mi è stato ricordato dai paladini dell’illegalità, e dal popolo leghista, ancora mi ribalto dalle risate. Per non parlare dei dossier falsi sulla segnalazione di un uomo alla questura, come soggetto omosessuale, che già detto così dovrebbe far capire quanta democrazia ci avanzi.

Sì, la democrazia è a rischio per le poltrone loro, per i loro intrecci, per le loro guerre intestine, per l’uso anomalo dei servizi segreti deviati, li stessi che sono riusciti a procurare di governare la Regione Lazio, dopo il meritorio servizio reso a Piero Marrazzo, con tanto di cadaveri sparsi, sepolti e in fine riesumati per essere ancora sepolti meglio in modo che non se ne parlasse più.

Gridano ora, è normale, dato che son finiti per essere vittime degli stessi meccanismi che non hanno disdegnato per riemergere e governare questo povero stato massacrato.

I fascisti dovrebbero ben sapere che la democrazia è morta quando si è approvata una legge che di fatto nega ai cittadini italiani il diritto di scegliere ed eleggere i propri rappresentanti.

La democrazia muore ogni giorno un pezzo di più, da quando il Parlamento italiano è tenuto sotto scacco dall’uso privatistico che ne fa il tizio capitalista che lo occupa.

Muore e imputridisce nella negazione del diritto allo studio.

La democrazia non esiste in uno stato che non è capace di garantire ai cittadini l’accesso ai servizi, e a una vita dignitosa.

La democrazia è stata uccisa quando è stato permesso ai fascisti di risollevare la testa, e di stracciare di fatto la Costituzione.

Ora la democrazia non è altro che il labile ricordo nostalgico, di qualcosa che non abbiamo più e che a malapena, alla democrazia, somigliava un po’.

Rita Pani (APOLIDE)


9.23.2010

 

Pensieri stanchi

Da tempo, compatibilmente con la pietra che mi vive dentro, sto lavorando ad una raccolta degli articoli del mio blog, in vero senza aver nemmeno capito bene che farne. L’idea in partenza era quella di de-scrivere un decennio di galoppo verso il baratro e molto più giù, ma mentre vado avanti nella ricerca, di tanto in tanto mi soffermo a leggerne uno più di un altro, poi mi guardo indietro con la speranza di veder apparire, dietro il monte che mi sovrasta, un’astronave, un piccolo esercito di alieni che mi porti via, o mi folgori con una pistola laser, che tanto – a legger bene tra ieri e oggi – non farebbe differenza.

Sembra davvero a volte, che la realtà superi la fantasia, e quando poi vado a sbattere contro i riferimenti della stampa estera, e penso che tutto intorno ci guardano, mi vergogno sempre più di far parte di questo sputo di terra che qualcuno ancora si ostina a chiamar patria, e – senza peccare di presunzione – mi spiace molto di aver dovuto abdicare a molta parte della mia vita, per aver creduto fermamente in un ideale ancor prima che in un’idea. Qualcuno come me saprà quanta solitudine si può provare dentro e intorno.

Mi sono accorta che è davvero cambiato questo paese, con la colpevolezza dei cittadini che lo calpestano, non solo avendo votato per la criminalità che ora, senza più nemmeno il pudore iniziale lo governa, ma ancor di più lasciandosi educare a guardare sempre il dito e non la luna.

C’è chi si rammarica perché l’Italia ha avuto una democrazia senza nemmeno fare una rivoluzione, e a me sembra che tutto sommato non sia stato male. Non oso pensare a un esercito rivoluzionario italiano, incapaci come siamo stati persino di trovare una coerente coesione d’opposizione reale. Avremmo avuto una ventina di falangi differenti, con scarponi differenti, con le capigliature differenti, e le guerrigliere scisse tra quelle della matita e quelle del mascara, del ciuffo o della frangetta. Avremmo finito per spararci addosso l’uno con l’altro, e riunirci solo perché dalla televisione mancherà un programma – se pure intelligente e di satira – sempre un programma televisivo.

Sei o sette anni fa, si guardava alla lega con sospetto e divertimento (impossibile non divertirsi con la lega) ma in sei o sette anni, con contratti notarili stipulati con un criminale, a mo’ di alleanza politica e aderendo di fatto ad un’organizzazione criminale che governa uno stato (il nostro) siamo arrivati al disastro totale, che troverà riscatto solo se e quando, responsabilmente si tornerà ad occuparsi di politica. In sei o sette anni si è fatto sì che un tizio ricattabile venisse ricattato da un branco di predatori a cui del neonazismo non importa assolutamente nulla, ma che bene sono riusciti a inculcare in un popolo impoverito dall’ignoranza il concetto. Un po’ come quello che vende carne avariata e porta quella buona a casa sua.

E lo stesso principio vale per il fascismo, fatto digerire a questo popolo distratto o troppo occupato a sopravvivere, a colpi di rapine in villa, violenze carnali, scippi, furti e ruberie. La sicurezza! Ma nessuno oggi ricorda la sicurezza? La ragazza del Lesotho violentata e salvata in nome della sicurezza? (che almeno per far sindaco un fascista violentarono una negra)

Ne avrei molti esempi da aggiungere, ma rischierei di dilungarmi oltremodo in una sorta di sfogo triste e desolato, che a nulla servirebbe. Il fatto è che, appunto, dopo aver passato quattro ore immersa nella nostra storia recente, ho letto i giornali di oggi. La Dandini non avrà il contratto, e questo è fascismo. Concordo. C’è aria di lotta e di battaglia: il waka waka contro minzolini.

Il 13 agosto scorso, mentre tutti si stava chiappe all’aria a guardar bei sederi depurati dagli inestetismi della cellulite, il governo solerte del fare aboliva una legge che oggi consente alle fabbriche di inquinare allegramente. Taranto, scrivono gli ambientalisti preoccupati, sembra una città del nord avvolta dalle nebbie. Il decreto salva Ilva – così si chiama – darà la sicurezza ai cittadini di crepare di cancro. E nemmeno un waka waka contro Riva.

In sostanza, quando si è permesso di mettere un criminale al governo, che a sua volta ha imposto un’ignorante al ministero dell’istruzione (che nemmeno è più pubblica), una soubrette con un passato discutibile alla famiglia e alle pari opportunità, un brunetta alla pubblica amministrazione, fino ad arrivare ad una industriale più volte rea di aver inquinato e devastato ampi territori con le sue fabbriche, cosa ci si sarebbe potuto aspettare?

Il ritorno alla ragione?

No, la protesta per una nuova fiction voluta dalla lega con i soldi italiani, contro l’Islam.

A noi la carne avariata, a loro il filetto buono.

Rita Pani (APOLIDE)

PS

Chiedo scusa a chi si sentirà offeso, ma sia chiaro che pure io mi sento partecipe e responsabile …


9.22.2010

 

Balilla e giovani padane

Alla fine dell’anno scolastico, non ci saranno più quelle recite a cui per anni, noi genitori, siamo stati sottoposti, e alle quali abbiamo partecipato con divertimento, commozione e a volte un pizzico di sconforto. Alla fine dell’anno scolastico, voi genitori padani, accompagnerete i vostri piccoli balilla e le vostre giovani padane, al saggio ginnico. I maschietti in fila tireranno di schioppo, di arco e balestra; compiranno evoluzioni volteggiando attraverso cerchi di fuoco, e arriveranno ai vostri piedi strisciando fieri sotto il filo spinato, al passo del giaguaro. Le femminucce faranno roteare i cerchi di legno sui loro fianchi, indossando magliette trasparenti e perizoma fucsia al passo di samba.

