10.05.2011

 

Le macerie del lavoro

Si può restare sotto le macerie per un lavoro da 3,95 euro l’ora, o ci si può dare fuoco a 29 anni perché si pensa di non aver più nulla. È la nuova Italia, quella pensata dalla potenza del capitale, dai padroni – a volte paladini del popolo – che dimenticano di ricordare che le scarpe è meglio farle costruire in Bangladesh a 2 euro l’ora e una manciata di riso, per venderle in Italia a 400 euro il paio, quando va bene che ci sono i saldi.

Sono le regole del mercato, quello che sei fortunato quando sei uno schiavo, e se muori porterai alla ribalta lo schifo della schiavitù. È la colpa di tutti noi, che accettiamo di lavorare sottopagati, perché ti devi campare la famiglia, perché un pezzo di pane è meglio che la fame, perché la sopravvivenza, volendo, possiamo camuffarla chiamandola vita.

L’Italia nuova ha imparato tutte le tecniche di sopravvivenza, s’è fatta furba rimandando a domani quel che non ci fa comodo pensare oggi, anche a rimandare le lacrime a quando i morti faranno pena e si potrà rompere la quiete immaginando tutte le tragedie future di un paese, tutto, a rischio crollo.
Non si può dire in Italia che la gente muore di fame, perché non si vede la fame. Se lo dici ti risponderanno che tutti son ben vestiti, che tutti hanno il telefonino, forse due, che tutti mangiano e sono sazi. Come se le donne morte sotto il crollo di Barletta non siano morte di fame. Come se i suicidi (siamo in una media di uno al giorno) non si suicidino per fame. Come se la recrudescenza della TBC non fosse causa della fame. Che fame è povertà.

La fame, beati noi, è cosa negra. Sono bimbi smunti, magri, con le pance gonfie e le mosche sul viso. La fame bianca si chiama barbone, è un’altra cosa spesso da schifare – che rompe i coglioni con il suo odore acre mentre ti tende la mano, nera di sporco e non di negritudine.

Il sindaco di Barletta non vuol sentir parlare di “ispezioni a tappeto” contro il lavoro nero, anche se pare che la ditta sepolta dalle macerie non fosse nemmeno conosciuta all’INPS. Eh già, perché mai conoscere ora la situazione della schiavitù e dell’evasione fiscale totale, e dello scempio dei diritti dei lavoratori, non è meglio rimandare alla prossima tragedia? Che sia un crollo oppure un rogo, non ce li giochiamo tutti in una volta, meglio dosarli in modo che una volta ogni tanto, ci si possa ancora indignare.

Non si usa più nemmeno “sperare che non siano morte invano”, quindi. Forse perché finalmente abbiamo compreso che questo tipo di morte, in un cantiere o per il fuoco in una fabbrica, è sempre un assurdo e inutile omicidio, solo che le sentenze non verranno mai lette in diretta TV. Anzi, forse, proprio non verranno mai pronunciate.

Rita Pani (APOLIDE)

Comments:
Cara Rita come si usa dire dalle nostre parti, la societa' è divisa in due mucchi? ricchi e poveri ok! ma la differenza è che oggi non è piu' un piccolo solco, c'è un abisso, pensato voluto e realizzato da questa cellula di clerical-fascisti? potere colluso col capitalismo, lo stesso parlamento invaso dal malaffare mafioso? una piccola parte che gestisce le masse, manipola l'informazione, falsifica e nega la realta' e tanta troppa gente soccombe, muore nell'indifferenza per crimini che ogni giorno vengono alla luce, durano un attimo e finiscono nel dimenticatoio, accade in tutto il mondo, è vero ma in questo paese la cancrena ha divorato valori, principi e la stessa nostra storia, la nostra memoria è labile e spesso viene nascosta? senza nessun ricordo del passato, la vita è un enigma? una dura triste realta' gia' vissuta sofferta forse per questo? vogliamo negarne l'esistenza? smuovere le coscienze inquinate dal sistema? credo invece che si sia vanificato un secolo creando illusione e di questo, credimi non si vive! saluti da franco il vecio.
 
Ancora ci piango io, le lacrime di rabbia non smettono mai di uscire, non si fermano.
Ma a differenza delle lacrime di coccodrillo le mie sono quelle di una giovane donna che ancora lotta in solitudine per cambiare le cose.
Tante volte mi sono sentita dire le parole che te scrivi all'inizio di questo tuo articolo... rimanda a domani, rimandare la vita si può?
Si può rimandare la necessità di un urlo che strappi dal torpore generale?
Non ci riesco è ovvio, come non ci riesci nemmeno te Rita a far vedere la verità miseranda nella quale stiamo annegando benchè le nostre vite ne sono testimonianza perchè è vero che non esiste peggior cieco di chi non vuol vedere.
 
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