9.30.2007
Tutti liberi
CON LA PRESENTE INFORMIAMO CHE IN DATA ODIERNA E’ STATA PREDISPOSTA
DAL G.I.P. DI CAGLIARI LA REVOCA DI OGNI LIMITAZIONE DELLA LIBERTA’
PER I MILITANTI DI A MANCA PRO S’INDIPENDENTZIA ARRESTATI L’11 LUGLIO
2006 NELL’AMBITO DELL’INCHIESTA DENOMINATA “ARCADIA”.
A ROBERTO LOI, MARCO PELTZ, MASSIMO NAPPI, EMANUELA SANNA, SALVATORE
SECHI, MARCO DELUSSU E ALESSANDRO SCONAMILA E’ STATO REVOCATO
L’OBBLIGO DI DIMORA.
A STEFANIA BONU E PIER FRANCO DEVIAS E’ STATO REVOCATO L’OBBLIGO DI
FIRMA, NONOSTANTE NESSUNA RICHIESTA FOSSE STATA FATTA IN TAL SENSO DAI
RISPETTIVI LEGALI.
QUESTA DISPOSIZIONE CONFERMA QUANTO DA NOI SOSTENUTO FIN DALLE PRIME
ORE DELL’11 LUGLIO ‘06, OVVERO CHE DIETRO UN’INCHIESTA GIUDIZIARIA
COSTRUITA A TAVOLINO, PRIVA DI QUALSIASI PROVA CONCRETA, SI CELA UN
ATTACCO POLITICO PREPARATO SCIENTIFICAMENTE CON LO SCOPO DI
CRIMINALIZZARE, DELEGITTIMARE E ISOLARE IL MOVIMENTO INDIPENDENTISTA SARDO E, IN
PARTICOLARE, LA SUA COMPONENTE DI SINISTRA.
ATTENDIAMO DI VERIFICARE SE A QUESTA NOTIZIA SARA’ DATO LO STESSO
RISALTO E CLAMORE CHE, A SUO TEMPO, FU DATO AI NOSTRI ARRESTI, CON FOTO
SUI GIORNALI, TITOLI A TUTTA PAGINA E CONDANNE GIÀ EMESSE DAGLI ORGANI
DI INFORMAZIONE.
RICORDIAMO A TUTTI IL PROCESSO – FARSA IN ATTO A NUORO CONTRO I TRE
COMPAGNI ANTONELLA, IVANO E PAULEDDU, OGGETTO DI ACCUSE COSTRUITE, ANCHE
IN QUESTO CASO, IN MANIERA DEL TUTTO ARTIFICIOSA, FAZIOSA E TENDENTE A
REPRIMERE LE IDEE E I VALORI CHE I TRE COMPAGNI HANNO SEMPRE,
COERENTEMENTE, PORTATO AVANTI.
CAGLIARI, 29 SETTEMBRE 2007
A Manca pro s'Indipendentzia
www.manca-indipendentzia.org
9.28.2007
Va bene comunque…
Mi riferisco all’indulto al contrario, quello offerto da grillo a mastella, che prontamente - pace fatta - accetta e ringrazia, spingendosi oltre: scriveremo un libro a quattro mani, sulle altre caste.
Anche abusare della credulità popolare è un reato, e dovrebbe essere aggravato, quando le persone ingannate sono persone per bene, spinte da nobili propositi.
Personalmente mi sarei un po’ rotta l’anima di sentir parlare solo e soltanto di “casta” perché incentrare il problema Italia, solo su quanto in solido rubano i politici, limita la visione di quanto spartiscono altrove, indebolendo l’intera nazione, in settori vitali come la sanità e il lavoro.
A questo proposito, consiglierei la lettura dell’articolo di Fabrizio Gatti, sull’Espresso, dal titolo:
Continuo a pensare che non sia sufficiente mandare a “fare in culo”, ma sia semmai più urgente, il ritorno alla politica vera, chiedendo veramente conto di nefandezze come queste, a chi abbiamo delegato a governare. Noi che abbiamo votato a sinistra, ovviamente.
Perché per chi ha votato a destra il discorso cambia.
Mi riferisco al voto di scambio nella provincia di Udine, dove il concetto di “casa delle libertà” prende forma tangibile, del suo vero significato. Libertà di fare un po’ come cazzo ci pare.
Un politico locale ha venduto 420 preferenze al presidente della giunta, in cambio da un posto da dirigente. Il contratto illegale è però stato redatto a norma di legge, tanto che, passate le elezioni ed essendo rimasto senza lavoro, il venditore di preferenze ha presentato un ricorso all’ufficio del lavoro.
Sarò ingenua, ma ho letto l’articolo sperando di poter leggere alla fine, che i due erano stati arrestati o indagati… Invece no!
Evidentemente è normale così.
Rita Pani (APOLIDE)
9.27.2007
Aiuto! Vogliono fottere Mastella.