Nell’epoca della gioventù in branchi, che violenta le compagne di scuola, che massacra il disabile, che pesta i gay o i negri, non è necessario insegnare l’educazione civica e morale, bisogna insegnare l’uso delle armi per conservare la fierezza italica, e il senso del sacrificio per la patria.

A che serviva insegnare il latino? Perché mai insistere con i fondamenti della matematica? La prima è una lingua morta (meglio i corsi dialettali) la seconda ormai non serve più non essendoci rimasto nulla da contare. I poeti poi, son roba da froci. Ci vuole un Italia maschia, che sappia spezzare le reni al nemico. O forse solo una padania maschia.

Infatti tutto questo accade o accadrà nelle scuole lombarde, al grido di “Allenati per la vita”. Dovrebbe far rabbrividire e non credo ci sia bisogno di sforzarsi per comprendere il perché. Non solo già si educano i bambini al razzismo, ma meglio sarà quando anziché dar fuoco a un campo rom, si potrà giocare al tirassegno con le vite umane, difendendo così la propria vita dall’invasione “beduina”.

Ci saranno genitori fieri di mandare i loro figli alla scuola di guerra fortemente voluta da un ministro fascista e un’imbecille chiamata a decidere del sistema scolastico italiota per meritocrazia? Immagino di sì, dato che ogni tanto a Pontida, quando quel che resta di bossi inneggia ai milioni di fucili padani, e alla secessione tutto il gregge con l’elmetto cornuto esulta eccitato, anche se poi né i fucili, né la secessione arrivano mai.

In Italia bastano i sogni, e sognare di avere un esercito ben addestrato è un bel sogno per chi già si sente circondato di nemici ai quali fino a ora si è dovuto accontentare di proibire di cuocere kebab, o di vendere braccialetti per le strade, di pregare o di conservare sé stessi e la loro cultura, pur vivendo perennemente da ospiti indesiderati in un paese in cui si ritrovano schiavi da almeno due generazioni.

È con cuore colmo di gioia che ringrazio chi, con il suo voto e il suo vuoto, ha reso possibile tutto questo. Non basteranno tre generazioni per tornare ad essere un paese minimamente civile, ma chi se ne fotte? Tanto noi a quel punto non ci saremo più. Certo, ci saranno i figli dei nostri figli, ma tanto saranno allenati per la vita.

Rita Pani (APOLIDE)


9.21.2010

 

Veronica e le altre


Mi viene da immaginare chi, la settimana prossima, terrà in mano Novella 2000 e leggerà questo meraviglioso articolo. Una come me, e siamo in tante, che dall’oggi al domani si è trovata senza un tetto sulla testa, magari malata e che ha difficoltà a curarsi, con in tasca una modestissima cifra di danaro che si assottiglia giorno dopo giorno, tra la farmacia e la spesa obbligata da una dieta impossibile, e per fortuna un affitto che se pur ragionevole la tiene sveglia la notte. Una persona come tante, che aveva creduto di star costruendo qualcosa nella sua vita, e aveva investito fatica ed energia, per ritrovarsi poi da un giorno all’altro sola, senza alcuna protezione da parte di uno stato troppo impegnato a far finta di credere in Dio, per occuparsi delle anime, senza un domani.

Io so esattamente cosa penserei, perché se pure ho letto solo l’anticipazione pubblicata con solerzia, dal Corriere, lo sto già pensando. Novella 2000 è un giornale in mano ai comunisti sovversivi, che con l’ausilio di altri organi di stampa, vuole subdolamente spingere il popolo alla rivoluzione. Cosa meglio della fame che stiamo conoscendo, e che fino a qualche anno fa, avevamo sentito raccontare quando ci dicevano della guerra, e dell’erba di campo che era una fortuna trovarla, potrebbe spingere un popolo alla ribellione? Cosa, se non il sentirci oltraggiati potrebbe portarci a tirare su la testa?

Ma so esattamente anche che, chi terrà in mano Novella 2000, stando in una situazione simile a quella di molte donne che non hanno avuto la scaltrezza di mettere al sicuro il loro domani, o essendo disoccupate o malate o semplicemente sole (e per sole intendo senza una famiglia alle spalle) sarà anche capace di aver pietà della signora Lario, in modo che ci si possa sentire non solo buone, ma anche un po’ più fortunate di lei, che ha avuto sì i soldi – che non sono tutto nella vita – ma anche un marito puttana e puttaniere capace di tradirla addirittura con delle ragazzine.

Poi però penso ancora, e ci sono altre notizie di ladri e di ruberie, di fabbriche che chiudono, di licenziamenti annunciati, di parenti congelati per avere ancora una pensione, e allora mi ricordo che siamo in Italia, il paese davvero dei sogni, dove al massimo si può ancora sperare che Dio chiuda una porta per aprire un portone. E chi se ne frega se il portone è quello dello IOR per lasciar entrare la finanza? Tanto chi leggerà di Veronica e se ne farà cruccio, di questo non saprà mai.

Rita Pani (APOLIDE)


9.19.2010

 

Politichese

Ora mi rendo conto che è passato davvero tanto tempo dall’ultima volta che con passione ho scritto di politica. Erano più o meno i tempi in cui scrivevo lettere a Romano Prodi, rivendicando la mia autorità nei suoi confronti, avendo contribuito anche io a mandarlo a fare i nostri interessi al governo, a lavorare per noi.

Scrivere di politica è ormai impossibile perché non esiste più. I politologi dovrebbero essere tutti disoccupati, zitti e tristi. Invece ancora qualcuno finge di riuscire a fare qualche analisi, persino azzarda qualche previsione. Quindi si leggono cronache accese sulla compravendita dei parlamentari in corso, per garantire al tizio di continuare a devastare il paese, oppure le dichiarazioni di veltroni che subodorata la possibilità di veder cadere il tizio, corre in soccorso ricevendo da lui persino un plauso e un commosso ringraziamento.

La settimana scorsa, una dichiarazione di spessore dell’eurodeputato (lo è) borghezio rassicurava sul fatto che le merde mafiose fossero state estirpate dalla Sicilia grazie a maroni e quel che resta di bossi, per cui avremmo dovuto fare loro un monumento, e se lì per lì sorvolai, pur restando basita, oggi devo riconoscere che c’è del vero: dalla Sicilia, la merda mafiosa rischia di aumentare il numero di mafiosi al governo della nazione italiota, portando magari a un ministero totò cuffaro, aka vasa vasa, già condannato due volte per concorso esterno ad associazione mafiosa. In effetti mi pareva anche strano che con un curriculum così non avesse preso un pezzetto di potere.

Ci arriverà grazie alla compravendita di parlamentari in atto ormai da mesi, portata avanti con meticolosità dal tizio presidente anche del Milan, abituato a promettere contratti succulenti a giocatori imberbi che non sanno resistere ai milioni, la bella casa e la macchina di extralusso. E infatti si narra di proposte di rielezione e mutuo per chi volesse voltare la sua gabbana. Che poi non si è capito bene se il mutuo lo ricevono a tassi vantaggiosi o se saranno loro ad esser pagati a rate.

Com’è come non è, la famiglia di cuffaro ha accettato, e per dirla in politichese, come la direbbe borghezio, altra merda mafiosa potrebbe governare l’Italia insieme alla merda leghista.

