10.18.2012

 

Un altro morto di fame


Stiamo solo rimandando l’inevitabile, tutto questo nostro stato potrà finire solo con una guerra. Ce lo dice la storia, ma noi fingiamo di non saperlo per poterci ancora illudere che domani tutto passerà e che questo tempo della barbarie e del decadimento, diventi solo un ricordo.
La civiltà incivile che ci ha evoluti ci tiene in questa specie di limbo, dove basta avere un telefono cellulare di ultimissima generazione, un paio di scarpe alla moda, i capelli tagliati con la falciatrice e i jeans abbastanza rovinati da farci sentire parte integrante di un mondo che non c’è.
Ogni volta che un uomo muore per disperazione, che una madre si getta dal balcone col proprio bimbo in braccio, o che qualcuno s’impicca a un albero, magari guardando le mura di casa sua, un brivido ci corre lungo la schiena, il dolore ci pervade, e lo esaltiamo, quasi lo gustiamo, felicitandoci in segreto perché ancora non è toccato a noi.
Ci toccherà però. E ogni tanto è bene mettere disordine nel limbo, perché l’unica speranza che abbiamo, in fondo, non è altra che quella di non farci trovare del tutto impreparati quando questo capiterà. Tutti coloro che ancora si sentono al sicuro devono iniziare a far bene i conti, osservando le bollette che aumentano anche quando in casa ormai si vive con i lumini cimiteriali al posto delle lampadine. Con le lavatrici che vanno nelle tariffe ridotte. La macchina che continuiamo a utilizzare, ma con le code che facciamo per ore davanti ai distributori che espongono cartelli allettanti come quelli che una volta stavano nelle vetrine del centro città: “Sconti!!! – 15 centesimi hard self”. Nonostante tutto questo lo stipendio non basta più. Nonostante gli abiti usati, le scarpe da tennis che toglierai quando sarà il tempo degli stivali, le mutande comprate a un euro al paio al mercato. Nonostante si guardi al termosifone come ad un miraggio, cedendo alla tentazione di scaldarsi, quasi fosse un regalo o una gratificazione.
Ogni volta che un uomo muore per disperazione c’è chi si sente fortunato per avercelo ancora un lavoro, e poco importa che la paga sia sempre la stessa da dieci anni, e le ore siano diventate di più. Poco importa  se un giorno il tuo capo ti ha chiamato per dirti che, se avresti voluto continuare a lavorare avresti dovuto guadagnare di meno. Non fa nulla se lo straordinario non è più pagato, se della pensione non hai certezza. Pochi, maledetti e subito! Questa è la regola della sopravvivenza che ci ha resi schiavi, e che ha garantito agli schiavisti di arrivare fino alla proposta indecente: “Tu intanto inizia a lavorare gratis, poi se rendi, qualcosa te la darò.”
Poi la gente muore, perché si dà fuoco o perché s’impicca. I più fortunati tra loro muoiono subito, altri vengono soccorsi perché la loro agonia si prolunghi in questo stato che alla vita umana ci tiene assai, e di morire per mano tua te lo proibisce. Puoi essere ucciso dalla fame, e avrai dignità. Ma non t’azzardare a scegliere di andare, che Dio non vuole e il governo neppure.
Dicono che quando un disoccupato sceglie di morire io devo tacere, perché in fondo ho un compagno col quale vivo che ancora lavora. Ma io non taccio perché di impiccarmi ci ho pensato un’infinità di volte, e ancora a volte mi ritorna, quando a 48 anni devo ricordare con pudore a lui che solo il tabacco mi deve comprare. Dicono che devo tacere quelli che hanno scordato il concetto di dignità, e magari anche quelli che sensibilmente lottano in difesa della donna, che se nessuno la abusa ci pensa la vita, a farlo. Io so che ho imparato a fare senza, che quest’anno ho scritto un’infinità di parole, ma ho guadagnato solo 100 euro, che per fortuna mia figlia ha un padre –stronzo che sia – ma ce l’ha. E a quella più grande ci ha pensato la fatica di mio padre.
Io non taccio perché di morire ci penso ancora, ma una cosa la so: se dovessi riuscire a arrivare fino al Quirinale, me ne andrei in compagnia. Finirà solo con una guerra, sì. Ma anche quella lasceremo che siano loro a decidere chi la debba cominciare. Piangiamo il morto altrui e fingiamo di sorridere; qualcosa per cena la rimedieremo anche oggi.
… son solo cose sconclusionate, lo so; a volte capita anche a me.
Rita Pani (APOLIDE)