La satira irriverente di Maurizio Crozza, le domande di Giovanni Floris. La puntata di Ballarò di martedì sera è andata evidentemente di traverso a Clemente Mastella, che in quello studio si è sentito "aggredito" e ha scatenato una durissima controffensiva. Intanto ha disertato il vertice di maggioranza di ieri sera, lamentando il fatto di non avere ricevuto - "salvo rare, autorevoli, eccezioni" (il riferimento è a Fausto Bertinotti) - alcuna solidarietà da parte della coalizione.
Il sospetto che il disegno di Mastella (maiuscolo solo per pietà) sia in realtà un autoritratto, non sfiora proprio nessuno? Chi è causa del suo mal… Per portare la minigonna, superati i 40 (mi riferisco ai miei -a breve- 43) ci vuole faccia tosta e consapevolezza, così come per andare in giro con la faccia da culo. E’ difficile sentirsi fare complimenti. Io non indosso minigonne.
Detto questo passiamo al futuro.
Ieri leggevo le domande rivolte ai candidati per il PD, e con grande sorpresa ho letto molte cose interessanti a proposito del lavoro. Non ci si può credere, ma tutti, forse tranne uno, sono concordi nell’affermare che c’è bisogno di rivedere la legge 30. Rosy Bindi ha persino affermato che quella applicata dal precedente governo berlusconi, non è quella pensata da Biagi.
Ora, chi di voi ha la pazienza e la bontà di leggermi da oltre cinque anni, saprà bene che Grillo non si è inventato nulla. Lui manda a fare in culo dall’otto settembre, io sono almeno cinque anni che li spedisco a cagare, davanti ad idiozie come queste. La differenza è che io lo faccio gratis.
So solo che, il residuato di sinistra che ancora si ostina ad essere succube di un governo come quello di Prodi, ostaggio di Mastella, di montezemolo, del vaticano, davanti ad oltraggi come questi, dovrebbe rassegnare in massa le dimissioni, e non rendersi ulteriormente complice dell’ingiuria.
Ormai è chiaro persino al più ottuso di noi, che il governo Prodi ha sistematicamente disatteso il programma che noi, a naso turato, avevamo votato; e allora che senso ha continuare a partecipare alla farsa?
Leggendo le domande che vengono rivolte ai nuovi “libertadores” democratici, che teoricamente dovrebbe rappresentare il futuro, si capisce che si pensa ancora a quello che dovrebbe essere il passato; il controsenso è palese.
Mi dicono – quelli che pensano bene – che far cadere il governo Prodi sarebbe irresponsabile. Può essere, ma sarebbe anche un calcio nel culo bene assestato; un promemoria. Le priorità c’erano: la riforma della porcata calderoli, il conflitto di interessi, la riforma della legge biagi, l’abrogazione delle leggi ad personam… Se ne sono fottuti, bene! Allora si fottano, e non solo mastella.
Rita Pani (APOLIDE)
9.24.2007
Autunno caldoooo
È così che accade: ogni anno, dopo l'estate, arriva l'autunno. E così come il governo, anche le foglie sugli alberi sono caratterizzate da un rapido cambiamento di colore nonché da equilibrio sempre più incerto. La cosa è, invero, inquietante, anche se bisogna riconoscere che le foglie non hanno un Mastella che tritura continuamente i coglioni. Tuttavia, le foglie mi riescono notevolmente più simpatiche di qualsivoglia governo.
Alcuni non amano particolarmente questa stagione, a me invece piace. Non fosse altro perché, appena si abbassa la temperatura, posso chiudere le finestre e attenuare così gli effetti dell'inquinamento acustico prodotto dal caotico traffico davanti casa, permettendomi di comunicare senza dover ricorrere ai segnali luminosi o al linguaggio delle bandierine.
Infatti, se solo fino a ieri le condizioni termiche permettevano di osservare prestanti giovanotti che si divertivano sulle spiagge cimentandosi con il windsurf (letteralmente "tavola a vento"), oggi il clima consente al massimo la vista di benestanti signore che si pavoneggiano sui marciapiedi praticando il windfurs (letteralmente "pellicce al vento").
Tuttavia, nonostante la repentina diminuzione termica, molti si ostinano a indossare capi d'abbigliamento tipicamente estivi come, ad esempio, gli irriducibili della maglietta a maniche corte. Sebbene la mia abiezione mentale mi impedisca di comprendere i motivi che inducono un essere senziente ad adottare un simile atteggiamento, resto comunque impressionato alla vista di avambracci pelledocati in guisa di grattugia per il parmigiano. Provo a indovinare che, al pari dell'atavica consuetudine di marcare il territorio orinando sui muri o tracciare il passaggio con il catarro, questo genere di ostentazione di virilità altro non è che un ancestrale richiamo sessuale. Il che spiegherebbe anche perché molte donne dichiarino di avere orgasmici rapporti completi con il cibo, preferendolo a un eventuale partner.
