8.09.2012
Medaglie d'oro all'ipocrisia
Oggi
non rido perché non ho voglia, e non ho voglia di essere gentile, nemmeno di
far finta che tutti quelli che leggono siano in grado di comprendere o di far
la rivoluzione. E per la prima volta, rivoluzione lo scrivo minuscolo, perché è
solo una parola, una come tante; una di quelle che abbiamo masticato come una
cingomma nella bocca di un bambino, così tanto a lungo che non ha più sapore.
Che
peccato lo spreco che facciamo di noi, e delle nostre esistenze, bruciate in
fretta come un falò d’estate, di legna troppo secca. L’esistenza che s’impara
guardando il piccolo schermo di un telefono, il rifugio che si trova celando la
propria identità, scordandosi di sé e delle proprie certezze, che di fronte
alla vita che ci hanno inventato, paiono nulla, nemmeno degne d’essere vissute.
Siamo
un popolo telecomandato, che s’incanta del dolore altrui ma non lo comprende
perché dal dolore fugge; s’incanta degli eroismi altrui perché eroe non lo sarà
mai, e neppure saprà di esserlo stato il giorno che guardando suo figlio,
cresciuto come “una persona per bene” eroe lo sarà davvero, e anche molto
fortunato.
Che
tristezza l’ammirazione per Oscar Pistorius, le immagini del giovane
sudafricano che abbraccia una bimba, anche lei senza gambe. Che amarezza i
telecronisti delle olimpiadi che s’interrogano sulla giustezza della sua
partecipazione alle gare dei “normali”. Che dolore le sue parole di felicità
per essere “arrivato” fino a là. Tutti concordi a riconoscerne l’eroismo, anche
noi italiani, che lui ringrazia sempre per essere stato accolto. Il nostro è un
paese così, fatto di brava gente che si commuove. Il nostro paese applaude a
Pistorius, ma rifiuta il diritto allo studio a una ragazza disabile, maturata
col massimo dei voti e con la lode, da casa sua, dal suo letto, collegata via
webcam con chi dalla scuola le insegnava. Costa troppo tenerla all’università:
una connessione Internet, un computer e una webcam …
E il
giovane Schwazer? Da giorni le sue lacrime accompagnano il pentimento
mediatico. La sua fidanzata è una ragazza per bene, e non lo lascerà. Ha
sbagliato a gonfiarsi in prossimità delle Olimpiadi. L’errore è tutto suo,
confessato e perdonato da tutti gli italiani, tutta brava gente capace di
comprendere di tendere la mano. Tutta la gente, ma non lo stato. Povero
Schwazer, non potrà più essere carabiniere. Lo stato è severo quando si tratta
delle sue istituzioni, e un dopato non può certo rappresentarle, non ne può
diventare un eroe. La divisa è la divisa e bisogna sempre onorarla, dopo averla
indossata anche per giurare la fedeltà allo Stato e a tutti noi.
Povero
Schwazer, che voleva solo vincere una medaglia all’Olimpiade. Se solo avesse
desiderato di picchiare un ragazzo, di ucciderlo in caserma o per la strada,
pestandolo o sparandogli a un posto di blocco, forse noi non lo avremmo
perdonato, ma lo Stato, il nostro, decisamente sì. O fosse morto lui, magari di
overdose … magari almeno alla brava gente sarebbe dispiaciuto. Solo un po’ che
è sempre meglio di nulla.
Rita
Pani (APOLIDE)
Comments:
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credo che il problema sia lo sport sporco a tutti i costi? per arrivare a essere qualcuno e restare piu' in alto possibile=piusoldi si arriva a tutto, poi cè chi esagera da fessacchiottto e si fa' beccare? se volessero veramente ri-pulire a fondo sparirebbero molte disciplin in un sistema consumistico questo significherebbe far crollare un impero assieme all'illusione di chi lo sport lo pratica sul divano con la tv che fa ingenuamente inebetire? saluti dal vecio
sei Grande Rita. Ogni tanto vengo sul tuo blog a leggerti. E mi sento come se fossi a casa. Ciao Rita, a presto.
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