Non si sa ancora, perché il tizio dei miracoli, sotto la stretta osservazione dei politologi, oggi si diceva sicuro non solo di non aver comprato nessuno, ma anche di avere i numeri per andare avanti per tutta la legislatura, mentre i suoi alleati della lega, si tenevano più stretti, fermandosi ad un 50% di possibilità. Il tizio inoltre, sempre carico di emotività e passione per la cosa pubblica, con in mente solo il bene del popolo, si è rammaricato del fatto che fini lo abbia tradito proprio mentre l’Italia usciva dalla crisi, fornendo così alla stampa estera e comunista l’occasione per scrivere bugie sulle loro testate. Persino quella dal titolo emblematico: Bordello Italia. E non in senso metaforico, ma proprio ricostruendo le abitudini del tizio che ha trasformato in un casino tutto uno stato, iniziando dalle sue abitazioni.

Quale migliore metafora per spiegare a chi ha la fortuna di vivere lontano da questo gran casino, che non abbiamo più le istituzioni, che non esiste più senso dello stato, che siamo l’unico paese al mondo che tiene a libro paga un governo che non governa? Prendiamo l’ultimo caso di Adro: il sindaco rifiuta l’ordine di un ministro dicendo che obbedirà solo a quel che resta di bossi, perché prima che sindaco è un attivista della Lega. Capisco che se il ministro è la gelmini è difficile prenderla sul serio, ma è ministro della Repubblica Italiota.

Per quel poco che mi intendo di politica, ritengo che il problema dell’Italia sia sempre lo stesso: l’irrisolto conflitto di interessi. L’utilizzatore finale non può essere anche maitresse.

Rita Pani (APOLITOLOGA)


9.18.2010

 

Grazie per essere morto per la patria.


Il tizio del consiglio ha ringraziato il Tenente Romani per quello che ha fatto; per essere quindi morto, e morto per la patria. Essendo un morto di Roma, possiamo presumere che sia morto per la Patria del sud, e infatti domani, in occasione dei funerali solenni, il capo dello stato (quello del sud) ha annullato il previsto concerto al Teatro dell’Opera, in conclusione dei festeggiamenti di Roma Capitale (del sud).

Già, perché al termine dei lavori della Camera di ieri, è stato approvato il decreto per Roma Capitale, che farà della città eterna un nuovo salvadanaio ad uso e consumo di un sindaco inetto, capace di far peggio persino di Veltroni. Per giustificare al suo popolo di legaioli, la collusione mafiosa alla quale è dedito, quel che resta di bossi ha rilasciato una dichiarazione politica di grande spessore, che immagino sarà riportata su tutti i libri di storia del prossimo millennio: “Abbiamo votato perché alemanno piangeva, ma ora si faccia anche la capitale del nord.”

No, non è una cazzata. È una cosa serissima, che serve sempre per dar mangime al popolo padano. La capitale del nord serve per portare al nord i ministeri, che da sempre, afferma quel che resta di bossi, equivalgono ad una marea infinita di posti di lavoro. “Lavoro” è una parola magica in padania. Il legaiolo non sospetterebbe nemmeno a quale grado della scala Mercalli sia paragonabile questa idiozia, e tanto meno è capace di immaginare quali parenti e affini andrebbero ad occuparli quei posti “di lavoro”. Il legaiolo non crede nemmeno che cota, dopo aver truccato le elezioni abbia cannibalizzato i posti di lavoro spettanti al popolo, per regalarli ai parenti e agli amici. La lega è il partito dello stato del nord, che si differenzia dallo stato del sud, perché paga le tasse, perché lavora, perché rifiuta l’islamico, perché si prepara a regalare una bibbia ad ogni studente padano, che va in una scuola disseminata da simboli padani, perché brucia i negri, e perché ha ministri che portano a spasso i maiali laddove ci si impegna a non far sorgere mai una moschea.

Grazie quindi per essere morto per la Patria. È morto, il tenente Romani mentre arrestava terroristi, ovviamente, e ovviamente la verità non la sapremo mai, se non quella che è palese agli occhi di tutti, ovvero che ancora siamo impegnati in una guerra che non ci possiamo permettere, né per Costituzione, né per economia, e solo perché servi degli americani o governati da una destra fascista che da anni covava e desiderava di poter finalmente giocare a risiko con la pelle degli altri.

Sono ormai 30 i caduti in guerra di pace, in un paese occupato che oggi va alle elezioni sotto le bombe della democrazia che gli abbiamo insegnato.

30 eroi tornati in Patria avvolti dal tricolore. La bandiera che oggi nel nord è vessillo di eversione, e sbandierando il quale si rischia persino di essere schedati dalla polizia. Quella del nord.

… Se facessero pace col cervello …

Rita Pani (APOLIDE)


9.16.2010

 

Che paura, il burqa.

Io mi ricordo, quando qualche anno fa, i giornali pubblicarono una notizia che aveva qualcosa di straordinario: “ A Kabul una donna prende la patente. Gli uomini tagliano la barba.” La dovevamo digerire, in qualche modo, la sporca e santa guerra alla quale contro ogni norma costituzionale partecipavamo (e continuiamo a partecipare).

E mi ricordo anche di come, ogni tanto, torni ad essere pressante il problema delle donne col burqa. Sempre più pressante, al punto che il popolo della Rete si riorganizza immediatamente sensibilizzando le coscienze con appelli e disquisizioni dotte, sulla dignità delle donne. E anche fini, che in questo momento non deve avere proprio altri problemi, non si è lasciato sfuggire l’occasione di dichiararsi favorevole alla proibizione della cultura integralista islamica.

Non è un problema pressante solo per l’Italia, ma un problema condiviso con molte parti europee, guarda caso, quelle che stanno messe peggio economicamente, o che hanno leader che in un modo o in un altro, sono o sono stati vicini al tizio che governa l’Italia. Il razzismo galoppa perché l’economia è sempre più in crisi. Cosa c’è di meglio per un popolo che ha paura di finire alla canna del gas, di avere qualcuno a cui imputare la colpa?

Certo noi siamo più avanti, perché abbiamo la lega di quel che resta di bossi, o di borghezio che del nazismo hanno fatto propaganda. Noi siamo più avanti perché siamo governati da un tizio che è alleato dei nazisti della lega, ma procura a Gheddafi le escort (hostess?) da convertire, e le navi con le quali sparare ai clandestini. Siamo più avanti perché addirittura le scuole saranno fucina per nuovi razzisti, con contributo statale.

Siamo più avanti perché proprio come popolo abbiamo la tradizione cattolica, che ci fa buoni e ben pensanti, figli dei crociati che partirono secoli orsono per convertire il mondo, e iniziarne la distruzione. Noi non possiamo sopportare che una donna vada in giro con il burqa che ne lede la libertà. Noi insegniamo alle nostre libere figlie che un minimo di prostituzione ci vuole, se nella vita vuoi raggiungere un obiettivo: fare la ministra oppure la ballerina in TV. Soffriamo e firmiamo l’appello perché si possa vedere il viso di una donna, e regaliamo tette di gomma alle nostre bambine sedicenni, che è un investimento al pari o migliore di un corso di studi universitario.

Quando l’Europa si è schierata contro la deportazione dei rom, il vostro tizio non ha perso occasione per schierarsi a favore. D’altronde noi italiani ai rom diamo fuoco, perché anche in questo siamo più avanti. Oppure in momenti di particolare bisogno, si mandano le ruspe ad abbattere le loro case (povere ma case) e a nessuno viene in mente di pretendere di sapere che fine hanno fatto quelle famiglie, in quale altro greto di fiume putrido siano andati a ricostruire le loro baracche. Le rom non hanno il burqa. Nessun appello per le romene o le nigeriane costrette alla prostituzione, ridotte in schiavitù. Loro la dignità ce l’hanno al punto che a volte l’italiano oltre alla tariffa, lascia anche una mancia.

