8.21.2013

 

L'agibilità

“Agibilità politica” non esiste. Non esiste sui dizionari, non esiste come senso, non se ne trova traccia in nessun testo giuridico o storico. È solo l’ennesimo neologismo, inventato ad arte per corrompere ancora una volta, la vacua mente dell’italiota.
È l’ennesima operazione di lavaggio del cervello di massa, che si attiene alle regole dettate da vent’anni di propaganda mediatica berlusconista, che ha devastato non solo il paese ma anche la nostra bella e antica lingua.
“Bisogna trovare il modo di garantire al tizio l’agibilità politica”, e tutto intorno si alzano le voci di esimi giuristi e politologi: “ Eh beh sì; ma no. È possibile, no non lo è.”
Perché siamo governati non solo da una manica di vigliacchi, che sanno bene quale sarebbe l’effetto nefasto di avere il coraggio della verità, ma da servi senza palle.
“Bisogna trovare il modo per evitare che il tizio paghi quel pochissimo che deve all’onorabilità dello stato. Bisogna evitare che la condanna emessa divenga esecutiva.” Ecco, se dicessero così, avrebbero almeno il mio rispetto – pur comprendendo quanta poca cosa sia.
Ma ci vorrebbe troppo coraggio per fare una cosa simile, seriamente, con quel senso di giustizia dato dalla responsabilità di giocare con la vita di una popolazione e le sorti di una nazione. E questa gente, il coraggio non lo ha; nemmeno quelli che sbraitano ovvietà nell’aula del Parlamento, parlando di “caste” e “sprechi”, dimentichi di aver tenuto il Parlamento aperto giorno e notte per lungo tempo, con l’ausilio degli uscieri, dei servizi offerti ai parlamentari, di cui hanno scordato di calcolare il costo. Una bella cifretta che avrebbe potuto risollevare le sorti di una scuola o un museo.
Ma questa è quella cosa che ci ostiniamo a chiamare politica – le parole sono importanti – e che politica non è. Una sorta di commedia nemmeno tanto buffa, dove per ognuno è stato ritagliato un ruolo in base alle proprie miserabili attitudini.
Valicati i confini dei Palazzi, via, via la tecnica si è propagata, corrompendo il linguaggio dei giornalisti, degli specialisti, dei cittadini che esultano per il simpatizzante leghista, denunciato per aver affisso volantini razzisti a Lodi. Tra i reati contestati anche quello di vilipendio delle istituzioni.
Ho letto commenti entusiastici alla notizia, e ho sorriso perché è l’emblema della nostra povertà mentale, che ci fa accontentare delle briciole.
Denunciare un leghista è sempre cosa buona e giusta, ma imputarlo di vilipendio delle Istituzioni, quando le stesse istituzioni leghiste, nelle sacre aule della Repubblica Italiana, o nelle piazze, o davanti ai microfoni di radio e televisioni, hanno chiamato una donna – ministro – nera: orango, faccetta nera, negra, e peggio su Internet, puttana negra, dovrebbe farci riflettere sulla realtà fantascientifica che stiamo nostro malgrado – o colpa nostra – vivendo.
Quello che ci salva, forse, è che grazie alla neolingua, allo stravolgimento del senso stretto della parola, oggi anche una bella cosa come Rivoluzione, non vuol dire più un cazzo, e quindi possiamo stare tranquilli e goderci quel che resta della vita.

Rita Pani (APOLIDE)

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