11.30.2012

 

La sanità, quaggiù in Italia


Monti: ''Diritto alla salute pubblica è valore irrinunciabile''. Balduzzi: ''Parole sulla Sanità travisate mediaticamente''

E non si capisce perché, se si scrivono parole ragionate queste siano immediatamente tacciate di populismo e demagogia, mentre ormai è prassi di governo mentire e poi smentire; mistificare parlando di un paese che non esiste se non nella Carta; quella Costituzione che è per noi come una reliquia da venerare.

Professore, lei è un codardo, e io per un giorno voglio essere una demagoga, una persona che non le permetterà di insultarla con i suoi equilibrismi lessicali.

''Diritto alla salute pubblica è valore irrinunciabile''  e allora ce lo restituisca immediatamente, o abbia il coraggio di ammettere la verità. Quella verità semplice che io, in quanto demagoga e scribacchina, cittadina facile al populismo le ricordo con pochissime parole.

La sanità italiana è già privata. Privata nel senso liberista del termine, in quanto in mano ad un grumo di potere spesso fatto dalle mogli o dai figli di … La sanità italiana è privata al cittadino, che di fatto il diritto alla salute l’ha perso quando anni fa si sono iniziati a regalare pezzi dello stato ai privati.

Lei sa bene, professore, che da noi, quaggiù in Italia, la notizia da scrivere cubitale sui giornali è quella che racconta di un successo della sanità. Lei sa bene, professore, che le Regioni in cui la sanità pubblica funziona davvero, sono definite da voi stessi politici “mosche bianche”. Lei sa meglio di me quale sia lo stato delle cose, in questo paese che vi ostinate a voler negare, celandolo dietro le vostre frasi di buon senso che sarebbero condivisibili in ogni altro paese del mondo, Africa compresa, tranne che quaggiù: in Italia.

Lei professore è un codardo perché non ha il coraggio di spiegare in linguaggio semplice a tutti quei cittadini che sempre meno si curano, e sempre meno hanno il potere d’acquisto tale da potersi recare in farmacia, perché non è sicuro di poter reperire i fondi per una sanità sostenibile. Dovrebbe avere il coraggio di spiegare dove sono andati a finire i soldi che avrebbero dovuto sostenerlo quel diritto alla sanità che lei millanta, con la seraficità del suo viso.

Lei sa bene quanto me, delle protesi impiantate su pazienti sani, degli interventi chirurgici a cuore aperto fatti solo per “far cassa”. Lei sa persino che un “magnate” di prodotti sanitari, pugliese, per essere sicuro di poter continuare a vendere protesi inutili, dovette prima vendere un po’ di mignotte a chi l’ha preceduto. E allora, Professore, siccome io so che queste cose lei la sa, mi spieghi come può presentarsi davanti a tutto un popolo affamato e malato, ormai incapace di ribellarsi, e ancora prenderlo così spudoratamente per i fondelli?

Lei sa bene dove dovrebbe andare a reperire i fondi della per una sanità per tutti: ogni Regione italiana ha il suo Paperon de Paperoni, che sguazza nei danari nostri. Ogni Regione italiana ha il suo responsabile, che di anno in anno è cambiato di governo in governo, da moglie di presidente a fidanzato di governatrice, da moglie di ministro ad amichetta di primo ministro. Lo chiamavano Federalismo, si ricorda professore? E lo chiamavano liberismo, il ladrocinio istituzionalizzato. Io non cadrò nel tranello di chiederle di rinunciare agli aerei militari (altro furto perpetrato dai suoi predecessori, al quale non ha voluto porre rimedio).

Lo vada a raccontare al papà e alla mamma di Claudia Cerulli, che il diritto alla salute pubblica è irrinunciabile. Lo vada a raccontare a quello che è obbligato a scegliere la medicina che non funziona perché non se ne può pagare una che almeno faccia passare il dolore (voi lo chiamate principio attivo). Lo venga a raccontare a me, che quando ho avuto bisogno di levarmi un cancro, ho trovato accesso, e diritto alla sanità solo dopo aver pagato profumatamente un “professore”, e dopo averlo trovato, solo perché avevo a disposizione l’amico di un amico.

Smetta di essere un codardo, ci guardi in faccia e ci dica che noi, i diritti ce li dobbiamo dimenticare.

E qua la smetto, perché nemmeno il diritto di indignarsi esiste più …

Rita Pani (APOLIDE)

11.28.2012

 

Una lunga agonia


"Potremmo non riuscire più a garantirlo se non si trovano nuove forme di finanziamento" (Monti a proposito del servizio sanitario) e si levano gli scudi.
Proprio come se ora fosse garantito. E noi sappiamo che non lo è , diversamente i malati di SLA, per esempio, non avrebbero dovuto recarsi a Roma per minacciare il suicidio. È falsamente garantito persino l’accesso al servizio sanitario, dal momento che le liste d’attesa per gli esami diagnostici sono lunghe anche più di sei mesi. Al cittadino semplice non è garantito di salvarsi la vita, di guarire da una malattia, gratis et amore Dei. Già oggi per avere certezza di sapere di che morte si deve morire, il cittadino deve pagare o avere un gran culo, come ho avuto io quando casualmente mi imbattei nella mamma di una cara amica, che di professione fa la ginecologa. Se non fosse stato per il caso fortuito, oggi, chissà dove sarebbero le mie ossa.
Ma una frase come quella resta comunque una bella occasione, per incazzarsi ancora, per avere ancora qualcosa per cui mobilitarsi, per scrivere, discutere e soprattutto schierarsi dalla parte giusta, quella che poi ci fa stare bene.
Siamo il popolo che sopravvive nonostante i diritti negati, che quando può sfugge ai doveri. Un popolo che si accontenta, che sogna e che spera. Potrei lasciarmi andare in un bell’esercizio letterario, e portare ad esempio fatti e accadimenti, ma non mi va più. Il senato rimanda indietro oggi la delega fiscale, le province resteranno, i tagli ai costi della politica non si faranno, il privilegio di pochi non sarà abolito, e allora? Non mi accoderò a nessun lamento perché uscire da questa situazione, è assai più semplice di ciò che sembra, nonostante il trattato di Lisbona, nonostante la minaccia di presidiare l’Ilva con l’esercito, nonostante lo spauracchio della polizia europea, con mandato di uccidere. Si potrebbe uscirne.
Prima di tutto togliamo i soldi dalle banche – fossero anche gli ultimi 4 euro lasciati sul conto per la vergogna. Gli operai occupino le fabbriche e impediscano le produzioni. Si blocchi la circolazione delle merci. Chiudano le scuole materne, le scuole elementari e le medie. Si lascino a casa le colf. Non si facciano acquisti natalizi. Si lascino le merci deperibili a marcire sui banchi. Ci si limiti all’acquisto dei beni di prima necessità. Non si riempiano i serbatoi delle auto. Si faccia mancare la circolazione del danaro.
Difficile da fare, eh? Sì lo immagino. Come poter sopravvivere senza consumare? Poi proprio ora che arriva Natale. Lo so, sarebbe dura doversi recare a supportare gli operai nelle fabbriche, alimentare col nostro poco gli extracomunitari che sfruttiamo, senza farli lavorare davvero. Camminare a piedi poi sarebbe una tragedia. Non poter cedere alla tentazione di levarci uno sfizio, insopportabile.
Mettere il ginocchio il paese, sarebbe l’unico modo per far comprendere che noi siamo di più; levare l’ossigeno al potere potrebbe essere l’unico modo per tornare a respirare. Oh sì, c’è pure il rischio di morire, perché dopo il trattato di Lisbona questo potrebbe essere legale, ma tanto ci stanno già uccidendo. Siamo un popolo in agonia.
Rita Pani (APOLIDE)


