1.14.2011
Con la corda al collo
È triste la vita sotto ricatto, e nonostante tutte le possibili obiezioni, continuo a pensare che non sia vita. Fa tristezza sapere ed essere certissimi che pure estirpato il peggior cancro della nostra società, quel tizio malavitoso, non cambierebbe assolutamente nulla. La nostra vita da ricattati è comoda per chiunque decida di assumere il potere, dato che in Italia nemmeno il voto ha più senso democratico.
Siamo vittime di un lento strozzinaggio della morale, che ci siamo portati dentro come un vizio, per oltre quarant’anni. Da quando ci dissero che avere il frigorifero in casa ci avrebbe fatto risparmiare, o da quando abbiamo smesso di aggiustare le cose, perché tanto al supermercato ce n’era una in offerta che forse sarebbe stata anche migliore. Ci hanno insegnato a consumare convincendoci che saremo stati felici, e che solo avendo avremmo potuto essere appagati. Ci siamo caduti tutti, più o meno, ed ora ci presentano il conto. Lo strozzino, quando non puoi pagare, inizia a farti a pezzi lentamente, fino a quando muori.
Marchionne è uno dei primi castigamatti mandato a riscuotere, e altri ne verranno. O altri ne sono venuti, come a Taranto per esempio, dove tutto sommato si sopporta di prendersi anche il cancro pur di continuare ad avere quella parvenza di vita. Certo Torino è differente, là lo strozzinaggio esce allo scoperto, e segna la strada per il ricatto a viso scoperto, senza vergogna, e addirittura sponsorizzato da coloro che nemmeno troppo tempo fa, davanti a quei cancelli della FIAT ci stavano insieme a Enrico Berlinguer, che per fortuna è morto. Altri arriveranno, a stringere la corda al collo di tutti noi, non abbastanza da soffocarci, perché sennò non saremo più utili per continuare comunque a consumare almeno lo stretto necessario.
Dicono che prima o poi la differenza sociale, la fame, questo strozzinaggio faranno sì che scoppi la rivolta, ma io non ci credo nemmeno un po’. Non è popolo da lotta l’italiano, semmai quello che ha bisogno di lamentarsi e lamentare e sperare e sognare. Magari qualcosa si muoverà, magari prima o poi qualcuno deciderà che è meglio ammazzarsi portandosi dietro qualcuno che non andare nel bosco ed impiccarsi al ramo più alto, ma non diventerà un eroe, sarà al massimo compatito, se non peggio deriso o umiliato anche dopo morto.
L’unica lotta che l’italiano continuerà a fare in silenzio e con abnegazione sarà quella della sopravvivenza, imponendo anche a sé la furbizia che ha sempre osteggiato negli altri. E non capirà che accompagnando il suo gesto “furbo” con le parole che spesso si dicono a mo’ d’assoluzione, per esempio: “Che devo essere solo io a pagare le tasse?” continuerà ad essere vittima ricattabile di un sistema che così bene ha saputo contribuire a creare. Essere abbastanza bravi da eludere le regole prima era un pregio, oggi invece è diventata una necessità.
Non mi va più di sentir dire che non succede nulla perché tutto sommato l’italiano sta bene. Non succede nulla semplicemente perché si vive nel terrore di perdere anche quel poco che si ha, anche quando forse non si ha abbastanza coraggio per ammettere che giorno per giorno quel poco diventa sempre meno. E perché si conserva il sogno che abbattendo il tizio, come per incanto tutto finirà e torneremo all’antico lustro, sempre che davvero mai uno ce ne sia stato.
Probabilmente bisognerebbe avere il coraggio di costringersi alla fame, e la dignità per non farsela imporre dal ricattatore di turno, per tornare a ridare un senso all’esistenza e persino alla R-esistenza.
Rita Pani (APOLIDE)
ps; a quando il prossimo romanzo? ciao.
;)
Rita ti ringrazio come sempre mitica!!
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