12.30.2010

 

Auguri ... a piacere

È triste persino provare a farsi gli auguri. Non si trovano le parole giuste e si teme di essere fraintesi, o vedere la persona a cui i nostri auguri sono rivolti, ravanarsi il basso ventre, perdendo di finezza ed eleganza.

Una volta, quando ancora gli auguri si scrivevano con la bella grafia, si augurava un nuovo anno di prosperità. Farlo oggi, potrebbe essere sconveniente, quasi offensivo. Come se ci si prendesse in giro. Una volta, stringendo il calore della mano altrui, avresti potuto augurare ogni bene, felicità o almeno un po’ di serenità. Oggi ce lo auguriamo tutti i giorni, mentre nel profondo di noi stessi speriamo di poter almeno continuare a mettere insieme il pranzo con la cena.

Quale tipo di auguri si possono scambiare in un paese in cui ci si deve “accordare” per far sparire l’immondizia dalle strade entro Capodanno, con l’annuncio strillato sulla stampa, che par mancare solo lo squillo delle trombe?

Non oso pensare come potrei fare gli auguri al Compagno operaio, in questa fine dell’anno che ha portato la definitiva cancellazione dello statuto dei lavoratori, e delle garanzie sindacali: “Ti auguro di non diventare troppo cinese o troppo americano e di poter continuare ad avere un lavoro, per almeno il 2011.” Normale che quello, poveretto, si dia una bella grattata al cavallo dei pantaloni. Allora meglio tacere, o sorridere un più generico “Auguri” … Auguri a piacere.

Dovremmo cercare di non iniziare la nostra frase di auguri con il gerundio sperando. “Sperando che sia un anno migliore …” Fa tristezza sperare, perché sottolinea tre volte il fatto che ormai non abbiamo più alcuna certezza.

Auguri a piacere. Questa potrebbe essere la formula giusta, in modo che ognuno possa plasmarseli o cucirseli addosso, per ciò di cui ha maggior bisogno, o forse solo per esorcizzare la sua paura più grande. Ne abbiamo bisogno, abbiamo bisogno di molti auguri e non solo per i tempi che corrono, ma anche a causa di chi i tempi li detta stando comodamente seduto e godendosi lo spettacolo di noi che affannati ci muoviamo nella vita.

Auguri a tutti, quindi: Auguri a piacere, come fosse un desiderio lanciato verso una stella che cade. E che il vostro desiderio, si avveri!

Rita Pani (APOLIDE)


12.28.2010

 

Di sconforto

Siamo ancora fermi là, con gli uffici di propaganda impegnati a far rimbalzare veline di delazione, raccontando storie di troie e di falsi (falsi) attentati, o a fare dei veri, falsi, attentati, con bombe che per fortuna ancora non scoppiano, nelle metro o davanti ai consolati. Siamo fermi in un paese devastato dal fascismo, occupato dai fascisti – quelli veri – che ormai se non siedono su una poltrona hanno preteso ed ottenuto almeno di sedere su una seggiola. Siamo fermi in uno stato di Polizia nel quale non suona nemmeno vagamente strano, che si possa impedire a duecento cittadini italiani di muoversi liberamente entro i confini dello stato. E siamo soprattutto fermi nell’impellenza dell’ ultima legge per la salvaguardia di un criminale.

Siamo in balia del nulla assoluto, divorati dalla chiesa e dai chiesaroli che imbrattano carte con dichiarazioni illuminate: “A Natale bisogna spendere perché ce lo chiede Dio.” E a questo punto verrebbe da chiedersi: quale dei due? Quello che tutto vede dall’alto, e allora non si capisce perché non intervenga con un’invasione di locuste o con una piaga qualunque, o l’altro, quello che spende in puttane tanto quanto l’intero PIL di un paese sub sahariano?

Non è nemmeno più vero che si stia stabili in attesa che qualcosa avvenga, il paese reale scoppia realmente, le proteste non sono più solo degli studenti ormai; non passa giorno che non ci sia una piazza occupata da lavoratori, ex lavoratori, precari, pompieri, poliziotti che restano gli unici a non subire la repressione della polizia, eppure siamo ancora fermi là, a leggere delle lotte intestine per la spartizione del potere, tra fascisti veri e criminali impuniti. A sperare che prima o poi arrivi la rivincita delle urne di una politica che definire tale, mi pare ormai un oltraggio.

Persino Di Pietro è rimasto vittima di sé stesso, in questo delirio di personalismo inventato dal tizio, con la regola di mettere il proprio nome a garanzia di un marchio; quello che ha di fatto sostituito i partiti e creato la barbarie che ha distrutto il barlume di democrazia.

Quelli che parlano bene dicono che il nemico non sia tanto il tizio, ma il berlusconismo che ha avariato le menti di molti italioti. Il pericolo reale è invece il berlusconismo che ha avvelenato la politica italiana, al punto di renderla la cosa ridicola che è diventata oggi. Una questione numerica, o una questione di prestigio personale, dove non si elegge più un organo direttivo di un partito, ma una sorta di consiglio d’amministrazione in cui il presidente (o il segretario) sarà il piccolo guru da osannare e seguire piazza dopo piazza e che detenendo il potere avrà diritto a decidere dei suoi sudditi, tanti o pochi che siano.

Lo sconforto è tanto, l’annichilimento di più. Si guarda e si spera, ma non si sa più nemmeno in cosa. Forse che Dio ci dica anche “cosa” spendere, o che qualcuno a furia di maneggiar troie ci resti finalmente secco, si spera nei giovani, ma per il loro futuro che non ci coinvolgerà più. E siamo sempre fermi là, tra una casa a Montecarlo, o una escort che racconta il solito copione, cambiando solo la descrizione del pene, nello stesso giorno in cui vengono resi noti i dati delle tasse del paese di meno tasse, che con più tasse che mai riuscirà con l’ultima finanziaria a farci diventare il paese in assoluto col minor numero di servizi per i cittadini. Niente più scuole, niente più sanità, niente più cultura, niente più lavoro ma con il giudice che invitò a cena il tizio e il suo picciotto Al Fano, che rassicura tutti noi: “Lo scudo spaziale per il criminale del consiglio è necessario e si farà.”

Rita Pani (APOLIDE)


12.27.2010

 

E lui disse: "Governerò per altri due anni"

In fondo non è stato Natale fino a ieri, allorquando il tizio è apparso telefonicamente a dare manforte al suo compagno di merende, l’ex prete molestatore, rassicurando tutti gli italiani e gli italioti. E lui disse: “Governerò per altri due anni!”

Son perversa, lo so, ma son contenta.

Sono molto contenta soprattutto per i tizioti mai domi, quelli che fanno compere nelle cineserie, e poi mettono le orride bustine di plastica dentro più consone buste da boutique, conservate con cura per anni e anni, quasi in memoria dei bei tempi andati.

Sarei veramente felice per tutti coloro che dopo avermi insultata, hanno esultato per il fallito tentativo di far cadere il debosciato con la sfiducia. E siccome son sincera, son contenta anche per tutti coloro che avevano osato dire: “Meno male che fini c’è!” Per non parlare poi dei dementi che avevano davvero creduto che un malfattore potesse davvero risanare l’economia dello stato, rinunciando di suo per il bene del popolo.

A Natale pare non accada nulla, si vivono giorni d’anestesia con la faccia dentro il piatto, come se fosse sempre l’ultimo pranzo o l’ultima cena. Le TV si tengono spente, oppure si guardano i cartoni animati, e anche quando restano accese, non è che arrivino gli schiaffi della realtà. Al massimo l’aria bonaria di un dietologo ti dice come fare a dimagrire in tempo, per affrontare la prossima prova bikini. Della mazzata che si riceverà con l’anno nuovo è meglio non dire, per non far strozzare nessuno con l’ultimo tortello.

Così oggi, un lunedì mattina qualunque, tornano le notizie, quelle belle, quelle per cui mi piacerebbe vedere il volto del berlusconiano medio che le apprende. Le pensioni, per esempio … e mi scappa da ridere … che i lavoratori giunti all’agognato traguardo inizieranno a percepire solo dopo un anno. (Non si sa mai, magari si crepa prima) Oppure quelli che oggi al distributore si sono consolati dicendo: “Chi se ne frega se la benzina è aumentata ancora? Tanto io ne metto sempre dieci euro!”

Per non parlare dell’accordo Mirafiori, quello che farà sicuramente felici tutti coloro che hanno sempre un po’ desiderato di essere americani. Magari di sangue misto: mezzo cinesi e mezzo americani, decisamente più sexy ed esotici. Leggendo i titoli dei giornali, qualcuno avrà persino desiderato di essere assunto in fabbrica: “Meno malattia!” Chi non ci metterebbe la firma?

Sarà sempre più bella questa Italia, sempre più efficiente e dinamica, con i giovani in movimento che varcano il confine sospirando di libertà. Sempre più civile, con una magistratura avvilita dall’unica azione veramente svolta da questo governo di malavitosi, abolire la legalità. E quando finalmente il criminale avrà finito di pagare il debito di corruzione alla lega di bossi, e ci sarà il federalismo fiscale – l’uccisione del sud – e la svendita del nord, sarà ancora più bella assai.

Un paese perennemente addormentato come se fosse sempre la notte di Natale, che non si vede l’ora di svegliarsi per vedere cosa ci ha portato Babbo Natale.

