11.11.2004

 

Tutto fumo, niente arresto

Ora finalmente è chiaro chi minaccia l'on.avv.prof. Carlo Taormina al punto da costringerlo a vivere sotto scorta: Carlo Taormina. Tutti i suoi processi, anche se difende un automobilista accusato di aver ammaccato un parafango altrui, si trasformano in maxiprocessi che partoriscono altri maxiprocessi a catena, in una selva di denunce, controdenunce, autodenunce, esposti, controesposti, autoesposti, perizie, controperizie, autoperizie che tengono impegnate per lustri decine di procure e quindicine di tribunali coinvolgendo vicini, zie, nipoti, cugini, investigatori e investigati, periti, consulenti, magistrati, avvocati, imputati, vittime, difensori, accusatori, uscieri, cancellieri, segretarie, autorità civili, militari e religiose. L'unico uscito sinora indenne da questa giungla di guai era lui, Taormina. Riusciva (o aspirava)a svolgere contemporaneamente le parti di difensore, pm, testimone, perito, parte civile, giudice di primo, secondo e terzo grado. Ma glimancava quella di imputato. Ora, dopo l'avviso di garanzia della Procura di Torino, anche questa piccola lacuna è colmata. L'on. avv.prof. è indagato nel caso di Cogne per calunnia e frode processuale insieme aisuoi numerosi consulenti, per aver taroccato le prove al fine di incolparedell'omicidio di Samuele il solito vicino di casa, ovviamente innocente. Non sappiamo se augurarci che la gravissima accusa si riveli fondata o infondata. Perchè, se fosse fondata, dimostrerebbe plasticamente doveportano dieci anni di difesa alla Berlusconi. Non nel processo, ma dal processo. Non sulle carte, ma sui complotti. Non per discolpare l'imputato, ma per incolpare i giudici. Dove porta la cultura esasperata delle «indagini difensive» che affida agli avvocati lo stesso potere investigativo dei magistrati. Dove porta il garantismo all'italiana, disposto a calunniare innocenti pur di salvare i colpevoli. Dove porta la privatizzazione della giustizia, che consente a chi se lo può permettere (o pensa di poterselo permettere) di fabbricarsi in casa il pm, il tribunale, le leggi penali e procedurali e ora - se l'accusa fosse fondata- persino le prove, nell'ambito di quel bricolage giudiziario ampiamente collaudato nei processi al premier e ai suoi cari, a mezzadria fra aule digiustizia e aule parlamentari. L'altra sera Taormina ha voluto festeggiare l'avviso di garanzia negli ospitali studi di Porta a Porta, scortato da due osservatori super partes: i coniugi Lorenzi, i quali - dall'alto della condanna in primo grado a 30anni appena rimediata dalla signora - hanno potuto illustrare ai telespettatori la loro spassionata opinione sull Procura e sul Gup di Aosta, nonchè sulla Procura di Torino (la stessa che, fino all'altrogiorno, veniva invocata come la sede più serena e capace per trovare il«vero colpevole») e più in generale sull'intera Giustizia italiana. Vespa, accudito dalle tradizionali badanti Crepet, Palombelli e Bruno, orfane delplastico dello chalet ma affiancate dalla new entry Belpietro, officiava il sessantaseiesimo rito cognense con la consueta maestria: «Non è nostra abitudine - spiegava - invitare persone indagate, ma in questo caso...».In effetti, a parte Scattone e Ferraro, gli amanti di Montecastrilli, Andreotti, Previti, Mannino, Contrada, l'imam di Carmagnola, Wanna Marchi con figlia al seguito e mago Do Nascimiento latitante al telefono e qualche canaro sciolto, non s'erano mai visti indagati a Porta a Porta. Mancava all'appello l'ultima spalla del Taormina, il detective Giuseppe Gelsomino della «Shadow Investigations», anche lui indagato: era impegnatoin contemporanea in un'intervista alle Iene, in cui si autoproclamava «uno dei migliori investigatori d'Europa», vantava di aver «risolto il giallo di Cogne in quattro giorni», chiedeva perciò «una medaglia» (come Berlusconi per il caso Sme) e sfoderava un alibi di ferro: «Se avessi messo io quelle impronte sulla scena del delitto, avrei messo quellegiuste». Anche Taormina, intervistato da Sabelli Fioretti per Sette, aveva detto qualcosa di simile, rimproverando al pm Nordio di non aver incastrato D'Alema e Occhetto per le tangenti rosse. Obiezione di Sabelli:«Non c'erano prove». E Taormina: «Se capitava a me, stia tranquillo che...». Sabelli: «Quelle prove venivano fuori?». Taormina: «A costo di fabbricarle». Ecco: a Cogne pare le abbiano fabbricate, solo che hannosbagliato i tempi: le avrebbero messe lì dopo che il pavimento era già cosparso di «luminol». Errori d'inesperienza. Mancanza di allenamento. Andrà meglio la prossima volta.In attesa di nuovi sviluppi, si può tracciare un bilancio provvisorio dei danni, dal giorno in cui Taormina assunse le redini della difesa. Appena arrivato, riuscì subito a convincere il tribunale di Torino a revocare la scarcerazione della sua cliente. Poi denunciò nell'ordine: i pm aostani, i loro periti, i carabinieri del Ris, il gip, il gup, alcuni avvocati che avevano abbandonato di corsa la difesa, e persino Vespa che l'aveva trattato male. All'udienza preliminare ottenne il rinvio a giudizio della signora e al processo strappò il massimo della pena. A quel punto, il geniale cambio di scena da Aosta a Torino, con pellegrinaggio davanti a Gian Carlo Caselli per denunciare il vicino di casa (definito prudenzialmente il «vero assassino»). Risultato: immediata incriminazione della signora e del marito (ancora intonso da accuse), nonchè di tutti i consulenti della difesa e infine dello stesso Taormina. Un trionfo. Inattesa che l'on.avv.prof denunci tutti alla Procura di Milano chiedendo alla Boccassini di assumere la direzione delle indagini, si profila un colpo di scena davvero clamoroso. Per difendersi dall'accusa di calunnia,Taormina ha detto a Porta a Porta: «Che c'entro io con la denuncia controil vicino di casa? L'ha fatta la mia cliente, mica io». Si attende ad horas un esposto dell'avvocato contro la sua assistita. Dopodichè, non potendo più denunciare se stesso (l'ha già fatto), all'on.avv.prof. non resterà che l'estremo gesto: arrestarsi da solo
M.Travaglio

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