5.09.2010
Povero Peppino, ucciso dalla mafia.
Mi piacerebbe che non fosse solo retorica, il Compagno morto che lotta insieme a noi. Mi piacerebbe che si ricordasse ogni giorno che in questa povera Italia ci sono state persone morte lottando per consegnarci un mondo migliore. Ma sentirsi umani a comando, un giorno all’anno in memoria, pare sia il massimo del lusso che riusciamo a permetterci.
È così grande il rispetto che porto a certe figure italiane, che a volte per decenza e vergogna mi trovo a pensare che tutto sommato è meglio che siano morte, e spero che almeno riposino in pace. Lo penso – e l’ho scritto molte volte – quando guardando a sinistra mi tornano alla mente le parole di Gramsci o di Berlinguer. L’ho pensato oggi, anniversario dell’assassinio di Peppino Impastato. Lui non voleva la mafia nel suo paesello, nella sua regione e temeva per l’Italia tutta.
Se fosse sopravvissuto? Se avesse passato un inferno in terra e si fosse ritrovato all’oggi che viviamo? Anche a questo penso spesso, per altri motivi che è inutile raccontarvi, ma non sono pensieri che fanno buona compagnia.
Il tizio della cupola del consiglio ribadisce spesso che di mafia non bisogna parlare, perché lesiva dell’immagine del nostro paese. Il padrino si scaglia contro Saviano, contro la cultura dell’anti mafia che lo avversa, contro chi osa dire che la mafia è la garantita da lui. Lo sappiamo, ci sdegniamo, qualcuno lotta davvero, qualcuno si associa in maniera virtuale e solidaristica, qualcuno la vota e poi piange, quando crollano le case, quando la gente muore, quando lo stato mafioso ruba il bottino e si eclissa. Qualcuno esulta di fronte all’arresto eccellente, che ormai sembra più un regolamento di conti tra cosche che non una meritoria operazione dello stato.
In fondo troppe volte siamo restati immobili e basiti davanti alle dichiarazioni di quel tizio senza vergogna e senza decenza, o dei suoi affiliati: lunardi disse che con la mafia bisognava convivere, egli stesso, abbracciando l’unico senatore ancora in carica sebbene condannato a 9 anni per associazione esterna ad organizzazione mafiosa, ci ricordò che Vittorio Mangano era stato un eroe. E malgrado la morte del Compagno Peppino Impastato, non è successo niente; noi che abbiamo la pretesa di lottare insieme a lui, non abbiamo fatto niente.
E anche oggi mi sento colpevole per aver un’altra volta sorriso, nell’apprendere che col bene stare del ministro per i beni culturali – il poeta sandro bondi – un parrucchiere in odore di mafia ha prima sovrinteso i lavori del G8 alla Maddalena (i cui danari sono stati rubati dallo stato mafioso) e dopo si è occupato del restauro degli Uffizi. Eh, ma il ministro non andrà a Cannes, perché a suo dire, il film di Sabina Guzzanti “Draquila”, offende l’Italia. La mafia invece no.
Povero Peppino, ucciso dalla mafia per noi. Se avesse letto e scritto solo poesie sarebbe ancora qua a guardare distante questo paese che forse merita di morire lentamente, e non si merita più eroi.
Rita Pani (APOLIDE)
Avremmo ancora un compagno al nostro fianco, e con lui il suo sapere, i suoi insegnamenti.
Ovvio che queste parole dette per Peppino valgono per tanti altri uccisi dalla mafia o dal potere.
Io non credo che l'Italia sia un paese di idioti...
Penso che il nostro è un popolo a cui non sono concesse alternative o il centrodestra o il suo meno peggio, cioè il centrosinistra.
E' questo il vero problema, ed è per questo che loro continuano a governare.
Se Peppino e quelli come lui fossero ancora tra noi probabilmente oggi quelle alternative le avremmo.
Ma è anche probabile che i centrosinistrorsi lo bollerebbero come estremista come fanno quotidianamente con chi gli ricorda che loro non sono l'alternativa a Berlusconi, sono solo il suo meno peggio.
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