Rita Pani (APOLIDE)


12.24.2010

 

Volo IG 1476 Roma/Cagliari (Forse)


Noi che siamo un po’ nomadi, abbiamo imparato a muoverci per tempo in questi giorni in cui tutti sbuffano e tornano a casa, per far finta di essere vivi e persino un po’ normali. Noi che siamo sardi, poi, abbiamo imparato a muoverci ancora meglio per attraversare qual mare che ci rende non abbastanza lontani ma troppo distanti dal resto del mondo. Sappiamo che dobbiamo arrivare con molto anticipo, perché sappiamo cosa è diventato l’aeroporto di Fiumicino dopo che i soliti quattro cani grassi, hanno spolpato l’osso di Alitalia. Sappiamo cosa sono gli ingorghi del Raccordo Anulare, sappiamo anche che Trenitalia è la ferrovia da terzo mondo che paghiamo come fosse tedesca. Ma peggio, noi che torniamo in Sardegna, e che godiamo della “continuità territoriale”, sappiamo che siamo obbligati, in epoca di libero mercato, a viaggiare col monopolio di Meridiana.

Il volo era previsto per la 19 e 30, ma quando poco prima dell’orario previsto per l’imbarco il gate restava deserto, e sul monitor l’orario variava posticipato di mezz’ora, io e altri nomadi che stavano in attesa con me, abbiamo scambiato sguardi d’intesa, come a dirci e darci un po’ di sostegno. La serata è stata lunga, e anziché arrivare alle 20 e 30, come previsto, abbiamo varcato le porte dell’aeroporto di Elmas, abbracciando amici e parenti – sconvolti come noi – alle due del mattino.

Tecnicamente, quel che è accaduto, è stato solo un banale ritardo dell’aereo in arrivo da Verona che avrebbe dovuto far trovare la coincidenza per Olbia e per Cagliari. In realtà quel che è accaduto ieri a Fiumicino è solo un esempio della reale situazione di un paese che lentamente, giorno dopo giorno, è stato ucciso non dalla crisi – come fa comodo pensare – ma da chi con “la crisi” ha provato ad aumentare il profitto.

Meridiana, come tutte le altre compagnie aeree, o come le fabbriche di tomaie o bulloni, non ha abbastanza personale per far funzionare gli ingranaggi dell’impresa, non investe abbastanza sulla sicurezza, non spende per guadagnare sempre di più, per rosicchiare anche lei l’osso che non è disposta a spartire.

Quindi l’aereo da Verona per Roma ha tenuto sequestrati i suoi passeggeri in pista per tre ore, portandoli a Roma con cinque ore di ritardo, e solo quando qualcuno ha iniziato a dare in escandescenze il pilota ha dovuto ammettere che la porta non si chiudeva e che l’aereo doveva essere sostituito. Quindi, l’aereo per Olbia – scalo sacro per le persone di peso che doveva avere a bordo – è partito ugualmente e puntuale lasciando a terra i passeggeri in arrivo da Verona. Quindi il senatore che avrebbe dovuto attendere insieme a noi, ha trovato riparo nel volo successivo al nostro, quello delle venti per Cagliari, che a tutti noi era stato negato. Quindi noi eravamo là, senza saper nulla di ciò che accadeva, ricercando notizie via Internet, sul volo che sapevamo non essere partito, mentre il ritardo si accumulava variando di mezz’ora in mezz’ora, di dieci minuti in dieci minuti.

La gestione di 160 persone, che via, via si agitavano sempre di più è stata totalmente affidata ad una ragazzina, che oltre a stare dietro il banco dei transiti, si occupava di un bambino che la seguiva come un cagnolino, e che solo al momento della partenza abbiamo ritrovato nell’aereo insieme a noi. A qualunque domanda rispondeva in modo vago, provando a sorridere in modo del tutto naturale, fino a quando un passeggero disabile, al quale è mancata l’assistenza ha anche lui preteso d’essere ascoltato, dato che come ha fatto notare, per cinque ore non aveva potuto fare pipì. Vedere un uomo che davanti alla sua bimba minaccia di pisciarsi addosso, è stato forse il momento in cui, persino la ragazzetta che fino ad allora era riuscita ad ignorarci tutti, ha compreso che qualcosa si doveva fare. Un’altra ragazza vien fuori dalla porta, ed è la stessa che molte ore prima, avevo visto al check in. Fa telefonate, non risponde alle domande, fino a quando sempre l’uomo sulla sedia a rotelle alza la voce ancora di più, e minaccia l’intervento delle forze dell’ordine.

Finalmente il volo da Verona arriva. Tutti sembrano stanchi ma rilassati. Il gate apre e la seconda ragazza dal banco arriva a compiere la sua terza o quarta mansione quotidiana. Quelli di noi che non sanno come funziona, iniziano a disporsi in fila: tutti hanno fretta di partire. Dal banco transiti arrivano nuove urla, nuove minacce di chiamare la polizia, che in effetti è già là. I passeggeri per Olbia non hanno volo, l’aereo se ne è andato col suo carico prezioso, che da qualche ora, magari, starà dentro Villa Certosa, e già senza mutande.

Meridiana ci saluta mentre saliamo a bordo. Un uomo troppo brutto per essere uno steward mi accoglie con un “Buonasera” sorridente, al quale rispondo: “Seeee buonasera a tua sorella!” mentre prendo posto, mi pare d’aver sentito anche un Vaffanculo, e un Buonache? Il disabile, per protesta non vuol partire. Pensiamo tutti che abbia ragione, ma in cuor nostro tutti pensiamo che si sia fatta l’ora di tornare a casa. Quando finalmente si inizia la procedura per il suo imbarco, tiriamo un sospiro di sollievo. Il pilota sembra assonnato, ha gli occhi rossi e sbadiglia. Poggia la testa allo stipite della porticina della cabina di pilotaggio. Fortuna che non sono molto attaccata alla vita, perché non è un bello spettacolo. L’equipaggio – tutto maschile – va avanti e indietro e ci conta. Finalmente stiamo per partire, quando ci chiedono di aver pazienza: “C’è un passeggero in più.” In effetti un uomo sosta in piedi poco davanti a me, e tutto diventa sempre più surreale. C’è chi consiglia di metterlo in bagno, chi di ucciderlo, chi di farlo scendere o di metterlo in stiva insieme ai bagagli. Lui non ci sta ad essere soppresso, e chiede che venga montata una maniglia, come nei tram, in modo che possa viaggiare in piedi.

“Ora partiamo!” Finalmente. Invece no. Problemi di peso e di equilibrio. Bisogna rivedere i bagagli perché qualcuno ha sbagliato i calcoli. Credo che si bastato passare alle minacce fisiche per risolvere il problema, e con meno di 40 minuti di volo effettivo, siamo arrivati a Cagliari.

Invierò la mia richiesta di rimborso, ovviamente, e ovviamente dovrò faticare per averla, perché dal momento che viaggio con la continuità territoriale che mi da diritto alla riduzione del costo del biglietto, pare che io non ne abbia diritto. Ovviamente scriverò la mia lettera di reclamo, con la quale immagino qualcuno si pulirà il culo.

Quel che non si capisce, è che in casi come questi, non dovrebbero essere i passeggeri a protestare, ma i dipeVolo IG 1476 Roma/Cagliari (Forse)

Noi che siamo un po’ nomadi, abbiamo imparato a muoverci per tempo in questi giorni in cui tutti sbuffano e tornano a casa, per far finta di essere vivi e persino un po’ normali. Noi che siamo sardi, poi, abbiamo imparato a muoverci ancora meglio per attraversare qual mare che ci rende non abbastanza lontani ma troppo distanti dal resto del mare. Sappiamo che dobbiamo arrivare con molto anticipo, perché sappiamo cosa è diventato l’aeroporto di Fiumicino dopo che i soliti quattro cani grassi, hanno spolpato l’osso di Alitalia. Sappiamo cosa sono gli ingorghi del Raccordo Anulare, sappiamo anche che Trenitalia è la ferrovia da terzo mondo che paghiamo come fosse tedesca. Ma peggio, noi che torniamo in Sardegna, e che godiamo della “continuità territoriale”, sappiamo che siamo obbligati, in epoca di libero mercato, a viaggiare col monopolio di Meridiana.

Il volo era previsto per la 19 e 30, ma quando poco prima dell’orario previsto per l’imbarco il gate restava deserto, e sul monitor l’orario variava posticipato di mezz’ora, io e altri nomadi che stavano in attesa con me, abbiamo scambiato sguardi d’intesa, come a dirci e darci un po’ di sostegno. La serata è stata lunga, e anziché arrivare alle 20 e 30, come previsto, abbiamo varcato le porte dell’aeroporto di Elmas, abbracciando amici e parenti – sconvolti come noi – alle due del mattino.

Tecnicamente, quel che è accaduto, è stato solo un banale ritardo dell’aereo in arrivo da Verona che avrebbe dovuto far trovare la coincidenza per Olbia e per Cagliari. In realtà quel che è accaduto ieri a Fiumicino è solo un esempio della reale situazione di un paese che lentamente, giorno dopo giorno, è stato ucciso non dalla crisi – come fa comodo pensare – ma da chi con “la crisi” ha provato ad aumentare il profitto.

