4.29.2008

 

Il parente scemo

Il parente scemo.

Oggi è il giorno dell’insediamento, il giorno che segna di fatto la nascita del nuovo quinquennio berlusconoide. Il Senato ha già il suo presidente, la Camera lo avrà domani, sappiamo anche che bossi sarà il ministro delle riforme, e che riforme.

Ho sentito parte del siscorso del neo presidente del Senato, e devo ammettere che non ci sarebbe stato nulla da eccepire, se quel discorso l’avesse fatto un altro, uno a caso, e non schifani, che a conclusione, cita Falcone e Borsellino, Magistrati eroi, e lotta alla mafia. Perché il paese, dice, ha bisogno di legalità. Oh! Se solo avesse definito meglio il concetto di “legalità”…

Qua sta il limite di questo governo, far passare l’idea che la legalità in Italia sia messa a rischio dalla presenza degli extracomunitari e non da un esercito di pregiudicati nel cuore dello Stato.

Poi c’è bossi, dicevo, con i suoi “fucili sempre caldi” che ricorda: “Ho trecentomila uomini sempre a disposizione”. Sarebbero dichiarazioni da censurare duramente, che dovrebbero far riflettere chi domani gli affiderà l’incarico di guidare un dicastero importante come quello delle riforme, invece no. Candidamente, i vertici del pdl, non fanno altro che trattarlo come il parente scemo, quello che non ci sta tanto con la testa e a cui tutto si perdona.

E deve essere proprio così se poi dichiara anche: “berlusconi esegua gli ordini”.

Ma anche nelle migliori famiglie, ad un certo punto qualcuno interviene per ricondurre il parente scemo alla ragione, e laddove proprio non si riesca con le parole, a volte è lecito ricorrere al sedativo. La famiglia del governo, no. Continua a spiegare a chi guarda sbigottito, che lui “è così” e che bisogna accettarlo per quel che è. Come a dire: sì è scemo ma non è pericoloso.

Unica nota consolante è che il parente scemo farà parte del governo, e quindi, in caso di aggravamento, nel caso in cui diventasse pericoloso, l’obbiettivo dei suoi trecentomila fucili caldi, non potrebbe essere altro che Arcore.

Quasi quasi, conviene sperare.

Rita Pani (APOLIDE)


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