Personalmente, in questo caso davvero non riesco a dar loro torto; anzi, ultimamente è capitato anche a me di esser così estasiato da un dolce, le seadas, al punto di desiderarne appassionatamente un'ulteriore porzione ordinando però una sessadas.
È diventato un problema comunicare qualcosa, una cosa qualsiasi: si rischia di essere fraintesi, nella migliore delle ipotesi; mentre, se va male, è probabile che Veltroni venga al vostro domicilio a farsi intervistare, accendendo le luci del Colosseo ogni qualvolta sa la risposta a una domanda e illustrandovi infine perché non è diventato un grande regista e perché si è candidato alla guida del PD. Il tutto senza che abbiate la possibilità di rivolgervi al tribunale dell’Aja.
Allora la chiarezza e la semplicità dovrebbero essere importanti, per capire e farsi comprendere. Invece no. Come per il Vaffanculo Day organizzato dal marchese del Beppe Grillo e ribattezzato “V-day”, ché vaffanculo non si può dire, salvo poi trasmettere in diretta l’evento con migliaia di persone che strillavano quell’insulto ripetutamente. È la pessima informazione distribuita dagli organi di stampa di regime che, in omaggio a un perverso moralismo, vieta di chiamare le cose con il loro nome. Fu così anche per il "profilattico" che, in un eccesso di idiozia cattopuritana, si arrivò a definire genericamente con il termine "questo" in una pubblicità, o per "mafioso", cui fu preferita l’abominevole circonlocuzione "Dell'Utri".
Ecco, ieri ho scoperto che non è appropriato utilizzare il termine italiano "glutei" al posto del più volgare e dialettale "culo". No, si dice: "lato B". Chissà? Forse i notiziari sono scritti con il correttore automatico di Word, lo stesso che mi corregge sempre i coglioni in ciglioni: è vero, sbattono ambedue i soggetti, ma è uno sbattimento diverso e io voglio dire proprio coglioni!
D’altronde, è anche stato detto che Padre Pio ha sempre professato la sua devozione per la statua della Madonna di Fatima. Capito? Non per
Senza parole? Beh, una ce l’avrei, e anche corretta: mavvaffanlatobi!
9.23.2007
Era distratto?
Il Pd nasce per evitare che in futuro possa esserci una coalizione che si presenta davanti ai cittadini «senza chiarezza di proposta», perché gli elettori «non ci capirebbero e non ci seguirebbero». È quanto afferma il candidato alla segreteria del Pd, Walter Veltroni, in un messaggio al convegno di studi dei Cristiano-sociali.
Caro Walter,
l’avevi già detto, e già avevo sorriso. Ma tu dov’eri durante l’ultima campagna elettorale? Forse eri impegnato a riqualificare le periferie, montando altalene di plastica su un prato che è durato poco più di un’estate, e devi esserti distratto.
Il fatto è che mai come in quest’ultima tornata elettorale, noi siamo andati a votare, ben consci di quale fosse il programma. Mai c’è stata una proposta chiara come quella uscita dalla Fabbrica del Programma. Era una sorta di capannone senza torni e senza tute blu, che in giorni e giorni di lavoro estenuante ha prodotto addirittura un libro scaricabile da Internet. Sempre dalla Rete, persino i cittadini potevano partecipare, e incontrarsi in svariate occasioni per confrontarsi e…
Io così a memoria, ricordo l’impegno al rilancio del mezzogiorno, la lotta alla mafia, più uguaglianza tra cittadini, più ricerca per avere maggior crescita economica, meno precariato, rivalutazione delle pensioni minime, attuazione del protocollo di Kyoto…
Io ovviamente ora ho fatto una sintesi, magari meglio scritta dell’originale; in quella si usava troppo spesso, a mio avviso, il termine “protagonista” che a me davvero non piace. Pensa, caro Walter, che ricordo persino che, nei paragrafi dedicati alla sanità, c’era l’intento di “rendere protagonista il medico di famiglia!”
Sì, forse eri distratto, impegnato in altre cose, e del programma non hai mai sentito parlare. Forse sei rimasto fermo alla riedizione di qualche mese fa; la sintesi in dodici punti, partorita dopo il quattrocentoventisettesimo tentativo di ricatto mastelliano.
L’avevi già detto, dicevo, e io già avevo riso. Non so chi siano i democratici sociali, non riesco ad immaginare nemmeno il suo contrario (gli antidemocratici asociali?), e voglio sperare che la tua uscita odierna sia dettata dal detto: repetita juvant.