Meridiana, come tutte le altre compagnie aeree, o come le fabbriche di tomaie o bulloni, non ha abbastanza personale per far funzionare gli ingranaggi dell’impresa, non investe abbastanza sulla sicurezza, non spende per guadagnare sempre di più, per rosicchiare anche lei l’osso che non è disposta a spartire.

Quindi l’aereo da Verona per Roma ha tenuto sequestrati i suoi passeggeri in pista per tre ore, portandoli a Roma con cinque ore di ritardo, e solo quando qualcuno ha iniziato a dare in escandescenze il pilota ha dovuto ammettere che la porta non si chiudeva e che l’aereo doveva essere sostituito. Quindi, l’aereo per Olbia – scalo sacro per le persone di peso che doveva avere a bordo – è partito ugualmente e puntuale lasciando a terra i passeggeri in arrivo da Verona. Quindi il senatore che avrebbe dovuto attendere insieme a noi, ha trovato riparo nel volo successivo al nostro, quello delle venti per Cagliari, che a tutti noi era stato negato. Quindi noi eravamo là, senza saper nulla di ciò che accadeva, ricercando notizie via Internet, sul volo che sapevamo non essere partito, mentre il ritardo si accumulava variando di mezz’ora in mezz’ora, di dieci minuti in dieci minuti.

La gestione di 160 persone, che via, via si agitavano sempre di più è stata totalmente affidata ad una ragazzina, che oltre a stare dietro il banco dei transiti, si occupava di un bambino che la seguiva come un cagnolino, e che solo al momento della partenza abbiamo ritrovato nell’aereo insieme a noi. A qualunque domanda rispondeva in modo vago, provando a sorridere in modo del tutto naturale, fino a quando un passeggero disabile, al quale è mancata l’assistenza ha anche lui preteso d’essere ascoltato, dato che come ha fatto notare, per cinque ore non aveva potuto fare pipì. Vedere un uomo che davanti alla sua bimba minaccia di pisciarsi addosso, è stato forse il momento in cui, persino la ragazzetta che fino ad allora era riuscita ad ignorarci tutti, ha compreso che qualcosa si doveva fare. Un’altra ragazza vien fuori dalla porta, ed è la stessa che molte ore prima, avevo visto al check in. Fa telefonate, non risponde alle domande, fino a quando sempre l’uomo sulla sedia a rotelle alza la voce ancora di più, e minaccia l’intervento delle forze dell’ordine.

Finalmente il volo da Verona arriva. Tutti sembrano stanchi ma rilassati. Il gate apre e la seconda ragazza dal banco arriva a compiere la sua terza o quarta mansione quotidiana. Quelli di noi che non sanno come funziona, iniziano a disporsi in fila: tutti hanno fretta di partire. Dal banco transiti arrivano nuove urla, nuove minacce di chiamare la polizia, che in effetti è già là. I passeggeri per Olbia non hanno volo, l’aereo se ne è andato col suo carico prezioso, che da qualche ora, magari, starà dentro Villa Certosa, e già senza mutande.

Meridiana ci saluta mentre saliamo a bordo. Un uomo troppo brutto per essere uno steward mi accoglie con un “Buonasera” sorridente, al quale rispondo: “Seeee buonasera a tua sorella!” mentre prendo posto, mi pare d’aver sentito anche un Vaffanculo, e un Buonache? Il disabile, per protesta non vuol partire. Pensiamo tutti che abbia ragione, ma in cuor nostro tutti pensiamo che si sia fatta l’ora di tornare a casa. Quando finalmente si inizia la procedura per il suo imbarco, tiriamo un sospiro di sollievo. Il pilota sembra assonnato, ha gli occhi rossi e sbadiglia. Poggia la testa allo stipite della porticina della cabina di pilotaggio. Fortuna che non sono molto attaccata alla vita, perché non è un bello spettacolo. L’equipaggio – tutto maschile – va avanti e indietro e ci conta. Finalmente stiamo per partire, quando ci chiedono di aver pazienza: “C’è un passeggero in più.” In effetti un uomo sosta in piedi poco davanti a me, e tutto diventa sempre più surreale. C’è chi consiglia di metterlo in bagno, chi di ucciderlo, chi di farlo scendere o di metterlo in stiva insieme ai bagagli. Lui non ci sta ad essere soppresso, e chiede che venga montata una maniglia, come nei tram, in modo che possa viaggiare in piedi.

“Ora partiamo!” Finalmente. Invece no. Problemi di peso e di equilibrio. Bisogna rivedere i bagagli perché qualcuno ha sbagliato i calcoli. Credo che sia bastato passare alle minacce fisiche per risolvere il problema, e con meno di 40 minuti di volo effettivo, siamo arrivati a Cagliari.

Invierò la mia richiesta di rimborso, ovviamente, e ovviamente dovrò faticare per averla, perché dal momento che viaggio con la continuità territoriale che mi da diritto alla riduzione del costo del biglietto, pare che io non ne abbia diritto. Ovviamente scriverò la mia lettera di reclamo, con la quale immagino qualcuno si pulirà il culo.

Quel che non si capisce, è che in casi come questi, non dovrebbero essere i passeggeri a protestare, ma i dipendenti di Meridiana, trattati come schiavi, come ogni lavoratore italiano che si rispetti. Dovrebbero essere loro i primi a ribellarsi, a pretendere di riottenere i diritti che fino a poco tempo fa sicuramente avevano. Dovrebbe essere il pilota a rifiutarsi di portare avanti e indietro le vite di migliaia di persone in quelle condizioni di stanchezza e stress. Dovrebbero essere quelle ragazze, che davanti ad un uomo che minaccia di pisciarsi addosso, non possono fare altro che mostrare la loro mortificazione allargando le braccia e dicendo: “Mi viene da piangere.”

Ovviamente Meridiana si scusa per il ritardo, e augura buon volo!

Rita Pani (APOLIDE)


12.21.2010

 

L'albero di Natale

- Di solito non pubblico i miei racconti brevissimi sul blog, ma questa volta lo faccio, per farvi gli auguri, e per dirvi che ci rileggeremo dopo Natale, sempre che prima non vi sia qualche accadimento che possa in qualche modo, predisporci meglio alla festa ;-) -

***

“Buonasera! Non voglio derubarla, vorrei solo chiederle – per cortesia – se ha una moneta. Sa, è da questa mattina che non mangio.”

Anche io non avevo mangiato dalla mattina, e così ho guardato le sue mani vecchie e gli ho fatto cenno verso la porta di uno di quei locali da stazione che puzzano di fritto vecchio e odorano di caffè. Lo sapevo che avrebbe voluto cibarsi di un cartone di Tavernello, e quindi gli ho sorriso quando probabilmente nulla di quello che vedeva esposto riuscì a placare il suo senso di nausea.

L’ha preso poi il panino, uno di quelli di gomma, e una birra per farsi compagnia. Io ho bevuto l’ennesimo caffè e ho continuato a girare, ignorando colpevolmente tutti coloro che, dopo il terzo, vedendomi fumare, mi si facevano incontro con lo sguardo umiliato e le dita pronte a chiedere una sigaretta. Ne avevo già dato una manciata ad una signora che conservava i tratti gentili che dovevano averla accompagnata fino al principiare della fine della vita. Piccola, indossava un giubbino rosa, che mi è parso profumare, e che ho pensato fosse stato lasciato indietro da una bimba. Non so perché, ma quel colore me l’ha persino fatta immaginare mentre allegra dondolava su un’altalena in un parco della città.

C’era freddo, quel freddo tipico delle stazioni, dove l’aria si intrufola e si sbatte incontrandosi a metà, proprio dove la gente sostava col naso all’insù e le spalle irrigidite a proteggere il collo guardando gli orari cambiare e diventare da verdi a rossi, e c’erano i mormorii che ai sibili dell’aria spostata dai pochi treni in arrivo, si univano in un sol coro.

L’uomo del Tavernello, dietro me, salutava un’altra donna che rassicurata sul fatto di non dover essere derubata, frugava dentro una borsa grande e piena di cose, cercava alla rinfusa fino a trovare qualcosa che le ha fatto meritare un ringraziamento. La donna piccola, col viso lucido di crema e il giubbottino da bimba, fumava una sigaretta, con le spalle poggiate al pilastro dove di solito la gente si ferma a guardare gli orari dei treni che non corrispondono mai.

C’era quel freddo che paralizzava i piedi, che non faceva più sentir le mani, quello che alla fine non sai più se siano solo lacrime di gelo o pianto, che asciughi subito per la paura che ti si possano fermare là, irrigidite sul viso, eppure, a una certa ora iniziavano a girare le generose scollature e le gambe ricoperte da stivali lunghi, lunghi. E qualche uomo si voltava a guardare, distogliendo finalmente lo sguardo dal tabellone che non proponeva nessuna buona novità.

Più la notte si inoltrava più il traffico diventava surreale, di persone con i carrelli dei supermercati, spinti tenendo lo sguardo per terra, di ragazzi sudamericani dai capelli incollati dal gel, poco più che bambini, e dell’uomo del Tavernello, che recitava la sua parte a memoria, e della signora piccola e rosa che ora aveva una sporta e a passo lento andava oltre il primo binario, probabilmente a dormire.

Ma c’era un albero di Natale, che sembrava davvero bianco di ghiaccio, e alto che per guardarlo tutto, ancora dovevi volgere il naso all’insù e che man mano che si spegnevano le luci dei negozi, e dei locali che puzzano di fritto e odorano di caffè, sembravano proprio brillare di più.

