4.22.2011

 

Buona Pasqua di cioccolato


Ora non mi ricordo bene i precetti. Non frequento e ho dimenticato se a Pasqua si debba essere tutti più buoni o tutti più mesti. So per certo che si dovrà essere tutti più sazi, come di solito impongono le regole non scritte delle festività, e che molti bimbi passeranno giorni con le chiappette sul cesso e i culetti arrossati, per aver spaccato un uovo di cioccolato dopo l’altro per trovarci dentro un pezzetto di plastica che costa quanto l’oro.

Per non sbagliare ho deciso di non essere né più buona né più mesta (di quanto io non sia già) e di conservarmi incazzata, che almeno non dovrò faticare alla prossima occasione. Mi porto avanti col lavoro, come di solito faccio da quando ho iniziato a vivere questa vita del “non si sa mai” che ogni giorno ho previsto un imprevisto. Sono così incazzata, per esempio, che vorrei essere anche vegetariana, in modo tale di avere più piacere questa sera addentando un pezzo di carne, e meglio se umana. Tanto per essere certa di non sbagliare.

Non lo so perché, forse perché oggi tacciono anche le campane che ieri suonavano come si usava un tempo, con l’uomo appeso alla corda, sudato e felice. Felice come il prete lavatore di piedi, come il Papa lavatore di piedi, con le sante ginocchia posate in un morbido cuscino rosso, e la brocca tutta d’oro, proprio come fece Gesù, magari con l’acqua minerale, per non urtare i cardinalizi duroni. Non so perché, davvero, io sia così incazzata.

Sarà perché è festa comandata? Una di quelle che servono non tanto a guardarsi dentro il profondo, alla ricerca di quel che non diamo o che prendiamo e non meritiamo, ma una di quelle che chissà cosa mangeremo, o finalmente mangeremo, che oggi anche questa non è più garanzia per tutti. È la festa che comanda d’esser felici e ben vestiti, soprattutto, per onorare il mistero della Resurrezione di un uomo che dicono finì la sua vita crocefisso e  in mutande, coperto da un lenzuolo.

Non mi ricordo davvero, se a Pasqua si debba essere tutti più buoni, mi ricordo che lo dicono a Natale, questo sì, me lo ricordo. Ora però che mi concentro mi ricordo: la Pasqua è la festa della Pace, e non è una battuta. La si festeggia in tutto il mondo, anche in America con gli ovetti nascosti, e il coniglio pasquale. La si festeggia ovunque, la Pasqua che è resurrezione, ma ovviamente non di tutti i morti ammazzati dalla pace.

Per fortuna mi conservo incazzata, così non dovrò faticare – beata pigrizia – nel vedere ancora le colombe libere di volare, lanciate in cielo dalle sante mani del santo padre, e nel dover rispondere a quegli auguri di “Buona Pasqua” come se davvero fosse un augurio, e come se davvero fosse una cosa seria, questa giornata di uova di cioccolato, di conigli di cioccolato, di colombe farcite di cioccolato, tutto così marrone, che alla fine sarà bene ricordare che Pasqua è la festa del cioccolato. Confondersi sarebbe un attimo.

... Auguro a tutti due o tre giorni di pace dell’intelletto, lasciatelo a riposare, ma non vi adagiate troppo, urge tornare presto a pensare. Prendo una pausa anche io, che a rileggermi, mi sa proprio d’averne bisogno. A presto.

Rita Pani (APOLIDE) 

Comments:
quando i lavoratori non saranno più accondiscendenti alla rinuncia dei propri diritti di uomini, per barattarli in cambio di inutili oggetti di consumo...allora avremmo una società di uomini più liberi, onesti e democratici...e forse il "comunismo"...la società turbo consumista corrompe ogni forma di onestà personale prima o poi...al limite qualcuno sarà disposto a vendere un proprio parente per avere in cambio un bene economico...
 
una volta mio nonno, con la sua pacata saggezza( uomo rurale con una cultura estetica ) paragonava i corvi ( clero) al partito di potere (fascio) mi diveva; bisogna accendere il rogo, per salvare il focolare domestico? oggi, siamo dominati dal fantasma della padronanza? del buo ordine? a noi fanno tirar cinghia, per il nostro bene fisico, mentre il potere, festeggia con pantagrueliche abbuffate? le solite robe dei due mucchi! saluti dal vecio
 
"Auguro a tutti due o tre giorni di pace dell’intelletto, lasciatelo a riposare, ma non vi adagiate troppo, urge tornare presto a pensare."
(Rita)

Pensare? Non si usa piu', lo sai, non e' fine, impegna troppo, poi magari finisce che ci fai pure l'abitudine e non smetti piu'.
Molto meglio delegare ad altri, prendere per buone le verita' della televisione (*), lasciare che un maitre-a-pensier del tubo catodico o della carta stampata, mi spiega che penso e pigliamo o' cafe'(**).

* Eh si la citazione mi scappa sempre.
** Qui la frase aveva esattamente il significato opposto, dato che Cutolo, persona di cultura e di onore, chiariva le idee del povero Pasquale Cafierro. Ma presa alla lettera, oggi, si attaglia perfettamente all'italiota medio.

Greetings
JOKER Ltd.
 
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