Una cosa giusta però l’hai detta, io non vi seguo. Sono ancora troppo impegnata a guardare al vecchio programma dimenticato. Eravamo stanchi della criminalità mafionica piduista al governo, ed ora abbiamo un ministro della giustizia che fa cacciare un giudice che indaga su connivenze tra mafia, politica e massoneria. Eravamo stanchi dell’instabilità che il precariato reca alla società e alla sua sopravvivenza, e siamo costretti a scendere in piazza senza nemmeno l’appoggio dei sindacati, eravamo stanchi dei nani e delle ballerine ed oggi scopriamo che ad indicare la via del nuovo è un comico.
Forse l’unica cosa che era chiara per il governo nel programma di governo, erano le liberalizzazioni, delle quali inizio anche io a godere: il mio tabaccaio ora apre la domenica mattina. Sì, le banche non applicano la portabilità dei mutui, ma che sarà mai? I notai fanno ancora cartello, ma lo sappiamo, ci vuole tempo.
Caro Walter, io sono una persona fortunata. Vivo di poco e in modo comunista, ho conosciuto anche la fame, e nel contempo la solidarietà. Sono caduta e mi sono rialzata, ho lottato e mi sono stancata. Vai Walter, facce ride…
I partiti e i (nuovi) arrivati ed arrivisti
- NO AI PARLAMENTARI CONDANNATI. No ai 25 parlamentari condannati in Parlamento - Nessun cittadino italiano può candidarsi in Parlamento se condannato in via definitiva, o in primo e secondo grado e in attesa di giudizio finale.
- DUE LEGISLATURE. No ai parlamentari di professione da 20 e 30 anni in Parlamento - Nessun cittadino italiano può essere eletto in parlamento per più di due legislature. La regola è valida retroattivamente.
- ELEZIONE DIRETTA. No ai parlamentari scelti dai segretari di partito - I candidati al parlamento devono essere votati dai cittadini con la preferenza diretta.
Lucio Garofalo
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9.22.2007
Lo giuro sui miei figli
Ieri notte, per il tempo che dura una sigaretta, ho guardato
Chissà perché quella frase mi è risuonata come familiare. Davvero! Come se l’avessi già sentita qualche tempo fa…
Riprendo la scalata in salita per i canali, e quando la sigaretta sta per finire sono tornata a Matrix. Ospiti in studio, per approfondire il discorso politico dell’antipolitica, due imitatori: Max Tortora e una donna, della quale non conosco il nome.
Non so se durante il giorno si trasmettano ancora quei programmi di cucina, dove si sbattono uova e si sminuzza prezzemolo, ma a questo punto sono certa che prima o poi, potrete trovare Grillo anche là, tra un battuto e un po’ di farina.
Inizio a sospettare che in molti, ai piani alti, abbiano compreso l’importanza di Grillo, per un’opera indolore di intensificazione del rincoglionimento del popolo italiano. Temo possa funzionare meglio del Prozac dispensato attraverso le condotte idriche.
Una sorta di velo pietoso, da usare a coprire il resto; quello che non è decoroso dire.
Così a memoria, mi sovviene l’enfasi dei cronisti quando ci raccontano della potenza dell’Euro rispetto al dollaro, e come si guardino bene dal ricordarci, quanto questo significhi il rischio argentino che stiamo correndo; però ho sentito un giornalista dire che “è meno costoso andare in vacanza negli USA”.
In Italia si susseguono gli assalti razzisti ai campi nomadi, iniziati sistematicamente a Livorno, dove in un rogo morirono quattro bambini. Ma è meglio tacere, visto l’impegno dei comuni per la sicurezza, con la lotta dura ai lavavetri; ci si potrebbe anche vergognare.
Grillo è quindi socialmente utile. Serve a Palazzo e serve al popolo, un vento di novità… Basta con i partiti… Basta con la politica di professione… È la gente che me lo chiede… Lo giuro sui miei figli.
Già, fortuna che non sono popolo, sennò ora mi starei chiedendo:
“Ma dove ho già sentito tutto questo?”
Rita Pani (APOLIDE)
9.20.2007
E' solo fiction

Durante i giorni passati in Sardegna, ho avuto la possibilità di andare a visitare il Museo della Grande Miniera di Serbariu. Si chiama così, anche se in effetti, a noi viene meglio chiamarla la miniera di Carbonia, dato che la città le nacque intorno per contenere proprio i minatori che ci lavorarono.
Il mio interesse nasceva anche dal fatto che come molti, nella mia città, anche io ho avuto un nonno che là dentro ci ha lavorato, e se pure non ci è tecnicamente morto, è comunque morto giovane, e di miniera. Io non l’ho mai nemmeno conosciuto, se non nei racconti amari di mia nonna.
Il museo è visibile da lontano; quelli che per noi carboniensi, fino a poco tempo fa, apparivano ruderi occupati da artigiani abusivi, famiglie di concittadini senzatetto, alle quali si unirono poi i primi migranti dell’est, che ne fecero una baraccopoli, ora colorano col giallo delle mura e il verde dei prati delle rotonde, l’ingresso alla città.
