12.22.2008
La crisi a casaccio
Bisogna fare un riassunto delle puntate precedenti, perché l’unica cosa chiara, ad oggi, della crisi economica, è che non esiste volontà di porvi rimedio, né nell’immediatezza, né a lungo termine.
Quello che si sa è che le banche sono al sicuro (forse) e che le grosse imprese salveranno i loro capitali, ma non i loro operai. Nell’ordine le indicazioni del presidente del Milan sono state: spendete, e non pubblicate i dati reali della disoccupazione, che potrebbero far cadere l’unico strumento che, a suo giudizio, potrebbe essere fondamentale a riportare prosperità, ovvero l’ottimismo.
Ed ecco la nuova geniale svolta comunista del governo: “lavorare meno, lavorare tutti.” Sei comunista, che ti lamenti? Obbietterete. Vero, ma sono comunista in un Italia governata da gente fascista che ha fino qui dato prova della sua incapacità ed arroganza, e quindi nemmeno per un attimo posso cedere alla tentazione. Dunque, il paese che ha trovato come prima soluzione quella della detassazione degli straordinari, oggi, vuole che lavorino meno e lavorino tutti? Una volta tanto lascio a voi la risposta.
Lo stesso governo che ha compreso che, l’unico modo per uscire dalla crisi è tornare a riequilibrare il mercato tra domanda e offerta, sega i salari facendo affidamento sugli ammortizzatori sociali. Deve essere sembrato conveniente “rubare” l’idea tedesca, ed esilarante la motivazione espressa da sacconi: “A differenza della Germania noi abbiamo già un robusto sistema di ammortizzatori sociali.” Sì, l’ha detto davvero. Peccato che per la Germania, il lavoratore sia ancora un lavoratore, non discriminato dall’atipicità dei contratti.
Quello che mi sconcerta è che persino Ferrero sia caduto in tentazione, probabilmente eccitato per aver sentito dire qualcosa che era diventata quasi un tormentone quando la diceva Bertinotti, e devo dargliene atto, in tempi non sospetti. In altri tempi, appunto, quando la precarizzazione del lavoro non aveva ancora creato questo pozzo senza fondo.
C’è sempre e solo una domanda alla quale nessuno vuol dare risposta: “a chi conviene la crisi economica?” Perché non si vogliono incentivare, e questa volta sì con aiuti di stato mirati, le nuove assunzioni? Facile la risposta: perché c’è la crisi, chi vuoi che assuma ora? E allora perché insistere con gli aiuti al settore auto? Io potrei rispondere, che se c’è la crisi non c’è chi se le compra le auto, perché garantisco che se non lavori, l’auto non te la compri. Perché non favorire il rientro delle imprese de localizzate con incentivi reali connessi all’assunzione a tempo indeterminato delle maestranze, magari con un vero patto di solidarietà tra imprenditore e lavoratore, e non tra stato e imprenditore, come troppo spesso accade ora, visto anche “robusto sistema di ammortizzatori” che alla fine è a carico dell’INPS? E se non lavora nessuno, alla fine, di che si reggerà lo stesso ente erogatore?
Troppe domande, eh? Eppure qualche risposta la contengono.
Ma quando ci decideremo a distribuire le ricchezze più equamente.
Se non la vogliono chiamare solidarietà, la chiamino carità.
Ma cornuti e mazziati no, e poi no.
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