11.27.2012

 

Vogliamo morire


Nemmeno il tempo di dire, piagnucolando, “Mamminassanta! che ne sarà di noi” che il futuro politico dell’Italia muta e si trasforma, lasciandoci attoniti a strillare ancora: “Ommammammia!!!”
Anche Emilio Fede (lo scrivo maiuscolo, poveraccio) ha presentato il suo movimento politico: “Vogliamo vivere”. C’è da capirlo, ha superato gli 80 e nonostante il botulino e le magie chirurgo plastiche,  l’anagrafe non mente e le statistiche neppure. Tre o quattro anni, Emilio, nemmeno il tempo di una legislatura. Ma non è così. Lui dice che l’idea gli è venuta una sera, mentre rientrava in auto con la sua scorta, e – magari - dopo aver fatto la cresta su un prestito milionario, che un suo amico dava a un altro comune amico, grato per avergli procurato un TIR di giovani mignotte. D’improvviso, Emilio si è accorto che davanti alla sede di una mensa della CARITAS, stava la gente in fila per mangiare. Da qui l’illuminazione per il nuovo movimento politico, appunto, Vogliamo Vivere.
Giovedì arriverà Medusa, il freddo polare, e con l’occasione il Presidente del Milan, presenterà il suo nuovo partito politico – la cosa azzurra. In principio tutti hanno pensato al Viagra, poi si è capito che si trattava di politica. È necessario, pare, perché sennò l’Italia andrebbe in rovina. Troppe cose non vanno, ed è giunto il momento di scendere in campo, per quanto il futuro potrebbe essere per lui dorato, in uno di quei paradisi dove nasconde tutto il danaro estorto, o evaso al fisco, non ci si può esimere dal dare il proprio contributo affinché il sistema migliori. Soprattutto quello giudiziario che continua a perseguitarlo, nonostante egli, con altro gesto di responsabilità, si fece da parte così come volevano i comunisti.
Renzi o Bersani? È una bella domanda.
Pensando al movimento di Montezemolo, e al futuro impellente che non ci lascia nemmeno il tempo di lamentare, io direi Renzi. Decisamente Renzi. Potrebbe essere forse la maniera giusta per insegnare ancora a chi non vuol capire. Un tizietto un po’ più giovane, con la faccia sveglia come quando andò a rispondere alle domande di Mike Bongiorno, in quella televisione nella quale gli piace tanto stare. Ci vorrebbe davvero un giovane Renzi. Una sorta di vaccino aggiornato per guarirci dalla malattia.
Ora la sento la domanda: “Tu che ti lamenti sempre, per chi voterai?”
“Mamminassanta!!! Ma per chi mai dovrei votare? Per il meno ladro, per il meno stupido, per il meno imbecille, per il meno impresentabile, per il meno vergognoso, per il meno mafioso, per il meno piduista …”
Io non voterò. Mi piacerebbe tanto andare a votare per il più …
Rita Pani (APOLIDE) 

11.26.2012

 

Quattro alberi di magnolia


11.23.2012

 

Pantaloni rosa e camicie nere


L’ho vista anche io una scritta su un muro, a caratteri di memoria fascista che diceva: “Froci nel forno”. La guardi e pensi alla portata della stupidità. Poi, mentre te ne stai seduta davanti a un carabiniere, col tuo avvocato accanto e alcune carte in mano, mentre le loro voci cantilenano diciture burocratiche cacofoniche e noiose, leggi il proclama sulla razza ariana che vorresti lanciare dalla finestra aperta, che guarda altre finestre aperte, come in un film di Kubrick.

Leggi ancora le farneticazioni di un ragazzo e ti domandi: “Chissà che vita ha avuto, cosa gli hanno raccontato. Chissà se ha letto questo o quello, se mai gli hanno raccontato il rumore che fanno le ossa che si rompono in un corpo troppo magro.”

Poi il carabiniere ti rivolge la domanda, posi le carte sopra il tavolo, e non hai alcuna smania di spiegare, di difenderti, di urlare. Perché le ragioni ormai ti sembrano rimbombare nella mente, senza più senso, ribadite per iscritto su pagine e pagine di carta virtuale, o durante gli interminabili percorsi della vita, camminati con diverse compagnie fatte di gente di mille colori e di mille pensieri. Tutte cose già dette, tutte cose già lette. Sempre le stesse a ripercorrere una storia che seppellimmo troppo in superficie e riesumata quando si è reso necessario, rigettarci all’inferno.

Oggi piangiamo un bambino che ha preferito morire, immagino perché troppo brutto il futuro che riusciva a immaginare, vivendo in questo presente. Piangiamo lacrime sperando che queste possano restituirci alla nostra umanità, cercando fortemente un colpevole per l’assurdità di una morte, che possa in qualche modo assolverci, e condanniamo a pagare un’intera generazione di studenti o compagni di scuola nel quale si può trovare un capro espiatorio che ci lasci liberi nel dolore.

