5.14.2010
Chi sbaglia paga e i cocci sono suoi
Il tizio del consiglio ha detto che “licenzierà” chi ha sbagliato. Nulla di nuovo, dunque, il padrone è libero di licenziare il dipendente disonesto, solo che qua non si tratta di uscieri o ragionieri, ma di ministri e vertici militari, uomini dei servizi segreti e pezzi importanti di questo Stato … di cose.
La scelta appropriata dei termini, nel linguaggio utilizzato per propaganda, ancora una volta è importante: “licenziare e sbagliare.” Il primo darà all’italiota la sensazione di essere protetto e vendicato, il secondo vestirà di un’improbabile sobrietà il tizio più criminale, e meno sobrio, del consiglio degli ultimi 150 anni. Inutile spiegare la gravità di certe affermazioni, quasi pleonastico ricordare che di solito soltanto a un padrone è permesso licenziare un dipendente infedele o disonesto, e qua non si sta parlando di uscieri che hanno impropriamente utilizzato una linea telefonica, o di ragionieri che distrattamente hanno scritto male una virgola. Si parla di ministri, uomini ai vertici militari, nei servizi segreti, nani e ballerine (che quelli in Italia ormai stanno ovunque).
Chi sbaglia paga, dunque, col licenziamento. L’italiota esulta. La lega tace, al massimo acconsente, sta in un angolo e attende che si compia il gioco delle tre carte. Perché il disegno è chiaro, o almeno dovrebbe esserlo. Il padrone del consiglio ha già “licenziato” scajola, e gli basterà “licenziare” un altro paio di ministri per poter dichiarare fallimento e farci tornare un’altra volta a votare. Si ripresenterà con una sorta di nuova verginità, quasi paladino della morale (proprio quella nuova che già prometteva in campagna elettorale), e vincerà ancora. Scorderanno gli italioti, che i mafiosi condannati per mafia non sono stati “licenziati” mai e nemmeno lui si è licenziato dopo la miriade di “sbagli”.
L’instabilità economica del paese, le “riforme” che è impossibile fare per mancanza di danari, lo sfacelo del paese, la povertà dilagante sono come bombe pronte a esplodere, per l’incapacità di un governo che in più di due anni non ha mai governato se non la cosa sua. Anche questo è sempre più palese in Italia, e proprio per renderlo meno evidente è più comodo farci gridare al ladro, e liberarci da “chi sbaglia” a piene mani, per poter tornare un’altra volta ancora portandosi dietro sempre gli stessi ladri o qualcuno ancor più scaltro e intelligente che si accontenti di rubare un po’ meglio e un po’ meno col benestare del re dei ladri.
In fondo al tizio serve solo guadagnare un po’ di tempo, estromettere i nemici interni alla sua cosca per raggiungere l’unico obiettivo rimastogli: andare ad abitare al Quirinale.
Questo, a mio avviso, è! E come al solito spero fortemente di sbagliare (nella accezione più pura del termine).
Rita Pani (APOLIDE)
<< Home