Comments:
Seduto sull’orlo del letto, i piedi penzoloni Il mento sul petto Il tempo sospeso Rallentato Lungo.
Silenzio inquietante.
E la stanza non la riconosco Spazio serrato, opprimente Una corazza senza crepe.
I piedi nudi li abbasso a tastare il pavimento.
Quanto mi ci vuole per trovare le ciabatte!
Poi
Le mani poggiate al muro, incerto barcollante, vado… fino a battere la fronte contro una parete fredda e umida che fa da specchio ad una sagoma confusa.
E la fisso!, la sagoma La metto a fuoco!
La coscienza lentamente sembra snebbiarsi Anche se ancora non mi riesce di precisare i tratti di quel clown riflesso.
Strizzo le palpebre fino a che lo sguardo non penetri oltre il vetro, oltre la sagoma.
Piove!, nel grigio.
Si disegnano oltre la vitrea superficie le linee contorte e grigie di alberi spogli Là! infangati di smog… e il rumore lieve della pioggia.
Attanagliato da angoscia, lentamente riallaccio la realtà del mattino.
Il cielo si fa livido sull’alba, di un torpore malmostoso, e di compiaciuta autocommiserazione.
E’ tutto grigio e piove a strisce sottili e grigie nel grigio.
Gli alberi, spogli e contorti… e grigi… là fuori!... infangati di smog.
Il semaforo prima dello slargo passa dal rosso al verde, dal verde al rosso Nella luce sinistra regola il traffico di fantasmi.
Il rumore della pioggia!
Musica triste scritta con note di gocce sul pentagramma del vetro.
La luce si fa largo! A fatica! Sporca e bagnata Le crepe e le macchie sul muro di faccia non formano immagini.
Baricentro squilibrato!
Rumori! Crescono e salgono fastidiosi densi.
Lentamente la coscienza si snebbia e l’angoscia sfuma in malinconia prima di farsi ingiustificata disperazione… da piangere, urlare!… qualcuno verrebbe a consolare!
Ed eccola, l’ombra! Attraversa il lume della finestra Verticale Silenziosa. Nessun rumore Il tonfo molle e pesante come uno schiaffo sul selciato bagnato.
Splasc!!
Finestre che si aprono e si chiudono sulla mattina nebbiosa.
Succede ogni mattina… Splasc!
Hanno lavato in fretta e coperto con segatura Cosi che io possa mantenere lo sguardo dritto nell’uscire di casa Che non debba volgerlo dall’altra parte.

 
Sono solo cose sconclusionate, carissima Rita, ma sono anche parte dei nostri pensieri. Tu riesci a scriverle e le lasci lì, in dono, noi no. Continua, ti prego, a scriverle, queste righe sconclusionate. Ci fai sentire meno soli.
 
Oliviero Beha ha parlato di "nequizia" a proposito della trombata polverini che percorre in auto blu, contromano e con scorta e compagnie, le strade ingorgate di Roma per fare shopping. Ha acquistato un paio di scarpe.
Che belle certe parole della lingua italiana derivate dal latino: NEQUAM (nessun valore).
Ecco una delle tante tragiche caricature del potere in commemorazione dei morti di fame derubati di tutto e finiti in torce umane della disperazione.