Lo piango anche io, e lo piango a modo mio, con l’amarezza che mi porto dentro da giorni e che non riesco a lasciar andare. Lo piango, pensando che forse non ho fatto abbastanza, che forse questo mio cocciuto modo di strillare la scomodità della realtà è stato inutile. Non piango la sua morte, ma piango la sua vita di bambino domandandomi quale sia stato il terrore che deve aver provato del domani, per scegliere di non arrivarci mai. Non mi importa di sapere quanto crudele può essere un ragazzo, semmai mi domando dove fossero quei genitori che non hanno avuto modo di accorgersi come si stavano costruendo i loro figli.

Piangere per una vita è puro esercizio di stile, se non ci rendiamo disponibili a salvare la prossima. Rifugiarci nell’assurdità di un fatto è solo alimento per la nostra buona coscienza, se renderemo possibile il prossimo nefasto accadimento.

Un bambino è stato ucciso da tutti coloro che non hanno avuto il tempo, che si son girati dall’altra parte, che hanno pensato bene di non iniziare nemmeno a combattere una lotta impari contro il sistema, contro l’ignoranza, contro il Golia che è questo nuovo fascismo lasciato libero di emergere e radicarsi ancora nel letto di miseria culturale appositamente creato per tenerci tutti al giogo, sottomessi e impotenti. Un bambino è stato ucciso dalla solitudine che si prova, quando ci si ostina ad alzare la testa, e si vede che tutto intorno il mondo è a capo chino.

Possiamo metterci i pantaloni rosa tutti i giorni, e tutti i giorni mostrarcene fieri e orgogliosi, ma non servirà a nulla, se non strapperemo le camicie nere.

Rita Pani (APOLIDE)

11.21.2012

 

Salvatore Usala che ha scelto di morire


Mi chiedevo che ne sarà della nostra umanità, se oggi veramente Salvatore Usala dovesse morire a Roma. Mi chiedevo quali parole pronuncerebbe il professore, o il Presidente della Repubblica, o il Papa – Sua bontà – che proprio oggi ci fa sapere che al Presepe non c’era il bue e nemmeno l’asinello.

Mi chiedevo anche in quanti sappiano chi sia Salvatore Usala, questo Cristo, e quale sia il suo Calvario. Mi chiedevo anche – perché mi faccio un sacco di domande – quanti siano i malati di Sla che il governo impegnato a salvarci dalla crisi economica, ha deciso di sacrificare in nome della spending review.

E dov’è giovanardi? Lui paladino della vita embrionale, padre salvatore di quello spermatozoo scappato dal mucchio, magari in atto di peccato, dov’è? Dov’è quello stato che ci impone la sofferenza che ci vieta di morire, e poi ci uccide fischiettando?

È molto probabile, però, che se pure Salvatore dovesse morire non seguiranno che le nostre parole, quelle di questo scampolo di umanità che ancora si dimena più flessibile di una canna sul bordo del fiume, più esile di un giunco. Così pochi, siam rimasti, che la nostra voce non c’è nemmeno bisogno di spegnerla, anzi proprio come un tempo, siamo utili alla dittatura che dietro alla nostra ostinata resistenza si nasconde.

Nemmeno se Salvatore vivrà ci saranno parole che riescano a spiegare perché un malato è abbandonato a sé stesso. Quale sia il meccanismo per cui un governo imposto, che non sa far altro che imporsi, non possa abolire lo scialacquo delle province inutili – per esempio – ma condanni a morte un esercito di malati.

E che ne sarebbe della nostra umanità, se si continuasse l’enunciazione di tutti i diritti negati, a fronte dei vergognosi privilegi tutelati? Perché se è vero che Salvatore oggi si staccherà la spina, c’è chi si impicca in silenzio, chi si getta dal balcone, chi si spara in testa o chi semplicemente sparisce, in impeto di grande dignità. Tutto nel silenzio colpevole di uno stato che pure non sa far altro che occuparsi di danaro.

Non ne sarebbe nulla, ovviamente, perché l’umanità si è persa quando hanno trasformato intere generazioni in un esercito di codici a barre, addestrati a consumare ancora prima che emettessero il loro primo vagito.

A breve sarà chiaro che il disegno è cambiato, che non dobbiamo più consumare, che i poveri, gli ammalati, “gli improduttivi” devono soccombere, ma sarà troppo tardi, ormai. Forse per far finta che ci sia ancora una speranza Renzi e Bersani continueranno a discutere, il pdl fingerà ancora di essere un partito politico, magari sarà risolto anche lo strano caso del Ragionier Bunga Bunga, ma noi non ci saremo più. Ci sarà un altro mondo, ancora più surreale di questo, fatto da briatori e montezemoli, UniCredit e banche intese, e le malattie saranno solo roba da ricchi, per chi se le può anche comprare.

Oggi è il giorno in cui forse un uomo si ucciderà in piazza staccando la spina del suo respiratore. Mi piacerebbe tanto sapere come sta andando la sua protesta, sapere se è ancora vivo e tiene la moglie per mano … ma la notizia sui giornali non c’è.

Rita Pani (APOLIDE) 

11.19.2012

 

Ne avanza di nuovo! Uh, se ne avanza!