Arrivando mi chiedo che fine abbiano fatto, tutti quei panni stesi ad asciugare, i bambini scalzi che correvano dietro a una palla o su biciclette sverniciate.
La prima tappa della visita al museo è la grande sala della lampisteria, che conserva ancora il bianco del marmo di travertino, consumato dal passaggio del tempo. Dentro le teche sono conservati gli oggetti in uso ai minatori, le lampade a carburo, i libretti di lavoro, registri originali, telefoni e soprattutto attrezzi. Anche qua il tempo disegna il disagio. Considerare le variazioni tra passato e presente mi lascia atterrita. Ci sono i caschi che poteva aver usato mio nonno, e quelli super teconologici di oggi, i kit d’emergenza del passato e gli zaini metallici salvavita odierni. Guardando penso all’epoca di nonno, quando si scendeva a petto nudo e con quel ridicolo baschetto in testa, mantenendo la lampada a carburo in mano. Nella sala si è aiutati da contributi audiovisivi, che nelle cuffie sparano le voci ridicole dei documentari dell’epoca, che irresponsabilmente mi provocano un sorriso, forse anche per colpa dello straordinario Guzzanti in Fascisti su Marte.
Fortunatamente, la storia è raccontata asetticamente anche su pannelli fotografici, e parte prima della foto del ’37, quella in cui mussolini pose la prima pietra della città di Carbonia inaugurata poi a Dicembre del 38. C’è persino lo sciopero del ’20, poi quello del ’48. Ci sono i minatori in galleria, facce nere in corpi smunti. C’è la fatica su quei pannelli, c’è il dolore della morte, c’è la storia dello sfruttamento e l’avvento del progresso, c’è la fine che riporta anche la fame.
La seconda tappa del giro comincia quando il gruppo viene richiamato dalla guida, che invita a prendere un baschetto colorato da mettere in testa, per sicurezza. Si scende in miniera, penso, il ritorno al passato ha inizio. I primi dubbi mi assalgono davanti ai motori dell’argano che faceva scendere e salire uomini e materiali in profondità: la nostra guida mette in risalto la perfetta tecnologia tedesca, unita alla grandezza di quella italiana. Forse sono prevenuta, penso. Quei cavi d’acciaio e quelle ruote, sono davvero maestose. Scendiamo qualche gradino ed ecco che ci troviamo in un cunicolo foderato di mattoncini; in fila si procede, tra vagoni fermi e carichi di materiali, e foto appese alle pareti che mostrano il passato. Dietro un angolo ecco la truffa. Le pareti sono palesemente un falso, non è carbone (in miniera non si può scendere, la guida stessa lo ammette) ma una riproduzione abbastanza fedele che si perde sollevando lo sguardo e notando che anche la volta in cemento armato, è stata dipinta di nero, per rendere l’atmosfera più verosimile. La gente che fa parte del mio gruppo, nessuna di Carbonia, si immerge nel dorato mondo da fiction, posa la mano sul finto carbone e poi se la guarda, certa che sia diventata nera (come dice una canzone) e qua la guida è pronta: “Il carbone è stato messo in sicurezza con una resina particolarmente costosa che lo ha neutralizzato”. Le varie tipologie di cantieri d’estrazione sono riprodotti fedelmente, ma la guida in questo caso, è vago. Serve a rappresentare l’arco temporale che va dal 37 al 2007, sebbene la miniera (l’ingresso della miniera) nella quale ci troviamo sia stata chiusa definitivamente nel 1964.
Il racconto continua, e continua la fiction. La guida sciorina cifre di materiale estratto, numeri di uomini che là dentro hanno lavorato oppure sono morti, e per un paio di volte, accompagnandolo con un occhiolino cita anche “lui”. Il mio stomaco prude e si ribella, tanto che sostando accanto ad un cumulo di pietre penso che, se mi dirà che i treni arrivavano in orario, gliene tirerò uno in testa (tanto ha l’elmetto protettivo, che inizia così ad avere un senso). Ma il peggio lo raggiunge quando ci racconta un mondo fantastico, in cui quelli uomini erano “felici” di andare sotto terra, e di come essendo originari di tutt’Italia, chiamassero a sé amici e parenti, in un’allegra brigata di goliardici compagnoni. Di quando durante la guerra lavorassero alacremente, per soddisfare la richiesta pressante di materiale, fatta da “lui”.
La fiction raggiunge la farsa quando parla delle donne che lavoravano in laveria. Ci dice che qualcuna superstite, ha raccontato delle cose che non ci dirà, e dal gruppo si eleva la domanda di una donna (per le donne): “Ma queste donne usavano i guanti?”
“No, e certo la crema per le mani non era sufficiente”.
