10.15.2008

 

Apartheid e diritto allo sciopero

Ne scriverò, perché se non lo facessi, mi sentirei complice di questo piccolo paese di montagna, raggiungibile solo d’estate, che ormai l’Italia è diventata in confronto al resto dell’Europa.

Ma non è facile scrivere di un Italia che, fischiettando indifferenza, accetta persino l’apartheid. Così nella scuola dei grembiuli e del voto in condotta, nella scuola che non è più un diritto per tutti, ecco arrivare le “classi di inserimento” che “favorendo” l’inserimento dei bambini stranieri nel fantastico mondo italiano.

Pare che ci siano state molte discussioni all’interno della maggioranza, e che il pdl abbia preteso e ottenuto che lo scribacchino della legge, cambiasse i termini “classi ponte” e “autorizzando” in quelli meno aggressivi, sopracitati tra virgolette. Come se bastasse una parola, per cambiare un concetto. Per esempio, sembrerebbe brutto dire che siamo in mano a un branco di teste di cazzo, quindi, per abbellire il concetto, basterebbe dire che: siamo in mano a qualche persona irragionevole. Ma che ci volete fare? Ho raggiunto un tale grado di disincanto da potermi permettere il lusso di chiamare le cose col proprio nome, e ho abbastanza lucidità per comprendere che se la merda la chiami cacchina, non ne diminuirai la puzza.

E allora che apartheid sia, in questo mondo confuso che come una valanga trascina chiunque nella follia più totale, così che anche il concetto di integrazione assuma per ognuno un significato a se stante, al punto che gli albanesi, che oggi non fanno più paura dicono i giornali, essendosi ormai integrati, picchiano il negro che si è seduto su un autobus al posto dei bianchi.

E ma che risate, quando il ridicolo borghezio, andava a disinfettare i sedili dei treni, eh! Quanto ridere si è fatto. Si è riso così tanto che quello è potuto diventare anche un parlamentare europeo. Era ridicolo, folkloristico, al massimo un’enorme sacco di merda. Invece era solo un pericoloso campanello d’allarme, ma tanto che ci importa? Noi siamo bianchi, siamo italiani, abbiamo un posto a sedere nell’autobus e abbiamo bambini bianchissimi. Esprimeremo il nostro sdegno e la nostra solidarietà. I danni che queste porcate arrecheranno sui bambini piccolissimi li sconteremo più avanti, ma anche questo ci importa poco, perché noi bene o male fino a qua ci siamo arrivati, e che ce ne importa se in un paio di mesi siamo stati riportati indietro fino al Settembre del 1938?

Cambiamo discorso, parliamo di sciopero. Quello del prossimo 17 ottobre potrebbe essere l’ultimo e anche le proteste che si susseguono in tutta Italia nelle scuole di ogni ordine e grado, contro la devastazione di Beata Ignoranza, potrebbero finire a colpi di decreto. Si deve abolire il diritto allo sciopero, ma c’è chi giura che in Italia, questo non è mai successo e non succederà mai. In realtà questo accadde già il 3 aprile del 1926, ma tanto ricordarlo non serve a nulla, quando persino Veltroni, che si è dichiarato pronto al dialogo, ha detto chiaramente che di regime non si deve parlare.

Ma poi che ci sarà mai da scioperare? La crisi finanziaria è stata risolta, ed è durata meno di una settimana, le borse volano, ci dicono i giornali, e mostrano foto di gente esultante. Non pretenderemo davvero una politica dei salari che consenta anche a noi di esultare per essere riusciti a mettere insieme il pranzo con la cena. In televisione trasmettono uno spot, “per la vostra spesa, usate la carta, conviene!” Non è che questo spot ci dica che le banche non ci vorrebbero dare nemmeno quei miseri cento euro che preleviamo per passare una settimana, è che siccome ci vogliono bene, non vogliono che ci sporchiamo le mani usando il vile danaro. Non preoccupiamoci quindi se anche il nostro danaro diverrà virtuale, come i loro investimenti e le loro speculazioni, possiamo usare la carta, e state certi che a loro conviene davvero, con tutto quello che ci estorcono sotto forma di commissioni.

Il mio pensiero sullo sciopero, e su tutto il resto resta sempre lo stesso: sciopero generale e generalizzato di tutti i settori produttivi. Uno sciopero particolare per la padania seguendo il modello dell’apartheid: uno sciopero generale e generalizzato ad oltranza degli extracomunitari, dalla badante al muratore, dall’operaio della fabbrica al ragazzino che sfruttiamo per spostare le merci al mercato. Tutti ma proprio tutti, in modo tale che sia evidente, finalmente, a cosa servono gli ultimi.

Rita Pani (APOLIDE)


Comments:
Un vecchio anarchico, che ho conosciuto quando ero bambino, seduto all'osteria con un quarto di vino rosso davanti sospirava " bisognerebbe ammazzare tutti i lavoratori, così ricchi e padroni dovrebbero lavorare, ed io vorrei vederli nelle stalle in mezzo al letame o nei campi a sfalciare l'erba".
Ho ritrovato il suo indimenticabile paradosso nelle frasi finali del tuo post.
Ottimo, come sempre.
 
La carta sorellina cara e' quella igienica. Le altre noi "allezziti" (poveracci in vernacolo livornese) non le possiamo avere.
 
Sei stato(a) segnalato (a) da un anomimo in un commento al mio post. Mi piacerebbe che si possa fare, ,ma sono minuscola e ho bisogno di sostegno. Magari fosse possibile uno sciopero deli sstranieri, in Francia già c'è stato. Complimenti per il post.
Afrocittà
 
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