Non so quante volte ho cominciato a riempire questo foglio bianco, poi arrivata alla quinta o sesta riga ho cancellato tutto, scuotendo il capo con un sorriso disperato. È che stamattina molto presto, prima di cominciare seriamente questa giornata ho letto tutti i giornali, e la cronaca politica innanzitutto! Gli analisti dicono che l’effetto Grillo sarà quello che spingerà al vero cambiamento italiano. Un analista più illuminato ha sfoderato una teoria di tutto rispetto, equiparando il fenomeno al “libero mercato”. Un libero mercato che grazie alla concorrenza, avrebbe fornito delle nuove idee. Un genio!
Certo c’è del nuovo, bisogna ammetterlo. La deportazione dei vecchietti alla “convenscion” del neo pdl, per esempio. Col già visto cestino del pranzo gratis – che ha fatto dire a qualcuno: “Non so che cacchio ci faccia qua, ma almeno è gratis” le novità sono salienti: un buono sconto di venti euro per una sauna e un massaggio, riservato a tutti i partecipanti; e un nuovo corso della storia italiana, che cancellerà la terribile pratica del “a sua insaputa” per inaugurare quella del “per errore”.
C’è del nuovo nelle dichiarazioni pesanti del vecchio pdl: Al Fano, per esempio, ha detto che bisogna cambiare le facce. Che con quelle facce, non si andrà da nessuna parte. Churchill non avrebbe saputo dirlo meglio. In effetti, dopo le ultime fotografie di berlusconi apparse sulla stampa, che tanto ricordano le immagini dei manuali di testo per gli allievi del corso di ricomposizione di cadaveri della scuola americana, un po’ di ragione la ha.  Anche se a ben vedere non avrebbe guastato un po’ di autocritica dal mejo figo del Bigoncio, che visto così, magari in penombra e all’improvviso svoltato l’angolo, potrebbe anche venire da dire: “Baciamo le mani!” a mo’ di saluto.
Ne avanza di nuovo! Uh, se ne avanza!
Ci avanza anche Montezemolo, che in un momento di esaltazione quasi mistica, innanzi a una platea di suoi pari ha esultato: “Siamo noi la base di Monti!”
E non mi viene nulla di spiritoso da dire, nemmeno nulla da sorridere. Perché se è vero che abbiamo anche bisogno di mollare un attimo la tensione, poi la realtà ci torna indietro e ci restituisce l’amarezza di sapere che l’unico intento di questa classe dirigenziale, che osa millantare il fine di un impegno politico, è quello di continuare a garantire l’esistenza di questa economia avvelenata da un capitalismo ormai degenerato, e degenerante.
Tutto è vecchio, tutto è nuovo. Persino i fischi alla figlia di Craxi, o rivolti a chi si rinnoverà tornando a dichiararsi fascista, da una platea nella quale – raccontano le cronache con soddisfazione – c’era seduto pure emilio fede.
E la sinistra? Non c’è più, in attesa di rinnovarsi nel nome di Vendola, così impegnato ad essere alternativo da non aver compreso di essersi rinnovato così tanto da non poter essere più riconosciuto.
Resto in attesa, magari che rinasca un Berlinguer.
Rita Pani (APOLIDE)

11.17.2012

 

Paura a Gerusalemme


C’è un esercizio semplice, per rieducarsi al pensare: accendere la TV durante un telegiornale, e spostarsi in un’altra stanza. Mettersi seduti comodi e concentrarsi, ascoltando le parole. Voi direte: “C’è la radio, se per questo!” invece no, è un’altra cosa. Le parole della radio son dirette, fatte a posta per lasciarti immaginare. Le parole della TV servono a sottolineare le immagini, senza le quali, le parole stesse diventano povere, sature della stupidità oltraggiosa della propaganda.  
Una volta noi si aveva il senso critico. Una volta si perdeva tempo a discutere e pensare. Poi la televisione ha sostituito i neuroni, ha facilitato il compito dell’apprendimento. Potevi “sapere le cose” e vederle, quasi potessi così parteciparvi ai  fatti e agli accadimenti, alle gioie  e ai dolori altrui, alle feste così come alle guerre. Allo stadio, al cinema, al teatro o al concerto. Poi è arrivato un tizio che aveva da vendere le pentole, da far desiderare una vita che non avresti avuto mai, fino a riuscire a vendere sé stesso. Poi è arrivato il fascismo globalizzato, la propaganda del capitalismo, la devastazione de linguaggio e del pensiero, e siamo arrivati fino a qui. Che i ragazzi non son più curiosi di sapere, che nemmeno sanno come si fa a pensare, che tanto se non è più la televisione è un filmato truculento su YouTube. E chi non è più ragazzo, ne ha così tante di fatiche e pensamenti che per fortuna ci si può rilassare davanti alla tv; e non pensare.
Così capita che ieri, mentre cenavo, dall’altra stanza arrivava la voce del giornalista, che raccontava la guerra in Israele. Due inviati da Tel Aviv, e dal confine con l’Egitto.
Mi concentro per vedere attraverso quelle parole, e scopro che in Israele la gente ha paura, perché dalla Palestina volano i missili su Gerusalemme, ma per fortuna non hanno fatto vittime. La gente ha paura, perché dopo anni, anche su Tel Aviv è partito un missile palestinese, che però – per fortuna – è finito in mare. Dicono che i gruppi palestinesi chiamano all’unione e alla guerra, e ancora del terrore sugli occhi dei cittadini di Gerusalemme che di nuovo vedono i carri armati per strada, e che i riservisti dell’esercito son stati tutti richiamati. Poi la ragazza che strascina le “e” e le “o”, per allungare le frasi cha lancia come missili dal confine con l’Egitto, dice che Israele è preoccupato per l’appoggio che l’Egitto vuol dare agli altri arabi. Dopo viene la speranza – ancora una volta come uno sputo in faccia a tutti noi: “Ma Israele fortunatamente può contare nel sistema antimissile denominato Iron … SCUDO DI FERRO.”
È là che sento male alla mia umanità. È la che mi ricordo che i ragazzi sono in pericolo, perché non hanno più interesse di sapere.
Sapere della Palestina, che è un mondo così lontano che nemmeno sanno dov’è.
Dell’esercito Israeliano che ha raso al suolo tutto ciò che riuscivano a calpestare con i loro mezzi bellici. Della guerra mai dichiarata, del genocidio compiuto e non ancora finito nella Striscia di Gaza, dei bambini esplosi insieme alle bombe mentre dormivano nelle loro culle.
Perché ieri, sentito dire dal telegiornale, sembrava davvero che Israele fosse uno stato poveretto, assoggettato alla violenza palestinese. Un popolo succube come lo fu dei nazisti, perennemente tenuto sotto scacco dal terrorismo arabo.
È vergognosa la violenza che compiono con la propaganda. Alle violenze bisognerebbe ribellarsi, ma è impossibile farlo fino a quando non si comprenderà che siamo stati violentati.
Rita Pani (APOLIDE)

11.16.2012

 

E a 40 anni che farai?


