2.24.2006

 

L'Iraq rischia la guerra civile...

Se ora in Iraq si corre il rischio di una guerra civile, forse varrebbe la pena di chiedersi: “ma allora quella che c’è stata fino ad oggi era forse incivile?” Non avevamo portato la democrazia lasciando sul terreno un paio di migliaia di soldati americani, più un altro migliaio di eroi di altra nazionalità e metà della popolazione innocente?
Come di consuetudine, dopo le nuove centinaia di bombe, il governo americano annuncia la morte di un terrorista, quasi a voler equilibrare i piatti sulla bilancia. E’ prassi. Come l’apparizione o la sparizione di Bin Laden, che comunque c’entra a prescindere, ed è diventato ormai il miglior alleato di Bush, migliore anche del guerrafondaio di Arcore; Bin Laden offre decisamente una migliore copertura e soprattutto una perenne giustificazione al vergognoso scempio di uno stato e del suo popolo.
Vale la pena spendere due parole sulla questione irachena, messa a tacere per vergogna ed inopportunità dalla stragrande maggioranza della stampa italiana, forse troppo impegnata a rincorrere le dichiarazioni del candidato unico (auto-proclamato) del centro destra, dal Bagagliano alla sagra del Tartufo di Norcia, dalla fiera dell’aspirapolvere al circolo ricreativo degli anziani di Ansedonia.
L’Iraq è per l’Italia molte cose e nessuna di queste ha a che fare con la democrazia e con la libertà. L’Iraq non è stata quella fucina di eroi, e di piazze e strade da intitolare a loro, è molto peggio, è tutto quel peggio che non si può dire, per opportunità politica, per divieto, nella perfetta tradizione fascista, che all’epoca, per esempio, proibiva di riportare sui giornali la cronaca nera. Era inopportuno in un paese dove si doveva far credere che vigesse la legge e l’ordine.
L’Iraq per l’Italia è anche il signor Beretta, uno dei pochi industriali italiani a non aver conosciuto crisi settoriale, e uno dei pochi a tenere il segno positivo davanti ai numeri delle sue esportazioni, a tenere altro il nome del “made in Italy”. Così secondo un’inchiesta dell’Espresso si viene a sapere che "Nel febbraio del 2006, il Ministero dell'Interno cede alla fabbrica bresciana 44.926 pistole Beretta 92S: sono quelle delle prime serie prodotte tra il 1978 e il 1980, ritirate dal servizio per essere sostituite con armi piu' moderne. Nonostante siano definite 'fuori uso' si tratta di pistole semiautomatiche ancora molto apprezzate sul mercato", considerate da guerra. Secondo la ricostruzione del settimanale, "gran parte delle pistole era in buone condizioni ma venne svenduta dal Ministero a prezzo di rottame. Poi la fabbrica bresciana le ha rimesse a posto, rivendendole". Secondo i magistrati di Brescia, posizione poi confermata dal Tribunale del Riesame, "la stessa cessione delle armi da parte del Ministero dell'Interno appare illegale: non e' stata rispettata la legge che impone il parere del Ministero della Difesa sulla vendita di armi da guerra. Inoltre la Beretta dal 2002 non ha piu' la licenza per riparare armi". "Ora una norma inserita dal Governo nel decreto sulle Olimpiadi di Torino potrebbe cancellare l'inchiesta, salvando cosi' l'azienda guidata da Ugo Gussalli Beretta, amico personale del premier Berlusconi e della famiglia Bush".
C’è rischio di una guerra civile, in Iraq. Ma allora varrebe la pena di perdere due minuti del nostro tempo per sapere cos’è stato fino ad oggi, per Ali Shalal el Kaiss, in arte l’incappucciato di Abugraib, che chissa perché dice di non perdonare ai nostri connazionali di aver trafugato soldi e reperti archeologici. "Noi amiamo il popolo italiano, conosciamo la differenza tra la popolazione civile e chi compie questi gesti, ma questo non ci impedisce di denunciare cosa facevano gli italiani. Il messaggio che voglio dare al popolo italiano e’ che in Iraq la situazione non e’assolutamente migliorata, nulla e’ stato ricostruito".
Per la cronaca, il nostro paese meraviglioso e democratico, appartenente alla civiltà superiore occidentale ha negato il visto di’ingresso al signor Ali Shalal el Kaiss.
Speriamo davvero che non scoppi la guerra civile in Iraq, credo che sia già sufficiente quella incivile che gli abbiamo fatto anche noi.

Rita Pani (APOLIDE)


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