2.12.2008

 

Bisogna stare in piedi

A volte in piedi ci devi stare per forza, anche quando sarebbe facile cedere alla tentazione di lasciarsi andare, accasciarsi per terra, e non sollevarsi mai più.

Ci sono periodi in cui il mondo ti appare alieno, fatto di un movimento che non riesci a seguire, e spesso ti fermi a cercare il ritmo giusto; come quel gioco della corda, dell’arancio, limone, mandarino.

Senti persone che parlano della vita, anche la tua, prometterti il mondo possibile, o quello migliore, e tu sai che loro nemmeno immaginano cosa sia la vita per molti di noi.

Li guardi, cercando qualcosa di familiare nei loro visi, nelle loro mani, nei loro sorrisi sempre smaglianti. Guardi e non trovi la semplicità dell’umanità.

Ma a volte, anche guardando più vicino a te, scopri che l’umanità si è persa, proprio mentre in tanti cercavano di somigliare a quei visi, a quei sorrisi di candida porcellana.

E il mondo diventa perfetto, quando si comprende che per appartenervi non si deve fare altro che imbastardirsi.

“E’ le legge della giungla”, hanno tenuto a spiegarmi, parlando della mia vita, e di come mi accingo a ripristinarla. Come fossi una bestia.

Ma non è vero che i miti soccombono, perché io mite non lo sono davvero, soccombono solo coloro che ancora hanno coscienza – inutile sovrastruttura.

Ci pensavo oggi, che sono cinque anni ormai che ho lasciato casa mia, con dentro l’unico bene che non si potrà mai possedere. Andavo via da otto anni di angherie, per evitare che il peggio potesse fare di me una celebrità, con tanto di plastico al centro di uno studio TV.

Avevo in tasca molte promesse, credevo di avere molti amici, e mi affidavo alle mie capacità.

Eppure è bastato non tradire me stessa, per perdere il lavoro e non ritrovarlo mai più. E’ bastato che dicessi no una volta, per non ottenere più alcuna proposta.

Pensavo agli occhi allucinati di un ministro, che sputava in faccia alla giustizia, in nome e per conto nostro – cittadini semplici.

Noi, i cittadini semplici, ricchi di coscienza e umanità la giustizia non l’avremo mai, perché non siamo capaci. E non abbiamo rubato, non abbiamo ucciso, non abbiamo ceduto alle tentazioni.

Semplicemente siamo state massacrate dai mariti, davanti alle proprie figlie, lasciate quasi a morire di fame, stuprate, offese, denigrate… Invisibili agli occhi dei familiari, dei vicini di casa, così attenti a spiare dalle finestre mentre esci, o innaffi le piante, ma altrettanto attente a nascondersi quando le urla si sentono per la via… Invisibili agli occhi della legge, che nemmeno ti prende a verbale, quando col sangue secco all’angolo della bocca, ti vai a raccontare.

E io non ho occhi allucinati, non ho santi in paradiso, e nulla m’è rimasto se non la coscienza e la dignità che mi impediranno, dopodomani, di scegliere di far parte della giungla.

Dedicato a mie figlie, affinché comprendano che dopo una caduta, ci si deve sempre rialzare, e riprendere a camminare.

A voi chiedo scusa, per il mio disperato bisogno.

Rita Pani (APOLIDE)


Comments:
Dolce sorella mia,
non sapevo tu avessi avuto questa vita.Penso di capirti quando parli della solitudine e dell'indifferenza che circonda le donne pestate, stuprate, terrorizzate dal proprio uomo: ti sono vicina con il cuore e con il corpo, ti faccio tante coccole e ti accarezzo i capelli, come fossi seduta accanto a te.
Credo tu abbia le figlie che volevi, altre donne che sostengono una donna, che è anche la loro madre.
Spero di aver lenito un po' il tuo bisogno. Ti voglio bene
Giovanna
 
Grazie Giovanna.
R.
 
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