"Un trentenne eletto in Parlamento, dopo due mandati, cioè a 40 anni, che cosa dovrebbe fare mentre aspetta di compiere i 65? L’esodato di Stato? Ci vorrebbe un'indennità di reinserimento. Due anni di vitalizio anticipato mentre si cerca lavoro".  Prof. Giuliano Amato

Siamo indignati per le cariche della polizia, per i lacrimogeni sparati dal palazzo del ministero, per i ragazzi bastonati, gli operai manganellati. Ci lasciamo trasportare in assurde disquisizioni più o meno colte, più o meno civili quando tra noi abbiamo pareri contrastanti. Perdiamo il tempo che non abbiamo più.
Io per questo non mi indigno, nemmeno mi lamento, forse perché ho chiaro che la guerra porta sangue, e morte, e disperazione. Forse perché la guerra c’è già anche se non è stata dichiarata. Possiamo continuare a cantarci l’allegra canzone della libertà e della democrazia, della protesta che si fa proposta (quanto odio questo assioma!) fino a quando reggerà il sogno, fino a quando ci sentiremo ben svegli.

Mi indigno, invece, quando si osa sputarmi in faccia con la certezza di restare impuniti, perché di certo nessuno mai indagherà per ingiurie, vilipendio e quanto altro ci può stare, uno di questi Professori, che dal pulpito del potere ci pisciano in testa come se piovesse. Quando colpevolmente – e scientemente – ci inducono a delinquere. Ci portano alla guerra delle sassaiole contro la Fornero, del linciaggio morale verso Amato; portano loro stessi a dover scappare in elicottero, per evitare di essere massacrati dalla folla inferocita.
È impossibile pensare che tutti questi professori, che nelle università insegnano alle nuove generazioni ad essere la crema di domani, siano dei perfetti idioti. Sono uomini e donne intelligenti, preparate, scaltre e soprattutto son tutti parte integrante del sistema del capitale che governa il mondo. Ogni parola loro è scelta sapientemente, e utilizzata proprio per dichiarare quella guerra che ancora provano a tacere. Diversamente non avrebbe senso, come non avrebbe senso il servizio reso dai giornalisti che sempre scordano la seconda domanda, quella che potrebbe mettere in ginocchio il provocatore di turno.

La domanda perfetta, quella che avrebbe fatto scoprire il trucco del Professor Amato: “Scusi professore, come mai lei non è al corrente che già esiste il fondo per il reinserimento al lavoro riservato ai parlamentari che decidono di non ricandidarsi?”

Ma son tutte chiacchiere, come sempre. D’altronde ci hanno detto che manifestare è un diritto che non ci vogliono togliere, ma la polizia ha l’obbligo di difendersi. Ci hanno detto che purtroppo anche nelle manifestazioni pacifiche “c’è sempre chi si infiltra per rovinare la festa”.
Poi c’è anche la signora con i capelli biondi di platino, e la giacchetta rossa – che fa pendant con le bandiere – che guardando la punta del microfono dice: “Purtroppo ce stanno sempre sti disgraziati che vengono a spaccare le vetrine e rovinano la festa.”

E di citazione in citazione, finisco con un’altra … perché sia chiaro cosa penso:
“La rivoluzione non è un pranzo di gala, non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo, non si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità e delicatezza, con tanta grazia e cortesia, la rivoluzione è un atto di violenza.”

Rita Pani (APOLIDE)



11.15.2012

 

Quattro alberi di magnolia


Prossimamente

Rita Pani

11.14.2012

 

Lo sciopero, in generale



I folletti della spazzatura, tutte le notti escono dai loro nascondigli e lavorano alacremente per continuare ad innalzare il muraglione di rifiuti, sotto casa mia. Siamo già a buon punto. I topi ballano, saltellano e piroettano felici. Fanno tenerezza, e lo sembrano teneri quando fanno “scronc” sotto i copertoni.
A vedere quel muraglione di immondizia, si potrebbe anche pensare che oggi non passeranno a raccoglierla perché c’è lo sciopero generale. E pure domani, se volessi fare finta di essere cretina, potrei mentire a me stessa dicendomi: “Finalmente uno sciopero come dio comanda! Non passeranno nemmeno oggi.” Ma non c’è gusto ad essere cretini e quindi lo sciopero non c’entra, e nemmeno la povertà di un territorio derubato come tutto il resto dello stivaletto italico. È la mafia che comanda i folletti della spazzatura, non è altro che la mafia.
Alla TV stanno dicendo che c’è lo sciopero generale, e che ci sono tensioni con la polizia. Parlano da ore di scontri, della lotta impari tra i buoni e i cattivi, tra chi ha fame e chi fa finta di non averla. Peccato però, che siccome ce lo stanno raccontando in diretta TV e video diretta dai giornali on line, significa che lo sciopero non c’è, o almeno non c’è per tutti. Perché quando c’è lo sciopero generale, nemmeno i giornalisti dovrebbero lavorare.
C’è lo sciopero generale e quindi gli alunni sono rimasti a casa. Giusto! Ma molti professori sono a scuola. Altri, pochini e disperati, resistono rimembrando tempi andati, in cui almeno lo sciopero un senso lo aveva.
C’è lo sciopero generale, ma sotto casa mia continuano imperterriti a suonare i clacson dei guidatori indispettiti dalla doppia e terza fila, per il parcheggio del supermercato. Perché lo sciopero è generale, ma si dovrà pur mangiare, e quindi il negozio si apre, che – signora mia – con la crisi che c’è, e come si fa?
In generale, lo sciopero è l’astensione dal lavoro per bla bla, cosi che bla bla, e bla, bla, bla …
Lo sciopero generale di oggi, serve sostanzialmente a due cose: ai sindacati e ai partiti che vi aderiscono per mostrar di avere le palle, e allo stato fascista nel quale viviamo per dar sfoggio della potenza fisica della sua polizia. Il resto è nulla.
Io non sciopero. Anche perché non ho un datore di lavoro da … mi sembra fosse … che ne so? Il secolo scorso? Però ci tornerei volentieri a una manifestazione, magari a Roma. Lo farò senz’altro quando finalmente si comprenderà che durante uno sciopero generale, le città dovranno sembrare deserti, aree urbane silenziose, dove è impossibile persino trovare un bicchier d’acqua da comprare. Tornerò in piazza quando sarà certo il giorno di inizio della manifestazione, ma non se ne conoscerà la fine, da fissarsi a raggiungimento dell’obiettivo raggiunto. Tornerò ad avere rispetto dello sciopero, quando avremo fatto mea culpa, per averci lasciato cancellare anche questo ultimo diritto.
Rita Pani (APOLIDE)

