5.05.2007

 

Caro Romano

Caro Romano, come va?

Ti ricordi di me? Una volta ti scrivevo spesso, poi avevo deciso di smettere, ma a volte ho come una ricaduta; è che certe volte mi è così grave l'urgenza che non posso proprio astenermi. Ti ricordi di me? Sono quella comunista...

Tutto è iniziato questa mattina, con la lettura dei giornali; il tuo viso sorridente stava accanto ad un titolo: “E' quasi primavera!” Sarà che pioveva a dirotto, sarà che faceva pure freddo, ma ho pensato che il tuo entusiasmo fosse un po' fuori luogo.

Non è per questo, caro Romano, che ti scrivo, ma per parlarti un po' della legge sul conflitto di interessi. Sono perplessa.

Non riesco proprio a capire se il tuo è un eccesso di buonismo o qualcosa di peggio che si cela dietro al voler sempre apparire così rassicurante. Non riesco a capire il dualismo governativo che ha il coraggio della fermezza – faremo scelte impopolari, ma necessarie – quando si tratta di noi, e la mollezza bonaria quando si tratta di lui; al punto che mi sovviene il sospetto che “il lui”, siate “voi”.

Innanzitutto vorrei chiederti, - in modo retorico dal momento che sono certa del fatto che non mi risponderai – perché mai non sia nemmeno stata presa in considerazione l'idea dell'ineleggibilità per imprenditori che di fatto controllano, col potere economico una grossa fetta del paese.

Eppure ne avevate parlato, quando noi eravamo “coglioni” e voi “la sinistra vendicativa”; ora siccome ho smesso di credere in Babbo Natale in età infantile, non che ci avessi creduto nemmeno all'epoca, ma palesare così la negazione di sé stessi, non penso possa aiutarti a mantenere quel consenso risicato che ti consente ad oggi di governare.

Il motivo scatenante di questo mio scritto però è altro: è quella reiterazione dell'aggettivo “americana” per controbattere alle accuse di berlusconi, secondo cui, una legge sul conflitto di interessi, sarebbe un'azione di killeraggio nei suoi confronti. Sarà che tanto mi ero affezionata a ben altro tipo di reiterazione “resistere-resistere-resistere”, che il tuo “americana-americana-americana” mi ha provocato un fastidio epidermico.

Cosa volevi dire? Che è il massimo a cui si possa aspirare, o che essendo americana, l'idea doveva essere per forza gradita a berlusconi?

E mi chiedevo, se vi piace tanto l'America, perché non ne copiate esattamente tutti gli usi e i costumi?

Perché sennò non vale. Per esempio, perché non fate anche una legge che imponga a gente come Callisto Tanzi di rifondere tutte le persone che ha truffato? In America esiste. Perché non mettete in galera chi affossa le imprese, riducendole all'osso e al fallimento, ed anzi le premiate con buone uscite milionarie? In America esiste. Non si può fare l'America in Italia, perché come uso dire da sempre, loro avevano Elvis Presley a noi è rimasto Little Tony, e non è proprio la stessa cosa.

Già che mi trovo a scriverti, caro Romano, mi piacerebbe anche chiederti della geniale trovata di buttare soldi aumentando quell'orribile farsa del bonus bebè. Ma non sarà mica che anche tu sei caduto vittima dell'odioso sistema pre elettorale, che per esempio a Palermo fa assumere 110 autisti di autobus, rigorosamente privi di patente D? Ma hai presente la situazione degli asili nido in Italia? Hai presente, per esempio, quanto costano un paio di scarpine ortopediche per un bambino? E hai presente quanto in fretta cresca il piede di un bambino?

Caro Romano, eri tu a dire “la serietà al governo”, bene, posso chiederti quando?

Rita Pani (APOLIDE)


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