9.12.2009

 

E si ritorna (lentamente)

Domani riprendo la via del ritorno. Non sono sicura che sia il modo giusto di dire, perché per me il ritorno è sempre quando arrivo, e distinguo le coste, le cime dei monti, il colore della sabbia e del mare. Domani riprenderò la strada che mi mischia al mondo, restando pur sempre, orgogliosamente, un’isolana.
L’Isola. Non è solo uno scoglio circondato dal mare, ma una condizione, uno stato d’animo, un modo di vivere e di pensare. Sapendo questo ho percorso le strade che conosco a memoria, guardando fuori dal finestrino e pensando all’idiozia che lascia intendere di voler costruire una centrale nucleare proprio qua. Ci sarebbe da ridere. Oggi la Germania annuncia di voler rinunciare non solo al nucleare, ma anche al carbone, e invece in questa piccola e miserabile Italia, si scopre che le il problema delle scorie nucleari è stato parzialmente risolto, inabissandole insieme a tutta la nave sulle coste calabresi. Amantea, la perla radioattiva delle Calabria. Eravamo tutti convinti che questo smaltimento avvenisse solo nei mari africani, e invece era prassi anche nell’Africa italiana, quella terra del sud che conta poco meno di un cazzo.
A proposito di Africa: bossi ha detto ancora che gli extracomunitari devono avere dei diritti a casa loro. Per la prima volta nella vita, posso dire di essere totalmente d’accordo con bossi. Diritti agli africani in Africa. Quindi per prima cosa, restituiamogli il loro petrolio, il loro oro, i loro diamanti, il loro silicio e il loro coltan. Richiamiamo in patria i dipendenti dell’ENI, e dell’AGIP che vivono rinchiusi in piccoli paradisi blindati e controllati dalle guardie armate, e restituiamo agli africani i territori che abbiamo rubato, urbanizzato, resi vivibili con prati e acqua corrente, elettricità e quanto serve per vivere dignitosamente. Smantelliamo le vergogne keniote, smettiamo di affamare quel popolo costretto a rischiare la vita pur di raggiungerne una. Ridiamo la ricchezza dell’Africa agli africani.
Ridiamo ai sardi il territorio sardo. Non ci crederete ma per andare al mare, in questi giorni ho dovuto pagare il pedaggio in territorio militare, al comune di Teulada. La Nato, ci ha concesso di arrivare alle dune di Porto Pino, un paradiso naturale nel quale fino a qualche anno fa, ci era proibito entrare (ma noi ci andavamo ugualmente scavalcando il filo spinato e sputando sui cartelli gialli.
Devo lasciare casa e tornare a mischiarmi al mondo. Quel mondo che non solo massacra i gay, ma ora anche i disabili, quel mondo governato da un ridicolo pupazzo imbellettato più di una delle troie di casino che paga per fingere d’essere ancora uomo. Un buffone che si mostra assorto in preghiera al funerale di un altro saltimbanco, ai quali sono stati riservati tutti gli onori dello stato italiano, quello stesso stato che in tutti i modi cerca di non riconoscere nemmeno gli indennizzi ai familiari dei morti sul lavoro.
Si torna alla vita. Ma almeno ci torno abbronzatissima.
Rita Pani (Sarda)

Comments:
A volte l'isolamento fisico in un isola porta anche ad un isolamento mentale.
Un bene o un male?
Purtroppo a lungo andare rincoglionisce (non è diretta a te eh!:-).
E' la constatazione un veneziano di terraferma che in questo perido è molto a contatto con i veneziani ... isolani.
 
Ho scritto un post- a proposito del tuo punto di vista sull'Africa ecc.- nel primo pomeriggio, ma l'ho perduto nel momento dell'invio. Lo ripeterò con calma.Un abbraccio. Antonio
 
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