11.13.2012

 

Sono indagata (ma non mi candido e non sarò ministro. Prometto)


Ero partita di buzzo buono, volevo iniziare virgolettando un articolo della Costituzione Italiana, poi mentre stavo per “incollare”, ho guardato fuori dalla finestra e ho sorriso. Oggi è davvero una bella giornata di sole, di quelle che sarebbe bello andare a passeggiare. Ma c’è così tanta immondizia per le strade …
Il fatto è che da ieri sono ufficialmente indagata. Non so ancora bene quale sia il reato, me lo diranno. Ma so perché mi viene contestato: “Ho creduto ancora una volta che fosse mio dovere difendere la Costituzione Italiana.” L’ho fatto come sempre, l’ho fatto come so, cedendo alla prepotenza del senso del dovere, appunto. Sia chiaro, questa cosa “tecnicamente” mi preoccupa assai poco, ma “moralmente” ammetto la sconfitta.
È pacifico anche l’intento: spezzare le dita di quelli come noi, che hanno trovato il modo per dire le cose, che si sono ostinati per anni a dare tutto ciò che potevano con la speranza che si attuasse il sogno del “sapere è potere”. Privarci finalmente del piccolo potere che ci dà l’essere liberi da padroni – morti di fame, forse – ma liberi di propagare le piccole verità negate dalla propaganda di questo o quel governo, che si regge su proclami surreali, su baggianate all’amatriciana – che l’America è lontana – sull’impoverimento della cultura, sul disfacimento della scuola che non insegna più, e rende impossibile a quel residuo manipolo di eroi insegnanti, di insegnare.
Che lo virgoletto a fare un articolo della Costituzione, se ormai è un cimelio ingombrante da dimenticare? Qual è il senso di 13 anni di pervicace cocciutaggine, di impegno, di urla disperate lanciate con la speranza che non si facesse troppo tardi per comprendere e reagire? Che cosa abbiamo ancora da raccontarci e da raccontare, se non un cumulo di fandonie, sempre le stesse, a cui ci piace dare valenza di verità e libertà, di lotta e di Resistenza, ma che alla fine non hanno più valore di un elegante esercizio letterario?
Sarei proprio una grande “figa” se ora scrivessi: “Vogliono tapparci la bocca ma non lo permetteremo mai!” Oh, si che sarei grande! E già mi figuro le strette di mano virtuali, il levarsi dei cappelli, gli inchini e gli abbracci! Tutto secondo il copione di questi anni poveri e da scordare. Vogliono tapparmi la bocca, e non è escluso che io glielo lasci fare, semplicemente perché forse “la dose di vaccino” evocata da Montanelli è ormai scaduta, e se pure continua ad essere inoculata su questa italianità, non fa più effetto. Ce ne vorrebbe una nuova, una fatta di più fascismo ancora di quello che stiamo subendo passivamente, incollati alla TV a vedere cinque soggetti che si prestano a far gli americani, in HD, nello studio nientepopodimenoché di X FACTOR. Ci vorrebbe ancora un po’ di degrado socio culturale, più immondizia sulle strade, più suicidi per disperazione, più disoccupati senza genitori a cui caricare il proprio appetito, più lavoratori costretti ad andar a lavorare fino a ottant’anni e sempre con lo stesso stipendio da fame, più pioggia che uccida.
Per la rabbia che ho, scrivendo queste poche righe, vi assicuro che ad ogni lamento italiano, oggi risponderei semplicemente: “Sì, c’è tutto questo. Bene! Ve lo siete meritato … fammi vedere un po’ tu, come si fa a tornare indietro. Son qua che aspetto: aiutami a pensare.”
Domani sarà un altro giorno, e forse io sarò più calma … forse mi ricorderò della storia, che almeno con me, una scolara l’ha avuta ed è stata brava ad insegnarmi.
Rita Pani (APOLIDE)

11.10.2012

 

Cenere (del Vesuvio) alla cenere (del crematorio)


“Non è mai stato citato Hitler, né tanto meno i forni crematori” fanno sapere dalla Lega a proposito della consigliera leghista, bersagliata sul Web in seguito ad un banner circolato su Facebook – a quanto pare un fake – che ha tratto in inganno pure me. Doverosamente, quindi rettifico, avendo appurato che alla signora padana piacerebbe sì vedere il sud Italia incenerito, ma solo dalla lava dei vulcani Vesuvio, Etna e Marsili. Quel che è giusto è giusto.
Per carità, faceva davvero orrore pensare che ancora ci fosse qualcuno capace di infilare in un forno crematorio milioni di cittadini italiani. È decisamente più soave pensare che ci siano amministratori pubblici che vorrebbero vedere la distruzione di un’intera civiltà, per via di un’eruzione vulcanica.
Perché la signora – madre di famiglia, mi dicono – ha davvero inneggiato ai Vulcani: “Forza Etna, Forza Vesuvio, Forza Marsili” ma è una cenere diversa, è solo cazzeggio feisbucchiano, è solo uno di quegli atteggiamenti da bimbi minchia che tanto vanno di moda nel rutilante mondo dei social network, e che importa se a farlo è un amministratore pubblico, servitore dello stato? La lega minaccia querela, e come sempre noi si aspetta fiduciosi.
Perché in fondo sarebbe bello trovarsi in un tribunale a sentire come sarebbero capaci di differenziarli gli auguri di morte, di distruzione e di cenere. Sarebbe bello, magari, vedere borghezio costituirsi parte civile, per l’onta ricevuta dal suo onore, e magari avendo ancora nelle orecchie le civilissime dichiarazioni a caldo dopo la rielezione del Presidente Obama: “Ha vinto Obama perchè ormai l’America è meticcia e quindi ha vinto quest’America multirazziale, che mi sta un po’ sul cazzo. Lo hanno votato neri, sudamericani, portoricani, asiatici e i 35 milioni di morti di fame a cui Obama ha dato l’assistenza sociale, una specie di voto di scambio. Obama rappresenta quelli come lui: quelli che non sono bianchi Obama non ha mica solo dei torti, ma anche un merito: la crescita del Ku Klux Klan. Lo dicono i dati. Grazie a lui il Ku Klux Klan è rigoglioso come non mai.”
Ricapitolando, e senza nulla aggiungere, quindi: di che cazzo stiamo parlando? (e mi si passi il francesismo)
La signora non ha mai scritto di essere una “bastarda leghista”, ed è giusto ribadirlo, ma è anche giusto che io ribadisca forte il mio pensiero: Questa feccia è composta da un manipolo di bastardi leghisti, ignoranti, razzisti, barbari che meriterebbero di essere giudicati secondo le leggi vigenti – ma dimenticate – del codice penale italiano, che di fatto punisce l’apologia di fascismo, e l’incitamento all’odio razziale. Lo stato italiano, ammorbato da un ventennio di barbarie berlusconiana, che grazie a contratti milionari stipulati in uno studio notarile, ha garantito a questa feccia bastarda di scorrazzare libera, restando impunita.
Sarebbe bello ritrovarsi in tribunale.
Rita Pani (APOLIDE … che i leghisti li odio proprio visceralmente)

