1.19.2009

 

Sono tornata

Come sempre, quando mi allontano da casa per qualche giorno, evito accuratamente ogni tipo di disinformazione di massa. Poi è inevitabile sentire le voci di qualche radio, o vedere una pagina di Internet aperta. Ho imparato che in tre o quattro giorni, in mia assenza, il mondo non può essere stato salvato, e quindi sono certa che troverò tutto come l’ho lasciato, o al massimo peggio. Certo non è esattamente quello che appare dai giornali on-line, dove già da oggi la sanguinaria guerra di Gaza, sembra solo un lontano ricordo, e non sembrerebbe nemmeno che in Italia ci siano stati 54 morti ammazzati dal lavoro in 19 giorni.

La crisi economica è qualcosa di distante, infatti le banche che crollano non sono italiane, perché noi per ministro abbiamo tremonti, il ragioniere creativo, capace si ammettere che la poverty card, altro non è che una cosa improvvisata. Il numero spropositato di licenziamenti, e la disoccupazione, sembrano essere cose del passato ora che gran parte dell’Italia è rimasta col fiato sospeso, in attesa del summit di questa sera tra il presidente del consiglio e galliani, al lavoro per definire la sorte di kakà. E siccome noi sappiamo quanto impegno ci metta il presidente del consiglio, a risolvere i nostri problemi, tutti possiamo sentirci sollevati sapendo da un’ultim’ora che “kakà è e resterà del Milan”.

Certo non tutto fila per il verso giusto, ma lo sappiamo, le brutte notizie non mancano mai, quindi figuratevi il mio patema d’animo quando ho letto che la boniver aveva fatto outing: “io, deturpata dalla cura antirughe”. Giuro che per me, che avevo sempre pensato che lei deturpata ci fosse addirittura nata, è stata davvero una notizia sconvolgente, di quelle che a ragione devono occupare una parte importante della stampa, forse anche un po’ di più di quell’altra che questa mattina campeggiava su Repubblica, e che informava della partenza della nave per Hammamet, con a bordo i pellegrini di bottino craxi.

Insomma, volevo solo dirvi che sono tornata anche se non è stato facile, perché è vero che per andare a Milano ci vogliono 3 ore e 59 minuti, ma vi garantisco che ce ne ho messo 2 e 30 per un percoso di 80 chilometri con treno Regionale. Succede anche questo, nel paese in cui non succede nulla, che Sali su un treno a Termini e si ferma a Tiburtina. Il controllore avvisa che il treno si è rotto, e il ritardo sarà imprecisato. Lo stesso controllore che poi ti dice: “si avvisano i signori passeggeri che il treno regionale… diretto a … oggi è soppresso”. Peccato che per un’altra ora nessuno ti dica come farai a tornare a casa, e anche quando te lo dicono si scordano di dire il binario dal quale partirai. Ma dopo – siamo in Italia - il treno arriva ma è troppo corto per contenerne due. Così capita anche che, dopo il treno velocissimo e rossissimo, si possa tornare a casa seduti sul piccolo vano portabagagli, proprio davanti alla porta del cesso.

Rita Pani (APOLIDE)

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