A quel punto vorrei scappare. Il museo della miniera nasce come occasione ed è già perduta. Fa parte della più becera italianità che ha perso il senso stretto che la storia deve avere. La storia non è sempre piacevole, ma ormai la si racconta spesso solo in Tv e sottoforma di fiction; difficilmente la si va a cercare sui libri di storia, o come in questo caso, per ciò che riguarda me, nelle parole di chi quella storia l’ha vissuta.
Finalmente usciamo, e svoltata la prima curva siamo a Carbonia, quella dei centri commerciali, e delle scuole, tante scuole, troppe inutili scuole.
… Durante il periodo fascista e la guerra, il direttore della miniera chiese un aumento di 5.000 operai per riuscire a soddisfare il fabbisogno di carbone. C’era la guerra e gli uomini si mandavano al fronte, così si pescò nelle carceri e a Carbonia arrivarono ergastolani, omosessuali o comunisti, spediti al confino e ai lavori forzati.
Le donne in miniera arrivarono quando iniziarono a scarseggiare i danari per i risarcimenti dei morti o degli ammalati di silicosi, e fu solo la scelta dettata dalla fame, di quelle povere donne che in miniera o per la miniera, avevano perso il marito.
La solerte guida, il narratore di storie, ha parlato anche dell’oggi, della felicità con la quale ancora si scenda nell’unica miniera di carbone rimasta attiva, ma s’è scordato di dire, o forse non era allegro da dire, che è attiva quasi come un parassita, dal momento che per far funzionare la super centrale dell’Enel a Portovesme, che dista un tiro di sputo dalla miniera di Nuraxi Figus, il carbone vieme importato via mare dalla Siberia. S’è scordato di dire anche che, come accadde il 4 Ottobre del
(A mio nonno Michele, morto di carbone)
Rita Pani (APOLIDE)
9.19.2007
Per correttezza
R.
Che pianeta è?
Quando cinque o sei anni fa, iniziai a scrivere questo blog, mi piaceva iniziare con qualche frase rubata a Star Trek. Era il periodo del secondo avvento berlusconiano, e io, come tutti quelli ancora immuni dal morbo del rincoglionimento globale, ci sentivamo un po’ come alieni sbarcati nel pianeta sbagliato.
Oggi, accingendomi a questa scrittura, ho avuto la strana voglia di iniziare a quel modo… “Diario del comandante, data astrale…” perché il pianeta mi sembra nuovamente sbagliato e io mi sento tanto aliena.
Il sindaco di Bologna, il cinese o Cofferati, ex compagno, ex CGIL torna indietro sulla decisione di costruire una moschea, perché c’è in ballo l’iniziativa di calderoli del maiale day. Allora è meglio, secondo Cofferati, sentire i cittadini prima di costruire un luogo di culto per persone che vanno bene solo quando posso essere sfruttate in nome e per conto della Santa economia.
L’altro giorno le agenzie lanciavano i flash delle chiacchiere di Bagnasco, tra cui la perla: l’Italia è un paese che vive una crisi morale. L’Italia? La chiesa no? Che sarà mai allora il vescovo sado-maso, che organizza festini ai frustini? Chiacchiere del nemico comunista.
Fui molto colpita dal decadimento del linguaggio politico nel tempo del berlusconismo; c’era gente che scendeva in campo, si facevano autogol, si parlava di coesione di squadra. Mi faceva tristezza.
Ora però è arrivato Grillo a riportare un po’ d’ordine con la sua politica dell’antipolitica, e il linguaggio cambia ancora: “vaffanculo! No vacci tu! E tu sei fatto di valium! No sono sveglio come un grillo! E tu ci hai anche pure l’alzheimer” … Aggiungerei… E tua sorella? Ma non posso perché a me è ancora cara la politica.
Ieri notte poi, ho sentito una domanda della brava Bianca Berlinguer al povero Fassino: “Ma ora che c’è la ripresa...” (intendeva ripresa economica in Italia). Fassino ha ovviamente risposto che i meriti della ripresa economica in Italia erano tutti del lavoro del governo e bla… bla… bla.
Dov’è la ripresa? Nei licenziamenti, nei prepensionamenti, nei salari fermi che non consentono più di vivere? Domanda retorica ovviamente.
E sempre Fassino, obbligato dall’onda populista del dispensatore di bollini di certificazione politica dell’antipolitica, costretto a chiedere che vengano fermati gli aumenti automatici delle onorevoli retribuzioni. Gia fatto risponde Bertinotti, e proprio lo stesso giorno in cui, i senatori ricevevano duecento euro di adeguamento più arretrati.
E la revisione della legge 30? E la riforma della legge elettorale? E il conflitto di interessi? Quisquilie restate care solo a noi, erroneamente scesi nel pianeta sbagliato.
Guevina a plancia… teletrasporto per una.
Rita Pani (APOLIDE)
9.18.2007
Liberalizzare il ladrocinio.