11.09.2012

 

L'elmetto di Scipio


“Io sono una BASTARDA leghista e me ne vanto. Voglio che il Vesuvio e l’Etna facciano una strage di meridionali. I meridionali sono per me come gli Ebrei erano per Hitler e vanno messi nei forni crematori”.
Ma quando mai bastarda! Non esagerare, non vali tanto. Sei solo una leghista, nulla di più. Una leghista infame, tra l’altro, che sputa su un paese che le permette di restare impunita persino davanti alla flagranza di reato. In un paese normale il tuo account di Facebook sarebbe stato chiuso, e una pattuglia della polizia sarebbe venuta a prenderti sotto casa per portarti in una galera, magari al sud, lontano dai tuoi parenti e senza le arance siciliane che mamma avrebbe potuto portarti una volta a settimana. Perché è così che si usa fare contro gli eversori. Se ne valesse la pena, per esempio, ti racconterei di Bruno Bellomonte, ma a che servirebbe? Al massimo sei in grado di comprendere, decifrare e apprezzare le scorregge di borghezio e i rutti di bossi.
Non ci sarebbe da incazzarsi, nemmeno da perdere tempo ad analizzare politicamente una minchiata quale questa, però è la mia passione lombrosiana che mi spinge. Non hai una faccia molto intelligente, e nemmeno sai usare Photoshop. Avresti dovuto togliere anche la Sardegna dall’immagine che hai riprodotto, perché io sarda nutro un certo fastidio a vedere la mia terra insieme alla tua.
Però per fortuna abbiamo uno stato, e uno stato che funziona! Non ti hanno messo in galera, non ti hanno condannato ai lavori forzati, non ti obbligheranno a recarti ad Aushwitz per farti respirare il grigiore delle ceneri che sembra persistere a dispetto del tempo e dell’oblio, ma finalmente, per legge, anche ai tuoi figli – pure se spero che non ti sia mai dato di riprodurti – verrà insegnato l’Inno Nazionale, e pure i tuoi figli – ma chi ti scoperebbe mai? – saranno obbligati a partecipare alla giornata della Costituzione e della Bandiera, il 17 marzo, a ridosso della festa del papà, della prima giornata di primavera.
Sì, perché abbiamo uno stato serio, civile e democratico, che pensa che basti una canzonetta patriottica per cancellare un ventennio di barbara ignoranza, che ha dato la stura alla crapula legaiola. Per questo stato, pare sia sufficiente insegnare ai bambini a cantare la sigla delle partite di pallone, per correggere la deviazione mentale di una manica di idioti leghisti, dalla faccia tutta uguale, con gli occhi vacui, con quell’espressione ebete che lascia immaginare un rivolo di bava che esce dall’angolo della bocca, per il deficit cerebrale che sembra accomunarvi tutti.
Quando qualcuno riesce a usare gli ebrei di Hitler con tanta semplicità, ci sarebbe da domandarsi che ne è stato della storia, della Costituzione, della civiltà, dell’educazione. Ma sarebbero domande troppo difficili per questo Stato che smemorato e colpevole, non si accorge che il fascismo non è più un rigurgito, ma un vomito ormai cronico, al quale mai si è voluto porre rimedio.
Avrebbero dovuto fermarvi prima, in quelle montagne isolate del nord Italia, e sterilizzarvi visti i vostri ripetuti accoppiamenti tra simili. Ci sarebbe voluto – per restare in tema- un dottor Menghele al contrario, che vi impedisse di mettere al mondo tanta gente geneticamente deficitaria. Ma ci siete, e ci dovete rimanere.
E anziché curarvi con dosi massicce di Storia ed educazione civica, anziché migliorarvi con una scuola che funziona, questo stato vi abbatterà a colpi di Fratelli d’Italia, persino nelle scuole fasulle, che questo stato a voi sconosciuto, vi ha consentito di avere.
Rita Pani (APOLIDE)

Aggiungo questa nota a margine alle ore 20.45
Pare che la frase riportata al principio di questo post, sia un fake. Pare che la signora si sia fermata ai vulcani ma non abbia citato Hitler... Quel che è giusto, è giusto.  O.O

11.08.2012

 