Noi esigiamo la dignità per le donne islamiche, e lo facciamo con forza. Rivendichiamo il loro diritto alla libertà di mostrare il viso. Ce ne infischiamo altamente di essere complici dello sfruttamento di esseri umani, della schiavitù che dilaga, dello sfruttamento che di queste persone (donne e uomini) viene fatto quotidianamente nelle case o nei cantieri, nelle fabbriche e nei campi.

Loro devono continuare ad essere il problema, noi dobbiamo continuare ad averne paura, perché se comprendessimo che il nemico è lo stato, forse potremmo anche decidere di rivendicare il nostro diritto alla dignità.

Rita Pani (APOLIDE)


9.15.2010

 

Ma anche Uolter

Mi mancava Uolter. L’ho amato molto quando si inventò la regola del “ma anche”. Ricordate la strepitosa campagna elettorale che fece in favore del tizio? Fu tutto un inseguirsi di fantasmagorici “ma anche”. Dobbiamo essere duri, ma anche teneri, forti ma anche deboli, tosti ma anche molli. Sì, ne avevo nostalgia.

Oggi il Corriere pubblica uno stralcio dell’intervista che l’ex leader del PD ha rilasciato a “Gioia” (sic!) nella quale, coerentemente col suo pensiero deciso ma anche dubbioso, ha detto di “essere dentro e fuori” il partito. Ecco! Non che mi resti molto da aggiungere se non un plauso al virtuoso cerchiobottismo, che ormai sembra essere diventato per Uolter, più di una religione. Meno male che ogni tanto parla Bersani, e il PD riprende colorito (vi supplico, non chiedetemi quale).

Bersani, vuole rifare l’Unione, ma non vuole fare l’Unione. Cioè vorrebbe che pur non unendosi, fossero tutti uniti per battere il nemico e rifare la legge elettorale. E questo ha provato a spiegarlo, si legge sull’Unità, organo di stampa del partito, a tutte e otto le componenti del PD. Non avete capito? Nemmeno io, sono discorsi di alta politica, e bisogna essere specialisti per comprendere.

Tutta questa decisione e tutto questo impegno nei giorni in cui per l’ennesima volta si certifica la contiguità del tizio mafioso del consiglio con la mafia quella vera, e nei giorni in cui lo stesso tizio cerca di tenersi stretto il potere, promettendo ad ogni singolo parlamentare una mega tangente mascherata da promesse di “posti” in parlamento, finanziamenti per le campagne elettorali, e chi lo sa, magari anche qualche sistemazione per le amanti o affini.

Non scordano quelli del PD, tra una proposta di unione ma anche di una disunione, di citare ogni tanto la situazione disastrosa nella quale versa il paese; lo fa Uolter e lo fa Bersani, ma anche marcegaglia. In effetti lei sembra un po’ più preoccupata per sé stessa e per gli interessi suoi, dato che forse inizia a comprendere che se la gente non lavora, difficilmente spende in Polonia, dove intende trasferire le sue imprese.

Ma tanto hanno tempo. Oggi c’è stato anche un nuovo monito del presidente della Repubblica: “Bene che non si voti, si dia precedenza al lavoro per i giovani, più soldi alla scuola, più morale alla politica …” e sembrava davvero una cosa serissima, come dovrebbe essere ogni volta che parla un presidente della Repubblica. La Repubblica italiana, per esempio, quella dell’orgoglio del tricolore ma anche dell’erba padana. Quella repubblica le cui forze dell’ordine a Venezia hanno schedato i sovversivi che rivendicavano in suolo estero il diritto di essere italiani, esibendo con sfrontatezza la bandiera tricolore. La Repubblica che imbarca le sue forze dell’ordine sulle vedette regalate alla Libia, per sparare contro ai battelli dei migranti.

Sì, si sentiva davvero la mancanza di Uolter, quasi quanto si sente quella di D’Alema, o il bisogno che Bersani si ricandidi una volta ancora come salvatore della Patria. Quella padana.

Rita Pani (APOLIDE)



9.14.2010

 

I and my stone.


C’era un casellante simpatico all’uscita dell’autostrada che ho fatto per tornare a casa. Uno strano, perché anziché grugnire o stare muto, mi ha guardato e mi ha detto: “Ciao!” e così anche io ho risposto passandogli il biglietto e i cinque euro. Poi mi ha guardato ancora e mi ha chiesto: “Ti hanno fatto innervosire, signò?” Ho riso, poi una volta a casa, guardandomi allo specchio ho capito.

Il fatto è che oggi doveva essere il grande giorno, quello della venuta alla luce della mia cistifellea, e invece l’ho riportata a casa con tutto il suo contenuto di sabbia e Pietro - Pietrino per gli amici, sani e salvi. Ho idea che sarà meglio farci pace e iniziare una lunga convivenza, almeno fino a quando deciderà di ribellarsi e provare ad uccidermi. Solo quel giorno, temo, riuscirò a vederlo.

Ho il legittimo sospetto che ormai, in Italia, se non stai per morire o non hai soldi, è meglio nemmeno andare all’ospedale, perché magari il primario aveva promesso il letto ad un paziente pagante (Cagliari) o ti propone esami massacranti come la gastroscopia – che è sempre meglio della colonscopia, aggiunge - da fare in un ospedale di una città, per poi tornare ad operarti da lui, sempre che abbiano un posto letto o abbiano rimosso le barelle sistemate in altri reparti. Mi ha fatto molto effetto sentirgli usare il termine “smaltire” i pazienti. (Lazio)

Quindi Pietrino sta ancora là, galleggia nella sua sabbia umida, gioca e ogni tanto scalcia, proprio come fanno tutti i bambini, e a quanto pare deve stare là a farsi ancora più grande, fino a quando – come mi ha detto il bravissimo dottore dell’ecografia: “non saranno cazzi per il culo”. Nel senso che se il bimbo crescerà ancora alla fine mi squarteranno come un agnellino di Pasqua.

Non giudico – non ne sarei all’altezza – il responso di un medico, ma mi domando è possibile che senza nemmeno guardare l’ecografia, senza nemmeno lasciarmi parlare, possano indurti a pensare che Pietrino è una dolce compagnia, in confronto a quello che “potrebbe essere”? Duodeno, ulcera o un roboante “qualcosa di più grave”…

Avevo appena iniziato a spiegare al chirurgo che il mio dimagrimento è iniziato sette mesi fa, quando un pusillanime che ha vissuto aggrappato come un’edera a me, per otto anni, succhiandomi via la linfa vitale, ha girato i tacchi e se n’è andato fischiettando, lasciandomi senza mezzi di sostentamento, in mezzo ad uno sfratto, a piedi, e con una casa con dentro otto anni di cose da vuotare. Ho provato a dire al chirurgo che è difficile prendere peso quando segui attentamente i dettami della dieta che ti hanno dato in un altro ospedale, quando ti hanno dimesso col consiglio di farti operare. Avrei voluto tanto avere la possibilità di spiegare che da sempre, lo stress, mi fa dimagrire e che inoltre dopo due mesi nei quali non ho più toccato niente di alcolico (salvo due tristissime birre da 0,20) è facile perdere peso … ma io non ho accettato di farmi fare due ricoveri in uno e quindi non merito di essere guarita.

Tempo fa sentii un tale dire: “Hai visto Valentino Rossi? Manco un mese ed è già di nuovo sopra la moto. Ammazza!” … Ora a quel tale gli risponderei: “ Fosse stato tuo figlio, a sfrangiarsi con la moto, starebbe ancora in attesa d’aver le viti giuste.”