Da Gennaio di quest’anno, qua abbiamo una linea telefonica Fastweb, che ha iniziato a funzionare, male, ma continuativamente solo dalla fine del mese di Luglio. Ora il collegamento Internet funziona peggio di un vecchio modem alimentato a dinamo e pedali, ma se hai pazienza prima o poi la pagina si apre, e dopo un paio d’ore cessa anche l’operazione di download lanciata.
Da Gennaio ad Aprile, sono state innumerevoli le chiamate all’inutile call-center (provi a spegnere e riaccendere, provi ad invertire il cavetto nero della presa telefonica, non saprei proprio che dirle) e soltanto alla fine di Aprile, una signorina mi confessava che il problema di banda era diffuso, ma che fino a quel momento “non erano stati autorizzati a parlarne” con l’utente inviperito. Dalle telefonate, passai ai fax, con i quali chiedevo di poter tornare in Telecom, senza pagamento di penali, visto che pur non potendo rifarmi al decreto Bersani, non retroattivo, avevo comunque il diritto per non aver mai usufruito di un servizio per il quale, comunque, pagavo. Non ottenni risposta. Esasperata, inviai un altro fax. Col quale avvisavo che avrei pagato la bolletta successiva, con la fotocopia delle banconote pari alla somma dovuta. Non vedevo perché dovessi pagare un servizio fasullo con soldi veri. Mi risposero, ma soltanto con una lettera minatoria, a mo’ di circolare, unita alla bolletta. Mi dicevano che potevo tornare in Telecom quando volevo, ma che avrei dovuto pagare una tangente di 276 euro. Ho deciso di attendere la scadenza naturale del contratto, riservandomi di pagare le bollette, quando mi fa più comodo e non alla scadenza indicata sul bollettino.
Ora la sorpresa: mi è arrivata la fattura Fastweb, scadenza 13 Settembre, con una maggiorazione di 100 euro una tantum (specificato – solo in questo conto - ). Devo anche dire che, mi è arrivata il 14 Settembre e che nella busta non vi è timbro datario.
Leggendo bene, la spiegazione di questa nuova richiesta di pizzo da parte di Fastweb è “anticipo servizi”. Leggendo ancora meglio, finalmente si comprende l’arcano ricattatorio: vengono chiesti 100 euro una tantum che potrai riottenere solo e soltanto se deciderai di farti prelevare l’importo della bolletta dalla carta di credito. In sintesi è un ricatto, un’estorsione: o fai come ti dico io o non vedi più i tuoi soldi indietro.
Ora io immagino che Fastweb sia legalmente autorizzata all’estorsione, ma ciò non significa che io sia obbligata a farmi ricattare e derubare, quindi mi pare ovvio che non pagherò questa bolletta e che mi rivolgerò a chiunque per denunciare la liberalizzazione del ladrocinio.
Se è capitata la stessa cosa a qualche altro utente Fastweb, per cortesia, me lo faccia sapere.
Rita Pani (APOLIDE)
9.16.2007
Triste ritorno
Dieci giorni di disintossicazione da stampa e accadimenti italiani, distrutti da una rapida occhiata ai giornali e vari blog. Persino un telegiornale. Che tristezza.
Ho timore che il popolo deluso, abbia finalmente trovato il Messia, e più fortemente temo che l’unica alternativa, all’alternativa offerta dal Partito Democratico, sia “il bollino” - quasi lo schiaffo da cresima - che Beppe Grillo avrà la bontà di applicare al cittadino che deciderà di fare politica.
C’è grossa crisi, diceva Guzzanti (quello sano); ho sentito un tale, seguace del Messia, dire che “non avrebbe mai fatto politica, perché sennò sarebbe diventato come loro (i politici)”.
Lo stesso Grillo, non vorrà mai fare un partito, visto che bisogna distruggere i partiti. Forse si limiterà ad appiccicare bollini a movimenti che potranno così usare il suo nome… E qua, perdonatemi, mi perdo. Insisto. La politica è un dovere. La politica è un diritto. La politica deve essere cosa seria, rivalutata e rispettata per questo.
Sembriamo felici d’aver perso la strada, sembra quasi che non si corra più il rischio di annoiarsi, stando fermi a pensare; c’è chi lo fa per noi, chi ci autorizza col bollino persino a dire “Vaffanculo”. Come i bimbi che dicono: “cacca!” e poi ci guardano soddisfatti e sorridenti.
Ma perché mai nessuno invita il popolo alla responsabilità? Forse non va più di moda. Un po’ come essere comunisti, o come avere un ideale. Meglio trasformare la politica in happening e scusate se detesto il notax day quanto il family day, il vday o il maiale day (non poniamo limiti all’imbecillità); io continuo ad essere per un ripristino della politica.
