1.21.2011

 

Noi che comunisti lo saremo per sempre

Ora Compagni, non ve ne abbiate se io non mi sento di festeggiare i 90 anni del P.C.I. Lo commemoro, semmai, con la morte nel cuore e col rispetto che merita il dolore. Non prendetevela con me, è solo che non sono capace nemmeno di applaudire a un funerale, o di augurare buon compleanno all’amico morto ammazzato tanto tempo fa. C’è differenza tra festa e commemorazione, e noi che comunisti lo siamo ancora e lo resteremo per sempre, non possiamo aver voglia di festeggiare.

Il P.C.I. non è arrivato a compiere i 90 anni, lo hanno ucciso molto tempo fa seguendo l’onda dell’economia democratica da imporre ad ogni costo, anche con le guerre di pace, o con un ipocrita e fasullo concetto di libertà, basato sempre sul danaro, che in Italia ha trovato terreno fertile con l’avvento del berlusconismo e con la chiesa di Marcinkus e del Papa che diventerà beato proprio il primo maggio prossimo, come ultimo schiaffo verso tutti noi.

Non me la sento di festeggiare la perdita, tanto più che c’è ancora chi si ostina a demonizzare la nostra ideologia, chi non perde occasione per utilizzare il termine in modo intimidatorio, chi insegna alle nuove generazioni, terribilmente devastate dalla povertà culturale, che per migliorare questo mondo bisogna abbandonarle, le ideologie, fingendo di ignorare che è stato proprio per questo abbandono – che ha sapore del tradimento – che siamo arrivati proprio qua, dove siamo oggi. Nel nulla più profondo.

Sono comunista, penso comunista, vivo comunista. Come un’orfana e addolorata, o una vedova angosciata. Nei momenti più bui delle nostre esistenze, cerco disperatamente il padre che potrebbe mostrarmi la via, o il padre dei figli capace di esser sostegno, ma poi mi ricordo la perdita e il lutto, e come fanno le donne che devono fare da sé mi ricordo chi sono, da dove vengo e cosa ho imparato e vado avanti, aggrappandomi proprio all’ideologia. Quella che ti impedisce di pensare a te stesso come unico essere degno di esistere, ma come molecola facente parte di un organismo più grande, al quale la coscienza deve importi di partecipare.

Commemoro il Partito, ne ricordo le donne e gli uomini migliori che l’hanno fatto grande, che non ci hanno regalato il pensiero, ma ce lo hanno prestato perché potessimo farne qualcosa di utile da tramandare, con l’esempio e con la tenacia, con la Resistenza che oggi è diversa da quella di ieri, a volte persino più difficile da comprendere e da spiegare. Resistere oggi, significa conservarsi in vita, non piegarsi, non vendersi e non umiliarsi. Mantenersi dignitosi. Resistere è dire: “Io sono comunista”, e mostrarsi esattamente per quel che si è agli occhi di chi ti guarda immaginando il sangue di bimbo che cola dall’angolo della tua bocca, perché così qualcuno ha insegnato; qualcuno che le bambine le sbranava davvero.

Resistere è insegnare attraverso la vita coerente con l’ideologia, che essere comunisti non è né un fallimento, né una malattia, ma un modo per non mandare sprecata un’intera esistenza. Non cedere mai alla tentazione di rinnegare ciò che siamo, anche quando sappiamo che sarebbe più facile trovare il coraggio di svegliarsi alla mattina.

Ieri sulla mia bacheca di Facebook hanno postato una frase, che forse spiega meglio quello che avrei voluto dirvi fin qui, e ringraziando chi l’ha inserita, la copio: “Che cosa sarebbe stata l’Italia senza il PCI lo vediamo oggi che il PCI non c’è più.” Alexander Höbel

A pugno chiuso,

Rita Pani (APOLIDE COMUNISTA)


Comments:
Rita, io credo e resto convinto, un ideologia, non deve morire, è come il bio-ritmo della vita, ci sono alti e bassi, continua e ci accompagna ogni attimo, come nel partito, sento molta gente, tanta, e vorrebbe che si tornasse a "credere in qualcosa" di diverso, fuori dall'amalgama di quella politica che viviamo oggi, sono venuti a mancare quei valori che anno sostenuto il PCI- assieme a carismatici personaggi, in molti casi, apprezzati anche da partiti avversari, e' vero che ci sono stati nascosti grossi errori, ma l'etica morale, ci ha accompagnati, nelle tante sessioni, l'umilta' e l'impegno di gruppo, la lotta per difendere gli ideali, da coloro che ci guardavano male ma con rispetto, della nostra forza! di questo possiamo essere orgogliosi, un esempio alla "don camillo e peppone" d'altri tempi, ma sempre oppositori del fascismo e della diseguaglianza verso i deboli! non possiamo sognare, oggi se la politica (tutta) ha subito un degrado spaventoso, puo' essere la mancanza di un partito come quel partito che "AVREBBE POTUTO ESSERE" la salvezza del paese, smembrato perche' faceva paura a troppi? forse ai fascisti e al clero? saluti da franco, con nostalgia!!

ps; dalle mie parti si trovano tante tombe con lo stemma "falce e martello"...orgogliosi.. oltre la morte
 
Risposta breve, a pugno chiuso
(e con il magone in gola)
 
Ciao Guevina, HASTA LA VICTORIA SIEMPRE! Antonio.
 
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