Ti hanno fatto innervosire, signò? Appena un po’, e mica solo a me. Pure Pietrino sembra essere incazzato stasera.

Rita Pani e Pietrino (APOLIDI)


9.13.2010

 

A scuola dalla lega


Mi dispiace molto che i leghisti siano geneticamente impossibilitati a sviluppare un pensiero di senso compiuto, diversamente mi sarei divertita un po’ a spiegargli come una masnada di nuovi ladri, li stiano trasformando e omologando sul modello della Cina di Mao. Le effigi sui banchi, il culto della personalità imperante riprodotta nelle aiuole, e via, via i simboli da adorare come amuleti, non solo come Mao, ma come qualunque esempio della storia recente che alla fine li ha visti quasi tutti cadere dai loro piedistalli con una corda legata al bronzeo collo.

Loro, i legaioli, che sono stati addestrati come polli in batteria a odiare il nemico comunista, a citare a casaccio la Cina di Mao, non saranno mai in grado di guardare la fine che stanno facendo, con un leader che nomina suo unico successore un figlio cretino, che ruba dal ripudiato stato italiano i danari per sua moglie, che alleva discepoli a cui donare un pezzetto di potere, col quale poi spadroneggiare e sistemare parenti e affini fino al quarto grado, e anche con un elezione che sempre più appare truccata.

Coadiuvati dal più imbecille ministro all’istruzione degli ultimi 150 anni, iniziano la secessione culturale, inculcando il modello padano nei bambini fin dalla tenera età, per farne veri celti lottatori, pronti a marciare su Roma a piedi, mentre i grandi capi preferiranno l’aereo di stato (quello italiano, ovviamente). E andranno a rivendicare la loro identità. Non so se ad Adro verrà sostituita la tuta ginnica con scudo, alabarda ed elmetto cornuto, se il quadro svedese sarà abbandonato per il tiro alla fune e il lancio del maiale nel fango, usanze culturali del popolo cattocelticopadano, ma è molto probabile, e soprattutto auspicabile per i momenti di tristezza più nera di un qualunque cittadino italiano normodotato. C’è da temere tuttavia che i cento metri piani possano essere sostituiti con la caccia al negher o successive varianti islamico, o rom.

La cultura è tutto per la lega di quel che resta di bossi, che anni addietro ebbe a rivendicare con orgoglio di non aver mai letto un libro in vita sua, e al contrario di Mao di cui tutti ricordiamo il libretto rosso, è riuscito a convincere tutto il suo popolo che leggere era una pessima abitudine. Lo si può facilmente comprendere ascoltando per trenta secondi radio padania. Ma nonostante questo, i negher o extra in generale dovranno frequentare i corsi di milanese, finanziati dallo stato italiano, per essere certi di poter lavorare in Padania. Certo se poi questo trova lavoro a Brescia … potrebbe sorgere un problema. Non accadrà, era solo una battuta, lo sappiamo bene che queste minchiate cosmiche sono solo ladrocinio legalizzato. Noi lo sappiamo, il legaiolo no, poveretto. Lui non sa per antonomasia.

Ma oggi è il primo giorno di scuola in tutta Italia. Un giorno storico per la scuola che perde lavoratori, materie e ore. Il primo giorno in cui mille nuovi alunni entreranno nei nuovi licei musico corali, dove potranno diventare musicisti e ballerine. Una sorta di nuova scuola politica, verrebbe da pensare. Che se una volta si studiava a Frattocchie ora si diventa ministre diplomate al liceo. E liceo di stato, mica doveva continuare a prendersi tutto il merito Maria De Filippi.

Rita Pani (APOLIDE)


9.12.2010

 

Ecomostro

Ho passato le ultime nove ore della mia vita seduta su una sedia scomoda, a frugare nella storia. Ho mangiato quasi nulla come prevede la mia dieta, ho imparato a fare delle cose di trinciato che ora sembrano sigarette, non vedo l’ora di fare una doccia calda e di rilassarmi. Ho persino un po’ di nausea, ma r i d o.

Son rimasta a lungo a guardare questa foto. La guardavo con la stessa impressione di quella volta che mi costrinsero ad entrare al museo delle cere, o quell’altra in cui in un paese della Sardegna, assistetti al passaggio delle spoglie mummificate di un santo. La guardavo con lo stesso raccapriccio con cui guardavo i fedeli posare il muso sulla bara di vetro, uno via l’altro.

Guardavo questa foto con la curiosità divertita con cui mi capita di guardare foto di persone che conosco, patinate da abbondante Photoshop. Le irriducibili. Poi ho letto che il tizio mummificato questa mattina è apparso alla “festa dei giovani del pdl” e ho capito tutto: devono averlo ridotto così per non sentirsi un escluso, per fargli credere di essere anche lui parte integrante della gioventù. Poveraccio!

La guardo ancora, e penso che dovrebbe bastare quel che dice la sua immagine mortificata, per comprendere in che mani siamo, ma se questo non fosse possibile, allora è bene sapere cosa ha insegnato ai suoi discepoli.

Due le cose rassicuranti del tizio imbalsamato che vuole ancora governare; la prima: “giovani, andate via dall’Italia per trovare un lavoro, oppure fate come me che mi sono fatto da solo.” La seconda è un reiterato invito alle disoccupate di fidanzarsi con un uomo ricco. Almeno, queste erano le cose politicamente valide del discorso del tizio del consiglio, il resto le solite cose di gossip, sui comunisti e la proprietà privata, sulle magnificenze del governo che ha fatto tanto per le famiglie, e soprattutto sulla suo maestosa opera come ministro per lo sviluppo delle sue aziende ad interim. Ha persino detto che se e quando troverà un altro suo servo a cui affidare la poltrona, non troverà certo lavoro arretrato. E ci credo: che cazzo c’è da sviluppare in uno stato in cui lo stesso primo tizio ministro esorta la gioventù ad andar via, o le ragazze a chiamar amore il portafogli di qualcuno?

Però mi ritorna l’insana voglia, e guardo ancora quella foto. Rido un po’ meno. Mi fa senso, mi procura una certa repulsione. Sono una donna e sono una mamma. Non comprerei da questo nemmeno un utensile usato. Eppure non tutte sono come me. C’è gente che ancora farebbe follie per infilarsi dentro il letto di questo ecomostro, che a cremarlo provocherebbe una nube di diossina peggio che a Seveso. Non mi posso scordare che ci sono state madri che gli hanno dato le figlie.

Rita Pani (APOLIDE disoccupata e sfidanzata, prego allegare estratto conto in caso di richieste di mano, garantisco amore per sempre … che tristezza m’è venuta)



 

Fa piacere

Fa piacere sapere che il governo italiano finanzia don verzè per allungare la vita fino a 120 anni, mentre un bimbo muore e sua madre è in coma, solo perché è stata negata un’ambulanza. Fa piacere anche a me, dimessa da un reparto chirurgia col consiglio di farmi operare al più presto, solo perché il primario probabilmente finanziava sé stesso con un paziente a pagamento.

Fa piacere sapere che il tizio non ci sta a smettere di governare, che tradotto per gli italioti significa che nel barile deve esserci rimasto qualche euro ancora da raschiare. Fa piacere mandarlo all’estero a rappresentare tutti noi e scoprirlo così simile, quando qualcuno gli chiede: “ma che succede in Italia?” Simile ma profondamente diverso, lui risponde con una delle minchiate sue, noi semplicemente ci vergogniamo e allarghiamo le braccia.

