2.12.2012

 

Nomeless



Forse è normale così, che quando si finisce per vivere per strada, e non si possiede più nulla di troppo ingombrante che non possa entrare in una sporta di plastica, si finisce per perdere anche il proprio nome, o la voglia di dirlo. Chissà, magari perché cancellando la propria identità, forse si crede di conservare la propria dignità.
Però succede che si muoia, all’improvviso, incendiato o assiderato, malmenato o solo di stanchezza, e nessuno saprà mai chi è morto.


Come succede in questi giorni – che l’inverno è arrivato rigido come sa essere l’inverno – che si contano i morti, e non si sa chi sono. Un clochard, un senza tetto. Nemmeno più barbone, si dice, che il termine non è elegante e forse troppo brutale. Stranamente, a noi che tanto ci piace l’America e l’americanità non ci riusciamo a chiamarli homeless. Meglio essere francesi.


Numeri che saranno sepolti con un numero inciso su una lapide di cemento, o una croce, fotografati nella speranza che qualcuno prima o poi vada a chiedere di un tale, alto più o meno così, robusto o zoppo, che aveva un tatuaggio, che era un padre, un marito o un fratello. O una donna, minuta e vecchia, persa da tempo e ingoiata dalla folla che non la vede nemmeno quando le calpesta gli angoli di una coperta che le fa casa.
E in questi giorni in cui fa freddo e i telegiornali ci fanno sopra le inchieste speciali, in questi giorni di sindaci spargisale, di emergenze affrontate come se fosse una campagna elettorale, con i set adibiti alle trasmissioni di propaganda con i soldati spalatori, e i blindati cingolati, il corpo degli sciatori inviato in diretta tv a portare il pane a una famiglia intrappolata nel cuore dell’Abruzzo, dove c’è ancora chi vive nei “moduli abitativi provvisori” (che container anche, non è elegante come homeless) la signorina educata stringe un poco gli occhi per dirti che a Roma oppure a Milano, a Perugia come a Cagliari, è morto un clochard. E poi di nuovo il sindaco, che personalmente controlla lo stato dei sanpietrini, senza fascia tricolore, ma con l’elmetto di sicurezza stringe le mani degli operai sorridenti e pronti – anche loro pala in mano.


Ma chi è morto? Come si chiamava? Quanti anni aveva? E soprattutto, come e perché è finito per strada diventando così un “Nomeless”?


Chi gli ha tolto la possibilità di conservare il suo nome? E quanti diventeremo, così, odiosi se pure invisibili, simboli di degrado (come ha detto il ballerino Bolle) avvolti nei cartoni fuori dai teatri o dentro le stazioni. Scacciati dalle ruspe guidate da un altro sindaco leghista, che personalmente ha voluto abbattere l’edificio occupato da “criminali e senza casa”, in questo Febbraio d’inverno eccezionale?
Per fortuna che però, ogni tanto, almeno un soprannome glielo diamo. Qualcuno, per fortuna, lo riconosciamo.


Rita Pani (APOLIDE)

Comments:
Quando parliamo di una societa' parliamo di tanti singoli che uniti collaborano crcando di rendere la vita di qualita'? oggi grazie al disfattismo della destra fascistoide siamo invasi da un individualismo esasperante? tutti curano il suo orticello? se nel condominio muore un anziano? spesso resta giorni o settimane fino a raggiuungere la putrefazione? siamo onesti? chi diventa povero oltre alla disperazione deve combattere, prima rifiutato dalle "istituzioni" poi contro una societa' tronfia di ipocrisia? attenti stiamo scivolando tutti nello stesso baratro? i poteri forti ci stanno togliendo anche le illusioni? portandoci a terra, nel fondo senza possibilita' di risalire? tenendoci a mollo con il collaudato sistema della fossilizzazione? prima il cervello poi il corpo? quando manca il lavoro, quando non si riesce a far quadrare il bilancio e si arriva alla fame? quando cominciano a moltiplicarsi i ratei di inutili tecnologie? quando scarseggiano i servizi e ci si ammmala costretti a risparmiare? non è piu' uno stato di vita democratico? assomiglia tanto ai lagher dei nazi-fascisti dove diventavi un numero e speravi di morire per non soffrire? la storia cambia? stessi i risultati finali? a parte prediche e promesse? le disparita' sono intollerabili? chi è ricco non vede non sente e non ascolta chi muore di fame? vedi la Grecia e noi non siamo lontani, anzi? la propaganda dei miracoli sono 30anni che ci viene propinata, io non ci credo? vorrei sbagliarmi, magari! saluti da franco al vecio.
 
Noi comunist* condanniamo l'individualismo, lo pensiamo come una cosa assurda e fuorviante.
Leggendo questo tuo post ho riletto mia madre che ogni giorno mi ricorda le tue parole, non occorre ci penso anche io.
Ciao Rita.
 
Oh, ma Rita! Ma Rita! possibile che tu non lo sappia ancora che è morta una cantante? Eppure da tre giorni non si parla d’altro: giornali, radio, Tg… almeno dieci volte al giorno… Oh, è morta in modo orribile: una vasca da bagno con acqua tiepida di un albergo a cinque stelle plus… E tu Rita di ostini a parlare di morti senza nome al fresco protetti sotto il porticato del teatro… una vergogna antiestetica, che te lo ha detto anche il ballerino. Uno schifo!
Aveva quarantotto anni la poverina, un’età precoce per morire, e oltretutto sembra sia stata una buona canterina, a detta di chi se ne intende… e chi le può dimenticare le canzonette… E quando morirà il nano clown? Mi aspetto pianti, isterismi, suicidi di massa.
E sì, Rita, siamo alieni!
 
Forse non vi sembra il caso di rielaborare il concetto di comunismo che ormai ho l'impressione sia semplice astrattismo. É plausibile parlare di comunismo quando sappiamo che il modello non ha attecchito in nessuna democrazia. Siamo in balia delle onde e non sappiamo dove andremo, il caos governa le nostre menti e ci stiamo adeguando come nella migliore teoria Darwiniana a subire gli eventi. Speriamo non sia troppo tardi, lo spero per gli occhi azzurri di mia figlia.
 
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