Rita Pani (BREVISSIMI)


 

Una mela al giorno

Non fa una piega. Quando il ragazzo con la mela, incontra il ragazzo col casco, il ragazzo con la mela è uno che rischia di morire. D’Altronde mi pare anche lapalissiana la genuinità del gesto: proteggere un blindato da un frutto contundente. Non è ironia. È un profondo sconforto. Indignazione per la facilità con la quale si degenera il buon senso, in questo paese che sempre più gira al contrario, non riuscendo più nemmeno a lasciarci perplessi.

Sarà per via di quella vita sacrificata, quando un ragazzo con l’estintore ne incontrò uno con la pistola, che tuttavia continua a vivere dentro di noi, che la memoria non ci difetta, o sarà per via di questo improbabile governo che continua impunemente a danneggiare la vita di tutti noi, senza che si riesca a ritornare indietro quanto basterebbe a riprendercela, la vita, ma io fatico sempre più a comprendere.

Non esiste esempio in letteratura che possa spiegarci le cose che continuano a capitare intorno a noi. Il ministro dell’interno del nostro (nostro?) stato, colui che comanda le forze dell’ordine e che sta studiando nuovi metodi di repressione, è in realtà un condannato – in via definitiva – per aver aggredito le forze dell’ordine, insieme ad altri ministri di questa repubblica.

Picchiatori fascisti che vorrebbero legiferare per abolire gli ultimi barlumi di diritti costituzionali, e che non potendo più scendere in piazza a sprangare i compagni, col pericolo di sporcarsi la giacchetta buona, vorrebbero addirittura incarcerarli preventivamente. Picchiatori fascisti che consigliano i genitori di tenere in casa i propri figli – e questo più che un consiglio appare una minaccia dello stato – magari col solo intento di reprimere o sopprimere l’ultimo singulto di dignità, in dei ragazzi che, forse meglio di noi, hanno compreso di non avere alcun futuro.

Basterebbe porsi la domanda giusta dinnanzi ai dati ISTAT emersi oggi a proposito della disoccupazione giovanile, per comprendere cosa sta succedendo, e perché sia necessario continuare a lottare strenuamente, senza divisione alcuna, per un ipotetico e vivibile futuro. La notizia non è tanto il record negativo della disoccupazione, ma la fascia d’età che ne è vittima, e che va dai 15 a 24 anni, ossia quella fascia d’età nella quale, in un paese serio, dovrebbe essere ancora un dovere studiare.

Il problema è che nelle eccezioni lette e peggio sentire durante questi giorni in cui, la propaganda, ha finito per far passare l’idea che quella marea di ragazzi nelle piazze, fosse là per dar sfogo al vandalismo, c’è chi si è fatto l’idea che non sia necessario protestare per avere diritto all’ istruzione, e che non sia nemmeno un bene passare troppo tempo sui banchi di scuola. È il pensiero leghista che avanza, quella logica dell’ignoranza, quella vita senza vita a cui si vorrebbe condannare un’intera generazione.

Rita Pani (APOLIDE)


12.20.2010

 

Assassini potenziali e assassini reali

Sarà interessante osservare quanto fascismo, i cittadini italioti saranno disposti a tollerare. C’è persino timore a nominarlo, il fascismo, proprio come un tempo, quando certi nomi o certi accadimenti si citavano a voce bassa, stando attenti a non farsi sentire. Dopo le dichiarazioni affidate a gasparri, ma certo non partorite da lui, geneticamente non attrezzato a formulare un pensiero autonomo, Vendola si mostra preoccupato: “… verso il fascismo.”

Verso? Ma fa così paura ammettere che nel fascismo ci stiamo già da un pezzo e con tutte le scarpe? Come altro potrebbe chiamarsi l’arroganza di questa feccia che (non) ci governa, ma che con la repressione, con le deportazioni degli ultimi, con l’arricchimento personale, con lo sfruttamento dello stato in maniera privatistica ha demolito da illo tempore, l’ultimo barlume di democrazia nemmeno conquistata del tutto, nel periodo storico che va dalla Resistenza ai primi anni ’80?

Quello che ci ha salvato fino ad ora, non è stata la presunta democrazia, ma la stupidità di questi che alla fine non sono buoni nemmeno ad essere fascisti. Parlano per provocare, per incitare allo scontro, o semplicemente perché devono distrarre dalla realtà quel popolo che colpevolmente si è adagiato nel nichilismo più becero e individualista. Tanto più è ignobilmente terrificante la dichiarazione istituzionale, tanto più sarà annullata la capacità di pensiero di colui che non ha più né voglia né tempo per pensare.

Promettere arresti preventivi, o peggio insinuare che all’interno dei cortei possano esserci “potenziali assassini”, sono dichiarazioni che avrebbero fatto sorridere un popolo civile e normodotato, noi invece vivendo in Italia, abbiamo il dovere di preoccuparci, perché il nostro è un paese che non conserva nulla di normale, nemmeno la capacità di appellarsi alle leggi dello Stato, che pure ci sono, o esigere il ripristino della democrazia confidando nelle opposizioni.

Vendola, per esempio, avrebbe dovuto condire meglio la sua dichiarazione, ricordando che fino a prova contraria, i veri assassini oggi siedono in parlamento, e assassini lo sono davvero e non in senso metaforico. Lo stato italiano uccide e lo fa impunemente. Uccide i migranti e li seppellisce in fondo al mare o dentro i lager creati su un modello nazista che non avrebbe dovuto appartenerci. Uccide i lavoratori che si impiccano perché non sanno più di che vivere. Uccide i vecchi abbandonati a loro stessi da uno stato sociale disintegrato e ormai inesistente. Lo stato italiano ammazza i ragazzi in caserma, in carcere o per strada.

Un’opposizione seria, avrebbe dovuto tempestare i giornali con dichiarazioni inneggianti al buon senso, che avrebbero dovuto ricordare a quel fascista di gasparri, che è di qualche giorno fa la notizia che il suo camerata alemanno, per esempio, non ha solo elargito posizioni di tutto rispetto nelle municipalizzate di Roma ai suoi familiari, amici o parenti, ma anche a ex (ex?) terroristi neri, che assassini lo sono stati eccome, seminando bombe sui treni o nelle piazze.

Ma forse questa inesistente opposizione, è troppo in là nel contagio sia del berlusconismo più becero, che del morbo del buonismo veltroniano per potersi rendere conto di quali siano realmente le richieste che i cittadini italiani fecero, nel momento in cui col loro voto, si affidarono a loro per avere un minimo di speranza.

La strategia del governo sta cambiando, si sta trasformando nella strategia del terrore. Ci provano ogni volta che si minaccia di occupare le piazze per rivendicare diritti o per protestare. Devono cambiare, perché sanno loro meglio di molti di noi, che non solo siamo in pieno regime fascista, ma che ormai non vi è porzione di paese che non sia di fronte all’impossibilità di sostenere la vita. Ed ogni giorno che passa in Italia, chi si appresta a morire è pure costretto ad sopportare l’olezzo di un barile di merda che viene scoperchiato, tra puttane, ladrocinio, nepotismo, corruzione e quanto di peggio vi giunga alla mente. Saranno loro, i fascisti, a far esplodere il paese, prima che esso comprenda che è giunto davvero il momento di ribellarsi.

Rita Pani (APOLIDE ANTIFASCISTA)


12.19.2010

 

Un freddo che sembra inverno

“È possibile che voi comunisti non riusciate a trovare una cosa buona di questo governo?” Non ci crederete, ma è una domanda che negli anni mi è stata rivolta spesso. Di solito ridevo sapendo tutto quello che sappiamo. Poi oggi la rivelazione: ho finalmente trovato un merito da affibbiare a questa cosa che dovrebbe essere il governo. Ebbene, io credo che loro riescano a far sembrare intelligente, anche il più stupido di noi.

Siamo a dicembre, per esempio, e fa freddo. Così freddo che ha persino nevicato. Un accadimento eccezionale che ha trovato l’Italia impreparata, proprio come se non avesse mai visto una cartolina di Natale, con gli alberi imbiancati dal ghiaccio, e il panzone con la slitta che scivola sui monti di neve. Un freddo siberiano, un freddo polare, e solo perché le temperature sono scese – come sempre – tra i meno cinque e i meno sette. Ora il governo ha deciso di trovare i responsabili del pressapochismo col quale, ogni cosa, in Italia non viene affrontata e probabilmente perché all’ANAS si son mangiati anche i soldi per far partire i mezzi spargi sale o spazza neve, o perché Benetton dalle Autostrade pretende solo i pedaggi.

Anche quando piove ci dicono che è una pioggia eccezionale, e forse perché sempre più spesso la pioggia in Italia si trasforma in alluvione, devastando case o interi paesi. E anche in quei casi, il governo promette sempre di far luce, di indagare e trovare i responsabili. In questi casi, i primi a tremare stanno in Vaticano, visto il detto: “Piove che Dio la manda”, ma poi tutto passa e il silenzio ricopre il fango e i cadaveri che ci son finiti sotto. E in questo caso non è solo l’incuria, ma il menefreghismo assoluto di un governo che ha affidato il ministero dell’ambiente a una inquinatrice di chiara fama, che nel silenzio più totale ha finito di levare persino quelle poche regole che ancora resistevano, per favorire cementifica tori come ciarrapico o palazzinari come il tizio del consiglio, o la Marcegaglia, che è riuscita a piantare palmeti di plastica in Sardegna per non sprecare nemmeno un giorno di apertura di uno dei suoi nuovi resort, in attesa che venissero consegnati gli alberi veri.

