9.10.2012

 

500 operai a Roma


Un paio di candelotti falsi sotto un traliccio non servono a salvare il lavoro. Non servirebbero nemmeno quelli veri, in realtà; ci vorrebbe altro, meno pericoloso, meno cruento, forse persino più bello da vedere. 500 operai dell’Alcoa in questo momento saltano e strillano, incazzati a Roma. Sono là – recitano i giornali con enfasi – per seguire la trattativa. Quale trattativa? Quella che stabilirà di che morte devono morire, in base ad accordi in precedenza assunti con la proprietà della fabbrica.
Se oggi, in Italia, nemmeno l’ultima fabbrica di chiodi fosse stata aperta, se fuori da ogni cancello di ogni fabbrica piccola o grande, ci fossero stati gli operai a simboleggiare la solidarietà con gli operai dell’Alcoa, forse …
Se oggi per le strade fossero rimasti fermi i TIR che trasportano le merci in entrata o in uscita dalle fabbriche, a simboleggiare la solidarietà fattiva con un mondo destinato all’estinzione …
Forse se in questa sfida all’ultimo sangue si invertissero le parti, facendo sì che a condurre il gioco fossero gli ultimi, le cose potrebbero cambiare.
So da me di aver scritto delle idiozie, delle cose che odorano di antico; quei concetti superati dalla nuova visione politica delle cose, che stranamente ha dovuto inventarsi un mondo “globalizzato” per insegnare ai cittadini dello stesso mondo a diventare individualisti o settari. La classe operaia è stata abolita a suon di decreti avvallati dai sindacati, che a loro volta sono stati sostituiti da gruppi collaborazionisti asserviti ai padroni, e non più impegnati a tutelare il lavoratore e la sua dignità. Così siamo arrivati alla battaglia finale, quella di uno che vale uno che è contro uno, che pensa globalizzato, ma è pronto a salvare sé stesso pur sapendo che il suo salvataggio lo renderà schiavo.
500 operai dell’Alcoa sono a Roma. Sul web corre la solidarietà un tanto al chilo. C’è persino la diretta TV su Web che ognuno di noi potrà guardare con occhi diversi: chi pronto ad esultare ai primi tafferugli, chi pronto a sbraitare quando la Polizia dovesse attaccare  chi, alla fine elogerà la dignità di queste persone che pure incazzate, non hanno arrecato né danni, né disturbo alla città.
Poi riprenderanno la nave con una mezza promessa che li condurrà a Natale, o forse nemmeno quella, perché ormai è chiaro che anche l’industria in Italia debba finire di esistere. Staranno in piedi i camini della Marcegaglia, o di quelli come lei. Quelli che poi si incontreranno ancora a Cernobbio per il pranzo di gala. C’è di buono che tutto intorno, in quest’Italia solidale, si puliranno i cieli e nei campi nascerà ancora la cicoria.
Rita Pani (APOLIDE)

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