3.15.2012
Deserto
Evidentemente,
loro, frequentano meglio e non guardano intorno. Solo così si spiegherebbe la
stupidità di questa gente al potere, concentrata a salvare se stessi senza
pensare che la salvezza dell’economia risiede in noi, cittadini educati ed usi
al consumo.
Non
hanno contezza di una realtà che spaventa e disarma, che lascia freddo e vuoto,
spavento nell’anima.
Basterebbe
organizzare una gita educativa in un centro commerciale che sembra lo scenario
apocalittico della fine di un’era, con le serrande tutte abbassate, e il
ricordo dei tempi migliori nelle scatole vuote abbandonate dietro le vetrine
che un giorno erano il richiamo e il passatempo della gente che ancora aveva
gusto nell’oziare.
Le
scritte colorate restano a memoria di quell’ultimo giorno, in cui si vendeva tutto
a uno, cinque o dieci euro, per cessata attività.
I
pochi rimasti aperti offrono sconti del 50 più 50; qualcuno azzarda un 70 più
venti, e allora ci si chiede quale sia il prezzo reale della merce che vendono,
per quanto tempo essi siano stati autorizzati a rapinare chi aveva bisogno di
un paio di scarpe, di un paio di pantaloni o di un paio di mutande.
Leggo
basita le dichiarazioni di questi cafoni arricchiti che pretendono di sapere
cosa dovrà essere il nostro destino, e che negano il futuro ai nostri figli e
mi domando se davvero non sappiano che la fine è arrivata. Mi domando per
quanto tempo ancora potranno fingere di essere in grado di indurre qualcuno a
sperare.
“Bisogna
poter licenziare” dicono. Sembra che sia questa la formula magica per tornare a
comprare il pane ogni mattina. Licenziare ancora e di più. I padroni devono
essere liberi di farlo.
Giocano
con i numeri fingendo di essere scienziati, ma forse davvero perché non hanno
avuto il coraggio di fermarsi ad osservare il mondo che uccidono, di mischiarsi
anche solo per un momento in modo da comprendere cosa stia diventando la
sopravvivenza, quella che inevitabilmente più prima che poi, ci farà contare i
morti per strada, perché è chiaro che alla fine vincerà colui che resterà in
piedi.
Più
facili licenziamenti equivale a più facile schiavitù. Cottimisti a nero, magari
neri, di quelli che non hanno nemmeno il diritto di lamentare, che li puoi
stoccare direttamente sul posto di lavoro, al minimo della sopravvivenza. Quelli
che puoi gettar via sul greto di un fiume quando muoiono, perché spesso non
sono risultati mai nemmeno in vivi. E poi il contratto capestro, quello a cui
nemmeno un bianco potrà dire di no, perché è sempre meglio di nulla, perché hai
una famiglia da sfamare, o da portare in quel che resta di un centro
commerciale a calzarli e vestirli a pochi euro che però son sempre troppi,
soprattutto se devi scegliere come investire quel poco danaro: mangio, mi curo
la malattia o mi vesto?
Il
diritto al lavoro non deve essere un tabù, ci diranno prima o poi, e tanto
siamo italiani e abbiamo insita l’arte di arrangiarci, di sopravvivere senza
mai smettere di cantare o di sorridere, di prendere il sole anche se nemmeno ci
avanza un piatto di spaghetti.
Ogni
volta che ci guardiamo intorno sappiamo che dovrà succedere qualcosa, poi ci
rassegniamo perché in cuor nostro speriamo non succeda nulla, e poi ci
addoloriamo perché ancora sappiamo che non serviamo più nemmeno per essere solo
e soltanto come ci hanno creato: non esseri umani, ma consumatori.
Rita
Pani (APOLIDE)
Comments:
<< Home
Rita prima ci hanno dato un po' di corda, lasciandoci credere che avremmo potuto vivere? dopo poco ci hanno disillusi facendoci capire che per noi non sono rimasti soldi? perche' servono a loro? adesso sono arrivati a obbligarci di coprire i debiti e in fretta? dato che il debito cresce a dismisura? sono sempre convinto che non arriveremo da nessuna parte? abbiamo rimesso le lancette agli anni50 rassegnati mentre la miseria cè la lasciano in eredita'? una brutta storia di sempre, fin quando dura, spero di "spostarmi" prima? saluti da franco.
Posta un commento
<< Home