Fa freddo; a volte capita d’inverno, e a me Trenitalia ha fatto venire i geloni sulle mani e sui piedi. In realtà non che nevicasse e nemmeno c’era il freddo polare o siberiano che poi è arrivato. Semplicemente, di ritorno da Milano, l’Eurostar per cui paghi più che per un volo Ryanair si è piantato in mezzo alla campagna romana, e il motivo nessuno ce l’ho ha detto. Nemmeno il capotreno che gentilmente mi chiedeva se avessi una coincidenza da prendere e se dovesse fermare il treno in partenza. Io la coincidenza in effetti avrei dovuto prenderla, ma il treno non è stato fermato, perché tanto potevo prenderne altri due. Quindi ho atteso fino alle dieci di notte in stazione, per poi rinunciare confidando di partire col primo treno il mattino successivo. Ma è arrivata la neve, cosa assai strana a Dicembre, e son tornata a casa con 21 ore di ritardo, rincuorata soltanto dalle innumerevoli volte in cui, Trenitalia, si è scusata con me per il disagio arrecato. Il governo vuol sapere, ha convocato i vertici della compagnia e sicuramente, passata l’emergenza, nessuna testa salterà. Al massimo, qualcuno avrà la promozione o la direzione di un altro ente da spolpare.

Fa freddissimo e siamo quasi a Natale. Per strada ogni giorno muoiono i senza tetto. Li trovano avvolti nelle loro coperte o nei cartoni, addossati al muro come rifiuti, ma la contrario dei rifiuti non sembrano rappresentare alcun problema o calamità, per il quale la propaganda debba promettere che giustizia sarà fatta.

Rita Pani (APOLIDE)


12.18.2010

 

Così impara che le botte fanno male

Continuano a ripropormi in diverse sedi e formati digitali, le immagini di un violento ministro fascista della Repubblica non democratica. Dicono che devo guardarlo per comprenderne gli istinti, l’arroganza fascista e provare così anche io lo schifo. Non l’ho visto e non intendo vederlo, perché nulla di più o nulla di meno, potrebbe farmi cambiare opinione su la russa, sui fascisti, e purtroppo persino su questo popolo martoriato dal fascismo che non è nemmeno in grado di riconosce, se non dopo accurata visione su youtube.

Non c’è bisogno di guardare quell’altro ministro, fascista con l’aggravante di non sentirsi nemmeno italiano, che però della Repubblica italiana ha contribuito a farne il ridicolo paese che è diventato. Il ministro dell’interno si è stufato di dire “bombe carta” e quindi le chiamerà semplicemente bombe, ha detto in Parlamento.

Questo è lo schifo istituzionale al quale non mi abituerò mai, e per il quale do la responsabilità a quel tizio che per garantirsi la facilità di movimento fuori da ogni regola civile e democratica, ha di fatto ceduto la democrazia e la libertà dell’Italia alla feccia fascista che lo asseconda nel non governare, e nella continua razzia.

Lo schifo del popolo è nei commenti alla notizia di un quindicenne massacrato per strada, durante la manifestazione del 14 Dicembre scorso, nella quale è dimostrato non solo che ci sono stati infiltrati delle forze dell’ordine, che nella peggiore delle tradizioni lasciate in eredità da kossiga, ha provocato la violenza e gli scontri, ma peggio gli infiltrati fascisti, la cui partecipazione – non mi stupirebbe – non farebbe sbraitare o inorridire la russa, che allo stesso modo si comportò durante tutta la sua militanza politica, prima di ricrearsi una verginità sotto l’egida di un mafioso a cui sembra aver venduto l’anima.

I commenti, in maggioranza, sembrano essere stati veicolati dal pensiero unico imposto dalla peggior stampa di regime, e vanno dal “almeno ha imparato cosa sono le botte”, al “almeno i genitori imparano a tenerselo a casa a quindici anni”. Sono sicura che molti di questi nostri illustri connazionali, presi uno per uno, siano quelli non disposti alla violenza, quelli pacifici, e quelli che hanno abbastanza danaro per mandare i figli propri a studiare dai gesuiti o a tenerli in casa a rincoglionirsi di televisione e giochi di ruolo a pagamento sul pc. È, ne sono certa, lo stesso popolo che invoca le urne per la speranza del cambiamento, o quelli del tanto son tutti uguali e che me ne frega a me della politica – la cosa sporca per antonomasia.

Un popolo che ha cordato che la democrazia, la libertà e la civiltà prevedono i diritti. Il diritto anche al dissenso. Persino la nostra Costituzione lo prevede, ma si sa, la Costituzione italiana è percepita come oggetto misterioso dai più, o come una cosa ormai vecchia nata da padri comunisti. La democrazia è dissentire, la democrazia è lottare e combattere contro ciò che è ingiusto, la democrazia era quella cosa nella quale non era un reato fare politica, ma in cui sarebbe stato reato essere palesemente un mafioso e costituire un governo di corrotti da un corruttore professionista.

Chi non sente i propri figli in pericolo, perché un ragazzo di quindici anni rischia la vita, perché massacrato da un carabiniere o da un fascista probabilmente non si accorgerà di ciò che diciassette anni di barbarie berlusconiana ha potuto creare in Italia, e non si accorgerà nemmeno, al prossimo morto innocente, che di quella morte ha responsabilità. Quelli che oggi dicono “così impara” sono quelli che non hanno imparato. Sono quello che hanno trasformato la loro colpevole complicità nella più comoda ignavia.

Rita Pani (APOLIDE)


12.17.2010

 

E bondi supplicò i compagni.


Forse un giorno, quando ci saremo riappropriati della cultura, della storia, delle arti e del linguaggio, potremmo seriamente pensare di ritoccare anche la lingua italiana. Sia chiaro, a me piace quella che abbiamo, mi piace semplice e pulita, senza troppi neologismi inglesizzanti che a volte non solo la deturpano, ma la ridicolizzano, però, a qualche cambiamento, sarei favorevole.

Partirei da termini andati un po’ in disuso, come gretto, meschino, pusillanime e viscido, trasformandoli in un unico sandro bondi, che in diversa accezione potrebbe essere usato anche per indicare un pezzo di sterco solido di forma cilindrica.

Ha supplicato, l’ammasso gelatinoso, di non essere sfiduciato. Lo ha fatto scrivendo una lettera al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e al PD, cosa questa seconda che a mio avviso è grave due volte: primo per la meschinità (bondezza) del gesto; secondo perché il bondi (lo stronzo) è sceso così in basso da rivolgersi per iscritto “ai compagni” ripassando sebbene a modo suo, uno dei suoi tanti trascorsi politici o travestimenti.

Scrive in ginocchio sui ceci, il bondi, insinuando che i comunisti del PD vogliano fargli pagare – con leggero ritardo – la sua uscita dal P.C.I. e scrive ancora, che se prese quella decisione fu per aver compreso che il Partito non avrebbe mai avuto quella svolta socialdemocratica da lui auspicata. In vero nel tempo è cambiato anche il senso del termine “socialdemocratico” usato come insulto da noi comunisti veri, verso altri che comunisti millantano d’esserlo solo a parole, o verso coloro che del cerchiobottismo hanno fatto religione. Per cui, forse, anche “socialdemocratico” potrebbe essere sostituito dalla parola “bondi”. Nalla lettera di supplica, il pusillanime, si chiede ancora il perché di tanta acredine (sic!) “non sarà mica per via di Pompei, che crolla da migliaia di anni; che colpa ne ho io se il Vesuvio ha eruttato?”

Non menziona minimamente la situazione della cultura in Italia, settore ormai bloccato, chiuso e in disarmo, come qualunque impresa grande e piccola che sia, o come qualunque altro servizio sociale, a cui di fatto è impedito l’accesso ai cittadini, sia per la mancanza di fondi, meglio veicolati dal bilancio dello stato a finanziare – per esempio – false consulenze del ministero per il turismo, creato appositamente per ripagare la ministra Brambilla di tanta generosità, o per finanziare false costruzioni di infrastrutture, capaci di garantire un po’ di benessere agli amici dell’amico.

Come ogni ministro di questa Repubblica marcita, ha assolto al suo compito nel migliore dei modi possibili, favorendo e garantendo che le imprese mediatiche del suo padrone, non conoscessero nemmeno un minuto di stasi. La mondadori (o le sotto case) hanno continuato a pubblicare giovani promesse che inevitabilmente hanno vinto premi letterari offerti da Confindustria, i libri al supermercato (sic!) o sono di vespa, o di una delle troie che racconta le gesta del tizio grande amatore del consiglio, la musica colta è stata quasi cancellata dal panorama italiano, perché con la musica di Beethoven è difficile ballare la lapdance, e nemmeno il ministro ha pensato di presentarsi alla prima della Scala dove veniva messa in scena la Valchiria, che probabilmente, il bondi, aveva scambiato per una delle zoccole alte e bionde che adornano la vita del suo padrone. E voglio ricordare come nemmeno un anno fa, il ministro dei beni culturali di questo paese che la cultura la crea ma la nasconde, tentò in tutti i modi di finanziare “il cinepanettone” facendolo passare come “Cinema d’Essai,” salvo poi non presentarsi a nessuno dei festival del cinema italiani.