La passione di fornero per l'orto


"Trovo due ore di respiro quando riesco ad andare in fondo al prato; abbiamo un orto dove insieme a mia figlia coltiviamo qualcosa che non viene mai...". Per Fornero coltivare prodotti agricoli è "fonte di grande soddisfazione, rilassamento e anche di gioia"
Vede signora, non è difficile comprendere perché lei abbia tanto timore di se stessa, da impedire l’accesso alla stampa, in occasione delle sue uscite pubbliche. A prescindere dal fatto che essendo lei ministro della Repubblica avrebbe il dovere di dare a noi il diritto di sapere quali sono le sue opinioni, io la comprendo. Lei è abbastanza intelligente da avere rispetto della sua stupidità.
Sa signora? C’è tutto un mondo, oltre lei, che affanna silenzioso – troppo silenzioso – e che della sua arrogante stupidità non può avere né rispetto né pietà.
Mi dispiace che i prodotti agricoli che le danno tanta soddisfazione non vengano mai. Vorrei che ne venissero a sufficienza tanto da potervi sfamare tutti, in famiglia, e che fossero le uniche cose che vi fosse dato mangiare.
A me successe nell’inverno del 2010, quando staccai il frigo che avrebbe consumato inutilmente energia, e mi alimentai per giorni e giorni solo con della lattuga scarola che miracolosamente era sopravvissuta al gelo della stagione. La trovai per caso, avevo anche scordato d’averla piantata. Mi creda signora, lattuga così buona non ne ho mangiato più, e se pure con qualche foglia ingiallita, la ricordo bella, come ricordo ancora la soddisfazione che avevo rimestando e imbottigliando pomodori, zappandoli tutti intorno con cura, iniettandomi massicce dosi di Voltaren e Muscorill per poter il giorno dopo riscendere in campo e zappare.
Grazie signora Fornero per la sua saggezza. Ora il futuro ci appare assai più roseo e invitante. Guarderemo agli orti di guerra da piantare nelle magnifiche rotonde, che adornano tutte le strade di tutte le città, con la speranza di ritrovare quel paio d’ore di respiro, immaginando il raccolto dei cavolfiori e dei broccoli, attendendo le cipolle da mettere in mezzo al pane – se ne avremo almeno un po’.
È bello signora che lei apprezzi il lavoro agricolo; questo ci lascia sperare che le sue braccia rubate all’agricoltura, un giorno possano esserle restituite, in modo da fare di lei – finalmente – un essere umano cosciente e responsabile, e che possa così garantirsi il diritto di poter essere libera di parlare, senza doversi più vergognare, di fronte al mondo intero.
Le garantisco, signora, che se lei conoscesse la fatica di un agricoltore che sopravvive dei frutti – che per fortuna a volte vengono – della propria terra, si inginocchierebbe davanti a quelle mani grosse, e a quei visi invecchiati anzi tempo per chiedere scusa della sua dabbenaggine, della sua pochezza, della sua sfrontata stupidità.
Sì, signora, io la capisco. Io comprendo a fondo il suo disagio e la supplico, per il bene suo e di tutti noi deboli di stomaco e di nervi, di tenere ancora più distanti i cronisti, le telecamere e i fotografi. Faccia chiudere bene le porte, sigilli le finestre e faccia sì che la sua idiozia viva protetta lontano da noi.
Rita Pani (APOLIDE)

11.06.2012

 

Un cumulo di spazzatura


Per fortuna ci sono le elezioni americane, almeno per un momento ci potremo consolare, ridendo delle farse altrui. Il panorama è sempre più desolante, persino a guardarlo dalla mia finestra. Al di qua del mare e della sua bellezza, si erge maestoso un cumulo di spazzatura, incendiato nottetempo da un giovane disoccupato (immagino), ingaggiato per tirar su qualche soldo. Non è nemmeno difficile immaginare chi sia il datore di lavoro. Il messaggio comunque è chiaro: si stava meglio quando si stava peggio, meglio la ‘ndrangheta che i commissari prefettizi.
A proposito di merda: i pm di Palermo insinuano che berlusconi e dell’utri fossero i garanti nella trattativa stato-mafia. La notizia è stata gettata ieri sera come una bomba ad alto potenziale, che però non è esplosa. È rimasta là, come un petardo di Capodanno, uno di quelli che si resta a guardarlo pensando se sia il caso o no di raccoglierlo e provare un’altra volta a farlo esplodere; poi ci si arrende: “riproveremo domani”, ma la miccia è troppo corta. Stamani infatti la trattativa è sempre là, i garanti pure, ma gli occhi di tutti sono puntati in America.
In realtà non proprio tutti: c’è anche chi tiene l’obiettivo puntato alle grandi primarie italiane. Che pure questo fa tanto “America”. Passino pure le primarie del PD, nate ormai qualche anno fa, quando c’era Uolter che l’americano lo sapeva fare, ma quelle del pdl davvero sono una farsa nella farsa. C’è addirittura il timore che alla fine ci saranno più candidati che voti! E che candidati! Si va dalla santanchè al mejo fico del Bigoncio, dagli ex piduisti a pitreisti lavitoliani. Tutti in campo per sostituire l’insostituibile: il garante debosciato, che lotta con la tentazione di fare un partito nuovo di zecca per mantenere le promesse fatte quando ancora sognava d’essere imperatore. Si è persino scusato con la nazione per non aver potuto fare di più, lui che tanto aveva fatto dando un lavoro a quasi tutti gli italiani. Lo so non ha detto proprio così, ma il senso era questo. Si capisce però, perché tutto sommato sia decisamente meglio guardare all’America: parlano inglese e capiamo due parole su tre. Ci si rilassa.
Poi ci sono anche le belle notizie: “Hanno trovati i soldi per i malati di SLA!” e il senso ironico si spegne. L’annuncio è stato dato in un telegiornale dal ministro Grilli, proprio come se fosse una cosa straordinaria garantire l’assistenza sanitaria a persone che lottano quotidianamente per non morire troppo presto. Uno stato che impone la vita quasi oltre la vita, che condanna e proibisce la scelta di smettere di soffrire, ma che allo stesso tempo se ne fotte delle disabilità, delle sofferenze, e anzi ne provoca altre estromettendo il cittadino dai diritti naturali dell’uomo, come per esempio quello di avere una vita dignitosa. Proprio un po’ come si fa in America, dove vivi se possiedi abbastanza da pagartela, la vita.
Forse solo una cosa non sarebbe mai capitata in America: un ministro che caccia via i giornalisti per essere libera di sparare cazzate, senza pensare. La signora fornero, maestra nell’esprimere assurdità ributtanti è stata capace anche di questo. “Fuori i giornalisti, che sennò mi ritrovo costretta a pensare, prima di dar fiato alla tromba.” Nullità, a questo ormai siamo condannati, per questo ci concediamo la distrazione di guardare all’America. Per non vedere che in fondo, siamo proprio come quel cumulo di spazzatura che brucia, offendendo la vista del mare.
Rita Pani (APOLIDE)

This page is powered by Blogger. Isn't yours?