Si fa presto a sobillare le masse riempiendosi la bocca di parole come legalità, ma non ho mai sentito nessuno, per esempio, indignarsi perché in Italia si fanno decreti legge per l’attuazione di leggi preesistenti: è il caso della mappatura dei terreni incendiati. Fare una legge perché se ne applichi un’altra, dovrebbe essere il sintomo del cancro che divora lo Stato, ma per indignarsi bisognerebbe conoscere le leggi e fermarsi a pensare, senza nemmeno bollino in fronte.
Non so cosa mi abbia fatto più tristezza riprendendo a leggere i giornali, sono ancora indecisa sull’evoluzione di Grillo e i grulli, l’agente della CIA sosia di Osama bin Laden, o il calderoli day.
Ci penserò.
Rita Pani (APOLIDE)
Un pubblico ringraziamento all’Assessorato alla Cultura del Comune di Sinnai, alla Biblioteca Comunale, a Luisella e Vilma, alle persone che hanno partecipato alla serata di Venerdì 14, e in special modo a Cristina e suo padre.
R.
9.06.2007
Presentazione
9.04.2007
A presto
"Maroni meglio di Marini, i cadaveri portano a fondo". Questa la frase pronunciata da bossi a TelePadania…
Il bue che dice cornuto all’asino?
Certo leggere “dead man walking” che da del cadavere a qualcuno potrebbe essere esilarante, ma al peggio non c’è mai fine, quindi attendo fiduciosa che nuove e più esilaranti minchiate ci allietino l’autunno, che qua in Umbria sembra essere arrivato oggi.
Saluto tutti, me ne torno a casa, in Sardegna, la mia isola e la mia Patria per 15 giorni. Passerò di tanto in tanto…
A presto, R.
9.03.2007
Presentazione Romanzo "Luce"
presso il Centro Socioculturale, via Colletta,20
Sinnai - CA -
In collaborazione con la Bibioteca comunale di Sinnai
Presenterò il mio romanzo "Luce"
Vi aspetto,
Rita
9.02.2007
Il 20 di Ottobre
D’Alema che si dichiara orgoglioso d’aver contribuito a riportare giustizia nella previdenza…
(Che è legittimo chiedersi di che cazzo di giustizia stia parlando…)
Veltroni che lamenta: la prossima volta presenteremo agli elettori un programma certo…
(Che allora ti chiedi se il tomo tanto sbandierato fosse “incerto” o solo una fregatura…)
Prodi che annuncia “Ora possiamo tagliare le tasse…
Padoa Schioppa che risponde: “prima di tagliare le tasse, bisogna tagliare le spese”
Prodi che plaude: “Sono d’accordo col ministro Padoa Schioppa”.
Io il 20 Ottobre in piazza ci sarò, perché è un mio diritto esserci, ed è anche un mio dovere ricordare a questo governo, il capitolo 7, la pagina 163 del programma dell’Unione.
Il governo, di contro ha il dovere di ascoltarmi, per “quella serietà” al governo tanto sbandierata in campagna elettorale.
Ho il dovere di ricordare a me stessa gli anni del berlusconismo, quando per la prima volta, un ministro del lavoro italiano, di fronte ai lavoratori che manifestavano ebbe a dire:
“Manifestino pure, tanto non cambia nulla.”
Perché ho il dovere di sapere che, il peggio del governo berlusconi, è stato assunto per comodità, anche dal governo Prodi. Sindacati compresi, trasformati dal berlusconismo in enti parassiti ed inutili, che oggi rivendicano la firma dei loro accordi mai digeriti dai lavoratori, che non si capisce nemmeno perché restino tesserati ad un organo che ormai non li difende e rappresenta più.
Non voto per il leader del PD, non voterò mai per il PD e non andrò a votare fino a quando un reale partito di sinistra, con ideali di sinistra, sarà degno di rappresentarmi.
Chiudo con le parole illuminate del Compagno Pietro Ingrao:
“Dico una cosa forse paradossale, ma se venisse avanti e si affermasse un movimento di massa e di popolo attorno ad alcune rivendicazioni di cui c'è grande bisogno tra i lavoratori, allora anche D'Alema sarebbe più sorretto. Vado a ricordi molto lontani, agli anni in cui le masse erano attive, le piazze rappresentavano la consapevolezza dei propri bisogni. Le forze di sinistra e più in generale quelle di orientamento democratico, dovrebbero rallegrarsi, non preoccuparsi delle manifestazioni. Io ad esempio, mi inquieterei se le piazze il 20 fossero vuote, deboli, con poca gente. Bene invece se saranno dense e affollate di lavoratori e cittadini. Con la piazza si dialoga, D'Alema non lo dimentichi”.
Rita Pani (APOLIDE)
9.01.2007
I bisogni di un uomo
L’uomo ha bisogno di punti fermi e rassicuranti…
Il Natale, le partita di calcio alla domenica, le vacanze d’estate, e mastella che minaccia di far cadere il governo.
Sono i simboli di una vita che procede nella tranquillità della routine.
Rita Pani (APOLIDE)