Sì, cari compagni del PD. Sono disposta a chiedervi scusa da parte sua per essere stati appellati in quel modo a voi ostile. Vi chiedo scusa, ma anche io ho una supplica: non ci avete tolto di mezzo il capo dei bondi, levateci almeno questo bondi.

Pensando a Mario Monicelli.

Rita Pani (APOLIDE)


12.14.2010

 

Ma tanto si va a votare.

Il fatto è che l’insurrezione popolare è già iniziata, ma in troppi continueranno a fare finta di nulla, convinti di vivere in uno stato democratico, e sperando che “la partita” conclusasi oggi, con uno scarto di gol risicato, ci porterà presto alle urne. Anzi, quelli di noi più votati alla parvenza di democrazia, non la chiameranno mai insurrezione popolare, ma guerriglia teppista. Gli studenti d’altronde sono già stati dichiarati perditempo che dovrebbero stare rinchiusi a studiare, e i lavoratori fancazzisti che non hanno voglia di lavorare. Il resto, ci dicono, sono comunisti o teppisti dei centri sociali abituati a compiere atti delinquenziali e spaccare vetrine.

Lo capisco, fa comodo pensare che davvero sia così: a quale italiota verrebbe mai l’idea di unirsi a tale feccia per riconquistare la democrazia? “Non è il modo – obiettano – abbiamo le urne.” Presto o tardi uno dei nostri figli, resterà steso sull’asfalto, e solo allora, forse, verranno alla mente le prime domande, alle quali spero, ci si sforzerà di dare risposta.

C’è qualcuno per strada che ci sta dicendo in modo forse più convincente di quanto possa fare io con le parole, che restano qua lasciando il tempo che trovano, che la democrazia è morta. E non ce ne sarebbe stato bisogno, se giorno dopo giorno, non fosse passata a troppi la voglia di guardarsi intorno e comprendere cosa stava accadendo.

Oggi sapendo che nulla sarebbe accaduto, in tanti sono rimasti appesi, in attesa che nulla accadesse. E così davvero potrebbe sembrare, se non fosse che tutti sappiamo che oggi è stato compiuto l’ultimo sfregio a quel che restava del cadavere della nostra democrazia. Uno stupro perpetrato da un necrofilo, abituato a pagare i servi e le puttane, quelle stesse che voi, obbligati dal vostro alto senso democratico, tornerete ad eleggere al prossimo giro di giostra. Perché è bene ricordare a chi anela alle urne, che pegno da pagare perché il tizio malavitoso potesse guadagnare tempo per aver soddisfazione e vendetta dalla magistratura che continua ad indagare, è anche – oltre a una buona sostanza i danaro – la sicura rielezione nello stesso parlamento democratico che hanno ormai di fatto annientato.

Capisco pure che sia difficile ammettere di essere stati complici di tutto questo, avendo finto di credere che la nostra vita in fondo pur se non perfetta fosse ancora accettabile. Comprendo che il fuoco che arde in un camino, riuscire a pagare la retta di una scuola privata per tenere al sicuro nostro figlio dal crollo del tetto della scuola pubblica, riuscire a farsi un’assicurazione sanitaria che non ti garantirà comunque l’operazione alla cataratta, ma ti dà diritto alla camera singola in una clinica se hai l’alluce valgo, siano cose che tutto sommato possano riuscire ad allontanare la gente “dagli intrighi di palazzo (sic!)”, ma forse sarebbe davvero giunto il momento di comprendere che se l’insurrezione popolare è iniziata, anche queste piccole certezze svaniranno. E sarà troppo tardi, perché saranno anche loro ad Antigua.

Allora so che ritornerete, e sarete finalmente pronti a pretenderla la democrazia.

Rita Pani (APOLIDE)


12.13.2010

 

Come se fosse Natale

Ansia, fibrillazione, e tempi di attese come se questo Dicembre, Natale arrivasse due volte. Mi sento dire spesso del frigo nel quale si è riposta una bottiglia in più, quella per festeggiare la caduta del tizio, che sta accanto a quella da stappare per salutare il novo anno.

I giornali questa mattina di buon’ora hanno iniziato a raccontarci del tizio che è sereno, fiducioso ed ottimista come sempre, e che si accinge a fare il suo show al Senato, mentre leggiamo altri titoli che non hanno più nemmeno nulla di paradossale: “Compravendita, alla Camera le ultime trattative.”

Fini finge d’esser caduto dal pero, e senza pudore avvisa il paese sulle intenzioni del tizio criminale del consiglio, proprio come se stesse arrivando da un altro paese dopo quindici anni di esilio e di ignoranza sulle cose nostrane: “Vuole evitare i processi.” E davvero noi non lo sapevamo, nessuno fino ad oggi ne aveva avuto alcun sentore. Ma nemmeno questo è più paradossale, visto che resiste chi, pur di non far cessare l’effetto dell’anestesia è disposto a fingere di credere alla verginità ritrovata di Fini.

Allora aspettiamo i Natali, tutti e due da festeggiare tra bevande e libagioni, da soli o in compagnia, perché l’importante è che cada il tizio con tutto il suo esercito di ladri e malfattori. La ricca manifestazione del PD ne è stata la prova con tutta quella gente eccitata e felice intenta a pregustare gli eventi. “E sarà un bellissimo Natale”, diceva uno con gli occhi brillanti.

Ora a me secca fare la parte di quella che arriva a guastare le feste, ma ci sono cose che forse è necessario dire solo per assolvere a quel compito che nessuno – se non la coscienza – ci ha assegnato. Per esempio, quelle cose che sembrano non riguardare nessuno, come i primi crack delle banche italiane, che come previsto – non solo da me - stanno iniziando a colpire. Posso capire che in Italia non siano tantissimi i clienti del Banco Emiliano Romagnolo, e che quindi non si viva come un problema il fatto che la sua operatività sia stata bloccata il 6 dicembre scorso. Nemmeno è un problema vivo nelle coscienze comuni il fatto che non si sappia più come pagare la cassa integrazione, o che da Luglio i lavoratori della Geas, in Sardegna, siano senza stipendio e che essendo la ditta che ha in appalto la pulizia dei treni, da una decina di giorni in Sardegna il traffico ferroviario è paralizzato – e se si conosce la mia terra, si può comprendere il problema.

E le cose che è necessario sapere sarebbero troppe da includere in uno scarno post come questo, anche se forse, ad essere corretti, bisognerebbe dire: “ le cose che a nessun costo, il popolo in fibrillazione deve sapere.” Non si può spezzare la magia del Natale, è quasi un peccato mortale. Levare da questi due giorni la gioiosa ansia che ci accompagnerà, a vedere se il tizio criminale avrà fallito la sua attività di corruzione è come dire a un bambino che non esiste Babbo Natale.

Conosco bene anche la debita obiezione: “Intanto ce lo togliamo dalle palle, e poi si vedrà!” Sarò pure odiosa, lo so, ma non vedremo proprio nulla e cercheremo soprattutto di non guardare. Proprio come se fosse Natale.

Rita Pani (APOLIDE)


12.10.2010

 

Mandiamoli a casa

Mi piace molto lo slogan che gira: “Mandiamoli a casa.” È una stronzata, lo sappiamo, però è bella uguale. Domani volendo si potrà andare in piazza San Giovanni con Bersani, per portare la voglia di cambiamento. Anche questo è molto bello. È una stronzata, però è bella. Oggi, di tanto in tanto, per far pausa ho firmato quattro appelli per mandarli a casa. Mi piace ogni tanto fare una stronzata, mi rilassa.

Si dibatte parecchio sulla necessità di mandarli a casa, se ne parla da mesi ormai. Tuttavia sebbene potremmo dirci tutti concordi, ogni tanto sorge il dubbio: “sarà conveniente, in questo momento particolarmente delicato per il paese?” In effetti, dicono gli esperti, non sarebbe proprio il caso di restare senza governo mentre la crisi morde ai polpacci, e lo dicono con un viso così torvo e serio che a volte fanno un po’ di timore. Quasi come se fino ad oggi avessimo avuto un governo, e domani ci trovassimo senza di punto in bianco.

Il tizio ha appena dichiarato che governerà fino alla fine della legislatura. Gli esperti si stanno chiedendo se la sua campagna acquisti è andata a buon fine, o se semplicemente, come quando Prodi vinse le elezioni si barricherà all’interno di Palazzo Chigi senza restituire le chiavi. Sì, lo fece quella volta. Dovettero spiegargli che prassi Costituzionale prevedeva che, perse le elezioni, se ne dovesse andare. Ci mise quasi un mese a fare le consegne. Non si capisce ancora. In effetti anche a Bersani finalmente è sorto un dubbio: “Corrompere i deputati è solo uno scandalo o è anche un reato?” E chi può dirlo compagno Pierluigi? Chi può dirlo?

Così, di primo acchito, a me sembrerebbe un reato promettere ai deputati di azzerare i propri mutui e garantire un posto sicuro nel parlamento alla prossima legislatura, ma è difficile esserne certi. In fin dei conti la corruzione è stata istituzionalizzata ponendo un corruttore a capo del governo di un paese, facendo sì che venisse cancellata ogni regola civile e democratica, però visti anche i precedenti non è chiaro se davvero sia un reato. Tra l’altro anche la precedente corruzione a suon di mignotte non ha sortito alcun effetto, essendo state le indagini archiviate.

