6.26.2010
Salviamo le balene
Riflettevo sul numero impressionante di inviti al rispetto dell’animale che ricevo quotidianamente. Cani e gatti da salvare, da non abbandonare; numeri verdi o di cellulare per il pronto intervento anti abbandono. Appelli per salvare le balene, le foche, i tonni e l’orso della Marsica. Essendo io stessa vittima della mia gatta e di sua figlia non resto sorda alle grida disperate della sofferenza animale, però ogni tanto, appunto, rifletto.
Per esempio, ieri vedevo un uomo senza una gamba, adagiato su una sedia a rotelle, che dormiva con la testa reclinata, sporco, e con la barba annodata dalla polvere e dal tempo all’ombra di un muro. Una donna che sotto il sole del mezzogiorno indossava forse tutti i suoi indumenti, e camminava con la testa china in cerca di mozziconi di sigarette. Un somalo ubriaco col viso malato, a cui qualcuno si è rivolto per farlo allontanare, per fortuna in modo gentile.
So di mio che se non ho il pane me ne frego. A volte ricordo male il contenuto del mio frigo e quando lo apro per allungare la mano in modo sicuro, faccio spallucce e mangio una banana, o per fortuna vado all’albero e raccolgo due fichi. Ma se le crocchette delle gatte sono alla fine, esco da casa e le vado a comprare.
Quando un uomo senza una gamba, sta su una sedia a rotelle con la testa reclinata all’indietro, pensavo ieri, forse dorme ma forse è morto. Forse non sta bene perché magari non beve acqua ed è disidratato. Forse ha avuto un calo di zuccheri, forse è in coma. Se un cagnolino guaisce e ti segue forse ha fame, forse è così magro perché non mangia, e se zoppica è perché lo hanno investito o forse picchiato.
“Non si può resistere alla dolcezza degli occhi di un cane … Hanno certi occhi i cani, che quando ti guardano sembrano bambini.” Le abbiamo dette tutti queste frasi, o almeno ce le siamo sentite dire almeno una volta nella vita. E se abbiamo avuto la fortuna di aver vissuto una volta almeno con un cane (uno di quelli a quattro zampe e non un bipede) tutti ne siamo consapevoli.
Se il cagnolino ti segue, strappi un pezzo del panino che stai mangiando e glielo porgi quasi alla bocca, con la speranza che poi, riconoscente si faccia accarezzare, e se sei molto sensibile ti guardi in giro con la speranza di riconoscere tra quelli che ti circondano, un padrone. L’anima inizia a farti male, perché non puoi portarlo a casa, o perché hai fretta e ti secca lasciarlo così. Un po’ come quella fitta al cuore che ti dà sapere che i giapponesi infilzano le balene. Che a Portoscuso si acchiappano i tonni colorando di sangue il mare. Pensi con odio a chi ha avuto il coraggio di abbandonare quella povera creatura in mezzo alla strada, ponendolo persino a rischio della vita.
Quanta sensibilità riesce a esprimere l’uomo dinnanzi ad un animale ferito. E quanta ammirazione nella fierezza con cui affrontano il dolore. Quanta verità nell’affermare che sono meglio le bestie degli esseri umani. Un cane, forse, si sarebbe incuriosito abbastanza da andare a vedere se quell’uomo sulla sedia a rotelle stesse dormendo solo un po’ oppure per sempre.
Rita Pani (APOLIDE)
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