Fa molto piacere sapere che vuole governare ancora e soprattutto che lo farà con la lega, quella che di Roma ladrona ha imparato presto e bene ogni usanza e tutti i costumi. Dal nepotismo ai finanziamenti da spartirsi di soldi italiani, e non monete padane. 800 mila euro alla moglie di quel che resta di bossi, e 300 mila per finanziare corsi di milanese per gli extracomunitari, in una logica federalista fasulla e più italiana che padana. Spero che ogni comune d’Italia riceva lo stesso tanto di monetine, per finanziare corsi fasulli, tenuti da insegnanti fasulli.

Fanno piacere le delucidazioni date da quel cretino di tremonti in merito alla cancellazione della legge 626. Troppa burocrazia per le piccole imprese, meglio se restasse un po’ edulcorata solo per le grandi, che possono permettersi qualcosa in più. E infatti, per dar credito al cretino, oggi sono morti 4 lavoratori, tutti di piccole imprese.

Fa piacere vedere la campagna elettorale che entra nel vivo, con la solita caccia all’Islam. E pure quella mente eccelsa che governa la scuola, ha cambiato atteggiamento: da “che mi frega a me dei precari” è passata a un meno sordido “deve insegnare solo chi è capace ad insegnare” (per fare le ministre basta saper fare altro e nemmeno bene, tanto i peni mosci non notano la differenza) per poi finire con un “ci vorranno sei o sette anni per smaltire tutti i precari”. Sarebbe meglio non indagare troppo a fondo sul tipo di processo di smaltimento che vorrebbe attuare.

Fa piacere avere a decidere per noi sottosviluppati come brunetta, abile a lanciare provocazioni, dicono i giornali, stupido coglione, dico io. Se solo non ci fossero la Campania e la Calabria l’Italia sarebbe prima in Europa.

Fa molto piacere, che quasi rasenta il godimento, pensare a quando invece, tutta questa materia amorfa di ladri e criminali sarà stata cancellata dalla faccia della terra. Ah già, ma si preparano a vivere 120 anni. Dovremo vivere un giorno di più, e sai che palle!
Fortuna che il progetto di don verzè è tutto italiano, e quindi, sarà una truffa pure quella.

Rita Pani (APOLIDE)

9.11.2010

 

Ci sono ...

Lenta ma ci sono.
:)
R.

9.06.2010

 

Elezioni subito!

Per fortuna il ministro per il razzismo maroni, vuole le elezioni subito, ed ovviamente le avremo, visto che regola prima della guerra, è finire il nemico quando è sfiancato e impossibilitato a riorganizzarsi. Davvero una fortuna, per un attimo avevo creduto che la gente potesse ribellarsi davvero e finalmente fare una rivoluzione. Torneremo alle urne, ognuno a scrivere la parolaccia che più ritiene consona, o fare una ics col naso turato, o ancora meglio in tanti non andranno nemmeno a votare, convinti che basti rispondere alla domanda di un sondaggio on line, per aver assolto al loro diritto dovere primario. Leggevo ora che a Milano è testa a testa tra boeri e pisapia [In diecimila hanno già dato il loro voto online. Aspettando la discesa in campo di Onida] ovviamente così tanto per …

Bisogna votare e bisogna farlo subito, vedi mai il popolo si accorgesse di non aver più alcun diritto al voto, essendo ormai costretto a far parte di una sorta di giuria che assegna a questa o quella troia, questo o quel ladro, un posto al sicuro dal marciapiede o dalla galera, per gentile concessione del suo padrone. E i leghisti, che non potranno nemmeno capire il significato del termine capire, poveretti, andrà pure peggio, perché con la loro croce, hanno già assicurato il futuro al figlio scemo di quel che resta di bossi. Non oso pensare chi tireranno fuori dall’elmetto cornuto nella lotteria del posto fisso ben retribuito.

Voglio votare e voglio farlo subito, voterò per Gineddu Codda Cani, un amico di un mio amico, che magari nemmeno si presenterà alle elezioni, ma nonostante il nomignolo che lo accompagna, sono certa sappia molte più cose di bossi imbecille junior.

Bisogna andare a votare perché fini è un ingrato e ha sputato nel piatto in cui ha abbondantemente mangiato per tutti questi anni; non perché persino le pecore sono arrivate a Roma per protestare. Anche il PD è favorevole al voto, e mi stupisco che ancora D’Alema non abbia dichiarato che secondo lui sarebbe meglio votare con un doppio turno alla francese. Di solito lo fa almeno una volta a settimana.

Sì, ci sta il PD al voto, perché ora come ora è sicuro di perdere. Molto meglio riconsegnare gli ultimi spiccioli d’Italia al tizio criminale, che evidentemente ancora non ha finito di raschiare gli ultimi cassetti con l’argenteria. È una strategia, quella del PD: vogliono prenderci per stanchezza, vogliono arrivare al punto in cui l’italiota medio si senta disposto a votare persino una copia conforme di Fanfani.

Spero rimandino il giubilo al mio ritorno. Domani con un giorno d’anticipo lascerò la Sardegna per tornare in Italia e stabilirmi momentaneamente da un’altra parte che non dirò. Perché sono dispettosa e voglio almeno un mese di pace, prima di veder passare la macchina bianca della Digos davanti alle mie finestre.

Due o tre giorni per riorganizzarmi e sarò di nuovo qui a gioire delle nostre belle esistenze insieme a voi.

Rita Pani (APOLIDE)


9.05.2010

 

Di quel che dice fini mi importa meno di una mazza

Ho 46 anni, non sono certo decrepita e pure come i vecchi, tendo a ricordare. Ricordo una volta, per esempio, in cui quel fascista d’almirante pretese di affacciarsi allo stesso balcone da cui si affacciò mussolini per parlare ai quattro stronzi che volevano ascoltarlo. Son passati una trentina d’anni e ancora ricordo che noi eravamo molti, e che lui se ne tornò nella fogna dalla quale pretendeva di uscire, senza parlare. C’era tutto il partito comunista, c’erano persino cittadini per bene a cui forse più che a noi bruciava ancora la memoria di una città nata sulla schiavitù, per volere di un pazzo criminale. C’erano i carabinieri, che senza troppa convinzione alla fine ci dispersero senza violenza o manganelli. C’era la coscienza civile.

Trent’anni sono una caccola di tempo, e forse ero una caccola anche io, ma ricordo quella bella soddisfazione d’aver partecipato a cacciare un fascista. Nessuno osò mai chiamarci squadristi (che poi sono fascisti) nessuno ci insultò.

Con quest’animo leggo in giro l’attesa per il discorso di fini, che trenta anni fa sedeva alla destra di suo padre, il repubblichino almirante, il fascista bastardo. L’attesa non dei suoi, ma di tutti, persino di chi “è andato a votare col naso turato”, quindi tutti noi popolo senziente. E con lo stesso animo ho sopportato di leggere appelli alla morbidezza, al compromesso, all’unità con i fascisti allo scopo di liberarsi del tizio criminale, che arrivavano da quella cosa amorfa che dovrebbe rappresentare il centro sinistra, fatto di ex compagni e da democristiani ripuliti.

È in questi casi che guardo con sospetto alla giovinezza, alla poca curiosità che spesso l’accompagna, che non permette di sapere chi siano i bastardi criminali sui quali si posa la speranza. Da quando sono stati sdoganati, i fascisti fanno di tanto in tanto una doccia, e si mostrano presentabili e quasi profumati. Solo la conoscenza potrebbe dare l’esatta portata del loro olezzo. Spero di risparmiarmi i punti di contatto tra il pensiero veramente libero e democratico, e un discorso propagandistico di chi già da tempo, con meticolosità ha ripreso a lucidare gli stivali. Perché è esattamente questo che sta facendo fini: si prepara.

