1.17.2008

 

San Clemente Martire.

Non ancora ben compreso, come mi ha lasciato la visione della conferenza stampa di mastella.

Stati d’animo contrastanti - televisore ad alto rischio di distruzione - e davvero non so cosa fosse quella farsa, e molte volte mi sono chiesta da chi venissero quegli applausi.

Quel che è chiaro, è che se fosse stato credibile, e creduto dai cittadini italiani a cui si rivolgeva – spasmodicamente tutti – oggi mastella sarebbe stato incoronato re, per acclamazione popolare, salendo al trono col nome di Clemente I, e consegnato ai posteri e alla storia, col nomignolo “Il benefattore”.

Racconta del suo sacrificio – le dimissioni dal suo dicastero – fatto al solo scopo di salvare tutti noi, cittadini italiani uguali a lui, dalla giustizia ingiusta.

L’arresto della moglie – dice – l’ha portato a comprendere meglio, come chiunque di noi, rischi di essere ingiustamente imprigionato con la ridicola accusa di concussione. (Di grazia, chi mai potrei concussare?)

Narra del suo impegno per la moralizzazione del paese – e qui il televisore ha rischiato davvero grosso – ma quale morale?

Forse quel suo triste intervento ad Anno Zero, quando quasi rifiutò di ammettere l’esistenza dell’omosessualità, facendosi latore del verbo clericale, che in ottica progressista non disdegnerebbe il rogo, per gli impuri? O sarà morale l’organizzazione della festa di paese, per il suo trentennale impegno politico, nel feudo di Ceppaloni? Probabilmente è morale la persecuzione del giudice De Magistris, o è morale il sistema di clientela che è riuscito a radicare nel suo prezioso territorio?

No, è morale, sicuramente, la logica ricattatoria usata contro il governo di cui ha fatto parte sino a oggi.

Certo, San Clemente, il ricatto lo chiamava compromesso, ma lui è, per sua stessa ammissione, un uomo semplice.

Che spettacolo ignobile – e non dite che avrei anche potuto risparmiarmelo – certe visioni aiutano a ricordare ciò che è da combattere.

Questa politica, ormai, sta finendo di scardinare l’ordinamento dello stato, e noi assistiamo impotenti, perché l’unica eredità avuta da Tangentopoli, non è stato un virtuosismo politico, ma la capacità di restare ancor di più impuniti, sconvolgendo l’ordinamento giudiziario.

L’impunità è diventata norma, quando si accettò che le leggi del parlamento italiano, fossero scritte dagli avvocati degli inquisiti. La caccia ai giudici iniziata dal berlusconismo, mai contrastata veramente, è ora comodo strumento per chiunque.

È scandalosa l’aggressione subita dalla magistratura da parte di un individuo che fino a ieri ne era il più alto tutore. Aberrante.

Scandaloso è ancor di più, che una farsa retorica come la conferenza stampa del ministro protomartire, possa essere assunta come normale.

Rita Pani (APOLIDE)


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