12.26.2008
Nascere in una grotta e morire in una baracca
Insistono a dire che a bruciare vivi in una capanna, siano stati due rom, come se marchiare con un “dispregiativo” potesse rendere il tutto meno penoso. Ma poi lo sarà davvero penoso per la coscienza collettiva? Permettetemi di dubitare.
Era una famigliola di rumeni, e il capofamiglia si è salvato solo perché uscito la mattina di un giorno di festa per andare a lavorare. Uno di quelli che sta come una puttana all’angolo di strada e aspetta d’esser caricato dal furgone del “buana” per lavorare la terra, o per rifare pavimenti, o un lavoro qualsiasi a basso prezzo, e soprattutto a nero.
Proprio come le puttane, i lavoratori extracomunitari, esistono solo il breve tempo di svolgere la loro mansione, e dopo non esistono più, e chi se ne frega se tornano a vivere in una capanna sotto un bosco, o sotto un ponte? Anzi, a volte importa ai cittadini, quelli che urlano: “se ne devono andare”. Le stesse persone che con candore ti dicono: “bello il mio giardino? Me lo cura un rumeno, e lo pago niente.”
Bisogna sbaraccare, e il sindaco di Roma promette che presto anche la pineta di Castelfusano sarà ripulita. Dove andranno quelle quattrocento famiglie invisibili non importa, l’unica cosa davvero importante è che stiano allo stesso angolo di strada quando servirà un idraulico, un bracciante o un muratore.
Tutto questo è avvenuto esattamente il giorno dopo in cui su tutti i presepi italiani, ieri notte, si è adagiato un bambino su una mangiatoia. Che strana gente che siamo! Pronti a venerare colui che è nato in una grotta, pronti a fare guerre in suo nome, ma non abbastanza cristiani da farci carico della miseria altrui. Se non per sfruttarla.
e che vicino all'orticello non si presenti un rumeno...
gatta susanna
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