7.08.2010
Dei miracoli e altri reati
Ce la fa ancora il tizio dalla faccia di gomma, a presentarsi davanti alle telecamere del regime, a ciarlar di miracoli. Ce la fa, nonostante bertolaso, i ministri ladri, i faccendieri corrotti, e i bastardi che mentre la gente moriva, ridevano fregandosi le mani. Ce la fa anche affibbiare la responsabilità della mancata ricostruzione alla regione o ai comuni, assolvendo lo stato – sé stesso. Come se noi potessimo scordare le leggi speciali, la militarizzazione del territorio che a lungo ha impedito allo stesso sindaco Cialente di decidere se spostare o no una pietra. Ai cittadini di andare a piazzare un fiore nei luoghi dove morirono i propri cari.
Come se non fossimo in grado di ricollegare “l’affare” G8, che ha visto rapinare due popoli e due regioni, di per sé nemmeno tanto ricche. Ecco, questo sì che potrebbe essere considerato un miracolo: la moltiplicazione del ladrocinio e delle tangenti.
È in “pressing”, come osano dire quelli che hanno imparato il berlusconismo a memoria, conscio del fatto che potrebbe essere alla sua fine – purtroppo solo politica - e soprattutto che nel fondo del barile, ormai, non c’è più nulla da raschiare, se non l’ultima legge pro domo sua che almeno gli tenga salva la fedina penale neppure immacolata.
L’insistenza con la quale si tenta di trasformare ancora il lodo Al Fano, aumentando i benefit di impunibilità per il presidente della Repubblica, dovrebbe dirci quale sarà il prezzo da pagare per vedere finalmente questo governo cadere. Ed è sempre la solita sua ultima mira: trasformare il Quirinale in un lupanare dove lui possa finire i suoi giorni da Re autoproclamato. Potrebbe essere questo il prezzo, purtroppo, e da qui anche l’urgenza di porre un limite agli strumenti di indagine, che potrebbero presto raccontarci di nuove e più fantasmagoriche avventure della mafia di stato, che mai muore e si rigenera, riportando agli onori delle cronache, sempre la stessa merda che credevamo sparita per sempre.
Ogni giorno una novità nella cronaca della politica nera di questo paese, e la novità è vecchia come Flavio Carboni, che va e viene dalle patrie galere fin dai tempi di Calvi e del banco ambrosiano, a dirci che questi, alla fine, non muoiono mai.
Nulla ci fa più specie, nemmeno sapere che ogni volta che col treno passiamo su un ponte non abbiamo certezza che esso non crolli, o che il treno su cui stiamo seduti avrebbe dovuto essere fermato molti anni fa. Non ci impressiona sapere che vivere per come possiamo, e non per come vorremmo, mette ogni giorno a rischio la nostra vita, perché qualcuno si è arricchito ancora di più. Ladri! Gridiamo quando ci vien bene, ma il bottino ormai è andato e sistemato, magari ai Caraibi, dove il padrino ha una delle sue ville.
Tuttavia, c’è da ammettere che qualche volta si viene anche rassicurati, dai telegiornali che non parlano degli aquilani massacrati dalla polizia, dagli aquilani che in fondo erano solo provocatori assoldati dai comunisti, dalla legge sulla censura che è sacrosanta per ogni cittadino che si rispetti, e dalla dichiarazione di chi indaga sull’ennesimo scandalo delle ferrovie, il quale ci dice forte che il Cardinale Sepe non c’entra proprio nulla. E per fortuna, aggiungerei, perché se oltre che di case, si fosse occupato anche di treni non gli sarebbe rimasto tempo per dio, che grazie a lui, ai miracoli ci pensa berlusconi.
Rita Pani (APOLIDE)
E ho molto, con voi, di che essere grata. Un giorno forse riuscirò a raccontare di questo periodo orrendo non solo per la politica italiana, ma anche per la mia vita.
Grazie ancora
R.
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