È quindi un gran bel quesito quello che pone Bersani, e le domande si moltiplicano facendo intervenire anche i compagni di Famiglia Cristiana, i quali – stalinisti – parlano addirittura di nuove tangentopoli. Ed anche qua, come si fa ad essere così categorici? Promettere a un deputato di ricevere dei soldi e un lavoro sicuro che porterà a pensione certa, è corruzione nel paese in cui sempre il solito manipolo di imprenditori, sguazzando in tragedie come il terremoto dell’Aquila o i rifiuti della Campania, hanno svuotato le casse dello stato? Non me la sento davvero di esserne così sicura, anche perché visti i fatti di Roma, e la famiglia allargatissima del sindaco che è riuscito a collocare al lavoro 2.000 persone dovendo sacrificare solo il suo capo scorta, è difficile prendere una posizione. Troie, troiette, nazisti, picchiatori fascisti, fidanzate, mogli, cugine, cognate fanno parte di quelle categorie protette che le leggi sul lavoro non tutelano più, quindi che male ci sarebbe a sistemare un numero di persone simile alla totale popolazione del paese in cui vivo?

È davvero difficile essere fermi nel pensiero, farsi un’opinione che sia quella meglio ponderata. Io non ci riesco, nemmeno ora che si parla apertamente degli affari privati a spese dello stato, di un tizio che gli affari privati ha imparato a farli con la mafia, e che con la mentalità mafiosa è arrivato da padrino in Russia, a investire in gasdotti e giacimenti laddove una volta c’era l’URSS.

Quindi non ci resta che firmare altri appelli con la speranza che si possano “mandare a casa”, perché sennò verrebbe voglia di invitare a metterli al muro, e questo sì, non essendo una stronzata, sarebbe anche un reato.

Rita Pani (APOLIDE)


12.08.2010

 

Tizio bis

C’è scritto sul giornale che anche oggi un uomo è morto di lavoro. In fondo, in fondo, piccolo, piccolo, come se si avesse paura di disturbare, come se nessuno dovesse sapere.

In effetti sarebbe meglio non disturbare ora, che il governo è impegnato a lavorare. Fini mostra muscoli al paese, e dice al tizio che se vorrà fare un “tizio bis” dovrà prima essere umile e dimettersi. Il tizio non ci sta ad essere umiliato, e come se fosse il presidente del Milan, applica la sua strategia vincente: una nuova e capillare campagna acquisti tra le file delle altre squadre di deputati e senatori, per restare al governo di una repubblica democratica, alla quale ormai, altri paesi europei, nemmeno accordano l’estradizione di un detenuto: pare che in Italia non ci siano i diritti civili. Ma è solo un’opinione della Germania stalinista.

C’era scritto anche ieri sul giornale, che un uomo era morto di lavoro, e aveva due bambini. C’è da sentirsi fortunati ad essere disoccupati. Si muore di fame, ma si vive qualche tempo in più.

Non bisogna dirlo però, perché la povertà anche, è qualcosa che potrebbe disturbare il lavoro del governo. Quindi un bell’articolo ci informa che è in aumento il fenomeno della cleptomania. Sembra che in questo periodo prenatalizio siano in aumento i furti di caviale, spumanti, oggetti elettronici, salumi, abbigliamento da donna, profumi, e tartufo. Trovo che sia una bella notizia, finalmente meno ladri ed equità di trattamento. Chi ruba da mangiare – per quanto non siano generi di prima necessità – non è un ladro ma un cleptomane, esattamente come un ministro o un sottosegretario, un capitano d’azienda o un amministratore non rubava ma distraeva i fondi. La gente che ruba è improponibile, mica siamo zingari!

C’era scritto, sempre sui giornali, che il 5% degli italiani non sa più come pagare il mutuo. Draghi era preoccupato, ma poi si è ricreduto. Ora che è in atto la trattativa per un governo del tizio bis, si spera che tutto si risolva. D’altronde lo ripetono ogni giorno che non conviene a nessuno andare a votare, e certamente non a loro, almeno non ancora. Sicuramente assai più responsabile la prova di forza di fini – il salvatore della patria – e del suo ambasciatore bocchino, a cui spetta il compito di recare le missive. “Se il tizio si dimette, in 72 ore avrà di nuovo l’incarico.”

Vorrei trovare una chiosa che desse senso a quanto scritto fin qui, ma converrete con me che è impossibile davvero di fronte allo stato pietoso nel quale versano le vite di troppi di noi, in un paese che da due anni ormai, è senza governo ma senza neppure anarchia.

Rita Pani (APOLIDE)


12.07.2010

 

Al leghista idiota

Un popolo barbaro e abbruttito, reso ancor più miserabile da voi, deficienti leghisti e da quel tizio che ha impestato il paese. Preso il marocchino, preso l’assassino. Uno spot pre campagna elettorale gratuito a reti unificate, al quale nemmeno i giornali hanno saputo resistere. È triste essere normodotati e non potersi permettere il lusso di abbassarsi al vostro livello, augurandovi di vivere lo stesso dolore che vive una famiglia alla quale manca una bambina, e alla quale viene detto dall’odio razziale che probabilmente è morta ammazzata. Un dolore che non riesco nemmeno ad immaginare per quanto forte credo possa essere. Un dolore da diventar matti nel pensiero costante, che credo giorno dopo giorno si tramuti nella speranza di ritrovarne almeno le ossa, per poter finalmente trovar pace.

Ma questo il deficiente leghista non lo sa. Il marocchino assassino rappresenta l’alibi perfetto per il suo essere miserabile, ignorante e rincretinito da anni e anni di violenza verbale fine a sé stessa. Per te, leghista decerebrato, il dolore di una famiglia si trasforma nell’occasione di essere libero di sfogare le tue frustrazioni indossando la camicia verde padana, e sognare ancora la libertà di andare a caccia del negro, di far gruppo e di andare a far razzia, come ti ha insegnato borghezio, che però nemmeno va a cagare da solo, pavido e vile.

È la tua vita, leghista del cazzo, a farti leghista. Vuoi l’africano in cantiere per farti sentire padrone e non schiavo, perché fino a ieri eri schiavo di tuo padre che nel cantiere ti ci ha sbattuto a tredici anni, dopo aver imparato a scuola, a malapena a scrivere il tuo nome e cognome per poter un giorno firmare gli assegni. Lavorare e produrre danaro, da spendere nella casa col giardino e nella macchina di prestigio, per poterti ubriacare regolarmente il sabato sera, e andare in vacanza d’estate al mare. Questa è la tua vita leghista deficiente, senza un libro e senza un colore, senza una statua da ammirare, senza saper riconoscere un albero o un fiore. La tua vita senza vita, cretino leghista.

Odiare qualcuno per smettere di odiare te stesso, che hai bruciato l’azienda che ti ha tramandato tuo nonno sniffando con una banconota da cento euro arrotolata, rinchiuso dentro uno di quei locali dalle luci fioche e pieno di donne extracomunitarie, che tu puoi anche permetterti il lusso di violentare, perché tu sei padrone in casa tua, perché così ti ha raccontato il bossi, che intanto a casa sua ha un figlio idiota a cui pensare, persino più idiota di te, e che ti auguro un giorno ti debba governare.

Questo sì, te lo posso augurare. Ti auguro la secessione leghista stupido, e ti auguro di liberare la tua padania dagli extracomunitari, ti auguro di perdere gli schiavi che sfrutti e su cui ti arricchisci, e di versare i tuoi danari direttamente al figlio scemo di bossi, che ti farà le leggi sulla finanza, sulla sanità e sull’istruzione dei tuoi figli. Qualche anno, e vi sarete estinti, e non in senso metaforico, sarete tornati tutti sui monti a sposarvi con le vostre mucche, e a ingoiarvi i bulloni che producete.

Chiedo scusa ai cittadini italiani disgraziatamente residenti in padania, ma io con questa feccia ho il conto aperto.

Rita Pani (APOLIDE)


12.06.2010

 

I miei inciampi

Allora, guardandomi negli occhi, lei mi ha detto: “Forse non hai capito che non sei solo cosa tua.” Io non ho un bel carattere, a volte riesco a starmi sulle scatole da sola. Mi accorgo quando pervicacemente inizio ad arroccarmi nella mia posizione, togliendo qualunque spazio di risposta al mio interlocutore. Io lancio le cose. E molte ne avrei lanciate in questi giorni, fino a quando però ha prevalso la sua voce calma, quasi immobile, e i molti, troppi, messaggi accumulati in giorni di frenetica apatia, e viaggi in treno lunghi ed estenuanti fatti forse solo per ribadire a me stessa il mio brutto e intransigente carattere.

Non sono nemmeno fatalista – non è un mistero – e dell’assunzione di responsabilità faccio regola di vita. Della verità. Questa almeno non è cambiata: la verità è che vorrei archiviare la politica, in attesa che anch’essa abbia voglia di tornare e riprenderci, catturarci ammaliandoci col suo senso semplice; la vita. Ma se ci fosse solo una verità allora saremmo tutti cattolici, e il mondo non sarebbe certo più vero di quanto già sia oggi.

