8.28.2004

 

Il lutto al braccio.

Il concetto –vagamente retorico- che ho letto più spesso tra ieri e oggi, è stato quello della “morte inutile” ... “Una morte che non serve a nessuno”.
So di essere quantomeno impopolare, ma questa morte come altre, in questo sporco massacro è servita proprio a chi, con tanta leggerezza decide di poggiarcisi sopra, rannicchiarsi per farsi proteggere dall’ultimo cadavere.
Lo scrivo –senza leggerezza- con amarezza e dolore.
Questi cadaveri servono a giustificare una guerra inammissibile, servono a dotarci del potere della rivendicazione del cordoglio.
Servono persino a farci distinguere i morti per categorie, quelli giusti, quelli sbagliati, e quelli non classificabili.

Siamo battezzati, ricordava ieri feltri, nel suo sproloquio vestito da giornalismo. Siamo mondati dal peccato originale, quindi in teoria migliori dei barbari assassini, la razza inferiore – per chi ha memoria- Il nostro battesimo ci assolverà quindi dal crimine di una guerra che nello stesso tempo ci ruba la proprietà di concetti come libertà e democrazia. Ma questo non importa, non ci può interessare perchè noi stiamo lontani, a distanza, al riparo ed abbiamo il cordoglio.

Quanta enfasi nel descrivere il lutto al braccio dei nostri atleti alle Olimpiadi (quasi da veggente ne scrissi qualche giorno fa) !
Che sfregio, la guerra che entra al villaggio olimpico.
Un Italiano che muore per ... barbarie.

Sono lenta, lascio sedimentare le cose, poi piano, piano vado a riprenderle dal fondo dell’anima, le guardo un po’ da lontano e spesso quello che vedo non mi piace. Come è accaduto questa volta, guardando la foto di Baldoni, accanto ad un uomo mutilato, sorridenti reggevano in mano dei piedi di plastica.
E’ vero. Baldoni è morto in modo barbaro, solo perchè aveva deciso di raccontare la barbarie portata in Iraq sotto mentite spoglie, da eserciti del bene, esportatori di pace e democrazia. E’ morto perchè da battezzati non accettiamo ricatti da biechi Mussulmani, perchè fintipaladini della giustizia dobbiamo proseguire l’insana opera di civilizzazione.

Lacrime e cordoglio a fasi alterne, sì per i morti ingiusti, no per quelli ingiusti; e io mi rendo conto, oggi, di non sapere nemmeno quanti siano stati dal giorno in cui, quell’americano famelico, decise di attaccare ingiustamente un popolo.

Siamo tanto bravi a parlare, pensiamo persino di esser bravi a distinguere, ma forse stiamo iniziando ad essere assuefatti, e quindi incapaci di razionalizzare.
Gli ultimi morti in Iraq, prima di Baldoni sono stati un centinaio. Marciavano, a modo loro, per la pace.

Se davvero vogliamo avere il diritto del dolore collettivo, allora, facciamo cessare questo infame massacro.

Rita Pani (APOLIDE)

dal blog di Pino Scaccia




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