2.28.2010

 

Il tuo polacco di chiama Piotr


Sarebbe bello, domani, sentirci tutti stranieri in Italia. Non dovremmo faticare tanto, dato che molti di noi da tanto hanno difficoltà a riconoscersi italiani, ma domani, il senso dovrà essere diverso. Per una volta, potremmo sentirci orgogliosi della nostra estraneità che si andrà ad unire a quella di chi, straniero, lo è davvero.

Vincere il razzismo è un’impresa ardua, tanto quanto lo è abbattere l’ignoranza che sta alla base dell’essere razzisti, ma ci si può provare non solo aderendo o partecipando allo sciopero di domani, ma evitando e combattendo anche i “piccoli” razzismi quotidiani. So che è difficile in un paese come l’Italia, che del razzismo e della xenofobia ha fatto l’arma vincente per andare al governo; ma difficile non è impossibile.

Per comprendere quanto possa apparire vincente l’istigazione al razzismo, da parte di questo governo, basti pensare che per parare la marea di melma fatta di corruzione, ladrocinio, mafia e malaffare che avrebbe potuto seppellire questa abominevole classe dirigente italiana, il tizio del consiglio ha ricordato al suo popolo che “la sinistra vuole aprire le porte agli stranieri.” Forse appare minimo utilizzare l’altrui disperazione come spauracchio per una massa informe di cittadini in catalessi, ma dobbiamo ricordare il resto.

Il resto è la storia recente, fatta di leggi razziali, di segregazione nei CIE, di sfruttamento e schiavitù, di diritti umani calpestati, di migliaia di donne, uomini e bambini morti in silenzio, inghiottiti dal mare, essiccati dal sole nel deserto libico. Vite umane spese al pari di merce di scambio: la parvenza di tranquillità per un popolo che non vuol vedere, contro la promessa di un’autostrada o un mutuo ventennale da pagare a Gheddafi.

E come per tutte le cose, per cambiare, bisogna partire dalle piccole cose: il linguaggio per esempio. Sarebbe bello, per esempio, se si smettesse di affibbiare alle persone che lavorano per noi, o con noi e che spesso ci abitano accanto, nomi comodi e di fantasia. Non è possibile che tutti i senegalesi si chiamino Giuseppe, Giovanni o Gigi; quando va di lusso Mustafa. Impararne il nome – anche se a volte è davvero impossibile da pronunciare – è un primo passo importante. Mi piacerebbe sentire un giorno, la signora che mi dice spesso quanto sia bravo “il suo polacco” a potare le piante da frutto, dirmi che “per fortuna ha incontrato Piotr, che è un ottimo potatore”. Sarebbero davvero piccole cose, che però potrebbero portarci a quelle più grandi, quella sorta di necessario “razzismo al contrario”, teso ad isolare il diverso – da noi tutti stranieri anche in patria – a metterlo in minoranza. Segnare il confine tra la loro bassezza e la nostra civiltà.

Dichiarazione universale dei diritti umani:

Articolo1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Rita Pani (APOLIDE STRANIERA)


Comments:
parlando di un mio amico del Senegal con razzisti incalliti ho fatto un esempio; provate a immaginare di essere chiusi in una stanza senza finistre e senza porta, dove andreste e come vi sentireste? quello che secondo me provano gli immigrati, quando arrivano in questo sgangherato paese poi, aggiungiamo i danni che fa questa destra e il risultato lo vediamo ogni giorno!!
franco.
 
Hai sinceramente ragione. Se hai tempo mi farebbe piacere se leggessi il convegno che ho coperto di legambiente a proposito del primo maggio e mi dicessi cosa ne pensi, in quanto tengo molto in considerazione una tua idea.

http://scrivocorsivo.blogspot.com/2010/02/limmigrazione-e-il-primo-marzo.html

Cordiali saluti
 
Rita,le tue sono parole splendide. Splendide perchè non hanno bisogno di traduzioni o lunghi percorsi. Sono dirette. Da anima ad anima.
 
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