2.06.2007

 

Il leader dell'idiozia


co||zio

1) adunanza popolare, spec. all’aperto, di natura politica o sindacale, in cui uno o più oratori illustrano i programmi del partito o gruppo di appartenenza o intervengono su temi di attualità.

Il leader dell’idiozia.

Mi riferisco ovviamente a silvio berlusconi, il minuscolo uomo che gran parte degli italiani voterebbe ancora e ancora, persino dopo che sarà mummificato e rinchiuso all’interno del suo mausoleo artistico o, come dicono i maligni, ibernato in attesa di tempi migliori.
Ci sono cose che non posso e non voglio perdonare agli italiani, e sono quelle stesse cose che mi inducono a pensare che, in fondo, altri dieci anni di idiozia al governo, questo paese, li avrebbe meritati tutti.
Ci sono offese che non posso tollerare. No, non mi riferisco all’infimo concetto che il transgenico di Arcore ha della donna, (io porto orgogliosamente le stesse tette da quando sono nata) mi riferisco semmai alla violenza che lo show man fa alla “politica” ogni volta che appare in pubblico ad elargire le sue perle di idiozia. I giornali, poi, anziché ripristinare il comune senso del pudore e rioffrire dignità alla politica stessa, contribuiscono a svilirla, per esempio chiamando lo show d’avanspettacolo di Monza, “Comizio”.
E’ probabile che io sia viziata, ancora leggo estratti dei comizi di Enrico Berlinguer, distinguendo la sua lungimiranza e la sua eccelsa intelligenza, ho addirittura nostalgia dei comizi e persino del “politichese”, che è vero serviva a dire nulla, ma era sempre molto di più di quanto non riesca a partorire berlusconi.
Le avrei volute vedere le donnine in adorazione quasi orgasmatica strillare “silvio silvio” mentre sui suoi tacchi diceva che sì, le donne sono belle grazie alla chirurgia plastica e alle creme, le avrei volute vedere nascondere, quasi con vergogna, le grinze dell’età e della fatica.
Ma sì, per i giornali quello di Monza è stato proprio un comizio, nel quale il leader dell’idiozia, non ha saputo fare a meno di esibirsi in un monologo che probabilmente gli aveva scritto Pippo Franco, per la comicità che somiglia alla tragedia della pateticità: "Come vedete - ha detto al pubblico del Teatro Manzoni (almeno il luogo era quello giusto), tenendo una mano sulla spalla del candidato sindaco - siamo due vecchietti. Se fossimo delle donne per noi andrebbe meglio, visto che esistono le creme, la chirurgia estetica, ecc. Ma certe cose non posso più dirle...". in gioventù ero centravanti di sfondamento”.
Un comizio per dire che i gay stanno tutti “dall’altra parte”, probabilmente con l’intento di offendere la sinistra, come se a me comunista, potesse importare dell’orientamento sessuale di un compagno di partito, e quindi potessi sentirmi in qualche modo offesa.
Chissà, magari domani dovrà rettificare se stesso, fare ricorso al fraintendimento o alla solita stampa comunista, per smentire quanto detto, ma allora sarebbe palese che i gay stanno anche a destra. In effetti questo non sarebbe male, conosco un paio di persone che sarebbero felici di potersi dichiarare orgogliosamente gay, sebbene abbiano in tasca l’immaginetta di mussolini, invece, vivono da fascisti di giorno e da loro stessi nascosti al buio della clandestinità.

Rita Pani (APOLIDE)

Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss".

Enrico Berlinguer 1981


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