 
Il cinismo delle nullità!
 
a me pare di vivere ai tempi dell'inquisizione? decidono sempre loro calando condanne dall'alto? riescono a portare i citttadini all'esasperazione legittimando il crimine come normalita'? saremo mai capaci di fare una bella rivoluzione? anche con i rottami del terremoto magari? saluti dal vecio
 
Cara Rita, non sono cose sconclusionate ma derivanti dalla triste realtà italiana.
I miei genitori non hanno fatto una bella vita, nati sotto la guerra, senza la possibilità di andare a scuola, hanno iniziato giovanissimi a lavorare come operai.
Non si sono mai concessi una vacanza, mio padre oltre a fare l'operaio faceva un secondo lavoro, quando il lavoro abbondava, 5 bocche da sfamare erano tante e tra bollete, cambiali e spese varie la busta paga di un operaio era tirata... ma con gli extra si riusciva a quadrare.
Nonostante tutto ci hanno cresciuto e un minimo di istruzione noi l'abbiamo avuta...e speravano per noi un futuro e una vita migliore della loro.
In parte è stato così, e loro sono contenti.
Io un po' meno, perché loro non hanno mai visto nulla o quasi, il mondo lo hanno girato guardando la TV, e questo mi mette tristezza perché dopo una vita di sacrifici, non dico andare alle Maldive, ma almeno vedere il lago di Como, un giretto a Firenze, una vacanza in Toscana... insomma vedere qualcosa di diverso e godersi un po' del bello che c'è penso sarebbe stato giusto.
Nonostante questo a volte provo "invidia" per la loro vita, loro hanno fatto sacrifici ma almeno si sono costruiti una casetta, modesta ma è tutta loro, ci hanno tirato grandi, ci hanno fatto studiare, non ci hanno mai fatto mancare l'indispensabile e ci hanno sempre aiutato anche quando abbiamo costruito una nostra famiglia.
Oggi nonostante la nostra istruzione, nonostante io e mia moglie lavoriamo senza conderci cene, viaggi, smart phone, vestisti alla moda e altre cose superflue viviamo sempre tirati... ma quel che più mi preoccupa è il futuro sia nostro sia dei nostri figli.
Il dramma è che pur facendo sacrifici, non si riesce a mettere da parte nulla da un bel pezzo...
Da qui nasce "l'invidia" per i miei, anche se non è la parola giusta, perché almeno loro una casetta se la sono costruita, una pensione se la sono guadagnata... ma noi no!
Per questo le cose che dici tu sono sacrosante... purtroppo viviamo in un paese dove la gente fa la fila per comprare l'ultimo gioiello della apple anziché far la fila per prendere a calci in culo i politici e i tecnici di turno... che si sono mangiati il presente e il futuro dell'Italia, e intanto i più fragili si ammazzano nell'indignazione che viene dimenticata dopo due giorni... in attesa di un'altra vittima.
 
Ancora la scuola. Eh, NO! Ora basta! Ora è ora di andare a prenderli i soldi dove sono: l’otto per mille al vaticano, e ancora l’IMU al vaticano; e i grandi esportatori di capitali e grandi evasori fiscali, e gli speculatori; e la politica e i politici tutti, corrotti corruttori e non; e nella scuola i soldi agli istituti privati e gli insegnanti di religione nominati dai vescovi e non licenziabili.
Ma come hanno governato per vent’anni e passa per ridurre questo Paese in queste condizioni? E colonizzato dai paesi europei del Nord. Altro che evitata la colonizzazione, si fa solo quello che comanda una certa Europa e noi ci si suicida e loro si arricchiscono. Non sarebbe ore di dire BASTA!? O la si fa un’Europa veramente unita con pari diritti per tutti… o… Io non lo so, so solo che questo non è vivere.
Vai avanti, sempre più dura, Rita.
Ti voglio bene!

 
Io sto sempre aspettando quello che, in vece di lasciarsi andare passivamente, inizierà a tirare vere bastonate a destra e a manca, e poi alzerà le mani invocando la crisi di pazzia.
 
Sembra incredibile,ci hanno da sempre fatto credere che lo Stato ci aiutava,proteggeva,tutelava.
Non e' vero!Menzogne! E' il nostro più acerrimo nemico purtroppo.
Grazie Rita sei Adorabile
 
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