4.07.2008

 

Italia, provincia d'Africa

Harare, 7 apr. (Adnkronos)- “La terra deve rimanere nelle nostre mani. La terra è nostra, non bisogna permettere che finisca nelle mani dei bianchi”. Così il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe, in un intervento riportato oggi dal quotidiano di Stato Herald, ricorre al suo cavallo di battaglia “anticolonialista”, mentre a nove giorni dal voto di due sabato fa ancora non sono stati diffusi i dati delle elezioni presidenziali.

Zimbabwe, il partito del presidente Robert Mugabe vuole il riconteggio dopo che l'opposizione ha conquistato la maggioranza dei seggi in Parlamento. (Fonte The New York Times)

Per comprendere queste pesanti analogie, vi basti sostituire “bianchi” con Roma ladrona, e Mugabe nel primo caso con bossi, nel secondo con berlusconi.

I lettori più accorti potranno obiettare che “tutto il mondo è paese”, ma non sarebbe certo il senso del mio sentire, che ho voluto così esemplificare.

Ci sarebbe anche altro, in questa mattina fredda e triste che potrebbe indurre al pensiero, come per esempio le dichiarazioni rese da quel che resta di bossi, e riprese sempre dalla Adnkronos: “Per quanto riguarda le riforme ho moltissime buone idee che sarebbe bene realizzare” e per questo preannuncia di essere il prescelto per ricoprire il ruolo di “ministro delle riforme”.

A questo proposito ricordo che quando lo stesso bossi, insieme a fini, firmò la legge sull’immigrazione – poi appena ritoccata ma non abrogata dal governo Prodi – dissi che sarebbe stato come se Pacciani e Vanni, avessero firmato una legge in materia di violenza sulle donne.

Solo che poi avemmo calderoli, come ministro delle riforme, e allora fu come se il mostro di Marcinelle avesse legiferato in materia di protezione dell’infanzia.

Questa mattina ho letto un toccante e interessante articolo su Repubblica e ci ho trovato un’altra pesante analogia: il direttore del supermercato, spiegava come il suo esercizio commerciale, donasse le merci in prossimità di scadenza alle mense dei poveri. Come dire ai pensionati costretti dalla povertà, che non c’era bisogno di umiliare sé stessi rubando il cibo, ma che avrebbero potuto umiliare sé stessi – con un po’ più di dignità – mettendosi in fila per un tozzo di pane quasi scaduto.

In effetti, a pensarci, l’Africa è molto più vicina di quanto immaginiamo, con l’unica differenza che se ai nostri poveri diamo la merce quasi scaduta, agli africani mandiamo quella scaduta da un pezzo.

Rita Pani (APOLIDE)


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