6.24.2012
C'ho pure un amico sotto processo
A un certo punto, dall’altra stanza arriva la voce della
televisione. Il governatore della Lombardia con la sua erre arrotata, spiega
che non si dimetterà; che poco importa che sia indagato oppure no, tanto non si
dimetterà. Sorrido, poi continua, e il sorriso se ne va, perché la questione si
fa seria:
“Prendo esempio da altri miei colleghi, che giustamente non
si sono dimessi. Ho un amico – sindaco del sud – che addirittura è sotto
processo, e non si è dimesso …”
Caso mai, una volta ancora dovesse sorgermi spontanea la
domanda: “Com’è stato possibile ridurre l’Italia così?” mi ricorderò di questa
conferenza stampa, e immediatamente avrò la risposta. È possibile, è storia, è
cultura e radice. È norma istituzionalizzata, la corruzione, diventata prassi
proprio grazie a queste dichiarazioni che non hanno più nemmeno il sapore della
vergogna. C’è voluto del tempo e molta pazienza perché l’erosione fosse
efficace, ed alla fine hanno vinto loro. Per colpa di tutti noi, anche di quei
giornalisti che durante queste occasioni, non hanno fatto volare le sedie, non
hanno espresso il loro disappunto, il loro schifo, stando silenti a riportare
esclusivamente i fatti, e magari passando per essere seri professionisti liberi
e non asserviti. Quasi che, non esprimere opinioni personali, fosse la garanzia
di democratica libertà di stampa, mentre ogni giorno di più il silenzio,
assumeva la connotazione del servo del regime.
Il silenzio remunerato di certa stampa sotto padrone, e il
peggior silenzio – il nostro – è stata l’arma che tutto ha reso possibile, e
troppo spesso nemmeno il nostro silenzio era gratuito. E si torna alle origini,
a questo ventennio in cui si è permesso ad un malavitoso, in odore di mafia,
che puzzava di massoneria, corruttore ed evasore fiscale per sua stessa
ammissione (andavo a chiedere gli appalti con l’assegno in bocca, se il fisco è
oppressivo è giusto evadere) di sedersi sulla sedia più comoda che c’è, perché
si potesse compiere il sogno. Oggi è diventato un incubo – per noi – ma non è
escluso che la gente possa desiderare ancora a sognare.
La corruzione si tollera, l’importante è che qualche
briciola ricada anche su di noi. È corrotto, lo so, ma ha procurato un lavoro a
mio figlio. Quell’altro è un mafioso, è vero, ma se non ci fosse stato lui papà
non avrebbe vinto l’appalto. Sì certo berlusconi ha rovinato il paese, ma
almeno la guardia di finanza non rompeva i coglioni con gli scontrini …
Ora qualcosa è cambiato, c’è da ammetterlo. Certi atti
lasciano scaturire almeno un po’ di indignazione, ma forse solo perché ormai
anche il fondo del barile è stato raschiato, e non ce n’è più per nessuno. Né
per loro – che comunque qualcosa ancora rubano – né per noi, che di briciole
non ne cadono più.
Ma era il 1981 quando Berlinguer rilasciò quella memorabile
intervista sulla “questione morale”. Aveva guardato avanti, aveva provato a
metterci sull’avviso. Questa storia ce l’aveva già raccontata, e ci sarebbe
bastato solo ricordarla mandandola a memoria, e soprattutto avremmo dovuto imparare,
che solo la notte è fatta per sognare.
Rita Pani (APOLIDE)
(Non conosco l'autore della foto, purtroppo)