Spero che ad ogni frase e in ogni momento, ci si possa ricordare dell’alleanza affaristica con un criminale, della loro collusione, della loro sporcizia morale, dell’ennesima doccia per ripulirsi dalla merda berlusconiana che li ha ricoperti in poco meno di due anni, da quando hanno tradito persino il loro pensiero (deviato) per entrare a far parte del consiglio d’amministrazione della più grande impresa del re: lo stato.

Troppo comodo ripulirsi una volta ancora ed esporre manifesti tricolore inneggianti a Saviano, dopo essere stati sul palco di chi trovava nella mafia i propri eroi. Troppo comodo profumarsi, dopo essere stati complici della stesura di leggi a favore del re. Ancora più vile abbondare col profumo dopo aver partecipato alla devastazione di un intero paese, per erigersi a paladini di un popolo che forse non ha nemmeno ben compreso in che catastrofica direzione sta andando.

Se ormai qualcuno ha scordato gli ultimi trent’anni, spero sia ancora in grado di ricordare gli ultimi due, e non attendersi nulla da quella vipera fascista, che – faccio una previsione – resterà fedele al suo disegno, promettendo tutto e nulla, instaurando una nuova sfida a due, fatta di numeri e di probabilità, di propaganda e populismo. Minacciando cadute e tenendo mani al nemico.

A me di quel che dirà fini non importa, io sono andata a votare col naso turato e una volta ho persino votato per la coalizione che sosteneva Prodi, ma per votare un fascista oltre al naso turato dovrò avere l’encefalogramma piatto e un’attestazione di morte cerebrale, e non è nemmeno detto che poi lo voterei; probabilmente farei scheda nulla.

Resto ferma nella mia convinzione di sempre: l’unico fascista buono è quello morto.

Rita Pani (APOLIDE)


9.04.2010

 

I have a dream: stessa droga per tutti!

Sono triste. Forzatamente costretta ad una vita morigerata, ogni giorno mi sveglio in un mondo di sconvolti. Non bevo nulla di alcolico da più di un mese, e da altrettanto tempo nemmeno annuso da lontano una canna, eppure tutti sembrano darsi beati alle gozzoviglie. Non vedo l’ora di tornare in salute e partecipare anche io all’orgia di follia, a costo di perderla un’altra volta e un’altra ancora.

Vorrei colmare qualunque disparità, e creare un mondo di eguaglianza, dove lo spacciatore mio è lo stesso di Rosi Bindi. Voglio anche io partecipare al nuovo progetto del pd, il fasciosinistra. Voglio rollarmelo anche io quello che ha rollato la Rosi, e senza metterci tabacco. La fumerei tutta, reggendola con due mani, e alla fine colta da illuminazione strillerei: “Eureka! Creiamo il nuovo polo, il quarto polo”. Un’alleanza tra la destra di storace e il partito comunista dei lavoratori; una roba assai più spinta, una canna assai più carica di quella della Rosi.

Vorrei che tutti noi potessimo avere roba buona da fumare; fumarne così tanta da riuscire a vedere i folletti che sono apparsi in sogno a tremonti, e che questa mattina dopo il caffè, la sigaretta e la cacca, gli hanno permesso di dire: “Oplà! L’emergenza è finita!”

Gesù l’ha predicata l’uguaglianza, ma mi fa tristezza sapere che noi ultimi saremo primi solo nel regno dei cieli. Perché se Dio fosse giusto, anche noi potremmo bere la stessa birra che evidentemente arriva in botti dalla Germania, direttamente in Vaticano, e che fa dire all’omino bianco: “Ragazzi il posto fisso non è tutto: cercate Dio!” … e se per caso lo trovate, non fategli troppo male!

Stessa erba per tutti, dannazione! Compagni lottiamo per l’uguaglianza. Voglio farmene una che riesca a farmi scrivere che nelle carte di anemone è scritto il nome di berlusconi, ma gli inquirenti stanno cercando di comprendere di chi si tratti: lui il fratello o solo un bastardissimo caso di omonimia?

Vorrei fumarmi una piantagione intera – erba spinella – così da riuscire a convincermi che la sodomia sia pratica piacevole. Restare calma, serena, di fronte alle dichiarazioni di un premier che dice: “cribbio, fatemi la legge perché una condanna proprio non la sopporterei.” Soprattutto mentre ogni giorno qualcuno si ammazza in carcere. Voglio farmi una canna, e bere birra e mirto, così tanto da poter ridere leggendo che gli alunni di certe scuole italiane, sono costretti a portarsi la sedia da casa.

Vorrei levitare su una nube di fumo di marijuana, leggera e sorridente, inebetita al punto da convincermi che è tutto normale, che in fondo quella sbagliata sono io.

Stessa droga per tutti!

(Se li avete votati dovrete pagare)

Rita Pani (APOLIDE SOBRIA)


9.03.2010

 

E facciamoci una risata!

Anche il vecchio Presidente della Repubblica, ora è passato alle battute di spirito. Si adegua e con ragione. Verissimo, che ce ne facciamo di un ministro per le attività produttive? E poi, a ben guardare, sempre nella logica italiota delle cose, abbiamo il miglior ministro ad interim che l’Italia abbia avuto negli ultimi 150 anni, essendo lui il monopolista più ricco e produttivo dell’intero paese. Ad essere sinceri, c’è da ammettere che lui o un altro non fa differenza, dal momento che ogni ministro ha assunto l’incarico, giurando fedeltà al padrone. Siamo rassegnati – e vittime – dell’ironia e dell’ilarità cinica che ci aiuta a sopportare meglio la nostra lenta agonia. Mentre un paese muore, ed è desertificato dalla povertà, dall’esercito dei senza lavoro che cresce di migliaia di unità giorno dopo giorno, per esempio, leggiamo che il presidente di Confindustria, ha deciso “di arrendersi” alla delocalizzazione delle proprie imprese, trasferendo la produzione in Polonia, arruolando quindi altre 67 persone (poca cosa, vero). Abbiamo il ministro dell’ambiente meno visibile del mondo, una sorta di marionetta da esporre nei teatrini globalizzati in rappresentanza di tutti noi, che di professione fa l’industriale inquinatrice, e via, via, tutti gli altri esempi su cui non vale nemmeno più la pena spendere troppe parole.

Tuttavia, l’ironia, è un lusso che non tutti possono permettersi, e soprattutto per essere ironici o per comprendere l’ironia, si deve essere mediamente intelligenti.

In questi giorni, mi è capitato di confrontarmi con alcune persone, le quali mi consigliavano di non tornare in Italia, ma di fermarmi in Sardegna, se non altro per non soffrire una volta ancora per il distacco dalla mia isola. La mia obiezione, in questi casi, rimane sempre la stessa: la mia autonomia per la sopravvivenza è agli sgoccioli e la situazione in Sardegna è – se possibile – assai più grave che in altre parti d’Italia. Ho provato comunque a parlare con qualche persona “addetta ai lavori” e con mia grande sorpresa mi è stata fortemente caldeggiata la possibilità di restare e non partire: “Devi mettere in conto che qua sei a casa tua, che qua il clima è quello fatto per te, e soprattutto c’è il mare. La vita è meno cara ed è vero che non c’è lavoro, ma per esempio tra un po’ iniziano le piogge e ti puoi fare una giornata a cercare lumache. Lo sai a quanto le vendono? Insomma, qua in Sardegna ancora ci si può arrangiare.”

