11.18.2006

 

DA DOVE NASCE L’OPERAZIONE ARCADIA?

Negli ultimi 10 – 15 anni si è assistito ad una continua crescita dell’indipendentismo sardo, sia in termini di consenso elettorale sia, soprattutto, in termini di consenso che la società sarda da a quest’opzione. La tendenza al consenso di massa (alla popolarizzazione diciamo noi) che questa scelta politica ha intrapreso, ha innescato un’incredibile serie di reazioni e contromisure da parte dell’italia. Queste sono tese ad arginare sia la possibilità di crescita dell’indipendentismo (misure persuasive) e sia lo stesso esistere ed essere vitale (misure repressive). Le prime, persuasive, mirano al soddisfacimento con metodi blandi e folcloristici del naturale sentimento nazionale sardo che è sempre stato vivo tra la nostra gente. L’italia ha capito che il tentativo di soffocare la nostra sardità in favore di un’italianizzazione forzata è una scelta sbagliata, perchè alimenta solo la sete d’indipendenza del nostro popolo: per questo motivo negli ultimi 15 – 20 anni ha accettato la legalizzazione della storia e della lingua sarda, ha incentivato il travestimento in chiave sarda di tutti i partiti italiani presenti in Sardigna, ha sguinzagliato i suoi politici e i suoi intellettuali a parlare di popolo sardo, ha ricostituito la brigata sassari e ne ha esageratamente propagandato il suo carattere di sardità genuina (falsa) ma di fedeltà all’italia, ha lasciato che l’entusiasmo popolare facesse rifiorire vari aspetti della nostra cultura che rischiavano di scomparire……tutto ciò per non contrastare, bensì per deviare, in ambiti folcloristici e mansueti, quell’inestinguibile sentimento nazionale sardo che dimostrava prepotentemente di non voler morire. Gli antichi romani quando avevano sentore di forte malcontento nella plebe, procedevano alla distribuzione gratuita di grano e permettevano di assistere gratuitamente ai giochi circensi. Ottenevano così che il popolo si distraesse dai problemi più gravi e isolasse, semisoddisfatto, quegli elementi più radicali che miravano a risolvere una volta per tutte i problemi. A quanto pare l’italia ha inteso proseguire in Sardigna la sua politica di dare “panem et circenses” con la formula “arruolamento e folklore”.Tuttavia quest’ultimo decennio ha dimostrato molto chiaramente che queste mosse (che evidentemente l’italia reputava sufficienti) non sono servite affatto ad arrestare il cammino del Popolo Sardo verso l’indipendenza. Il consenso elettorale, che ormai ammonta ad alcune decine di migliaia di voti per i partiti indipendentisti che si presentano alle elezioni, è in continua ascesa; centinaia sono i patrioti che quotidianamente sono impegnati nella lotta per l’indipendenza nei campi più disparati; il consenso popolare si fa evidente, palpabile.A questo punto l’italia, non avendo ottenuto risultati apprezzabili con le “buone”, decide di usare le maniere forti. Ad onor del vero i metodi violenti lo stato italiano li ha sempre usati nei confronti dei fenomeni di protesta che si sono sviluppati in Sardigna. Ed è anche vero che, non solo nell’800 ma anche negli anni ’80 del 900, si era ben prodigato ad arrestare patrioti sardi. Per quanto riguarda il caso nostro è poi d’obbligo sottolineare che le persecuzioni di patrioti sono iniziate ben prima del collocamento di ordigni esplosivi da parte dei N.P.C. e dell’O.I.R.Non si contano infatti le perquisizioni domiciliari, le pressioni, le minacce neanche tanto velate che gli indipendentisti hanno dovuto subire ben prima del 2002. Sta comunque di fatto che il periodo con cui l’italia con una mano concedeva “riforme sardisteggianti” e con l’altra perseguitava i patrioti sardi è ormai giunto a conclusione.In questo momento storico non c’è più tempo per sviluppare fini strategie contro il movimento indipendentista.Sono state collocate decine di bombe contro il colonialismo italiano e contro il capitalismo, gli autori non sono stati arrestati, la reputazione dell’italia rischia di andare a farsi benedire, le notti sono illuminate dall’esplosivo e sui giornali nessuna foto, nessun articolo può celebrare brillanti operazioni antiterrorismo; la tranquilittà e l’ottimismo dei cittadini si incrinano. Allo stesso modo, per un complesso gioco politico, si incrina anche la comoda sedia di chi da quattro anni riceve relazioni dagli artificieri, dalla digos, dal ros, dal ris…….riceve relazioni su relazioni ma nessuna prova; legge i giornali che parlano di bombe contro l’italia, parla al telefono con Roma che chiede, chiede, chiede e non vuole capire che non si riesce a cavare un ragno dal buco in questo accidente di Sardigna!Ma il procedimento è aperto, le indagini, anche se inutili, sono state fatte. Ormai sono passati 4 anni, a Roma vogliono assolutamente risultati, non si può rispondere che dopo quattro anni, con un territorio semi-disabitato e militarizzato da cima a fondo, non ci sono risultati. A Roma non capirebbero mai!Se non si trova il colpevole, ci vuole qualcuno da incolpare! L’opinione pubblica lo pretende!Si arriva così alla mattina dell’11 luglio: operazione arcadia, contro i militanti di a Manca pro s’Indipendentzia si abbatte la vendetta di chi non è riuscito ad arrestare gli N.P.C.. e l’O.I.R.Si cerca di prendere due piccioni con una fava: far credere a Roma che la repressione ha colpito la lotta armata in Sardigna e contemporaneamente attaccare un movimento indipendentista che evidentemente da fastidio, ma contro il quale non si può muovere alcuna accusa legittima.Teniamo a precisare e ribadire ancora una volta che a Manca pro s’Indipendentzia svolge la sua attività su ambiti esclusivamente politici, legali, non clandestini, alla luce del sole. A Manca pro s’Indipendentzia non pratica nè ha mai praticato la lotta armata come mezzo per il conseguimento dei suoi obiettivi, ma ha sempre svolto il suo lavoro in maniera pubblica e palese al fianco del Popolo Lavoratore Sardo. Attività che peraltro continua e continuerà a svolgere senza farsi intimorire da nessun atto repressivo colonialista, specialmente se (come in questo caso) privo di qualsiasi fondamento.

a Manca pro s’Indipendentzia

(con la certa condivisione del Comitato dei prigionieri di a Manca pro s’Indipendentzia)


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