10.25.2008

 

I morti di Capoterra ( CA )

Capoterra.
Storia di una speculazione edilizia degli Anni '60 sui terreni dei possidenti cagliaritani all'ombra della DC E l'agro diventò una giungla di cemento

Da aree alluvionali buone per la caccia e l'agricoltura a lotti edificabili


di MAURO LISSIA

CAPOTERRA.
Si chiama ancora piano di fabbricazione e risale al 6 giugno del 1969.
Il sindaco di Capoterra era Felice Baire, notabile di paese e figlio di quella Dc immobiliare che ha trasformato l'hinterland in un'inestricabile jungla di cemento anonimo.
Un ingegnere immobiliarista fu chiamato a elaborare il piano di fabbricazione: era Pierluigi Monni, coinvolti poi in una serie di inchieste giudiziarie per abusi edilizi.

Quel piano largo e generoso classificò come zona edificabile la gran parte delle rigogliose campagne capoterresi, per la gioia delle blasonate famiglie cagliaritane che si trovarono moltiplicato per mille il valore delle antiche tenute di caccia e dei terreni agricoli ereditati dai nonni.
Da area alluvionale, buona per picnic estivi e campo ideale per le doppiette, il
territorio di Capoterra diventò un eldorado per imprese in vena di espansione.
L'idea di fondo era di offrire spazi alternativi ai cagliaritani, senza badare troppo alla pianificazione.
Ma la responsabilità di quello che appare oggi come un caso di palese malgoverno del territorio non è soltanto dell'amministrazione comunale di allora: per quanto
permissivo e miope, il piano del '69 stabiliva comunque qualche regola.

Forse persino troppe in una fase storica in cui erano pochi a parlare di difesa ambientale.
Così la Regione, schierata con chi aveva fretta di trasformare la piccola Capoterra in un sobborgo verde di Cagliari, inventò la famosa 'LEGGE-PONTE' che consentì alle imprese di costruire saltando allegramente il rapporto di convenzione con il Comune.
Una sorta di
salvacondotto urbanistico grazie al quale sono nati gli agglomerati a mare di La Maddalena spiaggia, Frutti d'Oro uno, Frutti d'Oro-la Vigna e Su Spantu uno: tutta edilizia per stomaci forti.

Sono passati quasi quarant'anni e le amministrazioni comunali di oggi fanno ancora i conti con quel mostruoso strumento: impossibile elaborare un piano urbanistico moderno.
Chi ha provato a fermare l'avanzata delle lottizzazioni, come fece negli anni Novanta il sindaco Tore Cadoni, si è preso bombe, attentati e minacce d'ogni tipo.
Chi ha terra edificabile da vendere vorrebbe avere mano libera, chi ha i soldi per costruire è convinto
che i divieti non siano altro che soprusi.
La conseguenza è sotto gli occhi di tutti e il nubifragio del 22 ottobre -
dopo quello dell'11 novembre 1999 - ha fornito una conferma drammatica e disastrosa dei consapevoli errori commessi in quei tempi: in un'area di cui 270 ettari sono classificati 'a rischio molto elevato' nel piano di assetto
idrogeologico del 2004 si è costruito selvaggiamente e si vorrebbe continuare a costruire, come se le sciagure meteorologiche ricorrenti non avessero insegnato nulla.
Dai tentativi del gruppo Berlusconi, che voleva
portare seimila abitanti nella delicatissima vallata dove oggi sorge Hydrocontrol, fino alle iniziative luxury del pluri-indagato avvocato d'affari Peppetto Del Rio, che sognava un'oasi di megaville a due passi da Poggio dei Pini, la storia recente di Capoterra è segnata da incessanti controversie legate al cemento.
L'ultima, nel 1992 - un'altra convenzione
risulta registrata nel 1997 - ha visto l'amministrazione comunale e gli ambientalisti soccombere tristemente.
Risultato: le centinaia di case costruite sullo stagno di Santa Gilla.
Quasi sull'acqua, per volontà e interessi della cooperativa Mille-Cento che faceva capo all'allora semplice imprenditore edile Sergio Zuncheddu (LUI, IL PALAZZINARO PADRONE DELL'UNIONE SARDA).

Se nel 1970 Capoterra contava appena ottomila abitanti, oggi il sindaco Giorgio Marongiu, espresso da una coalizione di centrosinistra, è chiamato a governare servizi destinati e quasi 24 mila cittadini - 12 mila nei rioni sorti in campagna - che patiscono la bulimia edificatoria degli anni passati.
Tredici lottizzazioni su seicento ettari, problemi da città
metropolitana con risorse economiche da piccolo paese.
Soprattutto un'esposizione al rischio di eventi meteorologici conosciuta da decenni e affrontata mai.
Al contrario: un pericolo cresciuto insieme ai villaggi delle periferie, indifesi perchè messi in piedi a vanvera.
Come San Gerolamo, esempio eclatante di irresponsabilità.
In questi giorni è il
commissario della protezione civile Guido Bertolaso e sono i geologi a spiegare il destino ineluttabile di questa frazione popolosissima.
Ma non servono gli esperti per capire quanto sia sbagliato costruire centinaia di
case attorno a un fiume che raccoglie le acque di due dighe, sotto il livello del mare e senza un minimo di attenzione alle norme che regolano la sicurezza idrogeologica.
I documenti dicono che la lottizzazione Rio San
Girolamo è il risultato di una convenzione stipulata il 3 novembre 1977 tra gli uffici di Capoterra - sindaco era il socialista Raffaele Farigu (LUI, ATTULE CONSIGLIERE REGIONALE DEL CENTRODESTRA)- e la società 'Selene Agricola immobiliare srl', oggi cessata.
Il proprietario delle aree era Mario Floris, PADRE DELL'ATTUALE SINDACO DI CAGLIARI.

Il progetto fu affidato all'ingegner Massimo Abis, amministratore della società era Francesco Cittadini e dalle visure storiche l'attività della Selene risulta essere il «miglioramento di fondi rustici e urbani».
Per rendersi
conto di quanto e come siano stati migliorati quei fondi basta fare un giro tra le case di San Girolamo in queste ore: non una costruzione è uscita salva dalla furia delle acque.
Oggi quelle terre assomigliano a una favela brasiliana e solo un intervento finanziario massiccio e ben indirizzato potrà restituire una vita normale agli sventurati abitanti.
Che non sono villeggianti agiati, ma famiglie abbagliate a suo tempo dai prezzi: a rischio com'erano, i lotti furono venduti a poco.
Le case poi spuntarono come funghi, alcune messe su senza badare troppo all'immagine.
Col mare a due passi e la strada di Cagliari a portata di mano, gli acquirenti non potevano immaginare che un giorno sulle loro cose sarebbe piombato il contenuto di una diga. Non potevano immaginarlo perchè nessuno glielo disse.

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