Il nostro silenzio, il silenzio di chi in fondo le cose da dire le ha nell’anima per vocazione atavica al pensiero, col suo silenzio lascerà spazio solo al rumore putrido delle scorregge degli adepti del tizio, o peggio dei leghisti, o di coloro che certo non sprecano il tempo a pensare. Loro i pensieri li prendono già fatti, come se li comprassero nei banchi frigo dei supermercati.

Così, per esempio, oggi mi scrive un leghista che io sono una stronza e che dovrei prendermi in casa il marocchino che ha ucciso una bambina, o quello che ha ucciso otto persone in Calabria, dato che “li difendiamo sempre”. Solo un leghista può ritenere che essere un extracomunitario sia un’aggravante di un gesto tanto orribile come quello di uccidere una bambina. Solo un leghista può non tollerare che a uccidere una bambina sia stato un marocchino. Quasi come se per un leghista, le bambine italiane potessero essere uccise solo dagli italiani. Secondo la regola leghista, noi ai tempi di Olindo e Rosa, avremmo dovuto tutti invitare il leghista monocellulare a prendersi in casa i due bastardi criminali, che uccisero due donne e un bambino?

Io non posso tacere perché so cos’è la vita umana, di un bambino, di un operaio, di una donna, di un uomo. E mi spiace ammettere che so persino cos’è la vita amebatica di un leghista. Sono così ignobilmente coerente che tra la vita di un esemplare monocellulare leghista e un embrione, ritengo sia più vivo un leghista. È grave come affermazione, lo so compagni, e farò ammenda.

“Io non sono solo cosa mia.” Non avevo nulla per le mani, in quel momento, e nulla ho lanciato. Oggi ci ripensavo dopo aver passato del tempo con amici a provare proprio a spiegare le mie ragioni, e i miei convincimenti. Dicevo della necessità, appunto, di rifare della politica “cosa seria”, e quale potrebbe essere il primo principio, se non esattamente quello di mettersi in disparte, e non essere cosa propria, ma funzionale alla collettività?

Poi è vero, nulla mi è stato in discesa in questo ultimo anno, e di salite me ne sono state già prospettate altre, ma anche questo dicevo in questi giorni: che senso avrebbe il comunismo se prestassi attenzione solo ai miei inciampi, mentre in tanti ormai son già caduti lunghi distesi?

In fondo, come diceva il poeta Vasilij Zukovskij, ciò che è scritto con fatica, si legge con facilità.

Rita Pani (APOLIDE)


12.02.2010

 

Cambio di linea e di sostanza … questo blog smette di r-esistere.


Forse perché la NASA ha detto che in Terra ci sono gli alieni, piccoli microorganismi che si nutrono di arsenico. Considerato che l’arsenico sta anche nell’acqua dei rubinetti che paghiamo come fosse Perrier, non è che davvero gli alieni sono in mezzo a noi, e piano ci stanno assorbendo? Sarebbe una notizia davvero entusiasmante, una di quelle che ci darebbe il conforto della comprensione dei mille perché senza risposta.

Sarebbe davvero come il Nirvana. Perché un secolo di film ci ha insegnato che non è semplice combattere gli alieni, e che comunque l’umanità alla fine vince sempre, oppure si adegua. Persino i leghisti assumerebbero un senso, se pensati come corrosi dai microorganismi alieni – e chissà come stanno comodi dentro borghezio! – e il tizio, e le cose italiane, tutto ciò che ci ha logorato l’esistenza sarebbe svelato e sapremmo finalmente qual è il nemico da combattere.

Combattere gli alieni in una guerra di resistenza, unirebbe tutto il paese in modo trasversale, non ci sarebbe più la distinzione tra chi si ostina ad essere comunista, e il nuovo non politico movimentista che avanza, per stare sempre indietro. Non bisognerebbe più rivendicare il diritto all’odio nei confronti dell’amore, si potrebbe uccidere per strada senza alcun rimorso di coscienza, perché gli alieni bisogna ucciderli come i parassiti che succhiano il sangue dei nostri animaletti domestici. Nemmeno la chiesa ci scasserebbe troppo l’anima, perché l’alieno non è umano, non è una creatura di Dio.

Ma questa è fantascienza, e la realtà purtroppo è un’altra. La realtà alla fine è quella scritta sui giornali che non ci defibrillano più. La realtà è quella che si legge col caffè in mano la mattina, e si dimentica dopo la prima sigaretta: “Oh guarda, nel 2004 il tesoriere di Totò Riina organizzò la missione del governo in Africa!” Che storia … roba da pazzi … che vomito o che schifo. Ognuno per come sa provare lo sdegno, a modo suo. La realtà forse è più il modo con cui leggiamo le cose, che non le cose stesse che ci vengono dette, a meno che davvero la vita aliena non si sia impossessata anche di noi.

L’esercizio è facile da fare: basta prendersi la briga di scorrere un’intera pagina di un quotidiano on line (uno di quelli non palesemente sotto controllo alieno) e se alla fine si avrà la sensazione che tutto sia accettabilmente normale, allora fare il test conclusivo con l’arsenico. Se bevuto un bicchier d’acqua stiamo ancora in piedi …

Io oggi penso di smettere di r-esistere e di consegnarmi al nemico alieno, sperando che abbia almeno un minimo di cuore e mi digerisca e metabolizzi subito. Smettere perché faccio questo da dieci anni, e mi sono accorta all’improvviso che non ha più senso alcuno continuare. Smettere perché tutti i film sugli alieni, quando finiscono, ti lasciano il dubbio che una cellula sia rimasta ancora sulla terra, pronta a rigenerarsi, proprio come la nostra vita, mafia dopo mafia, criminale dopo criminale, almeno da Garibaldi in poi. Smettere perché dopo dieci anni, a leggere i giornali, mi sembra di essere rimasta ferma a dieci anni fa. Smettere perché è stato il sacrificio più stupido che abbia mai potuto fare.

Non è certo con le parole che si sconfiggono gli alieni. Ci vorrebbe qualcosa di più simile ad una pistola laser, o alla kriptonite; e io non ho né l’una né l’altra, oltre che la volontà.

È stato comunque un dovere.

Rita Pani (APOLIDE)


12.01.2010

 

I caritatevoli onorevoli

L’altro giorno ho letto qualche commento dei probi italioti cattolici, pubblicati dal Corriere della sera, in merito alla morte di un uomo. Se questa morte, non mi avesse dato l’inaspettato dolore provato, forse ci avrei anche riso su, e oggi me ne sarei scordata, mandandole a memoria come le miserie di un popolo piccolo piccolo, impegnato a giudicare con ferocia chi decide di togliersi la vita, proprio su uno di quei giornali che hanno voluto farne scempio, pubblicando le immagini del lenzuolo che pietosamente lo copriva, senza che gli stessi cattolici provassero alcuna indignazione.

Sì, me ne sarei scordata se non fosse che la discussione sulla libera scelta di un cittadino – per quanto illustre – è arrivata persino nell’aula del Parlamento, dove il Maestro è stato ricordato e poi sputato in faccia, passando da illustre cittadino italiano con la schiena dritta a patetico e disperato vecchio lasciato solo.

Illuminanti le parole di rotondi, per la cui esistenza è già difficile trovare spiegazione scientifica. Il democristiano ha detto: "Temo che si trasmetta un messaggio non di carità ma di ammiccamento alle scelte assolutamente non esemplari, nel senso che non debbono essere un esempio. Procurarsi la morte e rifiutare i funerali non significa laicità, ma rifiuto del mistero della morte e penso all'impatto che tutto ciò ha sui giovanissimi". Non è fantastico?

Potrei anche sorvolare sul “mistero” della morte – dato che non vedo cosa ci possa essere di misterioso nella morte provocata dal cancro – però son parole pesanti dette da un uomo del governo che entro l’anno prossimo il cancro lo sconfiggerà con decreto legge. E se poi ci aggiungiamo le altre illuminate parole del tizio, che vedendo i ricercatori scioperare ha detto: “In Italia non ci servono gli scienziati, perché l’Italia fabbrica le scarpe”, forse qualcosa ancora ci sarebbe da dire.

Il problema invece mi sorge sul messaggio di carità che non arriverebbe attraverso la scelta di un uomo di togliersi la vita. Perché io resto legata al concetto di “carità” che è tanta, diversa e gratificante per chi caritatevolmente vive, sia egli colui che dà o colui che riceve.

Quale messaggio di carità potrà mai passare dal decreto sicurezza approvato dal consiglio dei ministri, nel quale si vorrebbe aggiungere il codicillo dell’espulsone per "le persone che, in modo ripugnante, arrecano disturbo ai passanti". Quale stato civile, cristiano, cattolico, bonario e caritatevole, avrebbe il coraggio di ratificatre tra le sue leggi “LA RIPUGNANZA DI CERTI ESSERI UMANI?”

La domanda sarebbe retorica, e fa tristezza poter rispondere a cuor leggero: “L’Italia”. Quel paese che salva l’embrione ma condanna a morte il cittadino. L’Italia che da esseri davvero ripugnanti è governata.

E con l’occasione sappiano i bravi cristiani del governo, che casomai anche io scegliessi la facile via della fine di tutto, non sarà perché ho preso esempio da Monicelli, ma sarà perché un governo immorale, criminale, e malavitoso, mi avrà impedito con il suo fare criminale di conservare il diritto alla vita.

Rita Pani (APOLIDE)


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