Non che io sia un genio, ma mi riconosco un certo senso dell’ironia, così fingendo di pensarci un momento, ho risposto che le lumache un poco mi fanno schifo, e che dato che non possono essere raccolte nei mesi con la R, sarei rientrata in Sardegna a Gennaio per poi dedicarmi a Febbraio anche alla raccolta degli asparagi.

Ho provato a pensare agli ultimi 20.000 precari della scuola, sparsi nelle campagne italiane a cercare lumache, funghi, cicoria, carciofini di campo, o la rucola laddove pisciano i cani, ma poi li ho visti per come sono, negli ospedali sfiniti dallo sciopero della fame; per il governo, “numeri” ereditati dai precedenti governi, che suona come il ritornello di una canzone ormai stonata, dal momento che ci avviciniamo al ventennio di devastazione berlusconiana dei governi ad personam.

Occupare i tetti, bloccare le strade, digiunare fino a morire, rischiando di essere massacrati dalla polizia – che a sua volta protesta contro il governo – non credo abbia più senso, soprattutto non avendo alcuna speranza di tornare ad essere civili con le forze politiche che solo teoricamente rappresentano la parte sana del paese. Non si può sperare in un cambiamento quando si legge di D’Alema che caldeggia un’alleanza col partito di casini e cuffaro il mafioso. Non ho ricette da poter esporre senza rischiare d’essere presa e portata via dalla Digos, ho solo in mente una visione sempre meno opacizzata del mio personale futuro: andrò via portando qualcuno con me. In fondo mi ha stufato anche la solitudine.

Rita Pani (APOLIDE)


9.01.2010

 

Mala sanità e sanità allucinante

C’è una buona sanità, c’è la mala sanità, e poi c’è quella che è toccata a me: la sanità allucinante di uno stato ormai completamente allucinato. Per comprendere quel che mi è capitato, fate finta che all’improvviso vi siate accorti di avere una ruota a terra; tempestivamente vi recate da un gommista per farla aggiustare, e quello dopo averla analizzata con perizia vi dice: “le consiglio caldamente di andare da un gommista.”

Sì, pressappoco è quel che è capitato a me, con l’unica differenza che il copertone è la mia vita, e il gommista il primario di un ospedale cagliaritano.

Sono arrivata in Sardegna circa un mese fa, e già da quel momento soffrivo per improvvise fitte al costato, che nella mia ignoranza medica avevo scambiato per dolori di freddura, dovuti all’aria condizionata di un’auto, di un aeroporto o di un negozio. Già il secondo giorno della mia permanenza ho iniziato la via crucis presso le guardie mediche locali, scoprendo tra l’altro, che sebbene abbia il “privilegio” della continuità territoriale per la Meridiana e i viaggi aerei (ma ci vorrebbe un capitolo a parte), non essendo residente nell’isola, per la sanità locale risulto essere turista, e quindi costretta a pagare le visite con comodo bollettino postale. Dopo 25 giorni di dolori atroci, Voltaren e Muscorill, finalmente trovo una guardia medica meno ignorante di me, che mi invita a sottopormi a un esame ecografico per sospetto calcolo biliare, e con un paio di salti mortali, e l’aiuto di un amico finalmente ho una diagnosi certa: “coliche biliari.”

All’ennesima crisi quindi, sono stata accompagnata al prontosoccorso di un ospedale, e dopo un accurato esame trasferita al reparto di chirurgia generale. Visitata per l’ennesima volta, sempre con molta cura dal medico di turno, non ho avuto nemmeno il tempo di stendermi sul letto che già avevo la cannula infilata nel braccio e la mia prima dose di antibiotico, visti i risultati inequivocabili delle analisi del sangue a cui ero stata sottoposta.

Per molte volte, quello stesso giorno, mi sono sentita, e mi sono sentita dire, di essere una persona molto fortunata: il mio calcolo è grande, l’ospedale “quello rinomato”, l’infezione era stata presa in tempo e avevo quindi scongiurato la mortale pancreatine; e soprattutto che essere stata ricoverata per un’urgenza avrebbe fatto sì che io mi sarei liberata dell’ospite indesiderato in un tempo assai più breve di quello impiegato di solito per programmare un intervento.

Essendo stata ricoverata venerdì, avevo timore di dover stare per l’intero fine settimana abbandonata su un letto d’ospedale, al contrario, invece, sono stata visitata, radiografata, tenuta sotto terapia da un equipe di medici coscienziosi, e ottimi infermieri di qualunque nazionalità, pazienti più dei pazienti, nonostante il loro contratti precari (o in affitto) e i loro salari da fame. Sì, davvero molto fortunata.

Domenica notte, finalmente, la dottoressa che avrebbe dovuto operarmi, mi conferma che la data dell’intervento sarebbe stata venerdì 3 settembre, e che quindi avrei dovuto pazientare ancora un po’, ma che non sarebbe stato difficile dato che almeno i dolori più forti non si erano più presentati.

Lunedì mattina alle sei, proprio in previsione dell’intervento, sono stata sottoposta a un prelievo di sangue più corposo, e appena un’ora dopo finalmente arriva il primario, ritto e rigido come un manico di scopa, che dopo aver posato un dito sulla maglietta all’altezza dell’addome mi dice: “Bene signora Pani, siccome lei non può stare qua fino a venerdì, oggi la rimandiamo a casa.”

Pensando a una dimissione protetta, ho chiesto quando sarei dovuta tornare, e lui sfoderando un sorriso da iena, mi risponde: “Ah, ma lei vuole essere operata?” Credo di aver risposto con un sorriso misto tra ironia e incredulità, che si è subito spento quando l’esimio primario ha continuato il suo dire: “Io le consiglio di partire, e di tornare a casa, perché sennò la dobbiamo tenere qui fino a venerdì; cosa vuol fare?”

Fortunatamente ho sempre fatto mio l’insegnamento: sapere è potere, quindi cambiando sguardo e atteggiamento ho risposto: “è lei il dottore, me lo dica lei cosa devo fare.”

“Lei crede che io la operi in laparosopia? Vede, non creda signora Pani; se io dovessi trovare delle aderenze, dovrei aprirla in modo tradizionale. Allora, lei oggi va a casa.”

Il resto posso solo riassumerlo nello sbigottimento delle dottoresse alle quali ho detto di essere stata dimessa, nel loro sguardo incredulo, nel loro arrampicarsi sugli specchi in difesa della scellerata scelta del primario. Il resto è il sorriso impotente della dottoressa alla quale chiedevo lumi sulla terapia da seguire fino a quando avessi potuto farmi operare in un ospedale meno mafioso e meno corrotto, nel mio saluto, quando le ho detto: “arrivederci dottoressa, e non si preoccupi, troverò il modo di farmi curare”. Il resto è la lettera di dimissione del REPARTO DI CHIRURGIA GENERALE di un ospedale cagliaritano, italiano, che leggo e rileggo da lunedì scorso: ricoverata per coliche biliari subentranti in colecisti litiasica. Si consiglia di eseguire intervento chirurgico.

Io non so quale copertone sia stato rigonfiato al mio posto. Io non so quale paziente a pagamento del primario sia stato ricoverato al mio posto. So solo che mi appresto ad affrontare un viaggio in pieno deperimento organico, sotto terapia antibiotica “fortunatamente” reperita presso un altro medico di guardia. So che la mia vita gratis, nel sistema sanitario di questo paese ormai votato alla mafia e alla follia, vale assai meno di quella di chi ha in tasca un pacco di banconote con cui pagarsi il diritto di guarire.

Rita Pani (APOLIDE)


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