4.19.2013

 

Noi siamo Popolo


So che a volte mi si guarda con quel mezzo sorriso che si dedica pietosamente, o teneramente, ai puri, ma non mi importa, perché so anche che la vera utopia che mi pervade non è il fatto di continuare a dichiararmi ostinatamente comunista, ma altresì quella di continuare a sperare in un moto d’orgoglio di ogni singolo cittadino italiano.
Questo ho sperato ieri, mentre assistevo mortificata all’indicibile spettacolo di questa Repubblica devastata.
Non ci sarà nessuna ribellione, nulla andrà oltre le grida internettiane lo strepitar di mouse, e peggio ancora il rifugiarsi tra le fila di altri imbonitori, quelli che ci sono e quelli che verranno.
Lo diremo mille volte ancora che la misura si è passata, che il limite è superato, e ci basterà averlo detto per sentirci meglio, attivi e partecipanti.
Ora noi vogliamo Rodotà, e lo ripetiamo come un mantra senza più pensare ai fatti, alle cose e alla vita, la nostra. Abbiamo bisogno di una battaglia da combattere, e ci armiamo non appena se ne trova una facile da fare.
Firma l’appello: Rodotà presidente! E una volta premuto il tasto invio, tronfi torniamo alla vita.
Lo sento il moto d’orgoglio, e lo ricaccio indietro col rimpianto: è troppo tardi per me, per lasciare questo paese, per sparire, per trovare un luogo nel quale sentirmi in pace con la fatica di vivere in maniera dignitosa.
“Ci vuole un presidente che metta d’accordo tutte le forze politiche”, ci dicono. E mi offendono.
“Ci vorrebbe un Presidente che riuscisse ad avere a cuore l’ordinamento dello stato, che si facesse garante delle istanze dei cittadini, che ripristinasse l’ordine democratico delle istituzioni, che fosse capace dell’orgoglio della sua responsabilità istituzionale.”
Ci vorrebbe la rivolta popolare, quella vera, quella di strada. L’invasione pacifica delle piazze di un gregge veramente libero, che non ha bisogno di pastori, che non è attratto da un comizio/spettacolo gratuito dell’uomo venuto dalla televisione, che arriva a nuoto e se ne va in barca a vela.
Ci vorremmo noi, seduti per terra davanti al parlamento, incatenati l’uno all’altro, irremovibili, o con un cartello al collo: “Se vuoi spostarmi da qua, abbi il coraggio di spararmi.”
L’unica istanza, quella di essere riconosciuti come parte fondamentale della nazione.
Perché quel che ci imbroglia è solo la bassa concezione che abbiamo di noi. L’Italia cambierà il giorno in cui smetteremo di pensare a noi stessi come se fossimo merda, e troveremo il coraggio di rivendicare la nostra identità di Popolo.
Noi siamo il popolo, e al regime serviva farcelo scordare. Se ci fossimo ricordati, Bersani non avrebbe abbracciato la feccia del pdl, quel tizio non starebbe barattando la sua impunità con un altro pezzo della nostra vita, Grillo continuerebbe a starsene a casa sua a far ridere nessuno, i giovani in vent’anni si sarebbero fatti adulti imparando dalla storia ad essere uomini migliori, e noi potremmo sentirci grati e ancora vivi.
Sì … Viva l’utopia, e pure la malinconia.
Rita Pani (APOLIDE)


Comments:
siate contenti il dado è tratto il contratto è nato calato dall'alto dal potere senza che nessuno abbia mosso un unghia e adesso saranno contenti chiesaioli in primis\benedictum la feccia fascistoide le marionettte del bers\asa un po' meno la base del totem che dovra' sostenere\mantenere\sfamare\ la casta togliendosi pensioni e stipendi se richiesto? sono necessari sacrifici (per noi) per mantenere il benessere del re la corte e i vassalli? ci faranno divertire come sempre nei teatrini delle marionette se avrete ancora fiato per sorridere? altrimenti saranno lacrime amare.
 
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