8.29.2011

 

Due cose sulla felicità, che sono meglio di una sulla manovra economica.

È come fare ammenda per ogni volta che ho detto o scritto, con convinzione: “No, la felicità non esiste!” Non c'era dolo – questo no – ma la convinzione che avessero ragione i poeti, quelli miei, dei suoni tristi dei violini, dei piedi nudi tra le spighe del grano, che a lungo hanno governato l'arte e la realtà delle mie essenze.

Solo che loro erano poeti, e quelli come me, invece, non sapevano leggere.

No, non che vi sia idillio tra me e la felicità, e in fondo è bene – penso – ogni tanto farsi pungere i piedi dalle spighe di grano, affinché io non possa dimenticare come ci si cammina, ma almeno ora so che della felicità io non sapevo. Pensavo, in modo semplice, che la felicità fosse un istante, così effimero da poter anche essere trascurato, o quell'attimo in cui il viso potesse assumere una smorfia di soddisfatta gratitudine nei confronti di una vita assai poco generosa. La felicità – mi dicevo – è quando stai bene. E bene non era solo bene, ma quella sorta di nirvana che può darti solo l'incoscienza.

Ora son qua, che ancora non so quale sia la mia malattia, con tutta la rabbia che può provocare comprendere del mondo che è malato molto più di noi, e che vorrebbe ucciderti, numero tra i numeri di una sanità depredata e imbarbarita dalla storia, eppure io sono felice.

Ed è buffo, perché mi sembra ora che possa esser io – per una volta – a beffare la vita che è beffarda di per se. Credo che se una mattina non mi fosse suonata la sveglia, con quel suono orribile che certe parole sanno avere, non avrei mai percorso quel tratto di strada che mi ha portato a cambiare la prospettiva delle cose da vedere. Sarei rimasta là, a domandarmi di altre cose che non hanno risposte, sulla mancanza piuttosto che sulla pienezza di quelle cose semplici dalle quali mai mi son lasciata toccare.

Oh, sia chiaro, non sto dicendo che la vita sia meravigliosa, anzi, è proprio una merda, è solo che a guardar bene, ho trovato una miriade di piccole cose che ci stavano nascoste nel mezzo. Svegliarsi col sorriso la mattina, sentire il fresco di un respiro, non aver ansia d'arrivare perché sai che da qualche parte arriverai. Riconoscersi in un sorriso.

Poi chissà, magari il mio numero sarà cancellato, perché è così che ho paura quando sono felice. Ma me lo faccio bastare; chissà che un giorno io non possa anche svegliarmi ottimista.

Rita Pani (APOLIDE)

Comments:
Un forte abbraccio Rita!!
 
Si Rita siamo numeretti su un foglio che qualcun* tiene in mano scambiandolo per un gioco di poco conto.
Te sei una Compagna meravigliosa una di quelle che a me regala i sorrisi ed uno sguardo che può essere colto solo da chi (come noi) sa cosa significa lottare ogni giorno.
La vita ci ha beffate-i è vero ma non sempre ci riesce e l'essere come siamo non l'aiuta certo a beffarci totalmente a tenerci sotto il suo gioco malavitoso.
Sei una persona stupenda.
 
si carissima Rita, la nostra "piccola nave" nè di legno nè di ferro, di nome "fantasia" non trovera' mai il "porto della felicita'?"
i mari da solcare sono come i sogni.
saluti da franco il vecio.
 
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